L’impiego degli impianti mobili

di Mauro SANNA

pubblicato su unaltroambiente.it. Si ringraziano autpore ed editore

Premessa

Gli impianti mobili di trattamento dei rifiuti sono in generale una struttura tecnologica unica, costituita da un macchinario o da un insieme di più strutture, destinato a svolgere una specifica operazione di smaltimento e/o recupero di rifiuti, identificabile con marca, modello e numero di matricola, che può essere trasportato e installato in un sito per l’effettuazione di campagne di attività. Tali impianti mobili sono soggetti alla direttiva macchine 2006/42/CE, che definisce i requisiti essenziali in materia di sicurezza e di salute pubblica ai quali devono rispondere le macchine per la loro progettazione, fabbricazione e per il loro funzionamento prima della loro immissione sul mercato. Frequentemente negli stabilimenti adibiti alla gestione dei rifiuti si riscontra la presenza di impianti privi di qualsiasi autorizzazione specifica che, anche se collocati in essi permanentemente, in postazione fissa, sono qualificabili come impianti mobili in quanto progettati per essere movimentati ed impiegati in campagne da effettuare in siti diversi, in quanto realizzati in container trasportabili o comunque costituiti da apparati semoventi.

Infatti, siano essi impianti di tritovagliatura, di trattamento aerobico di rifiuti solidi urbani, di trattamento chimico ecc., sono privi di autorizzazione sia alla loro realizzazione che alla loro ubicazione e gestione in un determinato sito, perciò la loro configurazione e il loro impiego risultano del tutto in contrasto con le norme che regolamentano la gestione degli impianti mobili.

Tali impianti sono di vario genere in funzione delle operazioni di gestione dei rifiuti a cui possono essere destinati, infatti con essi è possibile svolgere le operazioni previste dagli allegati B e C alla Parte IV del D. Lgs.152/06, di seguito elencate:

– Allegato B – Operazioni di smaltimento

D8: Trattamento biologico che dia origine a composti o a miscugli che vengono eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12;

D9: Trattamento fisico-chimico che dia origine a composti o a miscugli eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12;

D10: Incenerimento a terra;

D11: Incenerimento in mare;

D13: Raggruppamento preliminare;

D14: Ricondizionamento preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da D1 a D13.

– Allegato C – Operazioni di recupero

R2: Rigenerazione/recupero di solventi;

R3: Riciclaggio/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi (comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche;

R4: Riciclaggio /recupero dei metalli e dei composti metallici;

R5: Riciclaggio/recupero di altre sostanze inorganiche;

R6: Rigenerazione degli acidi o delle basi;

R7: Recupero dei prodotti che servono a ridurre l’inquinamento;

R8: Recupero dei prodotti provenienti dai catalizzatori;

R9: Rigenerazione o altri reimpieghi degli oli;

R12: Scambio di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate da R1 a R11.

Riferimenti normativi

La realizzazione e gestione degli impianti mobili, proprio per la loro diversa natura rispetto a quelli fissi e per le conseguenze ambientali che possono derivare dal loro posizionamento in una determinata area, sono assoggettate ad una specifica disciplina prevista dalla normativa italiana e concentrata nel comma 15 dell’articolo 208 del D. Lgs.152/06, che recita:

15. Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero, esclusi gli impianti mobili che effettuano la disidratazione dei fanghi generati da impianti di depurazione e reimmettono l’acqua in testa al processo depurativo presso il quale operano, ed esclusi i casi in cui si provveda alla sola riduzione volumetrica e separazione delle frazioni estranee, sono autorizzati, in via definitiva, dalla regione ove l’interessato ha la sede legale o la società straniera proprietaria dell’impianto ha la sede di rappresentanza.

Per lo svolgimento delle singole campagne di attività sul territorio nazionale, l’interessato, almeno sessanta giorni prima dell’installazione dell’impianto, deve comunicare alla regione nel cui territorio si trova il sito prescelto le specifiche dettagliate relative alla campagna di attività, allegando l’autorizzazione di cui al comma 1 e l’iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali, nonché l’ulteriore documentazione richiesta.

La regione può adottare prescrizioni integrative oppure può vietare l’attività con provvedimento motivato qualora lo svolgimento della stessa nello specifico sito non sia compatibile con la tutela dell’ambiente o della salute pubblica.

Successivamente il D.L. 17 ottobre 2016, n. 189, convertito con modificazioni dalla L. 15 dicembre 2016, n. 229, come modificato dal D.L. 24 ottobre 2019, n. 123, ha disposto (con l’art. 28, comma 7-bis) che: “Nel caso in cui nel sito temporaneo di deposito siano da effettuare operazioni di trattamento delle macerie con l’ausilio di impianti mobili, il termine di cui all’articolo 208, comma 15, secondo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è ridotto a quindici giorni”.

Esclusioni dalla disciplina degli impianti mobili

Dalla specifica disciplina degli impianti mobili sono quindi esclusi sulla base della prima parte del comma 15 dell’articolo 208 del D. Lgs.152/06 tre tipi di impianti:

– gli impianti mobili che effettuano la disidratazione dei fanghi generati da impianti di depurazione e reimmettono l’acqua in testa all’impianto presso il quale operano;

– gli impianti mobili che effettuano la sola riduzione volumetrica, per la cui definizione sono di ausilio le diverse sentenze della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato che si sono pronunciate sull’argomento nel tempo. Infatti la Sentenza 5242/2014 del Consiglio di Stato relativa alla natura (urbana o speciale) dei rifiuti sottoposti a mera tritovagliatura, ha stabilito che il prodotto derivante dalla triturazione e vagliatura del rifiuto urbano indifferenziato “non perde in concreto le caratteristiche di rifiuto urbano” e quindi la mera tritovagliatura non soddisfa la definizione di “trattamento” richiesta dalla disciplina per l’ammissibilità dei rifiuti in discarica. Il rifiuto tritovagliato continua quindi ad essere assoggettato al regime dei rifiuti urbani: “o) Pertanto per “impianti di riduzione volumetrica” si debbono intendere gli impianti che prevedono la sola riduzione volumetrica dei rifiuti, mediante operazioni a livello esemplificativo, di pressatura, a condizione che tali operazioni vengano eseguite su partite omogenee di rifiuti, cosicché non vengano modificate la natura del rifiuto, la sua composizione chimica, merceologica e la sua codifica (Codice CER)”.

– gli impianti mobili che effettuano la separazione delle frazioni estranee, per la cui definizione sono di ausilio anche in questo caso le diverse sentenze della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato che si sono pronunciate sull’argomento nel tempo, pertanto per “separazione delle frazioni estranee” è da intendersi il trattamento preliminare, effettuato con tecnologie meccaniche-fisiche semplici (ad es. deferrizzazione), che non modifica la natura del rifiuto, la sua composizione chimica, merceologica e la sua codifica. Diversamente, non sono compresi nella deroga gli impianti mobili adibiti alla macinatura, vagliatura e deferrizzazione dei materiali inerti prodotti da cantieri edili di demolizione, essendo impiegati per effettuare un’operazione di trattamento finalizzato al recupero dei residui ferrosi. (Sentenza Cassazione Penale– Sez. III n° 21859 del 01/06/2011).

La disciplina degli impianti mobili

Gli impianti mobili proprio per la loro natura sono soggetti ad una disciplina meno garantista che tiene conto della provvisorietà del loro possibile impatto sull’ambiente circostante.

Tali tipi di impianti sono soggetti ad una doppia procedura che si esplica in un’autorizzazione iniziale rilasciata dalla Regione ove ha sede legale la società proprietaria dell’impianto, valevole su base nazionale ed in una comunicazione successiva da inoltrare alla regione competente per territorio prima dell’inizio della singola “campagna” di attività.

Autorizzazione dell’impianto

L’autorizzazione primaria si configura come un’autorizzazione all’esercizio dell’impianto, è richiesta dal soggetto che ne ha piena ed esclusiva disponibilità, sarà rilasciata indipendentemente dalle aree ove opererà ed è una sorta di omologazione dell’impianto mobile sulla quale sarà opportuna e necessaria una preventiva e positiva valutazione da parte dell’ARPA competente. La durata dell’autorizzazione è di dieci anni ed é valida su tutto il territorio nazionale. [1]

In questa sede, perché possano configurarsi come impianti mobili ed essere autorizzati come tali si dovrà pregiudizialmente verificare che essi posseggano caratteristiche strutturali tali da farli qualificare come mobili per l’esistenza o meno di strumenti di ancoraggio permanente al suolo, la possibile temporaneità dell’esercizio e la valutazione di altri eventuali indicatori dell’impatto che possono determinare.

Infatti il presupposto per l’applicabilità di questa disciplina meno garantista è la verifica in questa sede che l’impianto presenti le caratteristiche necessarie relative alla sua natura amovibile ed al rapporto precario, e quindi ben delimitato temporalmente con il luogo e con l’ambiente circostante (cfr. TAR Emilia-Romagna, sez. Parma, 2.4.2001, n.235 e Cons. di Stato, sez. V, 13 marzo 2002, n.1501).

La norma non richiede perciò alcuna ulteriore procedura di garanzia, quali quelle previste per la costruzione ed installazione di impianti c.d. “fissi”.

Su ciascuna delle diverse componenti impiantistiche, per favorire la loro identificazione sarà apposta una targa che identifica l’impianto con il relativo modello e numero di matricola e gli estremi del provvedimento autorizzativo.

Unica limitazione all’impiego degli impianti mobili e quindi alla loro autorizzazione è costituito dalla eventuale impossibilità degli stessi di rispettare le BAT Conclusions previste per la specifica operazione a cui sono destinati.

Comunicazione dell’inizio dell’attività

Perché gli impianti mobili possano operare, i soggetti interessati allo svolgimento delle singole campagne di attività, almeno sessanta giorni prima dell’installazione dell’impianto, dovranno inviare alla regione competente per territorio, la comunicazione prevista, allegando alla stessa, copia dell’autorizzazione di cui al comma 15 dell’articolo 208 del D. Lgs. 152/06 e l’iscrizione all’Albo dei Gestori Ambientali. [2]

La Valutazione di Impatto Ambientale

Gli impianti mobili saranno soggetti alla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), nel caso in cui le operazioni svolte siano riconducibili ai casi previsti nell’Allegato IV alla parte seconda di cui all’art. 20 del D.Lgs. 152/2006 (Corte Costituzionale Sentenza n. 300 – 2 dicembre 2013):

– Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all’Allegato C, lettere da R2 a R9, della Parte Quarta del D.Lgs. 152/06 e s.m.i.;

– Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità complessiva >10 t/giorno, mediante operazioni di cui all’allegato C, lettere da R1 a R9, della Parte Quarta del D.Lgs. 152/06 e s.m.i.

In questi casi, l’ammissione della campagna dell’impianto dovrà essere assoggettata preventivamente alla Valutazione di Impatto Ambientale. A questo proposito è importante ricordare la nota del MATTM, n. 4903/VIA del 14.04.2000, avente per oggetto: “Parere in merito all’applicabilità della procedura di valutazione di impatto ambientale per i progetti di impianti mobili per il trattamento di rifiuti” in cui si precisa che:

– la procedura VIA è – attuabile soltanto con riferimento ad un progetto specifico e per un sito determinato – e non dunque in sede di rilascio dell’autorizzazione dell’impianto mobile di cui all’ex art. 28, comma 7 del D.Lgs. 22/97 (cd. “Decreto Ronchi”). Mentre la stessa procedura VIA è necessaria, se del caso, in sede di comunicazione per lo svolgimento della singola campagna in un sito ben individuato;

-l’applicazione dell’eventuale procedura VIA in sede di comunicazione comporta necessariamente la sospensione dell’istallazione dell’impianto e dell’avvio della campagna e ciò fino all’espletamento della medesima; … omissis”.

Infatti, poiché la compatibilità ambientale non è valutabile nell’ambito della procedura di “omologazione” nazionale dell’impianto, dovendosi riferire ad un sito determinato, essa è differita in occasione della comunicazione per lo svolgimento di ogni singola campagna di attività.

Possibili prescrizioni per l’attivazione delle campagne

Come previsto dal comma 15 dell’art 208 del D. Lgs. 152/06, quando la Regione ammette l’attività dell’impianto mobile nel sito prescelto, può adottare prescrizioni integrative cosicché lo svolgimento della campagna nel sito prescelto non risulti pregiudizievole per l’ambiente e la salute pubblica, casi in cui può invece essere vietato l’esercizio delle attività previste.

Le possibili prescrizioni possono riguardare:

– la durata delle campagne di attività, perché anche se la norma non specifica nulla in proposito, si dovrà comunque salvaguardare il requisito della mobilità dell’impianto proprio per le agevolazioni a cui esso è soggetto;

– il collettamento e completamento dell’impianto con tutte le strutture, quali nastri trasportatori, tubazioni, serbatoi di stoccaggio, reattivi, recinzioni, necessarie al suo funzionamento, queste strutture comunque dovranno essere già esistenti ed autorizzate attraverso le ordinarie procedure: mediante i permessi/nulla osta/autorizzazioni, da parte degli Enti competenti, non rientrando nell’atto di ammissione della campagna di attività;

– i limiti e i sistemi di abbattimento delle emissioni in atmosfera per gli impianti che le originano, subordinando l’esercizio dell’impianto all’autorizzazione delle stesse da parte dell’autorità competente;

– i limiti e i sistemi di depurazione per gli l’impianti che diano origine a scarichi sul suolo o in corpi idrici, subordinando l’esercizio dell’impianto all’autorizzazione degli stessi da parte dell’autorità competente.

Comunque la campagna di attività per il recupero e/o smaltimento dei rifiuti potrà essere svolta esclusivamente da parte del soggetto autorizzato ed i rifiuti ed i materiali derivanti dal trattamento dovranno considerarsi a tutti gli effetti prodotti dal soggetto che ha presentato la comunicazione.

Il luogo di produzione sarà costituito dall’area delimitata, in cui si svolgono le attività di trattamento dalle quali originano i rifiuti, ivi compresi i luoghi di produzione cosi come definiti dall’art. 230 del D.Lgs. 152/06 e s.m.i;

Impianti mobili particolari

Impianti di gestione di rifiuti solidi urbani

Una particolare categoria di impianti mobili da considerare è quella destinata alla gestione di rifiuti solidi urbani anche in relazione a quanto indicato dalle Migliori Tecniche Disponibili (MTD) di cui al D.M. 29/01/2007, che stabiliscono che i rifiuti urbani siano trattati in impianti a tecnologia complessa prevedendo, anche per la fase di pretrattamento dei rifiuti, la presenza di presidi ambientali idonei ad assicurare l’assolvimento degli obblighi di legge ed il rispetto dell’ambiente (es. ambiente confinato, ricambi d’aria, torri di lavaggio,.. etc).

Un tale tipo di impianto potrà perciò essere previsto solo in particolari situazioni, quali:

– rottura accidentale/fermo impianto” di un’istallazione fissa già autorizzata per il trattamento dei rifiuti urbani indifferenziati;

– situazioni emergenziali nella gestione dei rifiuti urbani non soddisfabili dall’impianto fisso autorizzato;

– impianti destinati ad attività di ricerca e di sperimentazione anche ai sensi dell’art. 211 del D.Lgs. 152/06 e s.m.i.

Impianti impiegati in interventi di bonifica

Nel caso di campagne di attività da svolgere nel corso di interventi di bonifica, il loro impiego dovrà essere ammesso già nell’ambito dei progetti approvati ai sensi dell’art. 242, comma 7, nonché dell’Allegato 4 della parte quarta del D. Lgs. 152/06 per l’attuazione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza d’emergenza di cui all’art. 240 del D.lgs. 152/06 e s.m.i., pertanto le campagne di attività già ammesse per il tempo strettamente necessario alla loro esecuzione non saranno sottoposte ad un ulteriore obbligo di comunicazione preventiva alla Regione.

Impianti di incenerimento

Per gli impianti mobili di incenerimento, anche perché caratterizzati da notevole complessità impiantistica, non si ritiene applicabile la procedura amministrativa di cui alla vigente normativa sugli impianti mobili, fatta salva comunque la procedura autorizzativa ordinaria di cui all’art. 208 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., ed eventualmente, ove necessaria, quella relativa alla V.I.A. di cui alla Parte II, del D.Lgs. 152/06 e s.m.i.,

Considerazioni finali

Come risulta evidente dalla normativa sopra illustrata, in essa non vi è nessun passaggio che ammetta la possibilità di esercire un impianto mobile senza che esso sia assoggettato alla duplice disciplina prevista dal comma 15 dell’art. 208 del D.Lgs. 152/06.

Qualsiasi impianto mobile, sia esso un tritovagliatore montato su un mezzo semovente, un impianto di digestione aerobica trasportabile e montabile in sito alla bisogna o un qualsiasi altro impianto di trattamento suddiviso in container trasportabili, dovrà comunque essere omologato dal legittimo proprietario ed attivato nel sito prescelto solo dopo che l’inizio della campagna da svolgere sia stata comunicata alla regione competente.

Cosicché successivamente alla loro ubicazione nel sito prescelto, pregiudizialmente alla loro attivazione possano essere effettuati i necessari controlli sui reflui liquidi solidi e gassosi che da tali impianti possono essere generati e possano così essere ammessi con adeguate prescrizione che prevedano limiti alle emissioni ed agli scarichi e cautele per la gestione dei rifiuti solidi prodotti.

Tali prescrizioni dovranno garantire la presenza di adeguati sistemi di convogliamento e depurazione idonei alla mitigazione e/o contenimento delle emissioni gassose e dei reflui liquidi che possono svilupparsi nelle operazioni svolte con gli impianti mobili, stante la impossibilità di verificare il loro funzionamento in una situazione di fermo impianto.

D’altra parte, se si considera che la disciplina degli impianti mobili di fatto è una disciplina in deroga a quella generale degli impianti fissi, che prevede cautele inferiori e che, proprio per il funzionamento non permanente degli stessi, presenta difficoltà di monitoraggio e controlli aleatori sull’impatto che può derivare dalle molteplici operazioni di gestione dei rifiuti svolte, specie quando essi presentano una notevole potenzialità, la disciplina prevista dal comma 15 del DLgs 152/06 è da considerare anche più vincolante.

NOTE:

[1] Con la sentenza del TAR Abruzzo, Sez. 1, n. 624, del 2 luglio 2013, N. 00624/2013. si è disposto: “omissis … Nel caso degli impianti “mobili” per il trattamento dei rifiuti la legge prevede un’autorizzazione “a monte” e un regime non più autorizzatorio, ma di mera comunicazione, “a valle”, al momento dell’inizio della singola “campagna” di attività. Sempre che si tratti effettivamente di “impianti mobili” (tali qualificati in base alle caratteristiche strutturali, all’esistenza o meno di strumenti di ancoraggio permanente al suolo, alla temporaneità dell’’esercizio e ad altri eventuali indicatori del tipo di impatto che può derivare), la norma non richiede alcuna ulteriore procedura di garanzia, invece prevista per la costruzione ed installazione di impianti cd. “fissi”. Il presupposto per l’applicabilità della disciplina meno garantista è, dunque, la effettiva sussumibilità dell’impianto tra quelli “mobili”, sussumibilità acquisita (ed acquisenda) in sede di richiesta di autorizzazione “unica”, sede cui compete la verifica della natura amovibile dell’impianto dal sito prescelto e del rapporto precario, e quindi ben delimitato temporalmente con il luogo e con l’ambiente circostante. A queste condizioni verificate “a monte”, il sistema consente il regime semplificato tenuto conto soprattutto del provvisorio (e minimo) impatto con l’ambiente circostante. La mera “comunicazione” di installazione, una volta ottenuta l’autorizzazione “unica” regionale, valevole su base nazionale, non è, secondo il testuale riferimento normativo, assoggettata ad alcuna ulteriore e previa verifica, né di compatibilità urbanistica né di compatibilità ambientale… omissis”;

[2] Dalla data di operatività della Categoria 7 del D.M. n. 406/1998, come modificato dal D.M. 03/06/2014 n. 120 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio del Mare – “Regolamento per la definizione delle attribuzioni e delle modalità di organizzazione dell’Albo nazionale dei gestori ambientali, dei requisiti tecnici e finanziari delle imprese e dei responsabili tecnici, dei termini e delle modalità di iscrizione e dei relativi diritti annuali”.