I contraccolpi della Riforma Ambientale (D.lgs 116/2020) sulla gestione dei rifiuti dei Comuni aspetti rilevanti: assimilazione dei rifiuti / sfalci e potature.

di Giuseppe AIELLO

Tanto “tuonò finché piovve” e così “la circular Economy” è entrata definitivamente in vigore dal 26 settembre 2020. con la pubblicazione del d.lgs. 116 del 3 settembre 2020. Il provvedimento, infatti, ha dato attuazione alla direttiva (UE) 2018/851(che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti) e alla direttiva (UE) 2018/852 (che modifica la direttiva 1994/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio 20G00135.). Dall’analisi attenta delle varie disposizioni ritoccate o introdotte ex novo sono emerse due aspetti che hanno grande importanza per i Comuni, ovvero, la modifica che incide sulla modalità di assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani e la gestione degli sfalci e potature di giardini pubblici. Le modifiche sopravvenute comporteranno la detassazione di molte attività produttive con un aumento certo della TARI a carico degli utenti domestici e l’impossibilità di trattare i residui della lavorazione del verde pubblico in deroga dal Codice dell’Ambiente. Cercherò di spiegare in modo semplice di cosa si tratta, cercando di mantenere lontani dalla esposizione riferimenti troppo legislativi e tecnici che potrebbero complicare il processo di comprensione. Logicamente l’argomento merita una approfondita trattazione, alla quale si rimanda. Innanzitutto partiamo dalla definizione originaria di “Rifiuto Urbano” ovvero dall’art 184 c. 2 lett. B che, prima della riforma di cui al D.lgs 116/2020, disponeva in questo modo:

D.lgs 152/2006 art 184 c 2 lett.B. Versione originaria valida fino al 25.09.2020

C. 2 Sono rifiuti urbani:

a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione;

b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell'articolo 198, comma 2, lettera g);

La vecchia disposizione prevedeva (art 184 c 2 let B) che il rifiuto prodotto dalle utenze non domestiche, classificato ad origine come rifiuto speciale, poteva essere classificato Urbano a seguito di un processo di assimilazione operato con apposita deliberazione comunale. Il nuovo art 184 è stato completate riscritto, lo stesso precisa che “Sono rifiuti urbani i rifiuti di cui all'art. 183, comma 1, lettera b-ter)” quest’ultimo disposto, così come modificato, prevede, al comma 1 l’elenco dei diversi rifiuti prodotti dalle utenze domestiche mentre al comma 2 precisa che sono altresì "rifiuti urbani",c.2.i: rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell'allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell'allegato L-quinquies”; IL comma 2 del dispositivo in esame include quindi, tra i rifiuti urbani, quelli simili per natura e composizione provenienti da altre fonti non domestiche rinviando a sua volta a due distinti allegati, pur essi introdotti dalla riforma, L. quater (elenco dei rifiuti) ed L quinques (elenco delle fonti). L’allegato L. quater non prevede più le attività industriali con capannoni di produzione” i cui rifiuti potranno più essere classificati urbani e di conseguenza non conferibili al servizio di raccolta pubblico. Le altre fonti di natura artigianale, ovvero non domestiche, produrranno rifiuti urbani (se simili a quelli indicati dal comma 1 dell’art183 b ter) senza procedura di assimilazione che non è più prevista. Tale modifica è rilevante solo ai fini del computo degli obiettivi di riciclo nazionale ed entrerà in vigore a partire dal 1° gennaio 2021. Inoltre, l’art 198 D.lgs 152/2006 stabilisce che i comuni continueranno la gestione dei soli rifiuti urbani avviati allo smaltimento in regime di privativa, infatti, la norma non fa più riferimento al processo di assimilazione che di fatto è abrogato . Incide ancora sull’argomento in esame la modifica ulteriore dell’art 198 c 2 bis ( introdotto di sana pianta) il quale prevede che le utenze non domestiche possono conferire al di fuori del servizio pubblico i propri rifiuti urbani previa dimostrazione di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi. In ultimo, il legislatore precisa nell’art 238, con il riscritto comma 10, che qualora, il produttore dei rifiuti urbani di utenze non domestiche conferisca i propri rifiuti al di fuori del servizio pubblico, affidando gli stessi a soggetti privati per le attività di recupero e riesca a dimostrare ciò mediante il rilascio di apposita attestazione, non sarà più costretto alla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti. Il produttore, non domestico, dei rifiuti urbani potrà quindi decidere se continuare ad utilizzare il servizio pubblico oppure emigrare verso quello privato. Nel caso scegliesse di restare con il soggetto gestore pubblico tale valutazione sarà vincolata a 5 anni, durante i quali lo stesso non potrà avvalersi di soggetti privati, viceversa nel caso di adesione al mercato privato, non vi è l’obbligo di permanenza dei 5 anni in tal caso il gestore del servizio pubblico, deciderà se riprendere l'erogazione del servizio anche prima della scadenza quinquennale.

La riforma ha completamente riscritto anche la disciplina degli sfalci e delle potature derivanti dalla manutenzione del verde pubblico dei comuni, annoverati, nella versione attuale nell’art 183 c 1. b ter del TUA, tra i rifiuti urbani. L’intervento correttivo è stato introdotto dal nostro legislatore per evitare pesanti sanzioni da parte della Corte di Giustizia Europea. Rispetto al caso EU Pilot 9180/17/ENVI incentrato proprio sulla gestione dei rifiuti derivati da sfalci e potature. Con la nuova versione dell’art 185 c 1 lett f , a seguito della riforma di cui al D.lgs 116/2020, gli sfalci e potature derivanti dalla manutenzione del verde pubblico dei Comuni” non rientrano più tra le esclusioni previste dall’art. 185, pertanto a partire dal 26 settembre, dovranno essere gestiti come rifiuti. L’esclusione dalla normativa sui rifiuti a partire dal 26.09.2020, è limitata solo alla paglia e altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, gli sfalci e le potature effettuati nell'ambito delle buone pratiche colturali, utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi.

Conclusione

I Comuni non avranno più la facoltà di assimilazione dei rifiuti speciali a quegli urbani, tale facoltà è stata di fatto abrogata. Il processo di definizione dei rifiuti urbani è affidato all’art 183 c 2 b ter di conseguenza i Comuni non potranno più esercitare la privativa sulle utenze non domestiche che producono rifiuti urbani destinati al recupero. Infatti, le municipalità non potranno più obbligare le utenze non domestiche a conferire al servizio pubblico i propri rifiuti urbani destinati a recupero. Il produttore sarà libero di decidere se migrare verso il mercato privato o restare con il soggetto gestore pubblico. A seguito della modifica normativa viene così ridotto il numero dei soggetti obbligati a pagare l’imposta, con la conseguenza che, a fronte di costi complessivi del servizio che non dovrebbero variare di molto, la riduzione delle entrate per le casse comunali verrà scaricata sulle utenze domestiche con un rincaro sulle famiglie e per le altre categorie a partire dal 2021. Se calano i soggetti che pagano, chi continua a pagare dovrà compensare, peraltro per tali tariffe era già previsto un aumento per il 2021. Si teme un incremento della tariffa rifiuti che secondo alcuni esperti potrà ben andare oltre le peggiori previsioni con un aumento a due cifre e in alcune realtà anche il raddoppio, ben che vada.

In riferimento agli sfalci e potature del verde pubblico, a seguito del riscritto articolo 185 c 1 lett f, essi dovranno essere gestiti come rifiuti e in caso di eliminazione con il fuoco o sottoposti ad altre operazioni irregolari di gestione, saranno soggetti alla violazione penale di cui all’art 256 c. 1 lett a del D.lgs 152/2006 .