Breve compendio sulle ragioni per non aumentare i limiti elettromagnetici in Italia

di Giuseppe TEODORO

 

A breve diventerà operativo l’aumento delle soglie di elettrosmog in Italia: l’art. 10 della legge Concorrenza 2022 (L. 214/2023), intitolato “Adeguamento dei limiti dei campi elettromagnetici” prevede che entro 120 gg. dall’approvazione della legge (31 dicembre 2023), dunque il 30 aprile 2024, scatteranno i nuovi limiti.

L’iter, piuttosto articolato, richiede pareri e intese tra una serie di enti e organismi (ministeri, commissioni parlamentari, CIPRIE, Conferenza Unificata), che dovrebbero pronunciarsi nel termine di 120 giorni, alla scadenza del quale, e in assenza di uno specifico provvedimento da cui emerga l’acquisita intesa, il valore di attenzione sarà “adeguato” (tradotto=più che raddoppiato) con DPCM a 15 V/m (oggi è di 6 V/m).

Recentemente è stato interpellato l’Ufficio Legislativo del MIMIT , a cui compete l’impulso di attivare l’iter per acquisire l’intesa in Conferenza Unificata, e ciò che si è appreso dalla diplomatica risposta è che tale passaggio potrebbe essere eluso (non è obbligatorio e l’intesa non è vincolante).

Questa colpevole inerzia sembra rispecchiare la strategia politica, poiché è dato immaginare cosa potrebbe accadere in sede di Conferenza Unificata, ove il provvedimento correrebbe il rischio di arenarsi, essendo nota l’avversione di gran parte delle Regioni e di Anci (che raggruppa la quasi totalità dei comuni italiani) all’insensato innalzamento, di cui proprio non si avvertiva l’esigenza, se non per compiacere alle potenti lobbies delle TLC.

Nel lungo arco di tempo che ha accompagnato i molteplici tentativi di adottare l’aumento dei limiti di elettrosmog, vanno segnalate, piuttosto, alcune evidenti anomalie, incongruenze e contraddizioni, che ne rendono ancor più irrazionale l’accoglimento.

  1. Già in occasione della precedente legge sulla concorrenza 2021 (L. 118/2022), durante la presidenza del Consiglio Draghi, nel 2022, si tentò di far passare l’emendamento al rialzo (AS 2469, em. 19.0.2), ma lo stesso, durante i lavori parlamentari, in sede di valutazione tecnica, fu ritenuto improponibile, in quanto estraneo ai contenuti del ddl. Appare, pertanto, alquanto misteriosa l’inversione di giudizio sulla ammissibilità, espresso dagli stessi uffici parlamentari, appena un anno dopo!

  1. Dal documento conclusivo dell’Indagine conoscitiva sulle nuove tecnologie nelle telecomunicazioni, con particolare riguardo alla transizione verso il 5G, elaborato dalla Commissione IX - Trasporti e TLC, della Camera dei Deputati il 9 luglio 20201, emerge che, per il Governo non risulta necessario modificare gli attuali limiti di emissione e che tale posizione è stata condivisa dalla Commissione, “in quanto gli attuali limiti appaiono sufficientemente cautelativi”.

  1. Stessa posizione la ritroviamo nel Dossier parlamentare che accompagna il progetto di legge sulla Concorrenza (AC 1555), dalle cui conclusioni si apprende che “non risulta necessario alzare gli attuali limiti di emissione2.

  1. Perfino l’ANCI si è vista costretta ad intervenire pesantemente, stigmatizzando la proposta di aumento e bollandola come provvedimento suscettibile di “effetti indesiderati”. Sostiene, giustamente, ANCI, che i cittadini e le comunità locali vanno accompagnati per comprendere ed accogliere le nuove tecnologie, non puniti con espedienti che esautorano la gestione e il controllo dei processi autorizzativi! In questo modo, conclude ANCI, si rischia di innalzare il livello conflittuale tra comuni e Telco! 3

  1. Si noti un aspetto folkloristico: in tutti i provvedimenti in cui i governi di turno hanno sperimentato la volontà di elevare le soglie elettromagnetiche, si è fatto ricorso a termini alquanto fantasiosi per evitare il verbo “aumentare” o “innalzare”: così si è parlato di “adeguare”, “aggiornare”, “armonizzare”, “allineare”, “uniformare”, “rimodulare”. Anche nell’emendamento in oggetto si parla di “adeguare” i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, come se l’uso di tali verbi fosse evocativo di scenari più acquiescenti per ammorbidire la percezione del rischio nella popolazione.

  1. E’ vero che in Italia i limiti elettromagnetici, ai sensi del DPCM 8.07.2003, sono tra i più cautelativi al mondo: 20 V/mquale limite massimo da non superare ovunque; 6 V/mil valore di attenzione per esposizioni in luoghi adibiti a permanenza umana per almeno 4 ore giornaliere (abitazioni, scuole, ospedali, luoghi di lavoro, ecc..), 6 V/ml’obiettivo di qualità all’aperto e luoghi intensamente frequentati.

  1. Ed è ancora vero che i limiti suggeriti da ICNIRP (organismo internazionale riconosciuto dall’OMS), acquisiti dalla Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 12 luglio 1999 (1999/519/CE) e confermati nelle Linee Guida del marzo 2020, non devono superare i 61 V/m, valore corrispondente al surriscaldamento del tessuto umano (i c.d. effetti termici acuti), ma che lasciano la facoltà agli stati membri di definire livelli di protezione più cautelativi di quelli proposti.

  1. Ora, la scelta di ICNIRP di valutare ai fini sanitari esclusivamente gli effetti termici acuti, che si manifestano per esposizioni brevi ed intense, non protegge la popolazione dalla esposizione ad effetti biologici di lunga durata (non termici). Ciò rappresenta una inammissibile disapplicazione del Principio di Precauzione e dell’azione preventiva , di cui all’art. 191 (ex art. 174 TCE) del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.

  1. E poiché risulta copiosa e significativa la letteratura scientifica che enumera effetti avversi non termici correlati alla esposizione ai campi elettromagnetici artificiali emessi da apparati radioelettrici (ad es., tumori, malattie neurodegenerative, deficit di attenzione e memoria, elettrosensibilità, disturbi cardiocircolatori, danni alla fertilità maschile e femminile, danni al DNA – vedi, a titolo di esempio, Bioinitiative Report 2012-20224), nonché con riferimento alle nuove tecnologie di comunicazione mobile, (STOA 2021 5 - IEEE 20236), non appare supportata da alcuna motivazione scientifica la scelta, contenuta nell’emendamento in oggetto, di aumentare i limiti elettromagnetici “in via provvisoria e cautelativa ad un valore pari a 15 V/m”.

  1. Occorre, piuttosto, chiedersi perché il mondo delle Telco spinge con insistenza per ottenere limiti meno stringenti, a fronte di una letteratura scientifica ed epidemiologica che ne sconsiglierebbe un approccio elastico.

Altre sono le ragioni a fondamento di questa crociata contro il mantenimento dei 6 V/m. Il nodo principale, che sta a cuore agli operatori tlc, è sicuramente il paventato esborso di cifre consistenti (circa 4 miliardi di euro) per la realizzazione di nuove infrastrutture o l’adattamento (reingegnerizzazione) di quelle esistenti, per ospitare le tecnologie di nuova generazione, qualora non si addivenga all’aumento dei limiti (fonte Asstel7).

  1. L’innalzamento dei limiti, anche per valori non prossimi al massimo consentito, determinerebbe – sempre secondo Asstel – l’espandibilità delle infrastrutture esistenti, evitando di saturare lo spazio elettromagnetico, con benefici per l’ambiente (meno impianti, meno impatto sul paesaggio). Si deve obiettare, tuttavia, che il fabbisogno stimato dagli operatori, gli stessi che si battono per utilizzare le infrastrutture esistenti, ai fini della implementazione della nuova tecnologia 5G in Italia, ammonta a circa 8 mila nuove torri e 50 mila microcelle (small cells)8. Si tratta, a nostro avviso, di una contraddizione non trascurabile, che inficia la credibilità delle affermazioni dei sostenitori dell’aumento dei limiti a tutti i costi.

  1. Un ulteriore elemento dovrebbe concorrere a dissuadere il legislatore dal sostenere l’aumento delle soglie elettromagnetiche: sulla base di studi tecnici effettuati dalle Agenzie per la protezione dell’Ambiente (ARPA), ai fini dello sviluppo delle reti di ultima generazione, non occorre alterare gli attuali limiti di legge di esposizione, i cui livelli sono adeguati a consentire la realizzazione delle reti in tecnologia 5G9.

  1. Ancora un elemento concorre a delegittimare la posizione dei sostenitori di limiti più elevati e sono gli stessi operatori tlc a denunciarlo: il fenomeno della falsa saturazione degli spazi elettromagnetici 10. Secondo una consolidata prassi, gli operatori tlc, all’atto di presentare ad Arpa un progetto ai fini del nulla osta radioelettrico, non dichiarano mai il valore effettivo che produrrà quell’impianto, ma la potenza massima che consente di non sforare il limite in vigore, in modo di accaparrarsi tutta la capacità trasmissiva, evitando che la concorrenza possa utilizzarla (es., se so di trasmettere ad una potenza di 10 watt, ne dichiaro 30 watt per non consentire ad un altro competitor di utilizzare quella infrastruttura; si tratta di un raggiungimento teorico dei tetti emissivi).

  1. Quindi, sulla base dei valori di campo dichiarati, ad es. sul tetto di un edificio, formalmente quello spazio elettromagnetico risulta saturo, perché autorizzato alla massima potenza (6 V/m), mentre in realtà i valori si attestano su 1 o 1, 5 o al massimo 2 V/m, il resto è tutto accaparramento di spazio elettromagnetico! Si tratta di un comportamento anticoncorrenziale, censurato dall’AGCM11, che ha chiesto alle ARPA di utilizzare standard di misurazione più efficienti, al fine di pervenire alla misurazione di valori reali e non potenziali.

  1. Ancora, sono sempre le stesse Telco (Assoprovider, associazione delle pmi) 12 a contestare il provvedimento sull’innalzamento dei limiti elettromagnetici che, a detta loro, penalizzerebbe le piccole imprese, impegnate nella difficile opera di trasformazione digitale delle c.d. aree a fallimento di mercato. Limiti più elevati favorirebbero i grandi player, con fenomeni di accaparramento di consistenti fette di mercato delle infrastrutture e reti tlc.

  1. Infine, un ulteriore elemento dovrebbe convincere anche i più diffidenti ad evitare il danno che creerebbe l’adozione di limiti elettromagnetici più elevati: l’Italia è l’unico Paese in Europa che ha scelto dal 2012 un metodo di misurazione dei campi elettromagnetici basato su valori intesi come media nell’arco delle 24 ore e non riferiti alla media di 6 minuti13. Questa misura rappresenta un unicum rispetto al resto d’Europa e pertanto i livelli di emissione misurati non sono comparabili con quelli degli altri Paesi europei. La deroga operata nel nostro ordinamento produrrebbe, in caso di innalzamento dei livelli di emissione elettromagnetica, effetti distorsivi sulla potenza dichiarata, che risulterebbe in realtà di molto superiore al valore dichiarato!

Dunque, i numerosi e convincenti elementi raccolti in questa breve analisi suggeriscono il mantenimento dei limiti vigenti, sia ai fini di un complessivo atteggiamento prudenziale a tutela della salute pubblica, sia per garantire gli stessi operatori TLC, le cui istanze di implementazione delle infrastrutture risultano, come dimostrato, compatibili con gli attuali limiti.

L’auspicio è, pertanto, che il legislatore di turno possa intervenire con saggezza e rimodulare il provvedimento, ripristinando le soglie cautelative già adottate dal nostro Paese.

Roma, 3 aprile 2024

13 Art. 14, comma 8 lett. d) DL 179/2012, convertito in L. 221/2012