Consiglio di Stato, Sez. III, n. 4689, del 24 settembre 2013
Rifiuti.Attività di messa in riserva e recupero di rifiuti speciali non pericolosi prodotti dalle demolizioni e ricostruzioni (inerti di natura lapidea).

E’ stato affermato che la compatibilità urbanistica dell’area utilizzata per l’attività di stoccaggio e recupero degli inerti, benché non espressamente contemplata dall’art. 216 del d.lgs. 152/2006 e dal d.m. 5 febbraio 1998, non può non costituire presupposto per il legittimo esercizio dell’attività di recupero dei rifiuti, atteso che deve essere qualificato sicuramente pericoloso per la preservazione dell’ambiente circostante un impianto che, sebbene rispetti le specifiche tecniche del caso, si ponga in dissonanza con la destinazione urbanistica dell’area; e che tale interpretazione, d’altronde, è l’unica possibile per rendere coerente la procedura semplificata di cui agli artt. 214 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 con quella ordinaria di cui al precedente art. 208, nel quale si fa espresso riferimento all’esigenza di documentare la conformità del progetto (di impianto) alla “normativa urbanistica” ed alla valutazione, in sede di conferenza di servizi, della compatibilità dello stesso “con le esigenze ambientali e territoriali”. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 04689/2013REG.PROV.COLL.

N. 03981/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3981 del 2005, proposto da: 
Edil Romeo S.a.s. di De Matteis Giuseppe, rappresentata e difesa dagli avv.ti Antonio Sasso e Riccardo Soprano, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;

contro

- Provincia di Napoli - Città Metropolitana, rappresentata e difesa dagli avv.ti Luciano Scetta, Aldo Di Falco e Giuseppe Cristiano, con domicilio eletto presso Brunello Mileto in Roma, Piazzale Clodio 22; 
- Comune di Napoli, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppe Dardo, Anna Pulcini, Antonio Andreottola, Barbara Accattatis Chalons D’Oranges, Eleonora Carpentieri, Annalisa Cuomo, Bruno Crimaldi, Anna Ivana Furnari, Giacomo Pizza, Bruno Ricci, Gabriele Romano, Edoardo Barone e Giuseppe Tarallo, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18; 
- Azienda Sanitaria Locale Napoli 1;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE III, n. 00262/2005, resa tra le parti, concernente cancellazione dal registro delle imprese.



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Napoli e del Comune di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 maggio 2013 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti gli avvocati Petretti su delega di Sasso e Pafundi su delega di Ricci;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. La società appellante svolgeva dal 1995, in un’area di via Fuorigrotta a Napoli, attività di messa in riserva e recupero di rifiuti speciali non pericolosi prodotti dalle demolizioni e ricostruzioni (inerti di natura lapidea).

In esito ad una delle successive comunicazioni necessarie, secondo la procedura semplificata, al rinnovo dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività, con determina n. 163, prot. n. 3302 in data 17 aprile 2003, la Provincia di Napoli (sulla base di note del Comune di Napoli) ha disposto la cancellazione della società dal registro delle imprese di cui all’art. 33, comma 3, del d.lgs. 22/1997, per mancato rispetto delle norme urbanistiche e mancato possesso dei requisiti tecnici di cui al d.lgs. 22/1997 ed al d.m. 5 febbraio 1998.

2. Pendente il giudizio di impugnazione di detti provvedimenti dinanzi al TAR Campania (che aveva sospeso in sede cautelare la cancellazione impugnata), la ricorrente ha chiesto il rinnovo dell’iscrizione nel registro (che sarebbe scaduta in data 25 maggio 2003).

La Provincia, con determina n. 17727 in data 2 dicembre 2003 ha nuovamente disposto la cancellazione dal registro.

La ricorrente ha esteso l’impugnazione a detto provvedimento sopravvenuto.

3. Il TAR Campania, con la sentenza appellata (Napoli, III, n. 62/2005), ha ritenuto che:

- l’impugnazione proposta con il ricorso introduttivo avverso il primo provvedimento di cancellazione fosse divenuta improcedibile per mancanza di interesse, essendo scaduto in costanza di esercizio (assicurato dalla sospensiva del TAR, che poi sarebbe stata riformata in appello) il quinquennio di efficacia dell’iscrizione nel registro;

- l’impugnazione con motivi aggiunti del provvedimento di diniego di iscrizione/cancellazione dal registro, per il periodo successivo, fosse infondata, non avendo la ricorrente prodotto le integrazioni documentale richieste, e comunque per mancanza di conformità urbanistica dell’area utilizzata.

4. Nell’appello, la società lamenta di aver prodotto, in parte mediante dichiarazioni e autocertificazioni, tutta la documentazione necessaria e richiesta nel procedimento, tranne quella urbanistica (perché il Comune di Napoli non ha ancora definito la relativa pratica di condono); profilo che comunque non entra nel parametro di valutazione della comunicazione, ex art. 33, comma 4, del d.lgs. 22/1997.

5. Si sono costituiti in giudizio, controdeducendo, la Provincia ed il Comune di Napoli.

6. Il nodo della controversia sta nella valenza preclusiva o meno della attuale mancanza di conformità urbanistica per l’area utilizzata per l’attività di stoccaggio e recupero degli inerti, mancanza che, a sua volta, condizionava il rilascio del nulla osta comunale (atto sulla cui necessarietà conviene la stessa ricorrente).

Il Collegio ritiene che, sulla base della normativa del d.lgs. 22/1997, all’epoca vigente, perché fosse corretto l’esercizio dell’attività di recupero dei rifiuti - e quindi, con riferimento al caso in esame, potesse disporsi o mantenersi, in esito alla comunicazione prevista nella procedura semplificata di cui agli artt. 31 ss., l’iscrizione nell’apposito registro - fosse necessario che l’impianto destinato a tale attività risultasse compatibile con la destinazione urbanistica dell’area.

Infatti, l’art. 27 del d.lgs. 22/1997, concernente l’approvazione del progetto e autorizzazione alla realizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, prevede (comma 1) che alla domanda venga allegato il progetto definitivo dell’impianto <<e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica>> (oltre che di tutela ambientale, di salute e di sicurezza sul lavoro, e di igiene pubblica); che la conferenza di servizi convocata per l’esame della domanda <<acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali>> (comma 3, lettera b).

Ed anche la procedura semplificata sulle operazioni di recupero, tracciata dall’art. 33, dovendo <<comunque garantire un elevato livello di protezione ambientale e controlli efficaci>> (art. 31, comma 1), pur non menzionando esplicitamente la compatibilità urbanistica accanto alle <<norme tecniche e … prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell'articolo 31>> (concernenti, per i rifiuti non pericolosi: le quantità massime impiegabili; la provenienza, i tipi e le caratteristiche; le prescrizioni necessarie a tutela della salute umana e dell’ambiente), cui subordina l’esercizio dell’attività, deve ritenersi presupponga implicitamente la compatibilità urbanistica.

Del resto, una formulazione del tutto analoga a quella dell’art. 27, cit., se non coincidente, è contenuta nel testo originario dell’art. 208, commi 1 e 4, lettera b), del d.lgs. 152/2006 (detta lettera b) è stata poi novellata dal d.lgs. 205/2010), e le disposizioni del d.lgs. 152/2006 sono state interpretate dalla giurisprudenza nel senso suindicato (cfr. TAR Toscana, II, 17 febbraio 2011, n. 334; TAR Campania, Napoli, I, 6 luglio 2009 n. 3733; TAR Veneto, III, 14 luglio 2008 n. 2002).

In particolare, è stato affermato che la compatibilità urbanistica dell’impianto, benché non espressamente contemplata dall’art. 216 del d.lgs. 152/2006 e dal d.m. 5 febbraio 1998, non può non costituire presupposto per il legittimo esercizio dell’attività di recupero dei rifiuti, atteso che deve essere qualificato sicuramente pericoloso per la preservazione dell’ambiente circostante un impianto che, sebbene rispetti le specifiche tecniche del caso, si ponga in dissonanza con la destinazione urbanistica dell’area; e che tale interpretazione, d’altronde, è l’unica possibile per rendere coerente la procedura semplificata di cui agli artt. 214 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 con quella ordinaria di cui al precedente art. 208, nel quale si fa espresso riferimento all’esigenza di documentare la conformità del progetto (di impianto) alla “normativa urbanistica” ed alla valutazione, in sede di conferenza di servizi, della compatibilità dello stesso “con le esigenze ambientali e territoriali” (cfr. TAR Campania, n. 3733/2009, cit.).

In conclusione, le considerazioni esposte appaiono assorbenti, ai fini della conferma della sentenza di primo grado, e determinano il rigetto dell’appello.

7. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società appellante al pagamento in favore della Provincia di Napoli e del Comune di Napoli della somma di euro 2.000,00 (duemila/00), oltre agli accessori di legge, ciascuno, per spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente

Vittorio Stelo, Consigliere

Roberto Capuzzi, Consigliere

Dante D'Alessio, Consigliere

Pierfrancesco Ungari, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 24/09/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)