Considerazioni sulla gestione dei corpi di animali morti

di Giovanni TAPETTO

  1. Premessa

I corpi di animali morti, denominati carcasse o carogne come vedremo più avanti, costituiscono concrete difficoltà di gestione dato lo scarso dettaglio che la disciplina ambientale dispone nel merito e che, quindi, costringe gli operatori interessati a interpretare individualmente la norma con risultati che, talvolta, lasciano perplessi.

Con il presente contributo si intende proporre una lettura della normativa vigente, nulla dando per scontato, verificando l’applicazione dei precetti secondo le modalità correlate alle diverse specifiche che si andranno ad individuare.

  1. Sulla disciplina applicabile

Al fine di individuare la disciplina applicabile al tema in argomento riteniamo utile fare una breve disamina sulle cause che originano i decessi di animali, sull’ambiente in cui si origina l’evento e sulla destinazione dei corpi dato che la disciplina normativa può essere affatto diversa a seconda delle situazioni di fatto.

Un primo distinguo va fatto sulla fattispecie animale se cioè, all’origine, fosse selvaggina, da allevamento, da cavie veterinarie o da disinfestazione.

Un secondo distinguo va fatto sulle modalità del decesso se cioè l’animale sia stato abbattuto per attività di cacciagione, macellazione, eutanasia veterinaria o deceduto per malattia, morte naturale, incidente stradale, avvelenamento e altri metodi di disinfestazione, altre cause ignote.

La normativa applicabile alla gestione dei corpi di animali morti fa riferimento primario all’ambiente di origine dell’animale se cioè sia da considerare selvaggina ovvero se la provenienza sia da allevamenti a fini alimentari umani o da allevamenti per fini diversi dall’alimentazione umana.

Conseguentemente a tali discriminanti, la disciplina applicabile è individuabile nei seguenti provvedimenti:

  1. Regolamento CE 853/2004 Norme in materia di igiene dei prodotti alimentari di origine

animale;

  1. Regolamento CE 1069/2009 Norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale e

ai prodotti derivati non destinati al consumo umano (SOA);

  1. Regolamento UE 142/2011 Disposizioni di applicazione del Regolamento 1069/2009;

a questo elenco vanno aggiunti i disposti che disciplinano la gestione dei corpi di animali morti nel caso in cui rientrino nella definizione di “rifiuto”:

  1. D.P.R. 254/2003 Gestione dei rifiuti sanitari

  2. D.lgs. 152/2006 Parte IV - Disciplina dei rifiuti e normative correlate (che abroga il precedente D.lgs. 22/1997);

  3. D.lgs. 152/2006, Parte IV, Allegati D e I; Linee Guida SNPA del 18/05/2021.

Individuato il complessivo campo normativo sussumibile si ritiene necessario considerare quale sia il campo di applicazione specifico dei singoli provvedimenti.

Il campo di applicazione del Regolamento 853/2004, all’art. 1, comma 1 stabilisce che: “Il presente regolamento stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale , destinate agli operatori del settore alimentare. Dette norme integrano quelle previste dal regolamento (CE) n. 852/2004. Esse si applicano ai prodotti di origine animale trasformati e non” con il significato che sulla gestione di tutti gli alimenti di origine animale si applica tale Regolamento.

Il campo di applicazione del Regolamento 1069/2009 è definito dall’art. 1: stabilisce norme sanitarie e di polizia sanitaria rela­tive ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati,(…); all’art. 2, comma 1 stabilisce che: “ Il presente regolamento si applica:

  1. ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati che sono esclusi dal consumo umano in forza della legislazione comunitaria; e

  2. ai seguenti prodotti che, in seguito alla decisione di un operatore, che è irreversibile, sono destinati a fini diversi dall’alimentazione umana:

    1. prodotti di origine animale che possono essere destinati al consumo umano a norma della legislazione comunitaria;

    2. materie prime per la produzione di prodotti di origine animale.”

c on il significato che tale Regolamento si applica solo aisottoprodotti di origine animale che non sono destinati al consumo umano.

Il campo di applicazione del Regolamento 142/2011, all’art. 1, lettera a) stabilisce che: Il presente regolamento stabilisce le misure di attuazione:

a) per le norme sanitarie e di polizia sanitaria relative ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti da essi derivati di cui al regolamento (CE) n. 1069/2009 (…).” con il significato di essere provvedimento applicativo del Regolamento 1069/2009.

Tali provvedimenti, in quanto regolamenti di normativa sanitaria, rientrano nell’ambito giuridico della tutela della salute pubblica.

Il rapporto giuridico che intercorre fra i tre regolamenti è individuato nelle loro epigrafi, dalle quali si evince che il Reg. 853/2004 è il riferimento specifico per la gestione dei prodotti (alimenti) di origine animale destinati all’alimentazione umana mentre il Reg. 1069/2009 costituisce il riferimento per la gestione dei sottoprodotti di origine animale, cioè dei derivati dei prodotti di origine animale, non destinati all’alimentazione umana.

In base a tali riferimenti si evince la correttezza della definizione disottoprodotto che individua sostanze originate da scarti della produzione alimentare destinate a usi diversi in applicazione dei precetti regolamentari.

Il successivo Regolamento 142/2011 costituisce mera integrazione applicativa del 1069/2009.

Il campo di applicazione del DPR 254/2003 è descritto all’art. 1 comma 1 come segue: “Il presente regolamento disciplina la gestione dei rifiuti sanitari e degli altri rifiuti di cui al comma 5, allo scopo di garantire elevati livelli di tutela dell'ambiente e della salute pubblica e controlli efficaci”

Il D.lgs. 152/2006, parte IV, si definisce nell’epigrafe, ”Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati” e nella definizione di rifiuto di cui all’art. 183, comma 1, lettera a): “ qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi ” e si applica quando ricorre l’individuazione di tale definizione in qualsiasi sostanza od oggetto e, quindi, anche nel caso di un corpo di animale morto.

Questi ultimi due provvedimenti rientrano nel campo giuridico della tutela dell’ambiente.

Il rapporto giuridico che intercorre tra le due norme è che il D.lgs. 152/2006, parte IV, costituisce la legge quadro di riferimento mentre il DPR 254/2003 costituisce legge speciale sulla gestione dei rifiuti sanitari come stabilito dall’art. 227, comma 1, lettera c) del D.lgs. 152/2006.

Va subito evidenziato che entrambi i provvedimenti prevedono alcune esclusioni che rientrano nel merito dell’argomento in trattazione e, in particolare, il D.gs. 152/2006 all’art. 185, comma 2 prevede che:

Sono esclusi dall'ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto, in quanto regolati da altre disposizioni normative comunitarie, ivi incluse le rispettive norme nazionali di recepimento:

b) i sottoprodotti di origine animale , compresi i prodotti trasformati, contemplati dal regolamento (CE) n. 1774/2002 , eccetto quelli destinati all'incenerimento , allo smaltimento in discarica o all'utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio;

c) le carcasse di animali morti per cause diverse dalla macellazione , compresi gli animali abbattuti per eradicare epizoozie, e smaltite in conformità del regolamento (CE) n. 1774/2002 ; ”.

Anche il DPR 254/2003, nel precisare il proprio ambito applicativo, all’art. 1, comma 2 prescrive che: “(…) Sono altresì esclusi i materiali normati dal regolamento (CE) n. 1774/2002 (…) quali le carcasse degli animali da esperimento, le carcasse intere e le parti anatomiche, provenienti dall’attività diagnostica degli Istituti zooprofilattici sperimentali delle facoltà di medicina veterinaria ed agraria e degli Istituti scientifici di ricerca.

Il riferimento al Regolamento CE 1774/2002 è da considerarsi un refuso in quanto tale provvedimento è stato abrogato e sostituito dal Regolamento CE 1069/2009 e quindi, il riferimento è, esclusivamente, diretto a quest’ultimo, vigente, provvedimento.

Risulta palese che i due provvedimenti escludono dal proprio ambito i sottoprodotti di origine animale di cui al citato regolamento, con le seguenti precisazioni:

  • dal D.lgs. 152/2006 che sono esclusi se non destinati a incenerimento a discarica o smaltiti in conformità del Reg. 1069/2009;

  • dal DPR 254/2003 che sono esclusi i materiali normati dal Reg. 1069/2009, da intendersi quali le carcasse degli animali da esperimento, le carcasse intere e le parti anatomiche, provenienti dall’attività diagnostica (…) .

In tal modo, mentre il DPR 254/2003 ne fa una esclusione definita dall’attività sanitaria che ne ha causato il decesso mentre il D.lgs. 152/2006 ne fa una esclusione limitata dalla fattispecie di destinazione, ragion per cui, se un sottoprodotto di origine animale viene conferito ad un impianto di incenerimento rifiuti o a una discarica deve essere gestito come rifiuto.

Sul punto, escludendo l’avvio a discarica che rimane univocamente individuata come tale, vale citare il disposto del Titolo III, Incenerimento e coincenerimento, del D.lgs. 152/2006, che, all’art. 237-quater (Ambito di applicazione ed esclusioni) prescrive che:

1. Il presente titolo si applica agli impianti di incenerimento e agli impianti di coincenerimento dei rifiuti solidi o liquidi.

2. Sono esclusi dall'ambito di applicazione del presente titolo :

a) (…), b) gli impianti che trattano unicamente i seguenti rifiuti:

1) (…), 2) (…), 3) rifiuti animali , come regolati dal regolamento (CE) n.1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009 , recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano.

Il che vale a significare che esistono, almeno, due fattispecie di impianti di incenerimento:

  • destinati ai soli rifiuti, ex Titolo III della parte IV del D-lgs. 152/2006;

  • destinati ai soli residui animali, ex Regolamento CE 1069/2009, come specificato dall’Allegato III del Regolamento UE 142/2011, come modificato dal Regolamento UE 735/2020;

conseguentemente, risulta chiara l’indicazione data dal legislatore nel distinguere le cose per tipo di destinazione dato che, se qualcosa viene destinato ad un impianto di incenerimento autorizzato per ricevere rifiuti, quel qualcosa è un rifiuto e deve essere gestito come tale fin dall’origine.

  1. Sulle definizioni

Abbiamo introdotto l’argomento indicando due termini, carcasse o carogne, che sono, in genere, usati nel definire i corpi di animali morti ma che, quantomeno nell’ambito di una trattazione giuridica, anche in considerazione di quanto prevede l’articolo 12 delle preleggi del Codice Civile 1 , dovrebbero essere usati conformemente a quanto prescrive la lingua nazionale e la norma.

Al riguardo vale evidenziare che carcasse e carogne, secondo la lingua italiana, hanno diverso significato:

Carcassa : le ossa che formano la cavità toracica degli animali. Anche, più genericamente, scheletro di un animale morto (Treccani.it).

Carogna : corpo di bestia morta, in stato di putrefazione (Treccani. it).

Dalla normativa vigente si ricava un’unica definizione, data dal regolamento CE 853/2004, Allegato I, punto 1.9, che è quella dicarcassa quale “il corpo di un animale dopo il macello e la tolettatura”, cui fa riferimento anche il Regolamento CE 1069/2009 2 .

Nel D.lgs. 152/2006 manca la definizione di carcassa ma se ne trova citazione all’art. 185 comma 2, lettera c) 3 che esclude le carcasse dalla disciplina dei rifiuti, ma solo se smaltite in conformità del Regolamento CE 1069/2009.

Nel merito vanno considerati anche gli indirizzi di giurisprudenza che, in un ampio spettro di pronunce, si è prevalentemente espressa con il termine “carcasse” ancorché, nei diversi casi esaminati, si facesse prevalente riferimento a “corpi di animali morti”.

In una pronuncia 4, si può rintracciare la definizione di “c arogne, cioè i corpi morti di animali” ma, nella stessa sentenza si trova anche l’espressione di carcasse dei cani morti “, a sconfessare la propria affermazione precedente.

In una, più recente sentenza 5, l’estensore usa indifferentemente i due termini, sia carcasse che carogne, con riferimento al medesimo fatto relativo al rinvenimento di corpi di animali sotterrati.

Tutto ciò premesso si ritiene di poter evincere che, sotto il profilo giuridico, le carcasse siano da identificarsi esclusivamente secondo la definizione data dal Reg.to CE 853/2004, ripresa ed applicata anche dal Regolamento CE 1069/2009 cioè quale “ corpo di un animale dopo il macello e la tolettatura”, definizione che le fa derivare come prodotte da un’attività antropica, gestita e controllata da un’organizzazione che effettua, appunto, le attività di macellazione e di tolettatura dell’animale.

Conseguentemente, il termine carogna si rende attribuibile solo a quei corpi di animali morti per motivi diversi da quelli di cui ai citati regolamenti europei o rinvenuti abbandonati, su strade o altri luoghi, in stato di decomposizione più o meno avanzato.

Tale distinzione offre maggior immediatezza nell’individuazione delle cose e della normativa applicabile di conseguenza, ragion per cui, al fine di rendere maggior chiarezza nell’argomentazione, i due termini saranno di seguito usati secondo tale criterio di differenziazione.

A seguire questa prima considerazione si ritiene utile portare in evidenza anche le seguenti ulteriori definizioni:

  • Prodotti di origine animale: alimenti di origine animale, compresi il miele e il sangue; (…) 6

  • Sottoprodotti di origine animale: corpi interi o parti di animali, prodotti di origine animale o altri prodotti ottenuti da animali, non destinati al consumo umano (…)7 .

  • animale , qualsiasi animale invertebrato o vertebrato 8;

  • animale d’allevamento 9 :

    • un animale detenuto, ingrassato o allevato dall’uomo e utilizzato per la produzione di alimenti, lana, pellicce, piume, pelli o qualsiasi altro prodotto ottenuto da animali o per altri fini d’allevamento;

    • equidi;

  • animale selvatico: un animale non detenuto dall’uomo 10 ;

che sono correlate alle origini delle carcasse o carogne animali.

La prima conseguenza di tale distinzione porta a considerare che il Regolamento CE 1069/2009 non possa essere applicato alla gestione delle carogne animali in ragione del fatto che tali residui non possono essere considerati sottoprodotti in quanto non rispondenti ai criteri di individuazione del sottoprodotto di cui all’art. 184 bis del D.lgs. 152/2006.

In tale considerazione si applica quanto determinato dalla giurisprudenza di Cassazione che, asserendo che gli scarti di origine animale sono sottratti alla disciplina in materia di rifiuti solo se qualificabili come sottoprodotti ai sensi dell’art. 184-bis del d.lgs. 152/2006, ha chiarito l’ambito di applicazione di questa disciplina 11.

Tale orientamento si fonda sulla diretta applicazione del dell’art. 184-bis del d.lgs. 152/2006 che pone, come prima delle quattro condizioni 12 perché sia riconosciuto un sottoprodotto, la sua origine da un’attività produttiva che, nel caso dei SOA, è la produzione alimentare umana.

Le carogne di animali rinvenute sulle aree pubbliche od originate da attività di disinfestazione mancano di tutte le quattro condizioni e, quindi, la definizione di sottoprodotto per tali fattispecie è inapplicabile.

  1. Considerazioni giuridiche

Il punto giuridicamente discriminante ai fini della trattazione è focalizzato sulla destinazione del corpo dell’animale se cioè sia destinato alla filiera dell’alimentazione umana o se risponda al solo criterio del disfarsi dato che, nel primo caso si dovranno applicare i precetti della norma speciale igienico-sanitaria al riguardo della salute pubblica mentre, nel secondo caso si dovranno applicare i precetti della disciplina dei rifiuti.

Sulla base di tali distinguo e al fine di meglio descrivere le incombenze correlate vale individuare, sulla base degli indirizzi di applicazione normativa, i seguenti raggruppamenti:

  1. Carcasse di animali da cacciagione destinate all’alimentazione umana,

  2. Carcasse di animali da macellazione destinate all’alimentazione umana,

  3. Carcasse e altri residui di animali da allevamento non destinate all’alimentazione umana,

  4. Carogne di animali rinvenute su suolo pubblico,

  5. Carogne di animali da attività di disinfestazione,

Tali raggruppamenti hanno l’obiettivo di identificare, con adeguata certezza, la norma sussumibile per dirimere i quesiti di gestione di ciascuno di tali prodotti e, quindi, va chiarito che:

  • i primi due gruppi riferiscono a carcasse originate da animali abbattuti per l’alimentazione umana sulla cui gestione si applicano i precetti di igiene alimentare dati dal Regolamento CE 853/2004;

  • il terzo gruppo riferisce a carcasse originate da animali da allevamento abbattuti per motivi diversi (p.es. sanitari) ma non destinati all’alimentazione umana sulla cui gestione si applicano i precetti di igiene sanitaria dati dal Regolamento CE 1069/2009;

  • il quarto e quinto gruppo riferisce a carogne e, quindi, a corpi di animali morti per cause naturali, per incidenti o per altre cause diverse dall’intento di utilizzo a fini commerciali, rinvenuti su strade o aree pubbliche o generati da attività di disinfestazione e, pertanto, soggetti all’applicazione della disciplina sui rifiuti.

Se, quindi, un corpo di animale morto risponde alla definizione di carcassa o altro residuo animale corrispondente ad altra definizione integrata nei regolamenti CE 853/2004 e CE 1069/2009, la sua gestione è individuata nei precetti di tali due regolamenti;

altresì, se un corpo di animale morto risponde alla definizione dicarogna, tantopiù se abbandonata su aree pubbliche, risponde alla definizione di rifiuto e per la sua vanno applicati i precetti del D.lgs. 152/2006.

  1. Sulle carcasse di animali d’allevamento e di selvaggina

Per le fattispecie di animali che danno origine a Prodotti di origine animale destinati al consumo umano, vale l’applicazione dei precetti dell’allegato III del Regolamento CE 853/2004.

Con riferimento agli animali di selvaggina si evidenzia il dettagliato disposto della parte IV del citato allegato III del Regolamento CE 853/2004 che, per la selvaggina di grossa taglia, prevede la tempestiva eliminazione di stomaco ed intestino dell’animale, nonché l’eventuale dissanguamento previa disamina preliminare, sul posto, dell’animale abbattuto. Operazione che richiede la presenza di almeno una “persona formata” secondo il disposto del medesimo regolamento. Va, inoltre, applicato il disposto dell’art. 11, comma 3, delle Linee Guida per l'applicazione del Regolamento (CE) 1069/2009 13 che dispone come segue:

Il Regolamento (CE) 1069/2009 non si applica ai corpi interi o parti di selvaggina non raccolti dopo l'uccisione da parte del cacciatore ai fini dell'autoconsumo, nel rispetto delle buone prassi venatorie, nonché ai sottoprodotti di origine animale derivanti da selvaggina e da carni di selvaggina fomiti dai cacciatori stessi in piccola quantità ai sensi dell'articolo 1, comma 3, lettera e) del Regolamento (CE) 853/2004 e del relativo Accordo siglato in Conferenza Stato Regioni il 17 dicembre 2009 Rep. Atti n. 258/CSR”.

Pertanto, gli intestini e le altre parti della selvaggina possono essere smaltiti in loco da parte del cacciatore, come previsto dal considerando n. 13 del Regolamento stesso e nel rispetto delle buone prassi venatorie, mediante sotterramento che dovrà avvenire in un terreno adeguato per evitare contaminazioni delle falde freatiche o danni all'ambiente ed a una profondità sufficiente ad impedire ai carnivori di accedervi.

Prima del sotterramento detti materiali devono essere cosparsi, se necessario, con idoneo disinfettante.”

Qualora tali precetti vengano evasi, l’eventuale abbandono o interramento di tutto o parte dell’animale abbattuto costituiscono attività illecite di gestione rifiuti.

Gli scarti delle lavorazioni per la preparazione dei Prodotti di origine animale, ex Reg. CE 853/2004, rientrano nell’ambito di applicazione del Regolamento CE 1069/2009.

Rientrano nell’ambito applicativo del medesimo Regolamento anche i corpi interi o parti di animali selvatici, diversi dalla selvaggina, sospettati di essere infetti o affetti da malattie trasmissibili all’uomo o agli animali.

Sul punto non dev’essere fatta confusione tra l’applicazione di un tale sospetto su di un animale da allevamento e l’applicazione del medesimo sospetto su animali selvatici esulanti dal novero di destinazione all’alimentazione umana o loro residui.

Nel merito si è pronunciata la Giurisprudenza 14 dalla quale è stata estratta la seguente massima: “Le disposizioni di settore riguardanti i sottoprodotti di origine animale, e segnatamente il Reg. CE 1774/02 (oggi 1069/2009), regolano esclusivamente i profili sanitari e di polizia veterinaria, rimanendo escluse le attività di gestione degli scarti, in quanto rifiuti, per le quali permane l’operatività della disciplina generale in materia, ovvero il D.lgs. 152/2006. Da ciò discende che gli scarti di origine animale sono sottratti all’applicazione della normativa in materia di rifiuti ed esclusivamente soggetti al cit. Reg. CE 1774/02 (oggi 1069/2009) solo se sono effettivamente qualificabili come sottoprodotti, ai sensi dell’art. 183, D.lgs. 152/06, mentre in ogni altro caso in cui il produttore se ne sia disfatto per destinarli allo smaltimento restano soggetti alla disciplina del D.lgs. 152/2006”.

Pertanto, i corpi di animali selvatici morti (carogne) rientrano nel novero applicativo del D.lgs. 152/2006 e un eventuale sospetto di infettività andrà gestito in modo coordinato con detta norma.

Va infine riportato quanto prevedono le già citate Linee Guida per l’applicazione del Regolamento CE 1069/2009, art. 10 - Modalità di smaltimento come rifiuti (a norma ambientale) dei materiali di categoria l, 2 e 3, che dispone quanto segue:

1. Lo smaltimento come rifiuti di sottoprodotti di origine animale e prodotti derivati di categoria l, di categoria 2 e di categoria 3, deve essere effettuato secondo le modalità previste dalla normativa ambientale per quanto riguarda i mezzi di trasporto (fatte salve le norme di biosicurezza in caso di malattie infettive e diffusive), formulari rifiuti e registri rifiuti o Sistema SlSTRl nei seguenti casi:

1.1 in impianti di incenerimento o coincenerimento autorizzati ai sensi della normativa ambientale (…);

1.2 in una discarica autorizzata ai sensi della normativa ambientale (…) se si tratta di materiali di categoria l, diversi da quelli di cui all'articolo 8, lettera a), punti i) e ii) (…)

1.3 in una discarica autorizzata se si tratta di materiale di categoria l di cui all'articolo 8, lettera c) (…);

1.4 in una discarica autorizzata, come previsto dal DM del22 maggio 2001, se si tratta di materiale di categoria l di cui ali 'articolo 8 lettera f), (…);

1.6 in discarica autorizzata, se si tratta di materiale di categoria 3 di cui all'articolo 10, lettera f) del Regolamento (CE) 1069/2009 (…)

1.7 in discarica autorizzata, se si tratta di materiale di categoria 3 di cui all'articolo 10, lettera g) del Regolamento (CE) 1069/2009, (…).

A conferma che l’avvio a smaltimento di sottoprodotti di origine animale prevede la loro esclusione dal novero del Regolamento CE 1069/2009 e l’assoggettamento alle regole del D.lgs. 152/2006 in qualità di rifiuti.

  1. Sulle carogne 15 rinvenute su strade e aree pubbliche

In applicazione del precetto dell’art. 183, comma 1, lettera b-ter), punto 4. sono individuati come rifiuti urbani i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua”, quindi, in applicazione di tale precetto si assume, ex lege, che le carogne di animali giacenti sulle aree pubbliche sono individuate come rifiuti urbani.

Nello specifico caso, ancorché l’origine del rifiuto sia urbana, secondo la definizione di “rifiuto urbano” data dall'articolo 183, comma 1, lettera b-ter), voce 4. del D.lgs. 152/2006, in quanto “g iacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua”, si ritiene plausibile il ricorso alla ricerca del codice idoneo nell’ambito del capitolo 16, dell’Elenco Europeo dei Rifiuti,Rifiuti non specificati altrimenti nell'elenco .

La ratio sta nel fatto che la definizione esposta nella citata voce 4. costituisce una integrazione alla definizione di “rifiuti urbani” 16, data dall’art. 3, comma 2 ter, della Direttiva 2008/98/CE, come modificata dalla Direttiva 851/2018/UE, che li individua nelle seguenti descrizioni:

a) rifiuti domestici indifferenziati e da raccolta differenziata, ivi compresi: carta e cartone, vetro, metalli, plastica, rifiuti organici, legno, tessili, imballaggi, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti di pile e accumulatori, e rifiuti ingombranti, ivi compresi materassi e mobili;

b) rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti e che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici”.

In base a quanto esposto si può evincere che la definizione di rifiuto urbano, propriamente detto, sia quella della Direttiva 2008/98/CE che corrisponde, con altre integrazioni compatibili, a quanto definito dall'articolo 183, comma 1, lettera b-ter), voci 1., 2., 3. 17 e 5. del D.lgs. 152/2006.

La voce 4. è da considerare come integrativa in quanto utilizzata dal nostro legislatore per classificare come urbani dei rifiuti che, pur avendo origini incontrollabili, diverse da quelle domestiche o similari, vengono associati agli urbani per poterli assegnare, a tutela dell’igiene pubblica, alla pubblica raccolta garantita dal Comune che ne è titolare esclusivo 18.

In ragione di ciò risulta evidente che i rifiuti urbani, propriamente detti, sono tali per diretta origine mentre i rifiuti da spazzamento e raccolta stradale o da aree pubbliche sono tali non per effettiva origine ma in base al criterio di assegnazione alla pubblica raccolta.

  1. Sulle carogne originate da attività di disinfestazione/derattizzazione

Relativamente alle attività di “servizi di disinfestazione, disinfezione, derattizzazione e sanificazione” i rifiuti che rientrano nel merito dell’oggetto di classificazione sono costituiti da carogne di roditori e di volatili. Essendo prodotti da attività d’impresa di servizi, detti rifiuti, in applicazione del disposto dell’art. 184, comma 2 del D.lgs. 152/2006, sono individuati come rifiuti speciali.

Nel merito vale considerare che le attività di disinfestazione/derattizzazione, sulla base delle definizioni date dalla speciale disciplina, Legge 82/1994:

  • sono attività di disinfestazione quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti a distruggere piccoli animali, in particolare artropodi, sia perché parassiti, vettori o riserve di agenti infettivi sia perché molesti e specie vegetali non desiderate. La disinfestazione può essere integrale se rivolta a tutte le specie infestanti ovvero mirata se rivolta a singola specie;

  • sono attività di derattizzazione quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni di disinfestazione atti a determinare o la distruzione completa oppure la riduzione del numero della popolazione dei ratti o dei topi al di sotto di una certa soglia;

non hanno alcun potenziale riferimento ad attività di prevenzione delle malattie negli esseri umani (sanitarie) né, tantomeno, veterinarie e, a conferma, si rinvia alla codifica ATECO 2007 19 che le inserisce fra i “servizi di pulizia”.

Si esclude l’applicabilità del Regolamento CE 1069/2009 in ragione del fatto che i residui animali prodotti dalla attività di disinfestazione non possono essere considerati sottoprodotti, in quanto non rispondenti ai criteri di individuazione del sottoprodotto di cui all’art. 184 bis del D.lgs. 152/2006 e, quindi, rientrano nel novero dei rifiuti.

Nel merito si applica quanto determinato dalla giurisprudenza di Cassazione, riportata nel paragrafo a), che, asserendo che gli scarti di origine animale sono sottratti alla disciplina in materia di rifiuti solo se qualificabili come sottoprodotti ai sensi dell’art. 184-bis del d.lgs. 152/2006, ha chiarito l’ambito di applicazione di questa disciplina dato che, con tale linea di lettura dei fatti, risulta evidente che i residui animali originati dalle attività di disinfestazione (roditori, carcasse di animali morti, ecc.) non potranno mai essere sottoprodotti ai sensi della normativa sui rifiuti, mancando la rispondenza alle condizioni previste dell’art. 184-bis, ragion per cui, tali residui sono e rimangono qualificati come rifiuti ai quali si applica la disciplina della parte IV del D.lgs. 152/2006 20.

  1. Sulla classificazione

La classificazione dei rifiuti e individuazione caratteristiche di pericoloè effettuata dal produttore del rifiuto 21 cioè dall’impresa che origina il rifiuto dalla propria attività. In tale frangente, l’impresa dovrà applicare le regole date dalle Linee Guida SNPA, ( Delibera nr. 105 del 18 maggio 2021, approvate con Decreto Dirigenziale del MITE in data 09/08/2021, pubblicate sulla GU nr. 200 del 21 agosto 2021 ).

Pertanto, nella classificazione dei rifiuti costituiti da corpi di animali morti, carogne animali, si applica quanto previsto da tali Linee Guida al cui paragrafo, 1.2.2 si afferma che:

L’attribuzione del pertinente codice dell’elenco europeo dei rifiuti è effettuata attraverso la procedura individuata al paragrafo denominato “ELENCO DEI RIFIUTI” dell’allegato alla decisione 2000/532/CE. Tale procedura è di seguito riportata. (…)

  • Identificare la fonte che genera il rifiuto consultando i capitoli da 01 a 12 e da 17 a 20 (…);

  • Se nessuno dei codici dei capitoli da 01 a 12 e da 17 a 20 si presta per la classificazione dl un determinato rifiuto, occorre esaminare i capitoli 13, 14 e 15 (…);

  • Se nessuno di questi codici risulta adeguato occorre definire il rifiuto utilizzando i codici di cui al capitolo 16. (…)

(…) I criteri di classificazione dei rifiuti si basano sull’individuazione dell’attività generatrice (…). Pertanto, le prime due cifre del codice si riferiscono alla categoria industriale e/o generatrice del rifiuto (I livello), la terza e la quarta alla sub categoria industriale relativa al singolo processo produttivo o alla singola sub-attività generatrice del rifiuto (II livello), mentre le ultime due cifre individuano la specifica tipologia di rifiuto generato (III livello).”

Ancora in applicazione delle Linee Guida SNPA vale considerare che l’individuazione del codice EER sia precedente ed indipendente dalla eventuale pericolosità che si assegna e, quindi, l’individuazione del codice EER può essere decisa:

  • per pericolosità intrinseca alla tipologia di rifiuto che esita in un codice EER pericoloso assoluto;

  • per assenza di pericolosità che esita in un codice EER non pericoloso assoluto;

  • mediante specifica procedura di valutazione quando la classificazione porta ad individuare un codice EER a specchio.

La classificazione dei rifiuti di carogne animali in un codice a specchio risulta adeguata alla situazione, oggetto delle presenti considerazioni, nella quale c’è una potenziale presenza di caratteristiche di pericolo che dovranno, comunque, essere ricercate e, quindi,

  • escluse, assegnando al rifiuto il codice EER a specchio non pericoloso

ovvero

  • individuate, assegnando al rifiuto il codice EER a specchio pericoloso assegnando le caratteristiche di pericolo individuate.

Tale procedimento applica, in modo cogente, le indicazioni di cui al capitolo 1.2.3 delle Linee Guida SNPA, rappresentato nel grafico del capitolo 2.1.2 22e descritto al capitolo 2.1.3:

La classificazione di un rifiuto si basa, in primo luogo, sull’individuazione dell’origine e del processo produttivo che ha portato alla generazione del rifiuto. L’attribuzione delle caratteristiche di pericolosità viene, quindi, espletata mediante le opportune verifiche da effettuarsi secondo i criteri e sulla base dei valori limite specificati dall’allegato III alla direttiva 2008/98/CE, così come sostituito dall’allegato al regolamento 2014/1357/UE e dall’allegato al regolamento 2017/997/UE”.

Inoltre, riprendendo le disposizioni in materia di classificazione dei rifiuti previste dalla Decisione 2000/532/CE, le Linee Guida SNPA stabiliscono che:

ai rifiuti cui potrebbero essere assegnati codici di rifiuti pericolosi e non pericolosi (codici a specchio NdR) , si applicano le seguenti disposizioni: l’iscrizione di una voce nell’elenco armonizzato di rifiuti contrassegnata come pericolosa, con un riferimento specifico o generico a “sostanze pericolose” è opportuna solo quando questo rifiuto contiene sostanze pericolose pertinenti che determinano nel rifiuto una o più caratteristiche di pericolo da HP1 a HP8 e/o da HP10 a HP 15 di cui all’allegato I alla Parte IV del decreto legislativo n. 152/2006. La valutazione della caratteristica di pericolo HP9 “infettivo” è effettuata conformemente al Decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 2003, n. 254”;

e che:

i rifiuti identificati da voci specchio devono essere sottoposti a ulteriori valutazioni al fine di individuare il pertinente codice dell’elenco europeo dei rifiuti.”

Quanto sopra descritto porta a considerare che la vigente normativa esclude che si possa assegnare un codice rifiuto partendo da una caratteristica di pericolo, vera o presunta.

  1. Sulla classificazione delle specifiche fattispecie

Ciò premesso, il merito dell’argomento va riferito, separatamente, alle due fattispecie di rifiuto individuate:

  1. Carogne rinvenute su strade e aree pubbliche

Come più sopra esposto si assume, ex lege, che le carogne animali giacenti sulle aree pubbliche sono individuate come rifiuti urbani ma l’origine di tale rifiuto esula dal riferimento ai rifiuti domestici e similari. In ragione della diversità di definizione tra la Direttiva europea e la norma nazionale, come dettagliato al paragrafo b), si può, ragionevolmente, individuare il motivo sostanziale dell’assenza di un codice che individui le carogne animali giacenti sulla pubblica via nell’ambito del capitolo 20 dell’Elenco Europeo dei Rifiuti, senza trascurare che il motivo primario sta nel fatto che l’Elenco Europeo dei Rifiuti è, per assunto, un elenco non esaustivo.

La ratio che ha motivato il nostro legislatore ad accorpare ai rifiuti urbani anche tutto ciò che è originato dalla raccolta di quanto giace sulle strade e aree urbane, ratio cioè non basata sull’origine domestica o associata ma sul criterio di tutela della salute pubblica mediante raccolta (pulizia stradale per igiene pubblica) affidata al Comune quindi, urbana consente di poter estendere la ricerca del codice appropriato da assegnare alle carogne animali, in applicazione delle Linee Guida SNPA, al capitolo 16 dell’Elenco nel novero dei “ Rifiuti non specificati altrimenti nell'elenco” dove, al sottocapitolo 16 03 “ prodotti fuori specifica e prodotti inutilizzati“, si individuano i codici EER, a specchio:

16.03.05* R ifiuti organici contenenti sostanze pericolose e

16.03.06 Rifiuti organici diversi da quelli di cui alla voce 16.03.05;

che, per la descrizione, includono le carogne animali e consentono di completare la classificazione assegnando, ove ricorra, la pericolosità e le relative caratteristiche di pericolo.

  1. Carogne originate da attività di disinfestazione/derattizzazione

In questo caso, l’individuazione del codice EER può essere effettuata in applicazione diretta e cogente delle istruzioni date dalla Linee Guida SNPA e, in considerazione dell’attività svolta di “servizi di disinfestazione, disinfezione, derattizzazione e sanificazione”, si individua il capitolo 16 Rifiuti non specificati altrimenti nell'elenco, sottocapitolo 03 prodotti fuori specifica e prodotti inutilizzati, individuando, nei codici EER a specchio:

16.03.05* R ifiuti organici contenenti sostanze pericolose e

16.03.06 Rifiuti organici diversi da quelli di cui alla voce 16.03.05,

i codici da attribuire alle carogne animali prodotte dalle attività indicate rimanendo da completare la classificazione assegnando, ove ricorra, la pericolosità e le relative caratteristiche di pericolo.

  1. Sulle caratteristiche di pericolosità dei rifiuti costituiti da carogne animali

Continuando l’applicazione cogente del disposto delle Linee Guida SNPA, l’individuazione delle caratteristiche di pericolo va effettuata dopo l’individuazione del codice EER e, nel particolare caso dei codici a specchio, va effettuata sia che si decida di classificare il rifiuto come pericoloso, sia che si voglia accertarne l’assenza e, quindi, la non pericolosità 23.

Nel caso delle carogne animali, l’individuazione delle potenziali caratteristiche di pericolo è correlata alle cause del decesso e, se sono note (p.es. avvelenamento), la ricerca potrà essere orientata in modo certo mentre, se non sono note, l’uso corrente è quello di attribuire la caratteristica di pericolosità HP9 infettivo, per cautela; il codice EER della carogna rimane individuato nel codice 16 03 05* con caratteristica di pericolo HP9.

Cautela che, comunque, spetta al produttore del rifiuto e che non può essere considerata un dato di fatto.

Secondo alcuni sarebbe possibile individuare, nelle carogne animali raccolte dopo attività di disinfestazione (topi, colombi, ecc.), una caratteristica di pericolosità diversa dall’infettività quale, ad esempio, quella di tossicità HP6, in conseguenza del fatto che la causa del decesso è attribuibile, con certezza, all’ingestione di esche avvelenate.

L’ipotesi non è escludibile in assoluto ma, sempre in applicazione delle Linee Guida SNPA, va dimostrata o esclusa con specifica analisi biologica. Nell’ipotesi dimostrata di presenza della caratteristica di pericolo HP6, il codice EER della carogna rimane individuato nel codice 16 03 05*.

  1. Sull’individuazione della caratteristica di pericolo HP9 infettivo secondo il DPR 254/2003

Per l’individuazione della caratteristica HP9, in applicazione del procedimento previsto dal DPR 254/2003 vanno individuate le diverse posizioni in cui il Decreto offre esplicito riferimento all’origine e gestione di carcasse animali:

Art. 1, comma 2: Sono disciplinati dal presente regolamento i piccoli animali da esperimento ed i relativi tessuti e parti anatomiche, provenienti da strutture pubbliche e private, individuate ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 24, e successive modificazioni, che svolgono attività medica e veterinaria di prevenzione, di diagnosi, di cura, di riabilitazione e di ricerca ed erogano le prestazioni di cui alla legge 23 dicembre 1978, n. 833 25.

Da tale contesto vale evidenziare che il D.lgs. 502/1992 e la Legge 833/78 non includono attività diverse da quelle indicate nei due disposti di legge che fanno riferimento esclusivo al Servizio Sanitario Nazionale.

Art. 2 - Definizioni, comma 1:

  • lettera d): “rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo: i seguenti rifiuti sanitari individuati dalle voci 18.01.03* e 18.02.02* nell'allegato A della citata direttiva 26 in data 9 aprile 2002.”

  • lettera d), punto 3): “i rifiuti provenienti da attività veterinaria , che:

3a) siano contaminati da agenti patogeni per l'uomo o per gli animali;

3b) siano venuti a contatto con qualsiasi liquido biologico secreto od escreto per il quale sia ravvisato, dal medico veterinario competente , un rischio di patologia trasmissibile attraverso tali liquidi.”

Tale disposto risulta determinante al verificarsi delle due condizioni indicate che devono essere, entrambe, presenti:

  • la prima condizione è determinata dalla, esclusiva, provenienza del rifiuto da attività veterinaria;

  • la seconda condizione è determinata nell’alternativa individuazione di contaminazione da agenti patogeni ovvero di contatto con liquidi biologici per i quali sia stato ravvisato da un medico veterinario, un rischio di patologia trasmissibile attraverso tali liquidi.

La necessità della presenza, ex lege, di entrambe le condizioni comporta che la mancanza di una delle due esclude la presenza della caratteristica di infettività nel rifiuto.

Nel caso di origine dei rifiuti di carcasse 27 animali da attività diverse dalla veterinaria viene a mancare la condizione primaria per individuare la caratteristica di infettività nella fattispecie di rifiuti originati dall’effettiva attività svolta.

In ragione di ciò è possibile affermare che i rifiuti costituiti da carcasse animali di origine diversa da attività veterinaria sono esclusi dal novero dei rifiuti sanitari e, quindi, dall’assegnazione di un codice EER del capitolo 18 .

Nel merito vale un ulteriore approfondimento dettagliato al punto seguente.

  • Lettera i): rifiuti speciali , prodotti al di fuori delle strutture sanitarie, che, come rischio, risultano analoghi ai rifiuti pericolosi a rischio infettivo:

i rifiuti speciali, di cui al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, prodotti al di fuori delle strutture sanitarie, con le caratteristiche di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d), quali ad esempio quelli prodotti presso laboratori di analisi microbiologiche di alimenti , di acque , o di cosmetici , presso industrie di emoderivati , istituti estetici e similari .”

Questo precetto principia con riferimento a rifiuti speciali e, fra questi, prende in considerazione quelli che “ come rischio, risultano analoghi ai rifiuti pericolosi a rischio infettivo ”. Da tale incipit si evince che il precetto fa una netta distinzione tra due fattispecie di rifiuti:

  • i rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo, di cui alla precedente lettera d);

  • i rifiuti speciali che possono avere caratteristiche di infettività ma che non provengono da attività sanitaria dato che sono privi dell’aggettivo qualificativo sanitari.

In considerazione del fatto che la definizione di cui al punto i), nel riferimento alle attività produttive originatrici di tali rifiuti indichi laboratori di analisi microbiologiche di alimenti, di acque, o di cosmetici, industrie di emoderivati, istituti estetici e simili, attività tutte orientate all’alimentazione o al benessere umano ma non veterinarie, si ritiene plausibile che, fra le fattispecie di rifiuti speciali non sanitari che come rischio, risultano analoghi ai rifiuti pericolosi a rischio infettivo, vadano ricompresi anche i rifiuti costituiti da carogne animali.

Per tali motivi è possibile addivenire alla considerazione che il DPR 254/2003, in base a quanto disposto dall’art. 2, comma 1, lettera i), stabilisca l’esistenza di due fattispecie di rifiuti con la possibile ricorrenza della medesima caratteristica di pericolo, l’infettività, ma che una fattispecie sia identificata fra i rifiutisanitari e l’altra fattispecie fra i rifiuti speciali.

Ciò comporta che, nella classificazione dei rifiuti, la fattispecie di rifiuti sanitari a rischio infettivo rimane individuata, nell’ambito del capitolo 18, dai codici EER 18.01.03* se originati da assistenza sanitaria umana o 18.02.02* se originati da assistenza sanitaria veterinaria mentre la fattispecie di rifiuti speciali, per i quali sia individuata la caratteristica di pericolosità HP9-infettivo , potrà essere individuata, esclusivamente, nell’ambito del capitolo 16 Rifiuti non specificati altrimenti nell'elenco, sottocapitolo 03 prodotti fuori specifica e prodotti inutilizzati, dai codici EER a specchio:

  • 16.03.05* rifiuti organici contenenti sostanze pericolose o

  • 16.03.06 rifiuti organici, diversi da quelli di cui alla voce 16 03 05,

dato che in nessun altro capitolo sono presenti voci descrittive di rifiuti costituiti da corpi di animali morti o a tali cose riferibili.

Ulteriore dimostrazione che i rifiuti costituiti da carcasse animali di origine diversa da attività veterinaria sono esclusi dal novero dei rifiuti sanitari e, quindi, dall’assegnazione di un codice EER del capitolo 18.

In ragione di ciò, si rivela inapplicabile quanto concluso da diversa dottrina28 .

Per completezza d’informazione l’unica alternativa possibile sarebbe il capitolo 02 dell’Elenco, sottocapitolo 02 Rifiuti della preparazione e del trattamento di carne, pesce e altri alimenti di origine animale, definizione che riconduce ad origini affatto specifiche e che, al proprio interno, non presenta rifiuti pericolosi né codici a specchio.

Art. 15 – Gestione di altri rifiuti speciali

I rifiuti speciali, prodotti al di fuori delle strutture sanitarie, che, come rischio, risultano analoghi ai rifiuti pericolosi a rischio infettivo, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera d), devono essere gestiti con le stesse modalità dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo.

In tale precetto è chiara l’indicazione data che i rifiutispeciali infettivi “devono essere gestiti con le stesse modalità dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo”, indicazione che ha il significato di mera equiparazione delle modalità gestionali ed operative di deposito temporaneo, movimentazione, deposito preliminare, raccolta e trasporto di tali rifiuti a quelle stabilite dall’art. 8 del DPR 254/2003 ma non esprime alcuna indicazione di classificazione di rifiuti infettivi speciali , di origine diversa da quella sanitaria, con i codici EER del capitolo 18 . Ipotesi che, peraltro, sarebbe affatto in contrasto con la procedura di classificazione stabilita dalla decisione 532/2000 come sopra desscritto.

In sunto, dai precetti del DPR 254/2003 non si evince alcun indirizzo volto a classificare i rifiuti speciali, cui si attribuisca la caratteristica di infettività HP9, come originati dall’assistenza sanitaria umana o veterinaria anzi, come sopra evidenziato, il DPR 254/2003 riconduce ad una netta diversificazione tra rifiuti sanitari e rifiuti speciali.

  1. Considerazioni conclusive

Tutto ciò premesso è possibile affermare che i rifiuti costituiti da carogne di animali originate sia da attività di disinfestazione che dalla pubblica raccolta sono classificabili, esclusivamente, con i codici EER 16 03 05* o 16 03 06 escludendo, ex lege, l’assegnazione del codice EER 18 02 02* e, ovviamente, del codice 18 01 03* che, comunque, è sempre stato escluso dalla possibile assegnazione essendo riferito a rifiuti sanitari originati da assistenza sanitaria su esseri umani.

Conseguentemente la classificazione delle carogne, di qualsiasi origine, con i codici CER del capitolo 18 risulta non rispondente alla norma .

Il produttore di tali rifiuti qualora assegni, per soggettiva scelta di cautela, alle carogne animali il codice EER 160305* e la caratteristica HP9-infettivo dovrà gestirle secondo le modalità disposte dall’art. 8 del DPR 254/2003 e della normativa ADR 29.

Venezia, 10/06/2022

1 Art. 12 (Interpretazione della legge) Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore.

2 Art. 3 “Definizioni”, punto 4) “carcassa», una carcassa quale definita al punto 1.9 dell’allegato I del regolamento (CE) 853/2004 ;

3 le carcasse di animali morti per cause diverse dalla macellazione, compresi gli animali abbattuti per eradicare epizoozie, e smaltite in conformità del regolamento (CE) n. 1774/2002 (rectius 1069/2009).

4 Cassazione Penale Sez. III n. 21676 del 4 giugno 2007

5 Cassazione Penale Sez. III n. 23353 del 25 marzo 2021

6 ex par. 8.1 dell’allegato I al Reg. 853/2004

7 ex art. 3, par. 1) del Reg. 1069/2009

8 ex art. 3, par. 5) del Reg. 1069/2009

9 ex art. 3, par. 6) del Reg. 1069/2009

10 ex art. 3, par. 7) del Reg. 1069/2009

11 12 Cfr: Cassazione P. sentenza 15 giugno 2021 nr. 23353, Cassazione P., sentenza 9 novembre 2018, n. 51001 – Cassazione P., sentenza 15 gennaio 2015, n. 1721 – Cassazione P., sentenza del 27 giugno 2012 n. 25364 - Cassazione P., sentenza del 9 febbraio 2012 n. 5032 – Cassazione P., sentenza del 23 gennaio 2012 n. 2710 - Cassazione P., sentenza 5 giugno 2004 n. 587.

12 a) la sostanza o l'oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto; b) è certo che la sostanza o l'oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; c) la sostanza o l'oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; d) l'ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana.

13 Linee guida per l’applicazione del Regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009 recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati non destinati al consumo umano, oggetto di accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome e le Autonomie Locali, sancito in data 7/2/2013 in sede di Conferenza unificata.

14 Cassazione Penale Sez. III sentenza n° 12844 del 24/03/2009

15 Sul punto cfr. P. Ficco su rivista Rifiuti n. 285/2020 - quesito n.1427: Quindi le carcasse non si identificano con gli animali rinvenuti morti lungo le strade.

16 Definizione che, come indicato nel 10° considerando alla Direttiva 851/2018, è in linea con la definizione elaborata a fini statistici da Eurostat e dalla OCSE.

17 La voce 3. Include i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade e dallo svuotamento dei cestini portarifiuti come previsto dal considerando 10 della Direttiva 2018/851/UE

18 Art. 198, comma 1, D.lgs. 152/2006: “(…) i comuni continuano la gestione dei rifiuti urbani avviati allo smaltimento in regime di privativa (…)”

19 Tabella di classificazione che costituisce la versione nazionale della nomenclatura europea Nace Rev. 2 , pubblicata sull’Official Journal il 20 dicembre 2006 (Regolamento (CE) n.1893/2006 del PE e del Consiglio del 20/12/2006).

20 Cassazione, sentenza 9 novembre 2018, n. 51001 - Cassazione, sentenza 15 gennaio 2015, n. 1721

21 D.lgs. 152/206, art. 184, comma 5

22 Figura 2.2 (pag. 30) – Procedura per l’individuazione del possibile codice dell’elenco europeo da attribuire al rifiuto

23 il rifiuto è individuato da voci specchio, ossia da due o più voci tra loro correlate, di cui almeno una pericolosa ed almeno una non pericolosa. In questo caso esso può essere classificato come pericoloso o non pericoloso in funzione della sussistenza o meno di una o più caratteristiche di pericolo. Pertanto se un rifiuto è assegnato a un gruppo di voci alternative, occorre procedere ad una valutazione più approfondita ai fini della sua classificazione. Al riguardo gli “Orientamenti tecnici sulla classificazione dei rifuti” riportano quanto segue: “ qualora sia possibile scegliere tra assegnare una voce MH (Mirror Hazardous, voce specchio pericolosa) o una voce MNH (Mirror Non Hazardous, voce specchio non pericolosa), è necessario procedere con le fasi [successive] del processo di classificazione in maniera da determinare, sulla base dei risultati di tali indagini, se assegnare una voce MH o una voce MNH ” (Linee Guida SNPA pag. 31)

24 Riordino della disciplina in materia sanitaria,

25 Istituzione del servizio sanitario nazionale

26 Ministero dell’Ambiente - Direttiva 9 aprile 2002 - Indicazioni per la corretta e piena applicazione del regolamento comunitario n. 2557/2001 sulle spedizioni di rifiuti ed in relazione al nuovo elenco dei rifiuti. (l’allegato A richiamato riproduceva la Decisione 200/532 ed è pertanto ancora riferibile alla medesima norma europea)

27 Qui così definite perché, verosimilmente, non oggetto del “disfarsi” né dell’abbandono

28 L. Musmeci su Rivista Rifiuti nr. 273/2019– quesito 1365; V. Bracchi su Rivista Focus nr. 3/2019; P. Ficco su Rivista Rifiuti nr. 303/2022– quesito 1556;

29 D.lgs. 35/2010