TAR Lazio (Roma) Sez. I n. 1655 del 18 febbraio 2009
Rifiuti. Poteri nomina commissario ad acta

L’amministrazione comunale ricorrente ha dedotto avverso gli atti impugnati due differenti tipologie di censure. Le doglianze riguardano: l’attribuzione al Gestore del Consorzio Unico di Bacino, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, del potere di nomina del Commissario ad acta e la conseguente nomina dallo stesso disposta; l’effettiva sussistenza della posizione debitoria dell’amministrazione comunale.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Prima Sezione
nelle persone dei magistrati:
Dott. Giorgio Giovannini Presidente
Dott. Antonino Savo Amodio Componente
Dott. Roberto Caponigro Componente, relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 10694 del 2008, proposto da
Comune di Recale
in persona del Vice Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Luigi Adinolfi con il quale è elettivamente domiciliato in Roma, Via Ovidio n. 10 di San Basilio n. 72 (c/o dott.ssa Anna Bei c/o studio Studio Commerciale Rosati)
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento Protezione Civile – Sottosegretario di Stato PCM delegato emergenza rifiuti Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso cui ope legis domicilia in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
nonché
Consorzio Unico di Bacino delle Province di Napoli e Caserta, in persona del Gestore pro tempore, n.c.;
Commissario ad acta dott.ssa Carmelina Vargas, non costituita
per l’annullamento
a) del decreto del Gestore del Consorzio Unico di Bacino delle Province di Napoli e Caserta n. 19 del 27 agosto 2008, con il quale la dott.ssa Carmelina Vargas è stata nominata Commissario ad acta presso il Comune di Recale per la liquidazione del debito vantato nei confronti di quest’ultimo dal Consorzio ACSA CE3;
b) in parte qua dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3686 dell’1.7.2008, con specifico riguardo all’art. 8, co. 4, laddove prevede la nomina di commissario ad acta per la liquidazione delle somme dovute dai Comuni ai disciolti Consorzi;
c) di ogni altro atto agli stessi preordinato, presupposto, connesso e conseguente ed in particolare del verbale di insediamento del Commissario ad acta, della nota prot. n. 58 del 7 agosto 2008, della nota del Consorzio Unico di Bacino dell’8 agosto 2008 prot. n. 2679, della nota prot. n. 124 del 27 agosto 2008.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi alla udienza pubblica del 28 gennaio 2009, relatore il dott. Roberto Caponigro, gli avvocati di cui al relativo verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con decreto del 27 agosto 2008, il Gestore Unico del Consorzio Unico di Bacino delle Province di Napoli e Caserta – visto l’art. 8, co. 1, della ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3686, del 1° luglio 2008, come modificato dall’art. 4, co. 5, della ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3693 del 16 luglio 2008, il quale prevede che gli enti locali, debitori dei consorzi di bacino soppressi, sono tenuti a liquidare al Consorzio Unico le somme dovute e non corrisposte ai consorzi di bacino soppressi, anche a titolo di quote consortili, entro e non oltre trenta giorni dal 16 luglio 2008, prevedendo, in caso di inadempimento degli enti locali, che il gestore unico nomini commissari ad acta per provvedere in sostituzione degli stessi, con spese a carico dei Comuni e rilevato che il Comune di Recale è debitore del soppresso consorzio CE3 della somma di € 668.365,70 per corrispettivi resi dal consorzio disciolto – ha nominato nella persona della dott.ssa Carmelina Vargas il Commissario ad acta per la liquidazione del debito di € 668.365,70 del Comune di Recale a favore del Consorzio Unico articolazione territoriale CE3.
Di talchè, il Comune di Recale ha impugnato il decreto di nomina del Commissario ad acta e la presupposta previsione di cui all’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3686 del 1° luglio 2008, articolando i seguenti motivi di impugnativa:
• In relazione al provvedimento impugnato sub a): invalidità in via autonoma e derivata.
Violazione e falsa applicazione dell’art. 8, co. 4, dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3686 dell’1.7.2008 e s.m.i. Violazione dell’art. 474 c.p.c. e dei principi generali in tema di tutela del debitore. Eccesso di potere per sviamento. Falsità della causa. Contraddittorietà estrinseca ed intrinseca. Carenza dei presupposti. Irragionevolezza. Illogicità manifesta. Manifesta ingiustizia. Erronea ponderazione della fattispecie contemplata. Travisamento dei fatti. Difetto assoluto di istruttoria. Altri profili.
In assenza di accertamento sulla sussistenza dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità del preteso credito, nonché di ogni valutazione sulla sua quantificazione, non potrebbero ritenersi integrati i presupposti per l’esercizio dei poteri sostitutivi.
Nel decreto, inoltre, non sarebbero specificate le singole voci di debito da cui deriverebbe l’importo complessivo di € 668.365,70, per cui risulterebbe impedito al Comune di muovere contestazioni in merito alla sua consistenza, laddove l’amministrazione comunale avrebbe sempre puntualmente adempiuto alle obbligazioni assunte. Il credito quantificato nel decreto di nomina del Commissario sarebbe sine titulo nonché privo dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità indispensabili ai fini dell’azionabilità del potere di nomina commissariale di cui all’art. 8, co. 4, OPCM n. 3686 del 1° luglio 2008.
• In relazione al provvedimento impugnato sub b):
Violazione degli artt. 3, 5, 24, 97, 113, 117 e 118 Cost. Violazione dei principi generali dell’ordinamento (con specifico riguardo all’art. 3 D.Lgs. 267/2000). Violazione del principio di leale collaborazione. Eccesso di potere. Sviamento. Falsità della causa. Erroneità nei presupposti di fatto e di diritto. Travisamento. Illogicità manifesta. Irragionevolezza. Difetto assoluto di istruttoria. Violazione del principio di proporzionalità e coerenza dell’azione amministrativa. Manifesta ingiustizia. Altri profili.
L’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, che fonda il potere del Gestore del Consorzio Unico di “rastrellare” i crediti del suo dante causa, anche attivando poteri sostitutivi sul debitore, sarebbe contrastante con precisi precetti costituzionali e con elementari principi generali dell’ordinamento, costituenti un limite allo stesso potere d’ordinanza conferito dall’art. 5 L. 225/1992.
Il potere di nomina del Commissario ad acta sarebbe attribuito non ad un soggetto terzo ma allo stesso creditore, senza peraltro garantire alcun contraddittorio in ordine all’an ed al quantum debeatur e senza prevedere alcuno strumento di accertamento del credito.
L’ordinanza permetterebbe un “esproprio” di somme, al di fuori del principio di legalità, senza alcun intervento dell’Autorità giudiziaria ed introducendo una confusione tra creditore e debitore con indubitabile conflitto di interessi. Essa, inoltre, inciderebbe sull’esercizio delle funzioni comunali, consentendo l’invasione dell’autonomia patrimoniale e finanziaria con conseguente negazione dei tre principi cardine introdotti dall’art. 118 Cost. e si porrebbe in contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost.
L’Avvocatura dello Stato si è costituita in giudizio per resistere al ricorso ed ha depositato una nota dell’amministrazione inerente al merito della controversia.
All’udienza pubblica del 28 gennaio 2009, la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. L’amministrazione comunale ricorrente ha dedotto avverso gli atti impugnati due differenti tipologie di censure.
Le doglianze riguardano:
• l’attribuzione al Gestore del Consorzio Unico di Bacino, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, del potere di nomina del Commissario ad acta e la conseguente nomina dallo stesso disposta;
• l’effettiva sussistenza della posizione debitoria dell’amministrazione comunale.
2. Il Collegio rileva in via preliminare che, con riferimento a tale ultimo profilo, vale a dire l’effettiva sussistenza della posizione debitoria del Comune, non sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo.
Un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 4 d.l. 90/2008, convertito, con modificazioni, dalla l. 123/2008, secondo cui sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti seppure posta in essere con comportamenti dell’amministrazione pubblica, porta a ritenere, in coerenza con i principi espressi dalle sentenze della Corte Costituzionale n. 204/2004 e n. 191/2006, che la norma attiene a situazioni che postulano l’esercizio di un potere pubblico, con conseguente esclusione della giurisdizione amministrativa nelle ipotesi in cui, come nella fattispecie, la censura ha ad oggetto il mero accertamento di diritti di carattere patrimoniale senza incidere sull’azione amministrativa di gestione dei rifiuti.
La sentenza della Corte Costituzionale n. 204/2004, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale in parte qua dell’art. 33, co. 1 e 2, D.Lgs. 80/1998 come sostituito dall’art. 7, lett. a) L. 205/2000 ha avuto modo di precisare che l’art. 103, co. 1, Cost. non ha conferito al legislatore ordinario un’assoluta ed incondizionata discrezionalità nell’attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma gli ha conferito il potere di indicare “particolari materie” nelle quali la tutela nei confronti della pubblica amministrazione investe anche diritti soggettivi; tali materie, tuttavia, devono essere “particolari” rispetto a quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità, nel senso che devono partecipare della loro medesima natura, la quale è contrassegnata dalla circostanza che l’amministrazione pubblica agisce come autorità nei confronti della quale è accordata tutela al cittadino davanti al giudice amministrativo, con la conseguente esclusione che la mera partecipazione dell’amministrazione al giudizio o il generico coinvolgimento di un interesse pubblico nella controversia siano sufficienti a radicare la giurisdizione amministrativa.
Analogamente, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 191/2006, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 53 D.P.R. 327/2001 nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a “i comportamenti delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad esse equiparati”, non esclude i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente, all’esercizio di un potere pubblico.
Di talché, il Collegio ritiene che la giurisdizione del giudice amministrativo sia da escludere ogniqualvolta la controversia, o la singola censura, afferisca ai rapporti obbligatori derivanti da pattuizioni di tipo negoziale intervenute tra le parti per regolamentare la gestione dei rifiuti e, quindi, afferisca all’an o al quantum della pretesa patrimoniale, atteso che in tal caso la fattispecie, di tipo meramente privatistico, esula completamente dal possibile esercizio di un potere autoritativo.
In altri termini - mentre tutte le controversie che attengono alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, sebbene l’amministrazione non abbia in concreto esercitato il potere in astratto conferito agendo invece attraverso comportamenti o comunque con atti paritetici con conseguente contrapposizione di posizioni di diritto soggettivo, rientrano, ai sensi della norma richiamata, nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - tutte le controversie, o le singole censure, totalmente estranee all’esercizio del potere pubblico di gestione in materia di rifiuti non possono essere sottratte alla giurisdizione del giudice ordinario ancorché l’accordo privatistico fonte del rapporto obbligatorio in contestazione sia stato stipulato per regolamentare, anche da un punto di vista patrimoniale, la gestione dei rifiuti.
3. La giurisdizione del giudice amministrativo, invece, sussiste in ordine alle censure con cui il Comune ricorrente ha contestato, da un lato, la previsione contenuta nell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri di attribuzione al Gestore del Consorzio del potere di nomina del Commissario ad acta, dall’altro, il conseguente provvedimento di nomina dell’organo commissariale.
In tal caso, infatti, a prescindere dalla riconducibilità della fattispecie nell’ambito del richiamato art. 4 d.l. 90/2008, la posizione dedotta in giudizio ha indubbiamente natura di interesse legittimo, in quanto contrapposta all’esercizio di un potere autoritativo dell’amministrazione, sicché la questione rientra nella giurisdizione generale di legittimità appartenente al giudice adito.
Le censure dedotte in proposito sono fondate e vanno accolte.
L’art. 11, co. 8, d.l. 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla l. 14 luglio 2008, n. 123, ha previsto che, nelle more della costituzione delle società provinciali di cui all’art. 20 della legge della regione Campania 14 aprile 2008, n. 4, i consorzi di bacino delle province di Napoli e Caserta, istituiti con legge della regione Campania 10 febbraio 1993, n. 10, sono sciolti e riuniti in un unico Consorzio, la cui gestione è affidata ad un soggetto da individuare con successivo provvedimento del Sottosegretario di Stato.
L’art. 8, co. 4, dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 1 luglio 2008, n. 3686, come sostituito dall’art. 4, co. 5, dell’OPCM 16 luglio 2008 n. 3693 ha tra l’altro stabilito che gli enti locali, debitori dei consorzi di bacino soppressi, sono tenuti a liquidare al consorzio unico le somme dovute e non corrisposte ai consorzi di bacino soppressi, anche a titolo di quote consortili, entro e non oltre trenta giorni dall’adozione dell’ordinanza stessa; ove non vi provvedano, il titolare dell’incarico di cui al comma 1 (id est: il Gestore del Consorzio Unico di Bacino) nomina commissari ad acta per provvedere in sostituzione degli enti locali inadempienti, con spese a carico degli enti stessi.
Con decreto n. 19 del 27 agosto 2008, il Gestore del Consorzio Unico – rilevato, tra l’altro, che il Comune di Recale è debitore del soppresso consorzio CE3 della somma di € 668.365,70 per corrispettivi resi dal consorzio disciolto e constatato che il Comune di Recale non ha provveduto alla liquidazione del proprio debito alla data del 27 agosto 2008 senza manifestare alcuna motivazione al riguardo, né tanto meno programmare un piano di rientro – ha nominato Commissario ad acta la dott.ssa Carmelina Vargas, funzionario della Prefettura di Caserta, per la liquidazione del debito di € 668.365,70 del Comune di Recale a favore del Consorzio Unico articolazione territoriale CE3, stabilendo che il suddetto Comune è tenuto a mettere a disposizione del Commissario ad acta idonea struttura di supporto con la necessaria documentazione.
In primo luogo, occorre rilevare che il potere di nomina del Commissario ad acta è stato attribuito da un atto amministrativo, sia pure ad indirizzo politico ed a carattere generale, quale l’OPCM n. 3686/2008, come modificata dall’OPCM 3693/2008, e non certo dalla norma di legge di cui all’art. 11, co. 8, d.l. n. 90/2008, la quale ha disposto la riunione in un unico bacino dei disciolti consorzi di bacino delle province di Napoli e Caserta, con affidamento della gestione ad un soggetto da individuare con provvedimento del Sottosegretario di Stato, ma null’altro ha indicato sui poteri da attribuire al Gestore del Consorzio unico di bacino.
Pertanto, l’attribuzione del potere non è stata prevista da una norma di legge, ma da un atto amministrativo.
Viceversa, l’attribuzione di poteri che possono incidere autoritativamente ed unilateralmente sulle posizioni giuridiche contrapposte deve essere sempre effettuata dalla legge e, atteso che l’esercizio della funzione amministrativa si concreta nella traduzione del potere in atto, il principio di legalità si risolve in quello di tipicità dei provvedimenti amministrativi, nel senso che l’amministrazione può emanare soltanto i provvedimenti stabiliti in modo tassativo dalla legge stessa.
D’altra parte, se è vero che, ai sensi dell’art. 5, co. 2 e 5, l. 225/1992, per l’attuazione degli interventi conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza si provvede anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, è altrettanto vero che occorre comunque agire nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e che le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono contenere l’indicazione, assente nel caso di specie, delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate.
Il Collegio rileva inoltre che il potere di nomina commissariale attribuito dall’ordinanza presidenziale al Gestore del Consorzio postula l’accertamento dell’an e del quantum della esposizione debitoria dell’amministrazione locale, atteso che la previsione normativa è rivolta agli enti locali debitori dei consorzi di bacino soppressi e che il Gestore del Consorzio nomina il Commissario per provvedere in sostituzione degli enti locali inadempienti, sicché l’accertamento dell’inadempienza e, quindi, della sussistenza del debito e della sua entità, costituendo condicio sine qua non per la nomina, è rimessa a detto Gestore del Consorzio.
Infatti, nel nominare il Commissario, il Gestore del Consorzio Unico ha quantificato l’ammontare del debito dell’amministrazione comunale ed ha finalizzato la nomina proprio alla liquidazione di quella specifica somma di danaro.
Di talché, la nomina del Commissario ad acta non è finalizzata all’accertamento del debito del Comune, ma è volta ad ottenere la liquidazione di un debito previamente accertato dal Gestore del Consorzio.
Ne consegue che, al pari di un Commissario ad acta nominato per l’esecuzione di una sentenza di condanna al pagamento di una somma di danaro, il Commissario nominato dal Gestore deve ritenersi legittimato ad eseguire tutti gli atti ed adempimenti necessari allo scopo di dare concreto soddisfacimento al diritto di credito, mediante l’esercizio di un’attività compiuta quale longa manus del soggetto che lo ha nominato nell’ambito di un’attività di erogazione della spesa a conclusione della quale dovrà essere emesso il relativo mandato di pagamento e senza che l’esaurimento dei fondi di bilancio o la mancanza di disponibilità di cassa possano costituire legittima causa di impedimento all’esecuzione del compito.
Tale “meccanismo”, sulla base delle considerazioni espresse, si rivela illegittimo in quanto il potere è attribuito al di fuori di una previsione normativa di legge che conferisca allo stesso tipicità e legalità risolvendosi, da un lato, nella violazione dell’autonomia delle amministrazioni locali costituzionalmente garantita, dall’altro, nella violazione di principi generali dell’ordinamento in quanto attribuisce al creditore (il Consorzio Unico di Bacino successore dei disciolti Consorzi di Bacino) il potere, non previsto dal vigente ordinamento, di farsi giustizia da sé, accertando la sussistenza del debito del Comune, quantificando lo stesso e nominando una propria longa manus per procedere alla sua esazione coattiva, in luogo delle ordinarie vie giurisdizionali costituite dalla richiesta di decreto ingiuntivo, sussistendone i presupposti, o dalla proposizione al competente giudice ordinario di una domanda di accertamento del diritto di credito e di condanna al pagamento delle somme dovute.
Le censure volte a dedurre l’illegittimità dell’attribuzione del potere in discorso al Gestore del Consorzio e la conseguente illegittimità della nomina del Commissario ad acta, pertanto, sono fondate e sono idonee a determinare la fondatezza del ricorso e, per l’effetto, l’annullamento in parte qua dell’art. 8, co. 4, dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3686/2008 come sostituito dall’art. 4, co. 5, dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3693/2008, nonché l’annullamento del conseguente decreto di nomina del Commissario ad acta.
4. Sussistono giuste ragioni, considerate la peculiarità e la novità delle questioni trattate, per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Prima Sezione di Roma, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 gennaio 2009.
Dott. Giorgio Giovannini Presidente
Dott. Roberto Caponigro Estensore