T.A.R. CALABRIA (CZ) SEZ. I n. 1118 del 20 ottobre 2009
Rifiuti. Ordinanza di rimozione di rifiuti abbandonati

1. La conferenza dei servizi costituisce un modulo organizzativo, volto all’acquisizione dell’avviso di tutte le amministrazioni preposte alla cura dei diversi interessi rilevanti, finalizzato all’accelerazione dei tempi procedurali, mediante un esame contestuale di tutti gli interessi pubblici coinvolti. Essa non si identifica con un nuovo organo separato dai singoli partecipanti, per cui l’avviso espresso in conferenza dei servizi dai rappresentanti delle varie amministrazioni partecipanti rimane sempre imputabile alle stesse. Ciò non implica, tuttavia, che gli atti posti in essere in sede di conferenza e quelli precedenti e, in particolare, quelli con i quali sia espresso l’avviso delle singole amministrazione, siano idonei a ledere in modo diretto ed immediato la sfera del cittadino inciso dal provvedimento emanato a seguito della conferenza di servizio. L’esito della conferenza dei servizi costituisce, infatti, il necessario atto di impulso di un’autonoma fase, volta all’emanazione di un nuovo provvedimento dell’amministrazione che ha indetto la conferenza dei servizi (Consiglio di Stato, Sez. IV, 7 maggio 2004 n. 2874). È solo quest’ultimo atto che è direttamente ed immediatamente lesivo ed è contro di esso, pertanto, che deve dirigersi l’impugnazione, in quanto gli altri atti o hanno carattere meramente endoprocedimentale ovvero non risultano impugnabili, se non unitamente al provvedimento conclusivo, in quanto non immediatamente lesivi (ex plurimis: Cons. Stato, Sez. VI, 17 maggio 2002, n. 2696).
2. Il potere del Sindaco di adottare provvedimenti contingibili e urgenti non può mai trasmodare in una violazione del principio di legalità e va ancorato ad una serie di principi che devono guidarne l’utilizzo, quali appunto la necessità e l’urgenza, la durata limitata nel tempo, la motivazione, ovvero la insussistenza di altri poteri per risolvere la questione: in sostanza, esso presuppone un’oggettiva situazione di effettivo e concreto pericolo per l’incolumità pubblica, non fronteggiabile con gli ordinari strumenti di amministrazione attiva (ex plurimis: Cons. St., Ad. Plen., 30.7.2007, n. 10; Sez. V, 28.5.2007, n. 2109; Sez. II, 24.10.2007, n.2210; che precisa, proprio che tali provvedimenti sono consentiti anche quando vi è una apposita disciplina che regoli in via ordinaria determinate situazioni, laddove la necessità di provvedere con efficacia ed immediatezza alla tutela del bene risulti tanto urgente da non consentirne il tempestivo utilizzo).
3. Il potere di ordinanza previsto dall’art. 14 del D. L.gvo 5 febbraio 1997 n. 22 (ed in precedenza dall’art. 9, D.P.R. n. 915 del 1982), oggi riprodotto dall’ art. 192 del D. Lgvo. 3.4.2006 n.152, ha un diverso fondamento rispetto alle ordinanze disciplinate dall’art. 54 t.u. enti locali. Ed invero, mentre, il potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti deve essere atipico e residuale e, cioè, esercitabile, sussistendone i presupposti, tutte le volte in cui non sia conferito dalla legge il potere di emanare atti tipici, in presenza di presupposti indicati da specifiche normative di settore, viceversa, l’art. 14, comma 3, del D. L.gvo n. 22 del 1997 e poi l’art. 192 del D. L.gvo n. 152 del 2006 configurano una specifica normativa con la previsione d’un ordinario potere d’intervento, attribuito all’autorità amministrativa, a carattere sanzionatorio: tanto è vero che, per la sua applicazione a carico dei soggetti obbligati in solido, prevede in capo agli stessi l’imputazione a titolo di dolo o colpa del comportamento tenuto in violazione dei divieti di legge.
4. Pur essendo l’ordinanza ex art. 192 del D. Lgs. n. 152 del 2006 astrattamente suscettibile di poter rientrare nella sfera di competenza del responsabile dell’area tecnica, ai sensi dell’art. 107, comma 5°, del D. L.gvo18 agosto 2000 n. 267 («l’adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti...»), essa viene attribuita al Sindaco dall’insuperabile dato testuale dell’art. 192, comma 3°, del D. Lgs. n. 152 del 2006, secondo periodo, il quale prevede che <>, in coerente applicazione del canone ermeneutico “lex posterior specialis derogat anteriori generali” nonché ai sensi dello stesso art. 107, comma 4°, del t.u. enti locali, il quale consente che <>.
5. È illegittima l’ordinanza contingibile e urgente con la quale il Sindaco ha ingiunto all’Agenzia del Demanio di provvedere allo smaltimento dei rifiuti ed alla bonifica di un sito inquinato ove il Corpo di polizia provinciale aveva accertato la presenza di rifiuti speciali e pericolosi abbandonati, nel caso in cui non sia stata né accertata, né tantomeno dimostrata dall’ente civico la sussistenza dell’elemento psicologico (ossia almeno la colpa), che avrebbe dovuto sorreggere la condotta omissiva imputabile all’Amministrazione del Demanio, quale condizione necessaria per la legittimità del provvedimento impugnato, essendosi l’Amministrazione Comunale unicamente limitata a rilevare l’appartenenza del bene interessato alla Agenzia Demaniale e, per ciò soltanto, ordinandole di bonificare il fondo. (segnalazione e massime di A. Pierobon)
N. 01118/2009 REG.SEN.

N. 00264/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso R.G. n. 264 del 2008, proposto da “Agenzia del Demanio”, in persona del Direttore pro-tempore, rappresentata e difesa dall\'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catanzaro, domiciliata per legge in Catanzaro, via G. Da Fiore, n. 34;

contro

Comune di Montalto Uffugo, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall\'avv. Carmelina Pugliese, con domicilio eletto presso Giuseppe Spadafora, in Catanzaro, via XX Settembre, n. 63;

per l\'annullamento

dell’ordinanza sindacale contingibile ed urgente n. 2 del 24 gennaio 2008, notificata all’Agenzia fiscale odierna ricorrente in data 28 gennaio 2008, emessa dal Sindaco del Comune di Montalto Uffugo (CS), nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l\'atto di costituzione in giudizio di Comune di Montalto Uffugo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del giorno 10/07/2009, il cons. Concetta Anastasi e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Con atto notificato in data 13.3.2008 e depositato in data 17.3.2008, l’Amministrazione ricorrente premetteva che, con ordinanza contingibile ed urgente adottata ai sensi dell’art. 117, del D. Lgvo n. 112/1998 e degli artt. 50 e 54 D. Lgvo n. 267/2000, il Sindaco del Comune di Montalto Uffugo (CS) ingiungeva all’Agenzia del Demanio, ai sensi dell’art. 244 del D. Lgs. 3.4.2006 n. 152 (recante norme in materia ambientale) , di provvedere, “immediatamente entro e non oltre dieci giorni” dalla relativa notifica, allo smaltimento dei rifiuti ed alla bonifica del sito in agro di Montalto Uffugo, località S. Antonello, via Lorica, sulle sponde del torrente Mavigliano, ove il Corpo di Polizia Provinciale di Cosenza aveva accertato, con verbale del 25.10.2007, la presenza di rifiuti speciali e pericolosi abbandonati ed aveva altresì disposto il sequestro dell’area per circa mq. 1500.

Dopo aver premesso alcune considerazioni in ordine alla sussistenza della legittimazione passiva del Comune intimato nonché in ordine alla correttezza della notifica effettuata presso la casa comunale, deduceva:

-incompetenza – violazione erronea e falsa interpretazione ed applicazione dell’art. 244, 2° comma, D.Lgvo n. 152 del 2006 (recante “norme in materia ambientale”). Violazione e falsa applicazione dell’art. 50, 4° e 5° comma e dell’art. 54 , 2° comma, del D. Lgvo n. 267/2000;

L’impugnato provvedimento sarebbe illegittimo, poiché emesso, ai sensi dell’art. 244 del D. Lgvo n. 152 del 2006, nell’esercizio di una potestà ascrivibile all’ente Provincia, ma non al Sindaco.

-mancata comunicazione di avvio del procedimento: art. 7, l. n. 24171990 e art. 192 , comma 3° D. L.gvo n. 15272006.- Violazione del contraddittorio. Mancanza assoluta di motivazione del provvedimento. Mancanza assoluta di istruttoria. Violazione dei principi di adeguatezza, proporzionalità, efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa (art. 97 Cost. e art. 1 , l. 241/1990);

L’ordinanza impugnata sarebbe stata emessa in dispregio dei fondamentali principi inerenti l’azione amministrativa, che presuppongono il rispetto della garanzie partecipative, l’onere motivazionale, l’espletamento di idonea e congrua istruttoria, che avrebbe dovuto prevedere altresì l’acquisizione del parere dell’A.R.P.A.

- mancanza assoluta di istruttoria – violazione del principio “chi inquina paga”. Violazione dell’art. 244, comma 2, D. Lgvo n. 152 del 2006: omesso compimento delle opportune indagini “ volte ad identificare il responsabile dell’evento di superamento”. Violazione dell’art. 253, comma 3, D. L.gvo citato.

La P.A. avrebbe illegittimamente posto a carico dell’Agenzia del Demanio una misura di bonifica, senza aver previamente accertato la sussistenza o meno delle responsabilità dell’Amministrazione proprietaria per l’inquinamento del sito.

Concludeva per l’accoglimento del ricorso, con vittoria di spese.

Con atto depositato in data 18.4.2008, si costituiva il Comune di Montalto Uffugo e deduceva l’inammissibilità del presente gravame per omessa impugnativa dell’atto decisorio della Conferenza dei Servizi che, ad avviso dell’Amministrazione esponente, avrebbe natura provvedimentale.

Nel merito, insisteva per l’infondatezza del ricorso e concludeva per il suo rigetto, con ogni consequenziale statuizione anche in ordine alle spese.

Con memoria depositata in data 18.3.2008, parte ricorrente ribadiva le proprie posizioni difensive.

Questa Sezione, con ordinanza n. 331 del 23.4.2008, accoglieva la domanda di interinale sospensione dell’impugnato provvedimento proposta dalla parte ricorrente, ritenendo fondato il primo profilo di censura con cui si deduceva la competenza a provvedere da parte della Provincia, ai sensi dell’art. 244, comma 2, D. Lgvo n. 152 del 2006.

Con memoria depositata in data 17 giugno 2008, parte ricorrente insisteva nelle già prese conclusioni.

Con memoria depositata in data 29.6.2009, il Comune intimato rendeva noto che, con ordinanza Cons. Stato n. 4330 del 29.7.2008, era stata annullata la precitata ordinanza di questa Sezione n. 331/08, ritenendosi che il Sindaco avesse agito ex artt. 50 e 54 del D. Lgs. n. 267 del 2000, cioè con lo strumento atipico dell’ordinanza contingibile ed urgente, data la straordinarietà della situazione venutasi a creare anche a causa dell’inerzia della Provincia competente ad agire in via ordinaria.

Alla pubblica udienza del 10 luglio 2009, il ricorso passava in decisione.

DIRITTO

1. Viene impugnata l’ordinanza contingibile ed urgente n. 2 del 24 gennaio 2008, con cui il Sindaco del Comune di Montalto Uffugo (CS) ha ingiunto all’Agenzia del Demanio-Filiale della Calabria, ai sensi dell’art. 244 del D. Lgs. 3.4.2006 n. 152 (recante norme in materia ambientale) , di provvedere, “immediatamente entro e non oltre dieci giorni” dalla relativa notifica, allo smaltimento dei rifiuti ed alla bonifica del sito in agro di Montalto Uffugo, località S. Antonello, via Lorica, sulle sponde del torrente Mavigliano, ove il Corpo di Polizia Provinciale di Cosenza ha accertato, con verbale del 25.10.2007, la presenza di rifiuti speciali e pericolosi abbandonati ed ha altresì disposto il sequestro dell’area per circa mq. 1500.

2. Va rigettata l’eccezione, sollevata dal Comune di Montalto Uffugo, di inammissibilità del presente gravame per omessa impugnativa dell’atto decisorio della Conferenza dei Servizi del 28.12.2007, che, ad avviso dell’Amministrazione esponente, avrebbe natura provvedimentale.

Com’è noto, la conferenza dei servizi costituisce un modulo organizzativo, volto all’acquisizione dell’avviso di tutte le amministrazioni preposte alla cura dei diversi interessi rilevanti, finalizzato all’accelerazione dei tempi procedurali, mediante un esame contestuale di tutti gli interessi pubblici coinvolti.

Essa non si identifica con un nuovo organo separato dai singoli partecipanti, per cui l’avviso espresso in conferenza dei servizi dai rappresentanti delle varie amministrazioni partecipanti rimane sempre imputabile alle stesse.

Ciò non implica, tuttavia, che gli atti posti in essere in sede di conferenza e quelli precedenti e, in particolare, quelli con i quali sia espresso l’avviso delle singole amministrazione, siano idonei a ledere in modo diretto ed immediato la sfera del cittadino inciso dal provvedimento emanato a seguito della conferenza di servizio.

L’esito della conferenza dei servizi costituisce, infatti, il necessario atto di impulso di un’autonoma fase, volta all’emanazione di un nuovo provvedimento dell’amministrazione che ha indetto la conferenza dei servizi (Consiglio di Stato, Sez. IV, 7 maggio 2004 n. 2874).

È solo quest’ultimo atto che è direttamente ed immediatamente lesivo ed è contro di esso, pertanto, che deve dirigersi l’impugnazione, in quanto gli altri atti o hanno carattere meramente endoprocedimentale ovvero non risultano impugnabili, se non unitamente al provvedimento conclusivo, in quanto non immediatamente lesivi (ex plurimis: Cons. Stato, Sez. VI, 17 maggio 2002, n. 2696).

Nella specie, quindi, alla stregua delle suesposte considerazioni, l’atto conclusivo del procedimento in questione è da rinvenirsi nell’epigrafata ordinanza sindacale n. 2 del 24.1.2008, notificata all’Amministrazione ricorrente in data 28.1.2008 e, quindi, tempestivamente impugnata con atto notificato il 13.3.2008.

3. Con il primo motivo, parte ricorrente deduce illegittimità per difetto di competenza, poichè, ai sensi dell’art. 244 del D. Lgvo n. 152 del 2006, la potestà esercitata sarebbe ascrivibile non già al Sindaco, ma alla Provincia.

Osserva il Collegio che, dalla disamina del provvedimento impugnato nonché dagli prodotti in giudizio, emerge che il Comune di Montalto Uffugo, nella specie, non ha esercitato il potere “extra ordinem” divisato dall’art. 54, comma 2°, del D. L.gvo18 agosto 2000 n. 267 ( t.u. enti locali), ma quello diverso, previsto dall’art. 192 del D. Lgvo. 3.4.2006 n. 152, non sussumibile nel “genus” del potere di ordinanza contingibile e urgente.

Ed invero, l’ordinanza di rimozione di rifiuti abbandonati, prevista dall’art. 192 del D. Lgvo. 3.4.2006 n. 152, riproduce, nella sostanza, il modulo già previsto dall’art. 14 del D. L.gvo 5 febbraio 1997 n. 22, non avente i connotati tipici dell’ordinanza contingibile ed urgente.

Giova, all’uopo, premettere che il profilo della “contingibilità” delle ordinanze indica l’urgente necessità di provvedere con efficacia ed immediatezza in ordine a situazioni eccezionali di pericolo attuale ed imminente per l’incolumità pubblica, che impone al sindaco di dare adeguata contezza delle ragioni che lo hanno spinto ad usare tale strumento “extra ordinem”, la cui “ratio” non consiste tanto nell’imprevedibilità dell’evento, quanto nell’impossibilità di utilizzare tempestivamente i rimedi normali offerti dall’ordinamento (ex plurimis: Cons. St., Sez. IV, 13 dicembre 1999, n. 1844).

Già l’art. 38 della legge n.142 del 1990, poi trasfuso nell’art. 54, comma 2° del del D. L.gvo 18 agosto 2000 n. 267 ( t.u. enti locali), attribuiva al sindaco il potere di adottare provvedimenti contingibili ed urgenti «al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini», in assenza di indicazioni circa le modalità di esercizio del potere, a fronte di situazioni eccezionali di necessità e di urgenza.

Comunque, tale potere non può mai trasmodare in una violazione del principio di legalità e va ancorato ad una serie di principî che devono guidarne l’utilizzo, quali appunto la necessità e l’urgenza, la durata limitata nel tempo, la motivazione, ovvero la insussistenza di altri poteri per risolvere la questione: in sostanza, esso presuppone un’oggettiva situazione di effettivo e concreto pericolo per l’incolumità pubblica, non fronteggiabile con gli ordinari strumenti di amministrazione attiva (ex plurimis: Cons. St., Ad. Plen., 30.7.2007, n. 10; Sez. V, 28.5.2007, n. 2109; Sez. II, 24.10.2007, n.2210; che precisa, proprio che tali provvedimenti sono consentiti anche quando vi è una apposita disciplina che regoli in via ordinaria determinate situazioni, laddove la necessità di provvedere con efficacia ed immediatezza alla tutela del bene risulti tanto urgente da non consentirne il tempestivo utilizzo).

Dalle precitate considerazioni, discende che il potere di ordinanza previsto dall’art. 14 del D. L.gvo 5 febbraio 1997 n. 22 (ed in precedenza dall’art. 9, D.P.R. n. 915 del 1982), oggi riprodotto dall’ art. 192 del D. Lgvo. 3.4.2006 n.152, ha un diverso fondamento rispetto alle ordinanze disciplinate dall’art. 54 t.u. enti locali.

Ed invero, mentre, il potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti deve essere atipico e residuale e, cioè, esercitabile, sussistendone i presupposti, tutte le volte in cui non sia conferito dalla legge il potere di emanare atti tipici, in presenza di presupposti indicati da specifiche normative di settore, viceversa, l’art. 14, comma 3, del D. L.gvo n. 22 del 1997 e poi l’art. 192 del D. L.gvo n. 152 del 2006 configurano una specifica normativa con la previsione d’un ordinario potere d’intervento, attribuito all’autorità amministrativa, a carattere sanzionatorio: tanto è vero che, per la sua applicazione a carico dei soggetti obbligati in solido, prevede in capo agli stessi l’imputazione a titolo di dolo o colpa del comportamento tenuto in violazione dei divieti di legge.

Tale interpretazione acquista ulteriore rilievo se si considera che sia il D.P.R. n. 915 del 1982, sia il D. Lgs. n. 22 del 1997, sia il D. Lgs. n. 152 del 2006, hanno espressamente attribuito al sindaco la titolarità del potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti in materia di rifiuti, rispettivamente agli art. 12, 13 e 191, aventi gli elementi propri del potere di ordinanza ex art. 38 della legge n. 142 del 1990 (oggi art. 54, t.u. enti locali), ossia i presupposti di una situazione di necessità ed urgenza oltre all’impossibilità di provvedere in altro modo (cfr. Cons. St., Sez. V, 25.8.2008, n. 4067; C.G.A., 2.3.2007 n. 97).

Nel caso di specie, dal preambolo dell’ordinanza impugnata nonché dalla stessa documentazione prodotta, emerge una scansione procedimentale e cronologica che dimostra in modo inequivocabile che il Sindaco abbia agito non già avvalendosi dei poteri “extra ordinem”, ma seguendo la procedura ordinaria.

Ed infatti, l’epigrafata ordinanza n. 2 del 24 gennaio 2008 conclude un procedimento, durato complessivamente oltre tre mesi, i cui prodromi vanno rinvenuti nel verbale del 25.10.2007, con cui il Corpo di Polizia Provinciale di Cosenza appartenente al Nucleo Ambiente ha accertato la presenza del sito abusivo di rifiuti speciali e pericolosi per cui è causa e ne ha predisposto il sequestro, nel corso del quale sono, poi, intervenuti:

- la comunicazione prot. 94416 del 26.10.2007, resa dal Corpo di Polizia della Provincia di Cosenza alle autorità interessate ai sensi dell’art. 304 del D. Lgvo n. 152 del 2006, a riscontro della quale sono, poi, pervenute, fra l’altro, la nota del 19.11.2007 prot. n. 22768” del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, di richiesta di informazioni documentate, nonché la nota del 21.11.2007 prot. n. 23004 dell’Agenzia del Demanio, Filiale Calabria Sede di Catanzaro, che ha invitato il Corpo di Polizia a promuovere tutti gli interventi necessari per la bonifica dell’area di che trattasi;

- la Conferenza dei Servizi, indetta dal Comune di Montalto Uffugo per il giorno 28.12.2007, cui hanno partecipato, oltre che i responsabili del settore Sanità e Legale del Comune di Montalto Uffugo, anche l’Agenzia del Demanio-Filiale della Calabria e la Provincia di Cosenza;

- infine, il provvedimento conclusivo impugnato n. 2 del 24.1.2008.

Quanto all’individuazione dell’organo competente, osserva il Collegio che, pur essendo l’ordinanza ex art.192 del D. Lgs. n. 152 del 2006 astrattamente suscettibile di poter rientrare nella sfera di competenza del responsabile dell’area tecnica, ai sensi dell’art. 107, comma 5°, del D. L.gvo18 agosto 2000 n. 267 ( «l’adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti...»), essa viene attribuita al Sindaco dall’insuperabile dato testuale dell’art. 192, comma 3°, del D. Lgs. n. 152 del 2006, secondo periodo, il quale prevede che <>, in coerente applicazione del anone ermeneutico “lex posterior specialis derogat anteriori generali” nonché ai sensi dello stesso art. 107, comma 4°, del t.u. enti locali, il quale consente che <>.

Pertanto, al di là del riferimento dell’Amministrazione procedente all’ordinanza contingibile ed urgente, la durata del procedimento che, complessivamente, si è sviluppato per quasi tre mesi, nonchè l’intervento di varie comunicazioni rese alle autorità interessate e di una Conferenza dei Servizi ex art. 14 della legge n. 241/90, depongono certamente per una procedura ordinaria, a prescindere dal “nomen juris” formalmente attribuito al tipo provvedimentale impiegato.

Pertanto, la censura non merita adesione.

4.1. Possono essere esaminati congiuntamente il secondo ed il terzo profilo di gravame, con cui l’Amministrazione ricorrente deduce che l’ordinanza impugnata sarebbe stata emessa in dispregio dei fondamentali principi inerenti l’azione amministrativa, che presuppongono il rispetto della garanzie partecipative, l’onere motivazionale, l’espletamento di idonea e congrua istruttoria, con acquisizione anche del parere dell’A.R.P.A. (2° motivo), e che la P.A. avrebbe illegittimamente posto, a carico dell’Agenzia del Demanio, una misura di bonifica senza aver previamente accertato la sussistenza o meno delle responsabilità dell’Amministrazione proprietaria per l’inquinamento del sito (3° motivo).

Nell\'attuale sistema normativo, l\'obbligo di bonifica dei siti inquinati grava, in primo luogo, sull\'effettivo responsabile dell\'inquinamento stesso, mentre la mera qualifica di proprietario o detentore del terreno inquinato non implica di per sé l\'obbligo di effettuarne la relativa bonifica.

In tal senso disponevano già il D.Lgs. 22/1997 (c.d. decreto "Ronchi") ed il DM 471/1999 ed allo stesso modo era orientata la giurisprudenza (si vedano, fra le tante, TAR Lombardia, Milano, sez. I, 8.11.2004, n. 5681, per la quale l\'ordine di bonifica può essere posto a carico dei proprietari <> ed ancora TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 7.9.2007 n. 5782 e 18.12.2007, n. 6684 ; Cons. Stato, Sez. VI 5.9.2005 n. 4525).

La fattispecie del mero abbandono o deposito di rifiuto -che coinvolge anche i proprietari delle aree - va distinta da una situazione di vero e proprio inquinamento di un determinato sito, che è invece disciplinata dall\'art. 17 dello stesso decreto legislativo –seguito dal regolamento attuativo di cui al D.M. 25 ottobre 1999 n. 471- che disciplina la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ponendone l\'obbligo a carico dei responsabili dell\'inquinamento (comma 2); demandando al Comune (comma 9), ove i responsabili non provvedano o non siano individuabili, la realizzazione d\'ufficio dei relativi interventi; e disponendo che detti interventi costituiscano onere reale sulle aree inquinate (comma 10), con relativa spesa è assistita da privilegio speciale immobiliare sulle aree stesse oltre che da privilegio generale mobiliare (comma 11).

4.2. Il suindicato assetto normativo sul dovere di bonifica è stato confermato dal vigente D.Lgs. 152/2006 (abrogativo il D.Lgs. 22/1997), che pone l\'obbligo di bonifica in capo al responsabile dell\'inquinamento, che le Autorità amministrative hanno l\'onere di ricercare ed individuare (artt. 242 e 244 D.Lgs. 152/2006), mentre il proprietario non responsabile dell\'inquinamento o altri soggetti interessati hanno una mera "facoltà" di effettuare interventi di bonifica (art. 245); nel caso di mancata individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari, le opere di bonifica saranno realizzate dalle Amministrazioni competenti (art. 250), salvo, a fronte delle spese da esse sostenute, l\'esistenza di un privilegio speciale immobiliare sul fondo, a tutela del credito per la bonifica e la qualificazione degli interventi relativi come onere reale sul fondo stesso, onere destinato pertanto a trasmettersi unitamente alla proprietà del terreno (art. 253).

Il complesso di questa disciplina, conforme al diritto comunitario, appare ispirata al cosiddetto principio del “chi inquina paga”, da intendersi in senso sostanzialistico (per un richiamo all’effettività come criterio guida nell’interpretazione del diritto comunitario ambientale: Corte di Giustizia Ce 15 giugno 2000 in causa Arco).

Detto principio del “chi inquina paga” consiste, in definitiva, nell’imputazione dei costi ambientali (c.d. esternalità ovvero costi sociali estranei alla contabilità ordinaria dell’impresa) al soggetto che ha causato la compromissione ecologica illecita (poiché esiste una compromissione ecologica lecita data dall’attività di trasformazione industriale dell’ambiente che non supera gli standards legali).

Ciò, sia nel quadro di una logica risarcitoria ex “post factum”, che nel quadro di una logica preventiva dei fatti dannosi, poiché il principio esprime anche il tentativo di internalizzare detti costi sociali e di incentivare – per effetto del calcolo dei rischi di impresa - la loro generalizzata incorporazione nei prezzi delle merci, e, quindi, nelle dinamiche di mercato dei costi di alterazione dell’ambiente (con conseguente minor prezzo delle merci prodotte senza incorrere nei predetti costi sociali attribuibili alle imprese e conseguente indiretta incentivazione per le imprese a non danneggiare l’ambiente).

Esso trova molteplici significative applicazioni nel campo della disciplina dei rifiuti e del danno ambientale.

Con specifico riguardo alla contaminazione dei siti, pare rilevante quanto stabilito dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004, “sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale”.

Anche tale direttiva è conformata dal principio “chi inquina paga”, per cui l’operatore che provoca un danno ambientale o è all’origine di una minaccia imminente di tale danno, dovrebbe, di massima, sostenere il costo delle necessarie misure di prevenzione o di riparazione. Quando l’autorità competente interviene direttamente o tramite terzi al posto di un operatore, detta autorità dovrebbe far sì che il costo da essa sostenuto sia a carico dell’operatore. E’ inoltre opportuno che gli operatori sostengano in via definitiva il costo della valutazione del danno ambientale ed eventualmente della valutazione della minaccia imminente di tale danno.”

La direttiva non si applica al danno di carattere diffuso se non in presenza di un nesso causale tra il danno e l’attività di singoli operatori.

Va quindi precisato, alla luce di tale esigenza di effettività della protezione dell’ambiente, che, ferma la doverosità degli accertamenti indirizzati ad individuare con specifici elementi i responsabili dei fatti di contaminazione, l’imputabilità dell’inquinamento può avvenire per condotte attive ma anche per condotte omissive, e che la prova può essere data in via diretta od indiretta, ossia mediante “presunzioni semplici”, ai sensi dell’art. 2727 c c. (le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignorato), prendendo in considerazione elementi di fatto dai quali possano trarsi indizi gravi precisi e concordanti, che inducano a ritenere verosimile, secondo l’ “id quod plerumque accidit”, che sia verificato un inquinamento e che questo sia attribuibile a determinati autori.

Ai sensi dell’art. 2729 del cod. civ. “le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti.”

Orbene tale norma - che spiega il proprio effetto diretto nel giudizio civile - pone un principio generale, che consente alla pubblica amministrazione , specie quando deve svolgere complesse attività di indagine su fatti che non sono a sua diretta conoscenza ma che, per essere illeciti, sono conosciuti dai privati, il ricorso alla prova logica, alle presunzioni semplici, ad indizi gravi precisi e concordanti per la prova di determinati fatti (per un’applicazione del principio in materia di accertamenti di illeciti anticoncorrenziali: cfr. Cons. Stato, Sez. VI 29.2.2008 n.760; per un’applicazione in tema di urbanistica ai sensi dell’ art.18 della legge 28.2.1985, n.47: Cons. Stato, Sez.V, 13.9.1991, n. 1157).

Né il difetto della prova testimoniale nel processo amministrativo ( arg. ex art. 2729 comma 2 cod. civ. ) esclude la possibilità per la pubblica amministrazione di ricorrere a presunzioni semplici, poiché il canone costituzionale dell’imparzialità della pubblica amministrazione e la previsione del sindacato giurisdizionale sugli atti della medesima (artt. 97 e 113 Cost.) nonché delle preventive garanzie procedimentali (artt. 3 e 7 della legge n. 241 del 1990) sono sufficienti per ritenere che vi sia un sistema equilibrato di pesi e contrappesi, nel riconoscimento del potere (sindacabile) della p.a. di ricostruzione dei fatti rilevanti ai fini dell’adozione di provvedimenti amministrativi sfavorevoli ai privati , anche a mezzo di presunzioni semplici ove ciò sia imposto dalla natura degli accertamenti da espletare.

Va rilevato che il potere è attivabile anche a fronte di una situazione di mero pericolo di inquinamento come imposto dal principio comunitario di precauzione come enunciato sin dalla Conferenza di Rio del 2004 (secondo l\'art. 15 del documento conclusivo della Conferenza « in caso di rischi di danni gravi o irreversibili, l\'assenza di certezza scientifiche non deve servire come pretesto per rinviare l\'adozione di misure efficaci volte a prevenire il degrado dell\'ambiente ») e dal principio di doverosa prevenzione dei danni.

4.3. L’art. 14, 3° comma, del D.Lgs. n. 22 del 1997, dispone: “fatta salva l\'applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 50 e 51, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all\'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull\'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa. Il sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all\'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”.

Al comma 1 del medesimo articolo, invece, si stabilisce, in termini più generali, che “l\'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati”.

L’esegesi della norma è tracciata da C.d.S., V, 25 agosto 2008, n. 4061, la quale, ha precisato che, “in tema di abbandono di rifiuti, la giurisprudenza amministrativa, già con riferimento alla misura reintegratoria prevista e disciplinata dall\'art. 14 del D.lgs. n. 22/1997 (c.d. “Decreto Ronchi”), statuì che il proprietario dell\'area fosse tenuto a provvedere allo smaltimento solo a condizione che ne fosse dimostrata almeno la corresponsabilità con gli autori dell\'illecito abbandono di rifiuti, per aver posto in essere un comportamento, omissivo o commissivo, a titolo doloso o colposo (v., tra le molte, Cons. St., sez. V, 25.1.2005 , n. 136), escludendo, conseguentemente, che la norma configurasse un\'ipotesi legale di responsabilità oggettiva (vieppiù, per fatto altrui)”.

“In particolare, fu affermata l\'illegittimità degli ordini di smaltimento di rifiuti indiscriminatamente rivolti al proprietario di un fondo in ragione della sua sola qualità, ma in mancanza di adeguata dimostrazione da parte dell\'amministrazione procedente, sulla base di un\'istruttoria completa e di un\'esauriente motivazione (quand\'anche fondata su ragionevoli presunzioni o su condivisibili massime d\'esperienza), dell\'imputabilità soggettiva della condotta”.

I suddetti principi “a fortiori” si attagliano al disposto di cui all\'art. 192 del D.lgs. n. 152/2006, dal momento che siffatta disposizione legislativa non soltanto riproduce il tenore dell\'abrogato art. 14 del D.lgs. n. 22/1997, con riferimento alla necessaria imputabilità a titolo di dolo o colpa, ma, in più, integra il precedente precetto, precisando che l\'ordine di rimozione può essere adottato esclusivamente “in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo” .

Orbene, applicando le superiori considerazioni al caso in esame, si osserva che non è stata né accertata, né tantomeno dimostrata dall\'ente civico la sussistenza dell\'elemento psicologico (ossia almeno la colpa), che avrebbe dovuto sorreggere la condotta omissiva imputabile all’Amministrazione ricorrente, quale condizione necessaria per la legittimità del provvedimento impugnato, essendosi l’Amministrazione Comunale unicamente limitata a rilevare l’appartenenza del bene interessato alla Agenzia Demaniale e, per ciò soltanto, ordinandole di bonificare il fondo, come risulta altresì confermato dallo stesso verbale della Conferenza dei Servizi del 28.12.2007, in cui il rappresentante dell’Agenzia del Demanio ha proprio evidenziato che la responsabilità dovrebbe essere attribuita al responsabile dell’abuso (pag. 3) .

Ritiene, quindi, il Collegio che, la decisione amministrativa non possa assumersi sul mero rilievo, secondo cui, in mancanza di un responsabile individuato (“id quod prelumque accidit”), verrebbe del tutto vanificata la previsione tassativa e fondamentale inerente il divieto di depositi di rifiuti sul fondo”, poiché ciò sarebbe esatto se il legislatore avesse strutturato la concorrente responsabilità del proprietario (rispetto a quella del terzo autore dell’abbandono dei rifiuti) in termini meramente oggettivi – ossia in assenza di alcun riferimento all’elemento soggettivo della fattispecie – poiché soltanto in tal caso l’interprete avrebbe potuto esattamente ravvisare l’obbligazione di ripristino a carico del titolare di un diritto di godimento sul bene, quale “obbligazione propter rem”.

Ma, poiché il diritto positivo, come si evince anche dalla semplice lettura dell’art. 192 del D. Lg.vo n. 152 del 2006, ha stabilito l’esatto contrario – ossia il legislatore ha strutturato la fattispecie in esame in termini indiscutibilmente soggettivi, radicando solo sulla riscontrata presenza di colpevolezza del proprietario la sua concorrente responsabilità – in difetto di accertato concorso con il terzo autore dell’illecito, di una condotta colpevole del proprietario del fondo, non è dato ricavare alcuna sua responsabilità per la bonifica da effettuare.

Con il corollario, evidentissimo sebbene implicito, che l’onere economico della bonifica del fondo -ovviamente necessaria – non potrà porsi a carico del proprietario, ma resterà per forza di cose socializzato, nei modi e secondo la scansione procedimentale di cui all’art. 250 del D. L.gvo n. 152 del 2006 ( “ 1. Qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano né il proprietario del sito né altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all\'articolo 242 sono realizzati d\'ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione, secondo l\'ordine di priorità fissati dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate, avvalendosi anche di altri soggetti pubblici o privati, individuati ad esito di apposite procedure ad evidenza pubblica. Al fine di anticipare le somme per i predetti interventi le regioni possono istituire appositi fondi nell\'ambito delle proprie disponibilità di bilancio”), nella specie non certo correttamente applicato, sebbene richiamato.

.Né, nel caso che occupa, è ipotizzabile ravvisare colpa nel fatto che l’Amministrazione proprietaria non abbia recintato l’area de qua, poiché, a prescindere dalla peculiare posizione della stessa, lungo le sponde del torrente Mavigliano, secondo un principio generale del diritto, riveniente dall’art. 841 c. c., la “chiusura del fondo” costituisce una mera facoltà del proprietario, e, dunque, giammai un suo obbligo.

Tantomeno la colpa può ravvisarsi nel fatto negativo di non avere il proprietario spontaneamente bonificato il proprio fondo, perché un’interpretazione che ciò sostenga sarebbe in palese circonvenzione rispetto all’inserimento normativo della colpevolezza all’interno della fattispecie costitutiva della responsabilità di cui qui trattasi.

Invero, il sistema non è quello che l’Amministrazione procedente reputi “più funzionale”, ma quello che il legislatore ha positivamente tratteggiato.

Il che, nella specie, porta ad escludere che il legislatore abbia voluto introdurre una sorta di obbligazione “propter rem” di diritto pubblico (in quanto funzionale al pubblico interesse e coercibile da parte dell’amministrazione nell’ambito dei suoi poteri di polizia amministrativa) a carico del proprietario o del titolare di un diritto reale sul fondo (ed estesa anche ai titolari di un diritto personale di godimento, nel caso in cui il contenuto di questo conferisca al suo titolare i poteri di disposizione necessari per provvedere alla rimozione), con riferimento all’ipotesi in cui non sia stato accertato il responsabile del deposito abusivo di rifiuti, e, cioè, qualora non possa trovare applicazione la sanzione amministrativa ripristinatoria prevista.

Ed invero, soltanto nel caso in cui l’obbligazione ripristinatoria fosse connessa alla mera titolarità del diritto sul bene (in tal senso “propter rem”), a prescindere dalla sua responsabilità in ordine alla formazione di un deposito abusivo attraverso l’abbandono di rifiuti, si potrebbe pervenire alle conclusioni cui, nella specie, è pervenuto l’ente locale, ma, poiché il legislatore ha positivamente stabilito l’inserimento della colpa fra gli elementi costitutivi della fattispecie in discorso, se ne trae sicura conferma della non condivisibilità dell’esegesi seguita dal Comune di Montalto Uffugo.

Né, al riguardo, vi è riferimento in atti o nel provvedimento impugnato ad eventuali acquisizioni istruttorie e/o valutazioni compiute dall’ente locale e dall’ARPA., anche ai fini della ricostruzione del nesso di causalità.

Infatti, nella specie, a fronte di inquinamenti conclamati ed indiscutibili, non risulta alcun accenno ad eventuali circostanze indiziarie, atte a far concludere per la sussistenza di un nesso causale fra la contaminazione rilevata ed una qualche condotta comunque ascrivibile all’Agenzia del Demanio, cui appartiene l’area interessata dall’inquinamento, con la conseguenza che, nella specie, la bonifica del sito potrà essere effettuata soltanto applicando correttamente il già indicato art. 250 del D. L.gvo n. 152 del 2006.

4.3. Sotto altro aspetto, osserva il Collegio che, nella specie, non risultano, nel complesso, violate le garanzie procedimentali, poiché l’Amministrazione ricorrente è stata resa edotta del procedimento mediante la comunicazione ex art. 304 del D. L.gvo n. 152 del 2006 e, inoltre, ha potuto rappresentare le proprie osservazioni alla Conferenza dei Servizi del 28.12.2007, indetta dal Comune, per cui non si possono ritenere, su un piano sostanziale, violate le regole del contraddittorio procedimentale, ancorchè non risulta essere stata condotta una doverosa azione di accertamento delle responsabilità.

Ne consegue la condivisibilità delle doglianze svolte dalla parte ricorrente, particolarmente sotto il profilo dell’insufficiente istruttoria e del deficit motivazionale.

La complessità della fattispecie consiglia di disporre l’integrale le spese del giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Catanzaro – Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’impugnato provvedimento.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall\'autorità amministrativa.

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 10/07/2009 con l\'intervento dei Magistrati:

Concetta Anastasi, Presidente, Estensore

Giovanni Iannini, Consigliere

Anna Corrado, Referendario



IL PRESIDENTE, ESTENSORE






DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 20/10/2009

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO