La spedizione dei rifiuti urbani indifferenziati sottoposti a trattamento meccanico alla luce del principio di prossimità: l’Ordinanza del Consiglio di Stato n. 4196/2020.

di Federico CARUSO

1. Premessa

Il primo luglio 2020, il Consiglio di Stato ha esercitato il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea - ex art. 267, comma 3, TFUE - al fine di chiarire quale fosse la corretta interpretazione da attribuire alle norme euro-unitarie riguardanti il trasporto transfrontaliero di rifiuti urbani indifferenziati sottoposti a trattamento meccanico.

Più precisamente, i Giudici di Palazzo Spada si sono chiesti se l’Elenco Europeo dei Rifiuti rappresentasse una proposizione normativa o, piuttosto, una mera certificazione tecnica, e quale rapporto intercorresse tra le codificazioni contenute nel suddetto catalogo e le previsioni dell’art. 16 della direttiva 2008/98/CE e del relativo considerando n. 33 in materia di spedizione di rifiuti 1 .

L’equivoco sorge allorquando è necessario stabilire a quale regime giuridico sottoporre la circolazione dei rifiuti urbani indifferenziati (RUI), a seguito di operazioni sugli stessi potenzialmente in grado di modificarne la natura merceologica e la composizione chimica e finalizzate a favorirne il successivo recupero o smaltimento.

In questi casi, i RUI perdono la loro originaria “natura urbana”? E se si, quali conseguenze ne derivano?

Tali quesiti non sono di poco momento, ove si consideri che il nostro ordinamento disciplina diversamente la gestione dei rifiuti urbani e speciali, imponendo vincoli differenziati che trovano conferma sia nella normativa nazionale ed europea che nella giurisprudenza.

2. La ricostruzione della vicenda processuale

La questione pregiudiziale sollevata innanzi la Corte di Lussemburgo origina dalla controversia che ha visto, e vede tutt’oggi, come parti in giudizio, da un lato, la Regione Veneto e, dall’altro, una società operante nel settore del trasporto rifiuti (Plan Eco s.r.l.).

Accadeva, nel 2016, che l’Ente regionale negava la propria autorizzazione preventiva - richiesta ai sensi dell’art. 4 Reg. CE n. 1013 del 2006 - alla spedizione di circa 2.000 tonnellate di rifiuti urbani indifferenziati, precedentemente trattati in un impianto di TMB, in una cementeria sita in Slovenia per destinarli a processi di co-combustione 2 .

È opportuno sottolineare che, in materia di trasporto transfrontaliero di rifiuti, il Regolamento sopracitato prevede due iter alternativi che il notificatore - ossia il soggetto interessato ad operare la spedizione - deve seguire per non incappare nell’ipotesi criminosa del traffico illecito di rifiuti.

La scelta, tuttavia, non è libera, ma vincolata alla natura dei rifiuti da spedire.

Ove questi siano caratterizzati da “potenziali elementi di pericolo” 3 , rientreranno in una apposita lista, c.d. Lista Ambra, e sarà necessario per il notificatore ottenere l’autorizzazione preventiva da parte dell’autorità competente 4 . Diversamente, nel caso di rifiuti considerati, secondo i canoni del regolamento citato, non pericolosi (Lista Verde), il notificatore potrà accedere ad una procedura semplificata assai più conveniente in termini di lungaggini burocratiche e oneri finanziari (seppur meno garantista per la tutela dell’ambiente); in quest’ultimo caso non sarà necessaria alcuna autorizzazione scritta ma basterà adempiere a degli obblighi di informazione.

Rientrando nella Lista Ambra, i rifiuti urbani indifferenziati sono soggetti alla procedura di notifica e autorizzazione 5 .

Ebbene, nella specie, la Regione Veneto negava il proprio consenso alla spedizione in quanto, evidenziata la natura urbana dei rifiuti de quibus, riteneva doversi applicare il principio di prossimità, il quale - ex art. 182-bis, D.lgs. n. 152/2006 - prevede che a ricevere (e trattare) i rifiuti debba essere l’impianto idoneo più vicino al luogo di produzione degli stessi.

Per converso, la società di trasporto sosteneva la libera circolazione dei rifiuti oggetto di causa, asseverata dal codice identificativo attribuito agli stessi dal (nuovo) produttore – ossia dalla società titolare dell’impianto di TMB - che ne garantiva, a seguito dei trattamenti subiti, la classificazione quali rifiuti speciali.

Il TAR Veneto, investito della controversia su ricorso di Plan Eco, annullava il provvedimento di diniego regionale, desumendo il carattere speciale dei rifiuti dal codice CER ad essi assegnato (19.12.12). Secondo il Tribunale, difatti, il numero 19 della prima sequenza numerica identificherebbe i rifiuti speciali prodotti da attività industriali e di servizi e non i rifiuti urbani, questi ultimi individuati dalla cifra 20 della prima coppia numerica, anche in riferimento a quelli derivanti dalla raccolta indifferenziata (CER 20.03.01); ne consegue che i principi di autosufficienza, prossimità e limitazione territoriale previsti per i rifiuti urbani, risulterebbero inapplicabili al caso di specie, poiché “il Codice dell’Ambiente (art. 199, co. 3 lett. g) demanda ai piani regionali il compito di assicurare il recupero dei rifiuti speciali in luoghi prossimi alla produzione per favorire la riduzione della movimentazione, enunciando il principio di prossimità solo in via tendenziale , a differenza della natura prescrittiva dell’art. 182-bis, che riguarda i rifiuti urbani” 6 .

In particolare, il Giudice amministrativo rilevava all’uopo che il Piano regionale rifiuti Veneto (delibera del Consiglio Regionale n. 30 del 2015) “afferma il principio (punto 1.2. elaborato C all. A) che la gestione dei rifiuti speciali non può essere assoggettata a vincoli territoriali e soggiace al libero mercato , mentre, in applicazione del principio di prossimità territoriale, prevede (art. 21) limitazioni per le spedizioni transfrontaliere, ma solo per i rifiuti destinati allo smaltimento e non anche al recupero” 7 .

La sentenza del TAR veniva impugnata dalla Regione Veneto ed il giudizio proseguiva innanzi il Consiglio di Stato.

Nell’atto di appello, l’Ente territoriale sosteneva che l’Elenco Europeo dei Rifiuti “prevede capitoli trasversali, applicabili ai rifiuti di origine urbana e speciale, non esistendo una correlazione univoca tra CER e classificazione di rifiuto urbano o speciale” ; contrariamente a quanto ritenuto in primo grado, dunque, non sarebbe esclusivamente urbano tutto ciò che è classificato al numero 20 del catalogo, al pari di come il numero 19 non comprenderebbe solo ed esclusivamente rifiuti speciali.

Sicché, la corretta qualificazione del rifiuto non sarebbe determinata dalla mera attribuzione del codice CER ma dalla effettiva composizione del rifiuto all’esito dei trattamenti subiti 8 . Se ciò è vero, “l’autorità competente per l’autorizzazione non poteva che adottare le misure affinché il recupero energetico dei RUI avvenisse negli impianti più prossimi al luogo di produzione, come prevede l’art. 182-bis del Codice dell’Ambiente”.

Il Consiglio di Stato, stanti le tesi difensive presentate dalla rispettive parti del processo, decideva, a questo punto, di verificare se la composizione dei rifiuti, all’esito del trattamento, fosse mutata, dando vita ad un prodotto nuovo e diverso dall’originario 9 ; la Verificazione, che nel caso di specie veniva svolta su base documentale - ossia sulla base di quanto, a suo tempo, certificato dalla società titolare dell’impianto di TMB, poi estintasi - dava il seguente esito: “i rifiuti sono stati oggetto di un trattamento che non ne ha sostanzialmente alterato le proprietà originarie di rifiuti urbani” 10 .

Il quadro emergente imponeva, pertanto, ai Giudici di Palazzo Spada di scegliere tra due opposte ed alternative ricostruzioni: l’una, sostenuta dalla società ricorrente, volta a prediligere il dato formale emergente dalla catalogazione contenuta nell’Elenco Europeo dei Rifiuti; l’altra, fatta propria dalla Regione Veneto, intesa ad attribuire valore preminente al dato empirico della effettiva composizione dei rifiuti 11 .

Trovando entrambe le tesi, almeno apparentemente, conforto nella normativa europea, il CDS, “ritenuto che la decisione centrale della controversia involge l’applicazione e, quindi, l’interpretazione di norme euro-unitarie, le quali, secondo le tesi sostenute dalle parti, appaiono in antinomia”, decideva di appellarsi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, così da chiarire, una volta per tutte, la corretta portata della disciplina richiamata.

3. Il quadro giuridico di riferimento

Nel proprio diniego all’autorizzazione preventiva, la Regione Veneto citava il considerando 14 e l’articolo 12, lett. b), del Reg. CE 1013/2006 (Regolamento relativo alle spedizioni di rifiuti), così come richiamato dall’articolo 16 della direttiva 2008/98/CE (“Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti”).

Veniamo ad analizzare più nel dettaglio queste norme: il considerando 14 sancisce che nel caso di spedizioni di rifiuti, volte allo smaltimento od anche al recupero degli stessi, è opportuno, al fine di assicurarne il controllo, porre in essere una procedura di autorizzazione preventiva scritta (tra la società trasportatrice e l’autorità competente del luogo ove i rifiuti sono originati), alla quale seguirà un’ulteriore procedura di notifica preventiva (questa volta indirizzata all’autorità di destinazione), che consenta ai soggetti competenti di poter prendere tutte le precauzioni necessarie alla tutela della salute umana e dell’ambiente, oltre che a sollevare obiezioni ove necessario; dello stesso tenore risulta l’articolo 12 citato, il quale prevede la possibilità per le autorità competenti di spedizione e destinazione di sollevare obiezioni al trasporto allorquando questo - o le operazioni di recupero da svolgere - risulti “non conforme alla legislazione nazionale relativa alla protezione dell'ambiente, all'ordine pubblico, alla sicurezza pubblica o alla tutela della salute pubblica” .

Per quanto riguarda il menzionato articolo 16 della direttiva sui rifiuti, rubricato “Principi di autosufficienza e prossimità”, esso al primo comma afferma: “Gli Stati membri adottano, di concerto con altri Stati membri qualora ciò risulti necessario od opportuno, le misure appropriate per la creazione di una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento dei rifiuti e di impianti per il recupero dei rifiuti urbani non differenziati provenienti dalla raccolta domestica, inclusi i casi in cui detta raccolta comprenda tali rifiuti provenienti da altri produttori, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili”; e ancora “Gli Stati membri possono altresì limitare le spedizioni in uscita di rifiuti per motivi ambientali come stabilito nel regolamento (CE) n. 1013/2006”, aggiungendo al comma 2 : “ La rete è concepita in modo da consentire alla Comunità nel suo insieme di raggiungere l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti nonché nel recupero dei rifiuti di cui al paragrafo 1 e da consentire agli Stati membri di mirare individualmente al conseguimento di tale obiettivo, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti”.

Tale norma è stata recepita dal Legislatore italiano attraverso il D.lgs. n. 205 del 2010, il quale ha novellato il TUA introducendo l’articolo 182-bis, rubricato anch’esso “Principi di autosufficienza e prossimità”. Quest’ultimo, che richiama in larga parte i concetti espressi dall’omonimo europeo, sancisce la necessità di creare una rete adeguata e integrata di impianti per la gestione dei rifiuti che soddisfi due principi 12 : Il primo, più stringente, impone alle autorità competenti (le Regioni) di smaltire determinate tipologie di rifiuti all’interno dei propri confini territoriali; il secondo, più flessibile, prescrive che i rifiuti vengano sempre trattati nell’impianto idoneo più vicino (prossimo) al luogo d’origine/produzione degli stessi.

Se la lettera a) del comma 1 prevede, dunque, l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi, la lettera b) dispone che il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati debba avvenire “in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti” (principio di prossimità) 13 .

La volontà del Legislatore appare manifesta: ridurre la movimentazione dei rifiuti allo stretto necessario, ossia quando a richiederlo siano la geografia dei luoghi o la specializzazione degli impianti.

La circostanza, poi, che il principio di bacinalizzazione non sia stato previsto anche per le operazioni di recupero energetico, ma esclusivamente per quelle di smaltimento, è da ricondursi, probabilmente, alla disomogeneità caratterizzante la distribuzione dei relativi impianti sul nostro territorio nazionale. Non sorprenderà, difatti, che molte Regioni del Mezzogiorno ne siano sprovviste 14 .

Analizzando più nel dettaglio il testo dell’articolo, non sfuggirà, inoltre, che esso, in materia di recupero, fa esclusivo riferimento ai rifiuti urbani indifferenziati, non menzionando gli urbani differenziati 15 e gli speciali. Questi ultimi, in particolare, sono citati all’articolo 199, comma 3, lett. g, laddove viene affermato che i Piani regionali prevedono il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari ad “assicurare lo smaltimento e il recupero dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti”.

Sebbene sia possibile, dunque, evincere un orientamento di fondo volto a promuovere l’applicazione del principio di prossimità anche nei casi non espressamente richiamati dall’art. 182-bis, è altresì desumibile che debbano essere le Regioni, per il tramite dei rispettivi Piani sui rifiuti, a prevedere (e garantire) il rispetto del suddetto principio.

Ove ciò non avvenga, per i rifiuti speciali varrà, senza particolari limitazioni di sorta, il principio comunitario di libera circolazione delle merci - regolato dagli articoli 26 e da 28 a 37 del TFUE - così come confermato, più volte, dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale: “Va, d’altra parte, considerato che (…) già nella sentenza di questa Corte n. 355 del 2001 si è affermato che anche alla luce della normativa comunitaria il rifiuto è pur sempre considerato un prodotto” 16 .

A lume di ciò, ove si ritenesse di accogliere la principale difesa avanzata, nel corso del giudizio, dalla società di trasporto - la quale si fonda sul valore vincolante della classificazione contenuta nell’EER - i rifiuti, in quanto speciali, sfuggirebbero al principio di prossimità ex art. 182-bis, ed il provvedimento di diniego regionale sarebbe illegittimo.

In effetti, l’Elenco Europeo dei Rifiuti opera una differenziazione tra i rifiuti urbani, identificati dal numero 20, prima sequenza del codice, e tutti gli altri. Nel caso di specie, il codice attribuito ai rifiuti (19.12.12) individua col numero 19 i rifiuti prodotti da impianti di gestione, col successivo 12 quelli sottoposti a trattamento meccanico, e con l’ulteriore 12 gli “altri rifiuti” 17 , compresi quelli misti, non contenenti sostanze pericolose 18 .

Questa ricostruzione, tuttavia, veniva respinta dalla Regione Veneto, la quale, in punto di diritto, offriva le seguenti argomentazioni volte ad affermare la natura urbana dei rifiuti oggetto di causa: innanzitutto, la classificazione contenuta nell’EER avrebbe, a detta dell’Ente, natura squisitamente tecnica, non rappresentando una “proposizione normativa”; in secondo luogo, il considerando 33 della Direttiva 2008/98/CE garantirebbe l’immutata natura urbana dei rifiuti, in quanto “ Ai fini dell’applicazione del Regolamento CE n. 1013 del 2006...relativo alle spedizioni di rifiuti, i rifiuti urbani non differenziati di cui all’art. 3, paragrafo 5 dello stesso rimangono rifiuti urbani non differenziati anche quando sono stati oggetto di un’operazione di trattamento dei rifiuti che non ne abbia sostanzialmente alterato le proprietà ”; infine, la modifica apportata al TUA dall’articolo 2, comma 21-bis, D.lgs. n. 4/2008 - la quale ha espunto dal testo dell’articolo 184 la lettera n, che classificava come speciali “ i rifiuti derivanti dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani ” - sarebbe indice del fatto che la selezione meccanica non altera la composizione del rifiuto, ma serve ad agevolare l’attività successiva di recupero o di smaltimento, senza mutarne la classificazione.

Venendo alle conclusioni, il quadro giuridico di riferimento potrebbe essere riassunto come segue: l’ordinamento nazionale, recependo la direttiva europea 2008/98/CE in materia di rifiuti, ha introdotto nel Testo Unico Ambientale i principi di autosufficienza e prossimità, i quali, nel quadro di una gestione integrata dei rifiuti, devono regolamentarne il recupero e lo smaltimento; con particolare riferimento alle operazioni di recupero, l’articolo 182-bis, comma 1, lett. b), prevede che i rifiuti urbani indifferenziati debbano essere trattati nel rispetto del principio di prossimità; per quanto riguarda, invece, i rifiuti speciali, l’articolo 199, comma 3, lett. g, Dlgs. 152/2006, sancisce che debbano essere i singoli Piani regionali a garantire l’applicazione del principio di prossimità, con la conseguenza che ove ciò non avvenga i rifiuti, alla stregua di qualsiasi altro prodotto, verranno assoggettati al principio comunitario di libera circolazione delle merci nello spazio europeo; in tema di classificazione dei RUI sottoposti ad operazione di trattamento meccanico, infine, il parametro rappresentato dall’Elenco Europeo non appare del tutto in linea con alcune indicazioni normative e pronunce giurisprudenziali in materia.

Quanto emerge mette significativamente in luce tutte le problematicità di un sistema, quello euro-unitario, non sempre perfettamente integrato con gli ordinamenti dei singoli Stati membri.

4. Conclusioni

Alla luce dell’analisi svolta, appare evidente la rilevanza ed il carattere decisivo rivestito dal problema classificatorio in tema di circolazione e spedizione dei rifiuti.

In materia, il recente D.Lgs. n. 116/2020, riscrivendo gli artt. 183 e 184 del TUA, relativi alla classificazione dei rifiuti, apporta sensibili modifiche alla normativa precedente, cancellando, tra l’altro, la categoria dei rifiuti speciali assimilati agli urbani.

Nella nuova formulazione, la definizione di rifiuti urbani è contenuta nell’art. 183, il quale, dopo aver ricompreso al suo interno i rifiuti differenziati e indifferenziati domestici, cita « i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti - rispetto alla lettera a), e cioè non provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione - che sono simili, per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell’allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell’allegato L-quinquies».

Se ne ricava che rispetto al passato - ove i rifiuti di provenienza extra-domestica venivano assimilati agli urbani sulla base di un generico criterio quali-quantitativo, rimesso fondamentalmente alla discrezionalità del singoli Comuni - i rifiuti urbani sono oggi identificati, ab origine, per mezzo di un parametro che vede nella natura e composizione del rifiuto l’elemento determinante per una corretta classificazione 19 .

La Corte di Giustizia Europea, pertanto, nel pronunciarsi in relazione al rinvio pregiudiziale de quo, dovrà certamente tener conto del dato sostanziale emergente dall’analisi merceologica del rifiuto, valutando al contempo che valore riconoscere alle codificazioni contenute nell’Elenco Europeo, che, è bene ricordarlo, possono sempre essere oggetto di modifiche e aggiornamenti da parte della Commissione Europea.

La necessità di un chiarimento, in ogni caso, appare doverosa; non fosse altro per garantire agli operatori del settore di agire in un contesto normativo improntato alla certezza del diritto.

Dott. Federico Caruso

1 Consiglio di Stato, ordinanza n. 4196/2020: “Dica la Corte di Giustizia se: in riferimento ad una fattispecie in cui rifiuti urbani indifferenziati, non contenenti rifiuti pericolosi, siano stati trattati meccanicamente da un impianto ai fini del recupero energetico (operazione R1/R12, ai sensi dell’allegato C) del Codice dell’Ambiente) e, all’esito di tale operazione di trattamento, risulti, in tesi, che il trattamento non abbia sostanzialmente alterato le proprietà originarie del rifiuto urbano indifferenziato, ma agli stessi venga assegnata la classificazione CER 19.12.12., non contestata dalle parti; ai fini del giudizio in ordine alla legittimità delle obiezioni, da parte del Paese di origine, alla richiesta di autorizzazione preventiva alla spedizione in un Paese europeo presso un impianto produttivo per l’utilizzo, in co-combustione o, comunque, come mezzo per produrre energia, del rifiuto trattato, sollevate dall’Autorità preposta nel Paese di origine sulla base dei principi della direttiva 2008/98/CE, ed in particolare di obiezioni quali quelle, nella fattispecie, basate: - sul principio della protezione della salute umana e dell’ambiente (art. 13); - sul principio di autosufficienza e prossimità, stabilito dall’art. 16, comma 1, secondo il quale “Gli Stati membri adottano, di concerto con altri Stati membri qualora ciò risulti necessario od opportuno, le misure appropriate per la creazione di una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento dei rifiuti e di impianti per il recupero dei rifiuti urbani non differenziati provenienti dalla raccolta domestica, inclusi i casi in cui detta raccolta comprenda tali rifiuti provenienti da altri produttori, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili.”; - sul principio, stabilito dallo stesso art. 16, comma 2, ultimo periodo, secondo cui “Gli Stati membri possono altresì limitare le spedizioni in uscita di rifiuti per motivi ambientali come stabilito nel regolamento (CE) n. 1013/2006”; - sul considerando (33) delle premesse della stessa direttiva del 2008, secondo il quale “Ai fini dell’applicazione del Regolamento CE n. 1013 del 2006....relativo alle spedizioni di rifiuti, i rifiuti urbani non differenziati di cui all’art. 3, paragrafo 5 dello stesso rimangono rifiuti urbani non differenziati anche quando sono stati oggetto di un’operazione di trattamento dei rifiuti che non ne abbia sostanzialmente alterato le proprietà”: il Catalogo Europeo rifiuti (nella fattispecie CER 19.12.12., rifiuti prodotti da impianti di trattamento meccanico per operazioni di recupero R1/R12) e le relative classificazioni interferiscano o meno ed, in caso di risposta positiva, in quali termini e confini, con la disciplina euro-unitaria relativa alla spedizione di rifiuti che, prima del trattamento meccanico, erano rifiuti urbani indifferenziati; in particolare, se, con riferimento alle spedizioni di rifiuti risultanti dal trattamento di rifiuti urbani indifferenziati, le previsioni dell’art. 16 della direttiva del 2008 richiamata ed il relativo considerando n. 33, espressamente concernenti la spedizione di rifiuti, siano o meno prevalenti rispetto alla classificazione risultante dal Catalogo Europeo Rifiuti; precisando, qualora ritenuto opportuno e utile dalla Corte, se il suddetto Catalogo abbia carattere normativo o costituisca, invece, una mera certificazione tecnica idonea alla omogenea tracciabilità di tutti i rifiuti.” .

2 Si trattava di rifiuti da spedire in un impianto estero per operazioni di recupero energetico R1 (utilizzo del rifiuto trattato come combustibile o come altro mezzo per produrre energia), individuate specificamente con il codice R12, secondo quanto previsto dall’allegato C) del Codice dell’Ambiente.

3 La pericolosità potenziale dei rifiuti, così come intesa ed interpretata dal Regolamento 1013/2006, non è riconducibile al concetto di pericolosità contenuto nel Catalogo Europeo dei Rifiuti (CER), comportando ciò una discrasia evidente e problematica per tutti gli operatori del settore, i quali, sovente, incontrano difficoltà nel caratterizzare i rifiuti oggetto di spedizione. Con la conseguenza che, ove non siano in grado di accertare in maniera inequivoca a quale lista (verde o ambra) ricondurre i rifiuti interessati, dovranno tuzioristicamente seguire la procedura di autorizzazione preventiva, più complessa e finanziariamente impegnativa, a discapito di quella di informazione (art.18), più snella e fruibile anche da quei soggetti (imprenditori) non in grado di sostenere i costi della prima (Dott.ssa B. Bracchetti, Spedizioni transfrontaliere di rifiuti: Le regole per l'import-export di rifiuti alla luce del regolamento comunitario n. 1013/2006/CE e della normativa di attuazione , Egaf 2020).

4 In Italia sono considerate autorità competenti le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

5 Per un approfondimento sul tema cfr. A. Storti, Rifiuti.Spedizione transfrontaliera di rifiuti: sistematica delle fonti e profili problematici , Lexambiente.it, 2017.

6 Sentenza n. 1261 del 15 novembre 2016, TAR Veneto.

7 Ibid.

8 Cfr. Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 23 ottobre 2014, n. 5242.

9 Consiglio di Stato, Ordinanza n. 5639 del 2018 : “Qualora il verificatore possa rispondere al quesito sulla base della documentazione in atti e degli altri elementi di conoscenza di cui disponga in ragione delle sue funzioni, verifichi, sulla base di argomentazioni tecniche, se operazioni di “trattamento” corrispondenti a quelle descritte nella notifica IT 019249, comprensiva del relativo dossier, datata 12 ottobre 2015, inviata da Plan Eco alla Regione Veneto – Direzione regionale tutela dell’ambiente, e successive integrazioni (documenti in atti in quanto depositati in data 30 giugno 2016 in allegato al ricorso di primo grado), siano idonee a mutare o meno la composizione dei rifiuti stessi sotto il profilo chimico fisico, in modo tale da determinarne una natura sostanzialmente diversa dai rifiuti, urbani prima di tale trattamento, idonea ad operazioni di recupero energetico (R.1, R.12), giustificandosi così (o meno) sotto il profilo tecnico-scientifico, relativo alla fisica e alla chimica dei materiali, il fatto che tali rifiuti dopo il “trattamento” siano o meno da includersi nella diversa categoria giuridica dei rifiuti speciali” .

10 Consiglio di Stato, Ordinanza n. 4196 del 2020.

11 Questa tesi, oltre a trovare elementi di sostegno nella disciplina europea (vedi considerando 33 direttiva 2008/98/CE), è stata accolta in passato dal Consiglio di Stato, Sentenza 23 ottobre 2014, n. 5242 (caso STIR campani), e dal MATTM (Nota Prot. 0053404 del 30 ottobre 2013).

12 “...tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi”.

13 Il principio di prossimità, pertanto, non impone che le operazioni di recupero dei rifiuti urbani indifferenziati debbano (necessariamente) avvenire all’interno del territorio regionale. Tuttavia, al fine di limitare la movimentazione dei rifiuti, gli stessi andrebbero sempre trattati nell’impianto idoneo più vicino al luogo di produzione.

14 Si veda in questo senso l’interessante articolo di Jacopo Giliberto: Raccolta rifiuti, l’Italia sommersa verso la paralisi totale. Consultabile al link: https://www.ilsole24ore.com/art/raccolta-rifiuti-l-italia-sommersa-la-paralisi-totale-AEa0DKNG.

15 I rifiuti urbani differenziati sono menzionati al 5° comma dell’articolo 181: “Per le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio ed al recupero è sempre ammessa la libera circolazione sul territorio nazionale tramite enti o imprese iscritti nelle apposite categorie dell’Albo nazionale gestori ambientali ai sensi dell’articolo 212, comma 5, al fine di favorire il più possibile il loro recupero privilegiando il principio di prossimità agli impianti di recupero” . Come si evince dal testo dell’articolo, il legislatore in questo caso si è limitato, attraverso l’utilizzo del più blando “favorire”, a raccomandare l’applicazione del principio di prossimità.

16 Corte Costituzionale, sentenza n. 244 del 2011.

17 Ossia quei rifiuti non ricompresi ai numeri precedenti: 19.12.01, 02, 03… (carta e cartone, plastica, vetro, ecc.).

18 Il 19.12.12 integra un’ipotesi di “codice a specchio”. Ciò poiché la stessa tipologia di rifiuti può essere considerata pericolosa o meno a seconda della concentrazione di sostanze pericolose concretamente presenti (19.12.11*). La Suprema Corte ha bocciato la tesi, sostenuta da alcuni commentatori, sulla presunzione di pericolosità dei rifiuti a specchio in considerazione della loro natura potenzialmente duale, che richiede un accertamento in concreto (Cass. Pen. Sez. III, 13.01.2015, n. 971).

19 G.Amendola, Rifiuti. D.lgs.n. 116/2020: la scomparsa dei rifiuti assimilati. https://lexambiente.it/materie/rifiuti/179-dottrina179/15266-rifiuti-d-lgs-n-116-2020-la-scomparsa-dei-rifiuti-assimilati.html#sdfootnote2anc.