D.lgs. n. 116/2020: la scomparsa dei rifiuti assimilati
di Gianfranco AMENDOLA
pubblicato su osservatorioagromafie.it. Si ringraziano Autore ed Editore
Fra le tante novità apportate al d.lgs. n. 152/06 dal d.lgs. 3 settembre 2020, n. 116 (per dare attuazione alle nuove direttive su rifiuti e imballaggi)1 , ce n’è una che, per la sua rilevanza, merita di essere segnalata subito anche se diverrà operativa solo dal 1° gennaio 2021
Ci riferiamo alle modifiche relative alla classificazione dei rifiuti e, in particolare, alla categoria dei rifiuti speciali assimilati agli urbani.
Il d.lgs. n. 116/2020, infatti, riscrivendo gli artt. 183 e 184, relativi, appunto, alla classificazione dei rifiuti, apporta sensibili modifiche alla normativa precedente, cancellando, tra l’altro, la categoria dei rifiuti speciali assimilati agli urbani. Come risulta evidente dallo schema che segue dove abbiamo messo a confronto il testo del d.lgs. n. 152/06 precedente e successivo alle modifiche del d.lgs. n. 116/2020 inserendo nel mezzo il testo corrispondente della direttiva che doveva essere trasposta.
Come si vede, la definizione di «rifiuti urbani» è stata spostata dall’art. 184 all’art. 183, (nuova) lettera b ter); ed è stata riscritta facendo un misto tra la precedente definizione italiana e quella di cui alla direttiva n. 851 del 2018.
Viene, in particolare, come si è accennato, interamente eliminata la attuale formulazione dell’art. 184, comma 2, lett. b), secondo cui sono considerati rifiuti urbani « i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a) (che riguarda i rifiuti domestici) , assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell’articolo 198, comma 2, lettera g)». Quei rifiuti, cioè, che, in realtà, non sono urbani all’origine ma diventano ad essi assimilati qualora rientrino nei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l’assimilazione fissati dallo Stato [art. 195, comma 2, lett. e)] 2 , e vengano, poi, dichiarati, in concreto, assimilati, tramite regolamenti comunali che, sulla base di questi criteri, ne determinino quantità e qualità [art. 198, comma 2, lett. g)]. Contestualmente, l’art. 1, commi 23 e 24, d.lgs. n. 116/2020 abroga espressamente sia l’art. 195, comma 2, lett. e), sia l’art. 198, comma 2, lett. g), ed elimina ogni altro riferimento normativo a rifiuti assimilabili e assimilati.
Al loro posto, tra i rifiuti urbani vengono inseriti, come da direttiva, « i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti [rispetto alla lettera a), e cioè non provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione] che sono simili, per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell’allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell’allegato L-quinquies»; aggiungendo, quindi, rispetto alla direttiva, due allegati (L-quater e L-quinquies) tutti italiani (v. in Appendice).
La ratio di questi allegati è del tutto condivisibile: di fronte ad una formulazione generica (rifiuti speciali simili per natura e composizione ai rifiuti domestici), il nostro legislatore ha voluto elencare di quali rifiuti si tratta aggiungendo anche il parametro della attività di produzione.
Lo scopo, tuttavia, non sembra raggiunto sia perché nell’allegato L- quater molte categorie di rifiuti restano del tutto generiche (rifiuti ingombranti, altri rifiuti non biodegradabili ecc.) sia, soprattutto, perché l’allegato L-quinquies appare del tutto superfluo ed anzi aumenta la genericità. Premesso, infatti, che, per definizione, deve trattarsi di rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata non provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione, non si comprende in qual modo possa aggiungere concretezza una elencazione di attività produttive [fra cui, ad esempio, «carrozzeria, autofficina, distributori carburanti, attività industriali con capannoni di produzione (...)» ecc.], che risultano certamente comprese nella categoria generale delle fonti non domestiche ma senza alcun carattere esaustivo, visto che, nell’ultima stesura, si è aggiunto che « attività non elencate ma ad esse simili per loro natura e per tipologia di rifiuti prodotti, si considerano comprese nel punto a cui sono analoghe »; ritornando, in sostanza, alla generica definizione comunitaria.
Né sembra che, in questo modo, si sia adempiuto al dettato della legge delega la quale richiedeva « di modificare la disciplina dell’assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani in modo tale da garantire uniformità sul piano nazionale » [art. 16, comma 1, lett. c), l. 4 ottobre 2019, n. 117].
È bene ricordare, in proposito che, comunque, a fronte di questa indeterminatezza, vi sono alcune esclusioni tassative ben determinate: In primo luogo, come risulta dall’allegato L-quinquies i rifiuti prodotti dalle « attività agricole e connesse di cui all’art. 2135 del codice civile »; e soprattutto, ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. b sexies ), «i rifiuti urbani non includono i rifiuti della produzione, dell’agricoltura, della silvicoltura, della pesca, delle fosse settiche, delle reti fognarie e degli impianti di trattamento delle acque reflue, ivi compresi i fanghi di depurazione, i veicoli fuori uso o i rifiuti da costruzione e demolizione».
Tre ultime osservazioni.
La nuova classificazione dei rifiuti urbani, a differenza di quella oggi vigente, non esclude che possano essere considerati rifiuti urbani anche quelli pericolosi provenienti da altre fonti.
I rifiuti non provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione, ritenuti simili, per natura e composizione ai rifiuti domestici, sono urbani a tutti gli effetti e pertanto devono essere gestiti dai Comuni, senza che essi possano imporre, come oggi avviene, limiti quantitativi modulati sulla loro reale capacità di gestione.
Infine, come già accennato, è doveroso ricordare che, ai sensi dell’art. 6, comma 5, d.lgs. n. 116/2020, «al fine di consentire ai soggetti affidatari del servizio di gestione dei rifiuti il graduale adeguamento operativo delle attività alla definizione di rifiuto urbano, le disposizioni di cui agli articoli 183, comma 1, lettera b ter) e 184, comma 2 e agli allegati L-quater e L-quinquies, introdotti dall’articolo 8 presente decreto, si applicano a partire dal 1° gennaio 2021».
APPENDICE
(Omissis)
«Allegato L -quater - Elenco dei rifiuti di cui all’articolo 183, comma 1, lettera b -ter ), punto 2).
Rimangono esclusi i rifiuti derivanti da attività agricole e connesse di cui all’articolo 2135 del codice civile.».
8. Dopo l’allegato L -quater della Parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, introdotto dal comma 7 del presente articolo, è inserito il seguente:
«Allegato L -quinquies - Elenco attività che producono rifiuti di cui all’articolo 183, comma 1, lettera b -ter ), punto 2)
1. Musei, biblioteche, scuole, associazioni, luoghi di culto.
2. Cinematografi e teatri.
3. Autorimesse e magazzini senza alcuna vendita diretta.
4. Campeggi, distributori carburanti, impianti sportivi.
5. Stabilimenti balneari.
6. Esposizioni, autosaloni.
7. Alberghi con ristorante.
8. Alberghi senza ristorante.
9. Case di cura e riposo.
10. Ospedali.
11. Uffici, agenzie, studi professionali.
12. Banche ed istituti di credito.
13. Negozi abbigliamento, calzature, libreria, cartoleria, ferramenta, e altri beni durevoli.
14. Edicola, farmacia, tabaccaio, plurilicenze.
15. Negozi particolari quali filatelia, tende e tessuti, tappeti, cappelli e ombrelli, antiquariato.
16. Banchi di mercato beni durevoli.
17. Attività artigianali tipo botteghe: parrucchiere, barbiere, estetista.
18. Attività artigianali tipo botteghe: falegname, idraulico, fabbro, elettricista.
19. Carrozzeria, autofficina, elettrauto.
20. Attività artigianali di produzione beni specifici.
21. Ristoranti, trattorie, osterie, pizzerie, pub.
22. Mense, birrerie, hamburgerie.
23. Bar, caffè, pasticceria.
24. Supermercato, pane e pasta, macelleria, salumi e formaggi, generi alimentari.
25. Plurilicenze alimentari e/o miste.
26. Ortofrutta, pescherie fiori e piante, pizza al taglio.
27. Ipermercati di generi misti.
28. Banchi di mercato generi alimentari.
29. Discoteche, night club.
Rimangono escluse le attività agricole e connesse di cui all’articolo 2135 del codice civile.
Attività non elencate, ma ad esse simili per loro natura e per tipologia di rifiuti prodotti, si considerano comprese nel punto a cui sono analoghe.».
(Omissis)
1 In proposito per alcune prime osservazioni relative allo schema di d.d.l. da noi formulate in occasione di una audizione presso la Commissione ambiente del Senato, si rinvia al nostro Schemi di decreti legislativi su rifiuti e discariche: primi appunti , in www.osservatorioagromafie.it , maggio 2020.
2 Attualmente si fa riferimento alla deliberazione 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale di cui all’art. 5 del d.p.r. 915/1982 ( Disposizioni per la prima applicazione dell’art. 4 del d.p.r. 10 settembre 1982, n. 915 concernente lo smaltimento dei rifiuti ):
«punto 1.1: Criteri generali per l’assimilabilità dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani
punto 1.1.1: Possono essere ammessi allo smaltimento in impianti di discarica per urbani se rispettano le seguenti condizioni:
a ) abbiano una composizione merceologica analoga a quella dei rifiuti urbani o, comunque, siano costituiti da manufatti e materiali simili a quelli elencati nel seguito a titolo esemplificativo :
imballaggi in genere (di carta, cartone, plastica, legno, metallo e simili);
contenitori vuoti (fusti, vuoti di vetro, plastica e metallo. latte e lattine e simili);
sacchi e sacchetti di carta o plastica; fogli di carta, plastica, cellophane; cassette, pallets;
accoppiati quali carta plastificata, carta metallizzata, carta adesiva, carta catramata, fogli di plastica metallizzati e simili;
frammenti e manufatti di vimini e di sughero;
paglia e prodotti di paglia;
scarti di legno provenienti da falegnameria e carpenteria, trucioli e segatura;
fibra di legno e pasta di legno anche umida, purché palabile;
ritagli e scarti di tessuto di fibra naturale e sintetica, stracci e juta;
feltri e tessuti non tessuti;
pelle e simil-pelle:
gomma e caucciù (polvere e ritagli) e manufatti composti prevalentemente da tali materiali, come camere d’aria e copertoni;
resine termoplastiche e termoindurenti in genere allo stato solido e manufatti composti da tali materiali;
rifiuti ingombranti analoghi a quelli di cui al punto 2 del terzo comma dell’art. 2, d.p.r. n. 915/1982;
imbottiture, isolanti termici e acustici costituiti da sostanze naturali e sintetiche, quali lane dl vetro e di roccia, espansi plastici e minerali, e simili;
moquettes, linoleum. tappezzerie. pavimenti e rivestimenti in genere;
materiali vari in pannelli (di legno, gesso, plastica e simili);
frammenti e manufatti di stucco e di gesso essiccati;
manufatti di ferro tipo paglietta metallica, filo di ferro, spugna di ferro e simili;
nastri abrasivi;
cavi e materiale elettrico in genere;
pellicole e lastre fotografiche e radiografiche sviluppate;
scarti in genere della produzione di alimentari, purché non allo stadio liquido, quali ad esempio scarti di caffè, scarti dell’industria molitoria e della pastificazione, partite di alimentari deteriorati, anche inscatolati o comunque imballati, scarti derivanti dalla lavorazione di frutta e ortaggi, caseina, sanse esauste e simili;
scarti vegetali in genere (erbe, fiori, piante, verdure ecc.). anche derivanti da lavorazione basate su processi meccanici (bucce, baccelli, pula, scarti di sgranatura e di trebbiatura, e simili):
residui animali e vegetali provenienti dall’ estrazione di princìpi attivi».