TAR Toscana Sez. II n. 1348 del 3 novembre 2020
Rifiuti.Applicabilità retroattiva delle disposizioni relative a misure di prevenzione e riparazione contemplate dal d.lgs. 152/2016

Le misure di prevenzione e riparazione contemplate dal d.lgs. 152/2016 devono trovare applicazione anche nei confronti del responsabile di eventi di inquinamento che si siano verificati anteriormente all’entrata in vigore della normativa medesima e del d.lgs. n. 22/1997, e tanto perché l’inquinamento dà luogo ad una situazioni di carattere permanente, che perdura fino a che non ne sono rimosse le cause. In tal modo non si fa applicazione retroattiva della legge la quale, piuttosto, viene applicata ad un fatto rilevato durante la sua vigenza al fine di far cessare gli effetti di una condotta omissiva a carattere permanente. La fattispecie dell’inquinamento non ha carattere istantaneo ma perdurante quanto ai suoi effetti e, pertanto, la normativa successiva al verificarsi della causa del medesimo ben può essere applicata ad una fattispecie rilevata posteriormente, al fine di eliminarne gli effetti.

Pubblicato il 03/11/2020

N. 01348/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00825/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 825 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Edison s.p.a. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Wladimir Francesco Troise Mangoni, Mattia Errico, Alberto Buonfino e Gian Luca Conti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso l’avv. Gian Luca Conti in Firenze, piazza della Repubblica 2;

contro

il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare in persona del Ministro pro tempore e l’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale - I.S.P.R.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato presso la quale sono domiciliati ex lege in Firenze, via degli Arazzieri 4;
l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana - A.R.P.A.T. in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Fabio Ciari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso l’Avvocatura Regionale in Firenze, piazza dell'Unità Italiana 1;

nei confronti

il Comune di Massa in persona del Sindaco pro tempore; la Regione Toscana in persona del Presidente della Giunta pro tempore e la Società Immobiliare Fipa s.r.l. in liquidazione in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituiti;
La Victor s.c. a r.l. e I.Van. Massa s.r.l. in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Francesco Massa e Luca Pietrini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

con il ricorso introduttivo:

- della Nota del Direttore Generale del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare prot. 7542/STA del 12 aprile 2018, notificata il 13 aprile 2018 e ove occorre possa

- del parere di ARPAT, Dipartimento di Massa Carrara del 9 febbraio 2018, acquisito al protocollo MATTM al 3066/STA del 13 febbraio 2018, notificato il 13 aprile 2018;

- del parere di ARPAT, Dipartimento di Massa Carrara del 12 marzo 2018, acquisito al protocollo MATTM al 5274/STA del 13 marzo 2018, notificato il 13 aprile 2018.

con ricorso per motivi aggiunti depositato il 14 maggio 2019:

- della Nota di ARPAT avente a oggetto “Integrazione al parere n. prot. 7005 del 29/01/2019. Contributo istruttorio su «Progetto di intervento sulle acque di falda - Sito ex Farmoplant, Massa» e «Modello numerico di flusso delle acque sotterranee finalizzato alla gestione delle attività di MISE della falda sul SIN Massa» presentato da EDISON”, emanata il 5 marzo 2019, prot. MATTM n. 4408 del 6 marzo 2019, trasmessa alla Ricorrente via PEC in data 12 marzo 2019, nelle parti in cui contempla la realizzazione di n. 9 nuovi piezometri;

- ove occorrer possa, del “Verbale della riunione della Conferenza di Servizi istruttoria convocata ai sensi dell'art. 14, comma 1, legge 7 agosto 1990, n. 241, e s.m.i. presso il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare in data 31 gennaio 2019”, nelle parti in cui fa riferimento alle attività di integrazione della rete piezometrica e di monitoraggio piezometrico, nella misura in cui le predette parti siano interpretabili quali prescrizioni, alla luce della Nota di ARPAT del 5 marzo 2019 sopra richiamata.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana - A.R.P.A.T., e dell’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale - I.S.P.R.A. e delle imprese La Victor s.c. a r.l. e I.Van. Massa s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2020 il dott. Alessandro Cacciari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. L’area cosiddetta “ex-Farmoplant” è un sito già adibito ad attività industriali nel territorio del Comune di Massa, ove fino all’anno 1988 ha operato l’impresa Farmoplant s.p.a., società del gruppo Montedison. Il sito è stato in seguito dismesso e bonificato limitatamente alla destinazione d’uso industriale nell’anno 1995, come da Certificato di Avvenuta Bonifica rilasciato dalla Regione Toscana con Decreto n. 3785/1995. Successivamente l’area è stata oggetto, nell’anno 1991, di un conferimento d’azienda da parte di Farmoplant s.p.a. a favore della Cersam s.r.l., a sua volta fusa per incorporazione nella Come Iniziative Immobiliari s.r.l. che, dopo avere mutato la propria denominazione in Montedison s.r.l., società che svolgeva esclusivamente attività di gestione del patrimonio immobiliare, è stata fusa in Edison s.p.a.

Nell’ambito delle operazioni di bonifica è stato apposto un barrieramento idraulico costituito da sei pozzi, poi gestito da Montedison s.r.l. e collocato a valle idrogeologica rispetto alle possibili fonti di contaminazione localizzate all’interno degli ex siti industriali posti a monte idrogeologico dell’area ex-Farmoplant.

Nell’anno 1999 l’area è stata ricompresa nel Sito di Interesse Nazionale di Massa-Carrara con D.M. 21 dicembre 1999.

Nelle acque captate dalla barriera idraulica furono individuati alcuni analiti i cui valori eccedevano, in taluni casi, quelli di concentrazione soglia di contaminazione (nel seguito: “CSC”) previste dall’ordinamento. Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (nel seguito: “Ministero”), con provvedimenti emanati tra il 2009 e il 2011, ha quindi ordinato all’odierna ricorrente di bonificare l’intera area ex-Farmoplant, attribuendo alla responsabilità dell’allora Montedison s.r.l (ora Edison) le contaminazioni rilevate. I provvedimenti sono stati annullati da questo Tribunale Amministrativo con sentenza 22 aprile 2013, n. 667. L’appello avverso quest’ultima è stato dichiarato improcedibile con sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 13 febbraio 2018 n. 905, avverso la quale l’odierna ricorrente ha proposto ricorso per revocazione che è stato dichiarato inammissibile con sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 gennaio 2019, n. 158.

2. Nelle more, il Ministero ha riattivato l’istruttoria svolgendo due conferenze di servizi, l’una istruttoria e l’altra decisoria, i cui verbali sono stati impugnati avanti a questo Tribunale Amministrativo con ricorso rubricato sub R.g. n 290/2016, poi oggetto di rinuncia.

La Conferenza di Servizi istruttoria del 3 dicembre 2015 ha chiesto alla ricorrente di trasmettere un documento complessivo che dimostrasse l’efficienza dell’attuale barrieramento idraulico. Edison ha trasmesso la relazione con note del 19 gennaio 2016 e del 16 febbraio 2017; la documentazione è stata esaminata dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana (nel seguito: “ARPAT” o “Agenzia”) e dell’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale (nel seguito: “I.S.P.R.A.”) che hanno evidenziato elementi di criticità e carenze nel quadro conoscitivo.

Il Ministero ha infine emanato la nota 12 aprile 2018, prot. 7542, mediante la quale ha ordinato a Edison di presentare, entro sei mesi, un progetto di bonifica delle acque di falda in grado di impedire la diffusione della contaminazione. Nelle more e al fine della presentazione del suddetto progetto di bonifica, chiede a Edison di:

- eseguire, tenendo conto delle osservazioni formulate da ISPRA nonché dall’Agenzia e in accordo con gli Enti di controllo, tutte le attività finalizzate ad integrare/aggiornare il modello concettuale e ad elaborare il modello numerico relativo al flusso di falda in modo da consentire, nei minimi tempi necessari, una compiuta valutazione definitiva dell’efficienza ed efficacia dell’attuale misura di messa in sicurezza costituita dal barrieramento idraulico, e delle eventuali misure di miglioramento del sistema da implementare;

- attuare le ulteriori misure di prevenzione eventualmente necessarie per impedire la diffusione della contaminazione nell’area ex Farmoplant.

Il provvedimento è stato impugnato con ricorso principale, notificato in data 11 giugno 2018 e depositato il 21 giugno 2018, per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.

Si sono costituiti il Ministero, l’ISPRA, Agenzia e le imprese soc. La Victor coop. a r.l. e I.Van. Massa s.r.l. chiedendo l’inammissibilità e, comunque, la reiezione del ricorso nel merito.

Con ordinanza 4 gennaio 2019, n. 1, è stata disposta consulenza tecnica affidando le operazioni al dr. Alexanian Arthur, chimico iscritto all’Albo dei consulenti tecnici del Tribunale di Firenze con specializzazione in inquinamento idrico e atmosferico, ponendo il seguente quesito: “dica il consulente, esaminata la documentazione in atti, se la presenza di sostanze inquinanti nelle acque di falda a monte e a valle del sito industriale nel territorio del Comune di Massa denominato “ex Farmoplant” sia attribuibile alle lavorazioni svolte dall’impresa Farmoplant, e in che percentuale probabilistica”.

3. Nelle more del processo la ricorrente ha attuato le attività finalizzate a elaborare il modello numerico relativo al flusso di falda i cui esiti sono stati trasmessi al Ministero nell’ottobre 2018; quest’ultimo ha allora convocato una conferenza di servizi per il 31 gennaio 2019. È seguita la nota di ARPAT avente ad oggetto “Integrazione al parere n. prot. 7005 del 29/01/2019. Contributo istruttorio su «Progetto di intervento sulle acque di falda -Sito ex Farmoplant, Massa» e «Modello numerico di flusso delle acque sotterranee finalizzato alla gestione delle attività di MISE della falda sul SIN Massa» presentato da Edison”. Il documento è stato trasmesso a Edison con nota ministeriale 8 marzo 2019, n. prot. 4956. Quest’ultima ha riscontrato difformità rispetto alla bozza consegnata nel corso della conferenza dei servizi e oggetto di discussione, in particolare laddove contempla l’installazione di nove nuovi piezometri a suo carico e con note 19 marzo 2019 e 3 maggio 2019 ha quindi opposto proprie osservazioni. Non avendo avuto risposta, ha impugnato la nota di ARPAT con ricorso per motivi aggiunti, notificato in data 10 maggio 2019 e depositato il 14 maggio 2019.

All’udienza del 6 ottobre 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. La presente controversia trae origine dalla nota ministeriale 12 aprile 2018, prot. 7542, con cui è stato disposto nei confronti di Edison di presentare, entro sei mesi, un progetto di bonifica delle acque di falda in grado di impedire la diffusione della contaminazione nell’area ex-Farmoplant. La disposizione ministeriale si basa sui seguenti elementi:

- ARPAT, nel parere 12 febbraio 2018 prot. n. 10606, prende atto della presenza nello stabilimento ex Farmoplant anche del solvente Tetracloroetilene, sostanza che fino ad allora Edison aveva dichiarato assente e di cui invece, nell’ultima relazione, viene spiegato l’utilizzo industriale come prodotto finalizzato al trattamento delle acque di risulta dell’impianto per la produzione del pesticida “Rogor”. Il solvente è stato riscontrato nelle acque di falda soggiacenti nelle aree a valle dell’area ex Farmoplant con concentrazioni superiori a quelle di legge;

- con la sentenza n. 905 del 13 febbraio 2018 il Consiglio di Stato ha stabilito che “avendo Edison rinunciato spontaneamente al ricorso avverso gli atti successivi, ne scaturisce anche la sopravvenuta inoppugnabilità delle statuizioni che accollano nuovamente a Edison la responsabilità ed i conseguenti oneri di bonifica”; pertanto Edison deve essere ritenuta responsabile della contaminazione relativa all’area ex Farmoplant con decisione divenuta inoppugnabile.

Il gravame è articolato in un ricorso principale e in un ricorso per motivi aggiunti.

1.1 Nel ricorso principale, con primo motivo la ricorrente lamenta che il sito ex Farmoplant non contribuirebbe alle contaminazione del terreno con metalli, solventi clorurati, IPA, solfati ed ammoniaca i quali, piuttosto, sono stati rilevati nell’area posta a monte idrogeologico del sito medesimo. La contaminazione da solventi clorurati trarrebbe quindi origine da attività produttive ivi svolte ed i solventi organo clorurati, tra cui il Tetracloroetilene, non sarebbero mai stati prodotti dagli stabilimenti ex Farmoplant. In tali impianti venivano infatti prodotti pesticidi nei cui procedimenti erano impiegati solventi di altro tipo quali toluolo e xilolo, mai rilevati nelle acque di falda. L’imposizione della bonifica, lamenta la ricorrente, contrasterebbe con il principio secondo cui detto obbligo incombe sul responsabile dell’inquinamento.

Con secondo motivo sostiene che l’interpretazione corretta delle disposizioni che impongono obblighi di bonifica sottrae le condotte di contaminazione precedenti all’entrata in vigore del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, tanto a veri e propri oneri di bonifica quanto a profili di responsabilità, poiché una diversa opzione obbligherebbe indiscriminatamente allo svolgimento di attività onerose quali la bonifica di un sito contaminato o il risarcimento del danno un soggetto che abbia tenuto condotte le quali, all’epoca dei fatti, erano lecite. Verrebbe così integrata un’applicazione retroattiva e irragionevole della normativa.

Con terzo motivo la ricorrente deduce che non sarebbe possibile ritenerla obbligata a svolgere eventuali attività di ripristino ambientale nell’area ex-Farmoplant anche in ragione dell’assenza di continuità giuridica tra le imprese Farmoplant ed Edison. Nell’ambito di un conferimento aziendale tra soggetti giuridici differenti l’ordinamento, pur ammettendo un trasferimento di specifici obblighi, escluderebbe invece un trasferimento generalizzato di responsabilità riconducibili al cedente. Laddove la posizione di responsabilità e i conseguenti doveri non siano entrati nel patrimonio giuridico del dante causa, giacché non esistenti nel momento della condotta né in quello della cessione, non potrebbero essere trasferiti in alcun modo per via derivata al cessionario. Con atto stipulato il 20 dicembre 1991 il complesso industriale dismesso è stato ceduto tramite conferimento all’impresa Cersam s.r.l. venendo a costituire una parte del capitale sociale di quest’ultima; capitale che risulta autonomo e distinto da quello della diversa società Farmoplant. Non sarebbe in alcun modo sostenibile che, con l’atto di cessione, Cersam si sia fatta carico anche di doveri e oneri che, non essendo ancora previsti dal nostro ordinamento giuridico (l’obbligo di bonifica dei siti inquinati è entrato a far parte del nostro ordinamento solo con il d.lgs. n. 22/1997), non potevano sussistere nella sfera giuridica della società cedente Farmoplant. Diversamente opinando sarebbe violato il principio “chi inquina paga”.

In memoria finale, con riferimento alle conclusioni della consulenza tecnica disposta, evidenzia che secondo il Consulente “molti siti denotano ancora un quadro di contaminazione che, valutato in termini di parametri e relative concentrazioni, portano necessariamente a spostare la probabilità dell’origine della contaminazione unicamente dalla fonte Farmoplant, come è stato all’inizio, per estenderla anche agli altri siti dell’area di interesse” e che appare impossibile quantificare i singoli contributi. Farmoplant ha utilizzato il Tetracloroetilene per un periodo di tempo molto limitato, dal 1986 al 1988, esclusivamente per il trattamento delle acque. L’allora Capo Reparto dell’impianto Rogor ha dichiarato che “non si sono mai verificati guasti o condizioni di esercizio che possano essere state fonti di dispersione o sversamenti di Percloroetilene nell’ambiente” e di tali dichiarazioni il Consulente ha preso atto.

1.2 Con ricorso per motivi aggiunti è impugnata la nota di ARPAT del 5 marzo 2019, avente ad oggetto “Integrazione al parere n. prot. 7005 del 29/01/2019. Contributo istruttorio su «Progetto di intervento sulle acque di falda -Sito ex Farmoplant, Massa» e «Modello numerico di flusso delle acque sotterranee finalizzato alla gestione delle attività di MISE della falda sul SIN Massa» presentato da Edison”.

Lamenta la ricorrente, con primo motivo, che illegittimamente ARPAT ha contemplato la realizzazione da parte sua di nove nuovi piezometri poiché alcuna disposizione normativa, nazionale o regionale, le attribuirebbe tale potere. In relazione ai procedimenti riguardanti i siti di interesse nazionale l’ordinamento le assegnerebbe funzione di mero supporto al Ministero, che sarebbe unico soggetto competente a condurre istruttorie e ad emanare provvedimenti prescrittivi.

Con secondo motivo ricorda che a seguito della trasmissione di tale nota ha risposto tempestivamente senza ricevere però alcun riscontro: sarebbero quindi state violate le garanzie procedimentali nel caso di specie.

Con terzo motivo, permesso che in sede di conferenza dei servizi era stata convenuta una determinata scansione temporale degli adempimenti e ad essa ricorrente accordata la facoltà di chiedere l’attivazione di un confronto tecnico con ARPAT, lamenta che quest’ultima non abbia attivato alcun confronto: la nota impugnata si porrebbe quindi in contraddizione con quanto previsto nel verbale della conferenza dei servizi del 31 gennaio 2019.

Con quarto motivo ricorda che nell’area attorno al sito ex Farmoplant sono presenti diversi piezometri che sono stati utilizzati in indagini già approvate dal Ministero e in uno studio attualmente in corso condotto dall’impresa Sogesid s.p.a., e in alcuna di tali occasioni è stata ravvisata la necessità di realizzarne di nuovi per completare le analisi. Tale prescrizione si porrebbe in contrasto con il principio di proporzionalità e, inoltre, essendo prevista la loro attivazione esclusivamente all’interno dell’area ex-Farmoplant e non nell’area vasta, non contribuirebbe allo scopo prefissato dalla conferenza dei servizi in merito all’integrazione della rete piezometrica. La nota impugnata sarebbe quindi caratterizzata da irragionevolezza, difetto di motivazione e di istruttoria.

Nell’ipotesi in cui si ritenga che la legittimazione di ARPAT derivi dal verbale della conferenza di servizi del 31 gennaio 2019, viene impugnato anche quest’ultimo per i medesimi motivi sopradescritti.

Con quinto motivo la ricorrente lamenta che imponendo la realizzazione di nove nuovi piezometri, l’Amministrazione avrebbe violato il principio secondo il quale gli oneri di bonifica devono essere posti a carico del responsabile dell’inquinamento. Inoltre, l’attività prescritta costituirebbe un’inutile duplicazione di altre indagini attualmente in corso.

Con sesto motivo la ricorrente deduce che il documento di ARPAT allegato al verbale della conferenza di servizi del 31 gennaio 2019 contemplava soltanto utilizzo dei piezometri esistenti, mentre la nota impugnata ne prevede la realizzazione di nuovi ponendosi così in contraddizione con le risultanze della conferenza.

Con settimo motivo, relativo in specifico al verbale della conferenza dei servizi 31 gennaio 2019, si duole che illegittimamente faccia riferimento alle attività di integrazione della rete piezometrica e di monitoraggio piezometrico, qualora sia interpretabile come atto prescrittivo che abbia legittimato ARPAT a emanare la Nota del 5 marzo 2019 impugnata con motivi aggiunti

1.3 ARPAT eccepisce difetto di legittimazione passiva poiché la sua partecipazione al procedimento relativo alla bonifica del sito in questione sarebbe espressione di attività istruttorie svolte su richiesta dell’Ente pubblico competente all’emanazione del provvedimento finale, concretizzandosi così in una mera attività interna al procedimento e, come tale, priva di contenuto provvedimentale autonomo. L’attività svolta si sarebbe concretizzata in meri accertamenti tecnici per rilevare l’eventuale presenza di agenti inquinanti senza, tuttavia, giungere ad alcuna decisione o attribuzione della responsabilità della contaminazione in capo alla società Edison o ad altri soggetti.

Replica nel merito alle deduzioni della ricorrente; quanto alle risultanze della consulenza tecnica rileva che se è certa la presenza intorno a Farmoplant di varie potenziali sorgenti inquinanti che rende difficile valutare la regressione della contaminazione attribuibile alle lavorazioni da questa svolte, tuttavia i dati confermerebbero che negli anni compresi tra il 1980 e il 1990 essa vi ha contribuito massicciamente.

1.4 La difesa erariale eccepisce l’inammissibilità del primo motivo di doglianza del ricorso principale poiché l’accoglimento della censura determinerebbe la “disapplicazione” della decisione del Consiglio di Stato n. 905/2018, nella parte in cui ha statuito che “avendo Edison rinunciato spontaneamente al ricorso avverso gli atti successivi, ne scaturisce anche la sopravvenuta inoppugnabilità delle statuizioni che accollano nuovamente a Edison la responsabilità ed i conseguenti oneri di bonifica”.

Nel merito, replica alle deduzioni della ricorrente.

1.5 La difesa delle società I.Van. Massa e Soc. Coop. ed. La Victor a r.l. eccepisce inammissibilità del ricorso principale in quanto rivolto avverso una nota ministeriale avente il contenuto di mera diffida a porre in essere determinati adempimenti, da valutare poi in conferenza dei servizi, ed anche del ricorso per motivi aggiunti in quanto rivolto avverso il verbale della conferenza istruttoria del 31 gennaio 2019 che non avrebbe carattere provvedimentale; nell’ipotesi in cui detto verbale contenesse determinazioni lesive per la ricorrente, ebbene il ricorso per motivi aggiunti sarebbe irricevibile in quanto tardivo rispetto al verbale medesimo e inammissibile con riferimento alla nota ARPAT 5 marzo 2019, per mancata impugnazione dell’atto presupposto.

Nel merito replica alle deduzioni della ricorrente. Contesta in particolare le conclusioni raggiunte dal consulente laddove non esclude il contributo causale di altre attività “a monte” dell’insediamento Farmoplant, poiché trascurerebbe documenti e circostanze evidenziate dai consulenti di parte e, peraltro, sarebbe incontestabile l’utilizzazione delle sostanze inquinanti tuttora presenti in falda in misura superiore alle CSC nell’ambito delle attività svolte nello stabilimento ex Farmoplant ed in quelli delle società del gruppo Montedison attivi in sito per molti decenni.

Rileva inoltre che se le conseguenze della consulenza dovessero essere confermate, sarebbe necessaria l’integrazione del contraddittorio con quei soggetti (individuati o facilmente individuabili) destinati a subire gli effetti lesivi della pronuncia quali “responsabili dell’inquinamento”.

Il secondo e il terzo motivo del ricorso principale, poi, sarebbero reiterazione di censure già respinte da questo Tribunale Amministrativo con sentenza sez. II, 22 aprile 2013, n. 667.

2. In via preliminare deve essere esaminata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva formulata ARPAT.

Questa, a norma dell’articolo 3 del proprio statuto, è un ente con personalità giuridica di diritto pubblico, dotato di autonomia tecnico scientifica, amministrativa e contabile e ai sensi del successivo articolo 5 dello stesso svolge attività di controllo ambientale e di supporto scientifico a favore delle pubbliche amministrazioni. In particolare, le attività di supporto scientifico consistono nella formulazione di contributi tecnico istruttori come valutazioni e pareri tecnici, funzionali all’espletamento dei procedimenti amministrativi. Nel caso di specie tuttavia queste attività non si sono limitate ad apporti conoscitivi ma hanno concorso alla formazione dei provvedimenti finali impugnati nella controversia. Le valutazioni di ARPAT sono confluite in essi come elementi costitutivi delle determinazioni finali. In particolare, la sua nota 5 marzo 2019 se pure è rivolta a sole amministrazioni, ovvero il Ministero, la Regione Toscana, il Comune di Massa e l’Azienda USL 1 di Massa Carrara, contiene disposizioni specifiche consistenti nella proposta di incrementare i punti della rete piezometrica nell’area in questione. Tale proposta non si configura come mero contributo istruttorio inteso quale analisi della situazione ambientale, bensì come disposizione con contenuto precettivo nei confronti dell’odierna ricorrente, tant’è che le è stata trasmessa nella sua integralità dal Ministero.

La situazione in esame è diversa da quella di cui alla sentenza di questo Tribunale Amministrativo 15 novembre 2005, n. 6156, citata dalla difesa di ARPAT. In tale circostanza essa aveva svolto mere attività istruttorie nell’ambito del procedimento, mentre nel caso in esame ha partecipato attivamente alla formazione dei provvedimenti finali suggerendo precisi adempimenti che la ricorrente avrebbe dovuto realizzare e partecipando, inoltre, attivamente alle conferenze dei servizi concluse con provvedimenti lesivi per la ricorrente.

La nota di ARPAT del 5 marzo 2019 è stata direttamente assunta dall’Amministrazione competente quale provvedimento finale, a dimostrazione che il contributo dell’Agenzia non si è limitato ad un apporto conoscitivo ma ha indicato direttamente le soluzioni che avrebbero dovuto essere realizzate svolgendo così (anche) un ruolo di amministrazione attiva e concorrendo direttamente alla determinazione dei contenuti dei provvedimenti finali.

L’eccezione deve pertanto essere respinta.

3. Deve essere respinta anche l’eccezione di inammissibilità formulata delle società I.Van. Massa e Soc. Coop. e La Victor a r.l. nei confronti del ricorso principale, poiché la nota ministeriale con lo stesso impugnata non contiene una mera diffida ma un ordine preciso, rivolto alla ricorrente, di presentare entro sei mesi un progetto di bonifica dell’acqua di falda e di eseguire nelle more diverse attività. Non si tratta quindi di mera diffida ma di un atto a contenuto ordinatorio, che impone diversi obblighi alla ricorrente con carattere perciò immediatamente lesivo.

Quanto al ricorso per motivi aggiunti di cui egualmente le controinteressate eccepiscono l’inammissibilità, va rilevato che la nota di ARPAT con lo stesso impugnata si manifesta senz’altro lesiva poiché impone alla ricorrente di realizzare nuovi piezometri. La ricorrente impugna anche il verbale della conferenza di servizi svolta il 31 gennaio 2019 per l’ipotesi in cui venga ritenuto fondamento della potestà esercitata dall’Agenzia, ma questo non contiene disposizioni immediatamente lesive per la ricorrente poiché si conclude con l’indicazione di effettuare un confronto tecnico tra la stessa e gli enti, in particolare ARPAT, per individuare “un idoneo set analitico” (pag. 16) e indica alla stessa Agenzia di trasmettere, entro “pochi giorni”, una nota contenente la proposta di integrazione della rete piezometrica. Al momento quindi di conclusione della conferenza e redazione del verbale non era ancora certo se e quanti piezometri la ricorrente avrebbe dovuto porre in essere; tale elemento è scaturito unicamente dalla nota di ARPAT 5 marzo 2019 la quale quindi rappresenta il vero atto lesivo.

La disposizioni contenute nel verbale della conferenza non erano immediatamente lesive e possono essere divenute tali solo al momento di emanazione della nota di ARPAT impugnata se, ed in quanto, costituenti base per la legittimazione di quest’ultima ad emanarla. L’impugnazione pertanto non è tardiva rispetto al verbale della conferenza di servizi ed è ammissibile rispetto alla nota di ARPAT.

L’eccezione deve quindi essere respinta.

4. La difesa erariale eccepisce l’inammissibilità del primo motivo di doglianza del ricorso principale poiché l’accoglimento della censura determinerebbe la “disapplicazione” della decisione del Consiglio di Stato n. 905/2018, nella parte in cui ha statuito che “avendo Edison rinunciato spontaneamente al ricorso avverso gli atti successivi, ne scaturisce anche la sopravvenuta inoppugnabilità delle statuizioni che accollano nuovamente a Edison la responsabilità ed i conseguenti oneri di bonifica”.

L’eccezione deve essere respinta poiché tale sentenza è pronuncia in rito e la forza del suo giudicato è limitata all’interno del medesimo processo, e non può essere assunta a base di un nuovo processo sullo stesso rapporto giuridico come affermato dallo stesso Consiglio di Stato con la successiva sentenza n. 158/2019.

La sentenza che pronuncia, rectius si limita a pronunciare, sulla sussistenza dei presupposti processuali o delle condizioni dell’azione assume un effetto di giudicato limitato a tale accertamento e, pertanto, non può essere invocata al fine di definire il rapporto giuridico controverso, in particolare con riguardo a controversie relative a nuovi ed autonomi processi, che dovranno essere oggetto di accertamento autonomo.

5. Nel merito, il ricorso principale deve essere respinto.

5.1 La documentazione in atti e, in particolare, quella prodotta da ARPAT evidenzia la presenza nello stabilimento Farmoplant anche del solvente Tetracloroetilene, come prodotto finalizzato al trattamento delle acque di risulta dell’impianto Rogor. Tanto viene rilevato nello studio sulla contaminazione del sito effettuato dall’Agenzia (nota 30 agosto 2017 prot. 59963) il quale conclude per l’esistenza di un inquinamento della falda freatica a monte e a valle della stabilimento derivante da prodotti utilizzati nel sito Montedison-Farmoplant. Si tratta anche di sostanze tio-fosforate riconducibili alla lavorazione del Rogor e di manganese, riscontrate anche a monte dello stabilimento. Come rappresentato nella conferenza di servizi istruttoria del 3 dicembre 2015, il superamento delle CSC è stato rilevato successivamente alla certificazione di avvenuta bonifica rilasciata dalla Regione Toscana.

La consulenza tecnica d’ufficio cui questo Tribunale ha fatto ricorso per verificare la correttezza di tali asserzioni ha accertato che nell’anno 1980, nella falda a valle della Farmoplant, erano presenti i contaminanti manganese, ammoniaca e HS (analisi qualitativa indice di prodotti tipo ditiocarbammati) correlabili alla attività svolta dalla Farmoplant.

Nel 1981 nella falda a monte della Farmoplant erano presenti contaminanti manganese, ammoniaca e HS mentre su alcuni insediamenti a monte, poco oltre il confine nord, vengono ritrovate sostanze riconducibili alla Farmoplant. La consulenza conclude che è riscontrabile un nesso causale tra l’attività svolta dalla Farmoplant e la presenza di inquinanti nella zona, pur non potendo escludersi la responsabilità anche di altre imprese ivi operanti. Quest’ultimo aspetto non rileva nella presente controversia, che ha a oggetto il provvedimento ministeriale con cui è stato imposto a Edison di presentare un progetto di bonifica dell’acqua di falda; è invece dirimente al fine del decidere il fatto che l’attività della Farmoplant ha concorso, quantomeno in parte, a realizzare l’inquinamento della zona.

In questo senso il provvedimento ministeriale impugnato coglie nel segno.

La (cor)responsabilità della ricorrente nella causazione dell’inquinamento appare dimostrata e, pertanto, le asserzioni di ARPAT sono corrette. Il provvedimento ministeriale impugnato non viola dunque il principio secondo il quale “l'obbligo di bonifica è in capo al responsabile dell'inquinamento che le autorità amministrative hanno l'onere di individuare e ricercare” (da ultimo C.d.S. IV, 7 settembre 2020, n. 5372), a prescindere, si ripete, dalla corresponsabilità di altre imprese operanti nella zona che potrà essere oggetto di nuovi e diversi procedimenti amministrativi.

5.2 Anche il secondo motivo deve essere respinto poiché, come già statuito da questa Sezione (TAR Toscana II, 1 febbraio 2016 n. 164), le misure di prevenzione e riparazione contemplate dal d.lgs. 152/2016 devono trovare applicazione anche nei confronti del responsabile di eventi di inquinamento che si siano verificati anteriormente all’entrata in vigore della normativa medesima e del d.lgs. n. 22/1997, e tanto perché l’inquinamento dà luogo ad una situazioni di carattere permanente, che perdura fino a che non ne sono rimosse le cause. In tal modo non si fa applicazione retroattiva della legge la quale, piuttosto, viene applicata ad un fatto rilevato durante la sua vigenza al fine di far cessare gli effetti di una condotta omissiva a carattere permanente.

La fattispecie dell’inquinamento non ha carattere istantaneo ma perdurante quanto ai suoi effetti e, pertanto, la normativa successiva al verificarsi della causa del medesimo ben può essere applicata ad una fattispecie rilevata posteriormente, al fine di eliminarne gli effetti. Sono quindi inconferenti i richiami contenuti nel ricorso al principio di irretroattività della legge, né nell’obbligo di bonifica può rilevarsi una sanzione afflittiva rilevante ai sensi dell’art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali come la ricorrente pretende, poiché esso costituisce piuttosto una misura riparatoria e ripristinatoria dello stato dei luoghi conseguente alla commissione di un illecito.

5.3 Anche il terzo motivo deve essere respinto poiché la sentenza di questo Tribunale Amministrativo n. 667/2013 ha statuito che non sussistono ostacoli a considerare la Montedison s.r.l., ed oggi la Edison s.p.a., come sostanziali successori/continuatori della Farmoplant s.p.a. e, come tali, soggetti agli obblighi di bonifica derivanti dall’attività inquinante svolta dalla dante causa.

6. Quanto al ricorso per motivi aggiunti, risulta dal verbale della conferenza dei servizi svolta il 31 gennaio 2019 che era stato deliberato lo svolgimento di un confronto tecnico in ordine al potenziamento della rete piezometrica. Tale verbale non prevedeva invece l’emanazione di alcun provvedimento con contenuto immediatamente dispositivo in proposito; a pagina 17 stabiliva invece, a chiare lettere, che ARPAT avrebbe trasmesso una nota con una proposta di potenziamento della rete e la ricorrente avrebbe poi formulato le proprie osservazioni con eventuale richiesta di un confronto.

Il confronto non è stato effettuato, nonostante la richiesta in tal senso formulata dalla ricorrente dopo il ricevimento della nota impugnata con atto per motivi aggiunti. In tal modo sono state violate le disposizioni procedimentali stabilite dalla suddetta conferenza e, inoltre, sono state violate le garanzie partecipative in quanto la decisione risulta assunta autonomamente senza una verifica con la ricorrente che pure era stata richiesta.

Il provvedimento impugnato con motivi aggiunti, poi, contrariamente a quanto asserito dalla difesa delle controinteressate risulta già definito in ordine all’obbligo, accollato alla ricorrente, di installare nove nuovi piezometri ed è pertanto immediatamente lesivo.

Per tali ragioni il ricorso per motivi aggiunti deve essere accolto, con annullamento della nota ARPAT 5 marzo 2019; l’annullamento non si estende al verbale della conferenza di servizi del 31 gennaio 2019 che non viene in rilievo, nella presente decisione, quale atto presupposto. Le restanti censure vengono assorbite.

7. In conclusione, per i motivi sopra evidenziati il ricorso principale deve essere respinto mentre deve essere accolto il ricorso per motivi aggiunti, con annullamento della nota di ARPAT con lo stesso impugnata.

Le spese processuali vengono compensate in ragione della novità e della complessità delle questioni affrontate.

Il Consulente tecnico d’ufficio ha depositato richiesta di liquidazione per l’importo di € 22.181,04 oltre spese ed accessori di legge. Ritenuto di applicare, per la determinazione dell’onorario, i criteri di cui all’articolo 1 del d.m. 30 maggio 2002 commisurandolo al tempo necessario per lo svolgimento dell’incarico con aumento fino al doppio, come richiesto dal Consulente, in ragione della complessità dell’incarico, si ritiene congrua la richiesta. Il relativo importo è posto a carico, in parti eguali, di Edison, del Ministero, delle controinteressate e di ARPAT, costituiti debitori in solido.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, respinge il ricorso principale e accoglie il ricorso per motivi aggiunti, e per l’effetto annulla la nota di ARPAT del 5 marzo 2019.

Spese compensate.

Condanna in solido Edison, il Ministero, le controinteressate e ARPAT al pagamento delle spese per la consulenza tecnica d’ufficio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2020 con l'intervento dei magistrati:

Rosaria Trizzino, Presidente

Alessandro Cacciari, Consigliere, Estensore

Nicola Fenicia, Primo Referendario