TAR Umbria Sez. I n.341 del 28 ottobre 2011
Urbanistica.Attività estrattiva
Il procedimento semplificato delineato dall’art. 5 del d.P.R. n. 447 del 1998 si applica ai procedimenti di autorizzazione per la realizzazione, l’ampliamento, la ristrutturazione e la riconversione di impianti produttivi, nel cui ambito può essere ricompresa anche l’attività estrattiva
N. 00341/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00065/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 65 del 2010, proposto da:
Eugenio Viventi, Massimiliano Parlanti, Marco Rogo, Gianluca Graciolini, Gianluigi Tacchi, rappresentati e difesi dall'avv. Alessandro Fratini, con domicilio eletto presso l’avv. Camillo Carini in Perugia, via Madonna Alta 95/C;
contro
- Comune di Gualdo Tadino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Luigina Matteucci, con domicilio eletto presso l’avv. Massimo Minciaroni in Perugia, via Palermo, 106;
- Cava Mancini S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Ranalli, con domicilio eletto presso l’avv. Lietta Calzoni in Perugia, via Bonazzi, 9;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
di Legambiente O.N.L.U.S., e del Comitato No Cave di Gualdo Tadino, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avv. Emma Contarini, con domicilio eletto presso l’avv. Emma Contarini in Perugia, via del Sole,8;
per l'annullamento
della deliberazione n. 128 del 6 novembre 2009 del Comune di Gualdo Tadino, recante approvazione definitiva della variante al P.R.G. del Comune di Gualdo Tadino, nonché dei provvedimenti presupposti, connessi e/o conseguenziali.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Gualdo Tadino e della Cava Mancini S.a.s.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 giugno 2011 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I ricorrenti hanno impugnato la delibera del Consiglio comunale di Gualdo Tadino n. 128 del 6 novembre 2009, di approvazione definitiva della variante al P.R.G. finalizzata ad interventi di reinserimento ambientale delle ex cave Edelweiss e Vagli/Bombetta, nonchè di recupero ambientale della ex cava Umbria Carbonati.
Deducono a sostegno del ricorso i seguenti motivi :
1) Erroneità della procedura adottata, nell’assunto che non poteva farsi ricorso all’art. 5 del d.P.R. n. 447 del 1998, avente ad oggetto la localizzazione degli impianti produttivi di beni e servizi, dovendosi, invece, fare applicazione della procedura ordinaria di cui agli artt. 9 e ss. della l.r. Umbria n. 11 del 2005.
2) Violazione di norme procedurali, nell’assunto che ai sensi dell’art. 18 della l.r. Umbria n. 11 del 2005 le conferenze di servizi tengono luogo all’adozione della variante; nel caso di specie, al contrario, successivamente alla conclusione della conferenza di servizi, il Consiglio comunale di Gualdo non ha provveduto all’adozione della variante, ma alla pubblicazione della stessa.
3) Mancanza dei requisiti formali e procedurali dell’ordine del giorno, nella considerazione che l’approvazione della variante è stata discussa il 6 novembre 2009 a seguito di convocazione in via straordinaria, contenente la comunicazione dell’ordine del giorno, del precedente 2 novembre. Il regolamento consiliare prevede che la convocazione in sede straordinaria debba avvenire tre giorni prima della discussione. Non è dato evincere i motivi della convocazione straordinaria, né da chi sia venuta l’iniziativa.
4) Violazione di norme procedimentali, traducentesi nell’illegittimità di atti istruttori; in particolare la Comunità Montana Alto Chiascio prima, e la subentrata Comunità Montana Umbria Nord poi, sia in fase di V.I.A. in sede regionale, che in sede di conferenza di servizi hanno espresso parere negativo alla variante al P.R.G.; ragione per cui la decisione, a termini dell’art. 14 quater, comma 3, della legge n. 241 del 1990, avrebbe dovuto essere rimessa alla conferenza unificata.
5) Mancato ricorso alla procedura di V.A.S., in violazione di quanto disposto dall’art. 6 del d.lgs. n. 152 del 2006; si tratta di valutazione necessaria e vincolante, che deve precedere la V.I.A.
6) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità, violazione dell’art. 5 della l.r. Umbria n. 2 del 2000, in quanto l’intervento ricadente nell’area di proprietà del Comune si caratterizza non già come intervento di reinserimento, ma di recupero ambientale, con conseguente preclusione alla possibilità di vendita di materiali. Ne consegue un severo sacrificio ambientale privo di qualsivoglia ritorno economico.
Al contempo, la norma rubricata pone il divieto di apertura di nuove cave e la riattivazione di quelle dimesse ricadenti nelle fasce di rispetto delle acque destinate al consumo umano. Ora, parte delle zone interessate dall’intervento della Cava Mancini S.a.s. rientra, appunto, nell’ambito di tutela dei corsi d’acqua, quali individuati dal P.R.A.E. al par. 2.2.1.1 con riguardo alle sorgenti del Rio Vaccara.
Si sono costituiti in giudizio il Comune di Gualdo Tadino e la controinteressata Cava Mancini S.a.s., eccependo l’inammissibilità, sotto vari profili, ed irricevibilità del ricorso, e comunque la sua infondatezza nel merito.
Sono intervenuti ad adiuvandum Legambiente o.n.l.u.s. ed il Comitato No Cave di Gualdo Tadino, concludendo per l’accoglimento del ricorso.
All’udienza del 22 giugno 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. - Deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità/irricevibilità del ricorso svolta dalle parti resistenti nell’assunto della mancata impugnazione degli atti presupposti rispetto a quello gravato, o comunque inseriti nel procedimento (di variante urbanistica) introdotto dall’istanza presentata dalla società Cava Mancini.
L’eccezione, nella sua assolutezza, non appare meritevole di positiva valutazione, alla stregua del costante indirizzo giurisprudenziale secondo cui l’atto conclusivo del procedimento è costituito dall’approvazione del P.R.G. o della sua variante; la deliberazione di adozione è invece suscettibile di autonoma impugnazione solo nel caso in cui ad essa consegua l’eliminazione o la limitazione, rispetto alla previgente disciplina dell’area interessata, dello ius aedificandi, trattandosi, diversamente, di un atto endoprocedimentale privo di portata lesiva (Cons. Stato, Sez. IV, 29 gennaio 2008, n. 260; Cons. Stato, Ad. Plen., 9 marzo 1983, n. 1).
2. - Deve essere disattesa anche l’eccezione di inammissibilità per carenza di interesse, ovvero di legittimazione a ricorrere, argomentata nell’assunto della mancata indicazione, nel ricorso, delle “condizioni legittimanti” i singoli ricorrenti.
Senza indugiare in una verifica delle specifiche posizioni, appare sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, rilevare, secondo quanto specificato dai ricorrenti con la memoria del 23 settembre 2010, ma già evincibile dall’epigrafe del ricorso, che il sig. Eugenio Viventi risiede a Gualdo Tadino, in Frazione Vaccara n. 1, e dunque nelle vicinanze dei luoghi interessati dalle attività di escavazione; egli ha anche partecipato, in ambito regionale, al procedimento di V.I.A.
Ove anche sia configurabile, come assume il Comune resistente, una distanza in “linea d’aria” di circa 600 metri tra i luoghi interessati dal provvedimento e la proprietà del sig. Viventi, ciò non sembra escludere, ad avviso del Collegio, il requisito della vicinitas, intesa come situazione soggettiva ed oggettiva di stabile collegamento con la zona interessata dal piano urbanistico, le cui previsioni siano idonee ad arrecare un pregiudizio ai valori (urbanistici ed edilizi) della zona stessa, che il ricorrente intende conservare.
Quanto meno con riguardo alla posizione del sig. Vivento il ricorso deve dunque ritenersi ammissibile, anche senza fare ricorso alla disciplina della tutela giurisdizionale in materia di danno ambientale, di cui agli artt. 309 e 310 del d.lgs.3 aprile 2006, n. 152.
3.- Deve poi essere dichiarato inammissibile l’intervento ad adiuvandum di Legambiente o.n.l.u.s. e del Comitato No Cave di Gualdo Tadino; ed invero, anche a prescindere dall’approfondimento del tema della legittimazione del comitato ambientalista territoriale, l’intervento risulta notificato al Comune di Gualdo Tadino ed alla controinteressata Cava Mancini S.a.s. presso le rispettive sedi legali, mentre, a norma dell’art. 50 del cod. proc. amm., nei confronti delle parti costituite doveva essere notificato ai sensi dell’art. 170 del cod. proc. civ., e cioè al procuratore costituito.
4. - Procedendo alla disamina del merito, con il primo mezzo, che fa seguito alla generica enunciazione di un asserito danno ambientale, che solo con la successiva memoria (non notificata) del 23 settembre 2010 è stata inammissibilmente ampliata, i ricorrenti lamentano l’erronea applicazione al procedimento di variante urbanistica dell’art. 5 del d.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447, assumendo che avrebbero, al contrario, dovuto trovare applicazione gli artt. 9 e ss. della l.r. Umbria 22 febbraio 2005, n. 11.
La censura non appare meritevole di positiva valutazione, in quanto il procedimento semplificato delineato dall’art. 5 del d.P.R. n. 447 del 1998 si applica ai procedimenti di autorizzazione per la realizzazione, l’ampliamento, la ristrutturazione e la riconversione di impianti produttivi, nel cui ambito può essere ricompresa anche l’attività estrattiva; depone in tale senso la previsione dell’art. 1, comma 1-bis, del predetto corpus normativo, secondo cui rientrano tra tali impianti quelli relativi a “tutte le attività di produzione di beni e servizi”.
5. - Con il secondo motivo si deduce, come ulteriore vizio procedimentale, il fatto che, in violazione di quanto disposto dall’art. 13 della l.r. n. 11 del 2005, il Comune di Gualdo, conclusa la conferenza di servizi, non ha provveduto all’adozione della variante ed al successivo deposito presso gli uffici comunali, ma alla sua pubblicazione, precludendo così la possibilità delle osservazioni degli interessati.
Anche tale censura, per quanto è dato comprendere, non appare meritevole di positiva valutazione.
Ed invero, la procedura applicata è quella di cui all’art. 5, comma 2, del d.P.R. n. 447 del 1998, alla cui stregua «qualora l’esito delle conferenza di servizi comporti la variazione dello strumento urbanistico, la determinazione costituisce proposta di variante sulla quale, tenuto conto delle osservazioni, proposte e opposizioni formulate dagli aventi titolo ai sensi della legge 17 agosto 1942, n. 1150, si pronuncia definitivamente entro sessanta giorni il consiglio comunale»; peraltro, analogamente, l’art. 18, comma 5, della l.r. n. 11 del 2005 stabilisce che «nel caso di procedimenti per i quali è previsto il ricorso a conferenze di servizi che comportano variazione degli strumenti urbanistici generali, le conferenze medesime tengono luogo dell’adozione della variante».
Nel caso di specie la conferenza di servizi del 18 maggio 2009 si è conclusa con una proposta (melius : adozione) di variante urbanistica, i cui atti sono stati pubblicati; il deposito degli atti è stato reso noto al pubblico mediante affissione di apposito avviso all’albo pretorio del Comune dall’1 settembre al 23 settembre 2009, oltre che mediante pubblicazione nel B.U.R. n. 36 dell’1 settembre 2009, e pubblicazione su due quotidiani locali; all’esito, si è dunque pervenuti all’approvazione della variante con l’impugnata delibera consiliare n. 128 del 6 novembre 2009.
6. - Con il terzo motivo si allega il vizio della convocazione straordinaria (in data 2 novembre 2009), per il successivo 6 novembre 2009, dell’adunanza del Consiglio comunale, in cui è stata discussa ed approvata la variante urbanistica, oggetto di gravame, non evincendosi dall’atto i presupposti e l’iniziativa di detta convocazione.
Premesso che la censura è ammissibile, annoverandosi tra i ricorrenti il consigliere comunale Graciolini, che fa dunque valere la lesione della propria sfera soggettiva in presenza di un atto (preparatorio) di convocazione del collegio amministrativo asseritamente incidente sul diritto all’ufficio (ius ad officium), o, per meglio dire, sul proprio status di consigliere, comprimendone le prerogative (in trmini Cons. Stato, Sez. V, 12 giugno 2009, n. 3744; Sez. IV, 24 giugno 2003, n. 3818), la stessa, costruita intorno al vizio motivazionale, appare peraltro infondata.
Ed invero, secondo consolidata giurisprudenza, il procedimento di formazione di un atto adottato da un organo collegiale passa per la fase di convocazione che deve contenere l’ordine del giorno, cioè la lista degli argomenti da trattare; l’ordine del giorno deve essere chiaro, in modo che tutti i singoli membri del collegio abbiano la possibilità di valutare l’importanza della seduta ed il contenuto dei problemi da trattare. Nessun ulteriore requisito occorre all’ordine del giorno, tanto più in considerazione del fatto che le sessioni, come pure i requisiti della convocazione, sono stabiliti, rispettivamente, dagli artt. 23 e 24 del regolamento consiliare, approvato con delibera del Consiglio comunale n. 61 del 6 giugno 2005.
7. - Il quarto motivo di ricorso è incentrato sul fatto che la Comunità montana avrebbe espresso un parere negativo alla variante al P.R.G., con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 14 quater, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (nel testo successivamente novellato, ma comunque antecedente al correttivo apportato dal d.l. 13 maggio 2011, n. 70), la decisione avrebbe dovuto essere rimessa alla conferenza unificata di cui all’art. 8 del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281, ravvisandosi un contrasto tra enti locali.
Anche tale motivo, che avrebbe peraltro dovuto eventualmente essere fatto valere dalla Comunità montana, è comunque infondato.
In primo luogo, sotto il profilo strettamente tecnico, la Comunità montana non può considerarsi ente istituzionalmente preposto alla tutela dell’ambiente (Trib. Sup. Acque, 27 giugno 2008, n. 124), sì che sembra difettare il presupposto stesso per l’applicazione della norma invocata da parte ricorrente. La stessa disposizione dell’art. 3 della l.r. Umbria 19 novembre 2001, n. 28, richiamata dai ricorrenti nei propri scritti difensivi, nell’enucleare le competenze trasferite dalle Regioni alle Comunità montane, non fa delle stesse soggetti preposti alla tutela ambientale, ma, piuttosto, alla tutela tecnica ed economica dei boschi.
In ogni caso, il parere espresso dalla Comunità montana non può qualificarsi come un definitivo e totale dissenso motivato, in quanto, come si evince anche dalla nota prot. n. 8940 del 7 maggio 2009, esprime un dubbio interpretativo sulle finalità del progetto; ove questo venga interpretato come perseguente una finalità di reinserimento e recupero ambientale, il parere è favorevole per la ex cava Umbria Carbonati, e negativo per la ex cava Edelweiss e Vaglie-Bombetta; ove venga interpretato come progetto con finalità di reinserimento e recupero ambientale, e di ripresa e completamento delle attività estrattive, il parere è favorevole per la ex cava Umbria Carbonati, e condizionato al conseguimento di ulteriori autorizzazioni per la ex cava Edelweiss e Vaglie-Bombetta.
8. - Con il quinto motivo si lamenta poi il mancato esperimento della V.A.S. nell’iter procedimentale che ha portato all’approvazione della variante al P.R.G., in violazione di quanto prescritto dal’art. 6 del d.lgs. n. 152 del 2006.
La censura non appare meritevole di positiva valutazione, in quanto con deliberazione di G.R. n. 1566 dell’1 ottobre 2007, in attuazione della disciplina transitoria contenuta nell’art. 35 del d.lgs. n. 152 del 2006, sono state adottate, come allegato II, “specificazioni tecniche e procedurali”; in particolare il punto 10, con riguardo agli strumenti di pianificazione urbanistica comunale, esonera dalla V.A.S., tra l’altro, i piani presentati dai privati prima del 31 luglio 2007, purchè ricevibili ai sensi dell’art. 24 della l.r. n. 11 del 2005.
Nel caso di specie, l’istanza di autorizzazione comprensiva di proposta di variante della ditta Cava Mancini risale al 14 gennaio 2005 e la conferenza di servizi è stata convocata per il giorno 8 maggio 2007; il procedimento era dunque dispensato, ratione temporis, dalla valutazione ambientale strategica.
9. - L’ultima e sesta censura, articolata da parte ricorrente nei punti 7 e 7 bis dell’atto introduttivo, lamenta, in primo luogo, che l’intervento in questione, nell’area ricadente nella proprietà comunale, si caratterizza in termini di recupero ambientale ai sensi dell’art. 2, lett. o), del regolamento regionale 17 febbraio 2005, n. 3, con conseguente preclusione alla commercializzazione del materiale estratto. Viene inoltre dedotto che l’art. 5 della l.r. 3 gennaio 2000, n. 2 vieta l’apertura di nuove cave e la riattivazione di quelle dismesse ove ricadenti nelle fasce di rispetto delle acque destinate al consumo umano; tra queste rientrano le sorgenti del Rio Vaccara.
Sotto il primo profilo, la censura è inammissibile in quanto impinge in valutazioni di merito, sottratte al sindacato giurisdizionale. E’ consolidata,al riguardo, la giurisprudenza nel ritenere che le scelte effettuate in sede di strumento urbanistico costituiscono espressione di un ampio potere discrezionale, come tale insindacabile se non per errore di fatto, irrazionalità, abnormità od altri profili di eccesso di potere, non riscontrabili nella fattispecie in esame. Proprio in ragione di tale ampia discrezionalità l’Amministrazione non è tenuta a fornire apposita motivazione delle scelte operate, se non richiamando le ragioni di carattere generale che giustificano l’impostazione dello strumento urbanistico (in termini, tra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 24 febbraio 2011, n. 1222; T.A.R.Lazio, Roma, Sez. II, 2 marzo 2011, n. 1950).
Con riguardo, poi, all’asserita violazione dell’art. 5 della l.r. n. 2 del 2000 (che comunque consente, per espressa previsione del comma 3, interventi di ampliamento o completamento delle cave in esercizio e di reinserimento o recupero ambientale di cave dismesse), si tratta di censura infondata, se non inammissibile ove rivolta, come nel caso di specie, avverso un piano urbanistico; il divieto di apertura di nuove cave o di riattivazione di cave dismesse all’interno di ambiti individuati come ostativi dal P.R.A.E. potrà, se del caso, porsi con riferimento ad un provvedimento autorizzatorio dell’attività estrattiva.
Va peraltro aggiunto, con riferimento alle fasce di rispetto delle acque destinate al consumo umano, che l’Autorità d’Ambito n. 1, in sede di conferenza di servizi, con nota prot. n. 1221 del 7 maggio 2007, ha chiarito che le aree interessate dai progetti non risultano comprese nel perimetro delle aree di salvaguardia, interessando formazioni geologiche diverse da quelle che alimentano la sorgente Vaccara (formazione della Maiolica).
10. - In conclusione, alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere respinto per l’infondatezza dei motivi dedotti.
La complessità della questione trattata giustifica la compensazione tra tutte le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, previa declaratoria di inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2011 con l'intervento dei magistrati:
Cesare Lamberti, Presidente
Carlo Luigi Cardoni, Consigliere
Stefano Fantini, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/10/2011