TAR Umbria SEz. I n. 416 del 24 luglio 2010
Rifiuti. Indagini sulla contaminazione di un sito

Appare evidente che se la legge prevede che l’indagine preliminare sulla contaminazione di un sito venga effettuata entro certi termini, e se i risultati (correttamente ottenuti) di detta indagine attestano l’esistenza dei presupposti per l’obbligo di presentare il piano di caratterizzazione del sito inquinato, non sia necessario procedere ad un riesame, concedere al responsabile dell’evento inquinante una sorta di seconda chance, che si tradurrebbe in una disapplicazione del principio comunitario del “Chi inquina paga”, e della disciplina nazionale che ne ha stabilito tempi e modalità attuative, e comporterebbe un aggravamento del rischio di danno per l’ambiente. Anche nella prospettiva del giudizio di ragionevolezza di una disciplina legislativa che prevede termini e passaggi procedimentali cogenti (escludendo, quindi, un diritto del responsabile a riesami o verifiche supplementari), va considerato che l’effettuazione di un piano di caratterizzazione ha un costo che appare evidentemente sostenibile, a fronte del rischio e del possibile danno che deriverebbe da un ritardo nell’avanzamento del procedimento finalizzato alla (eventuale) bonifica del sito contaminato.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 00416/2010 REG.SEN.
N. 00004/2010 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria

(Sezione Prima)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 4 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Beyfin S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv.ti Massimiliano Manna e Marco Orsenigo, con domicilio eletto presso Massimiliano Manna in Perugia, via Bruschi, 3;


contro


- Comune di Giano dell'Umbria;
- Provincia di Perugia, rappresentata e difesa dagli avv. Massimo Minciaroni e Chiara Valentini, con domicilio eletto presso Massimo Minciaroni in Perugia, via Palermo, 106;

nei confronti di

- Regione Umbria;
- Asl n. 3 - Foligno;
- Agenzia Regionale Protezione Ambiente (ARPA) - Umbria, rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Tarantini, con domicilio eletto presso Giovanni Tarantini in Perugia, via Baglioni, 10;

per l'annullamento

- dell'ordinanza n. 5 del 23 ottobre 2009 con la quale la Provincia di Perugia ha disposto l'esecuzione del Piano di Caratterizzazione di cui all'art. 242, comma 3, del d.lgs. 152/2006 e s.m.i., nonchè di tutti gli atti presupposti e consequenziali, se ed in quanto lesivi;

- della nota della Provincia di Perugia prot. U-0140628 in data 23 marzo 2010 (motivi aggiunti);


Visto il ricorso ed il ricorso per motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Perugia e della Agenzia Regionale Protezione Ambiente (ARPA) - Umbria;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 maggio 2010 il dott. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO


1. La società ricorrente è affittuaria di un impianto di distribuzione carburanti sito in Giano dell’Umbria, località Casa Naticchia.

In data 2 ottobre 2008 ha comunicato alle amministrazioni competenti il pericolo di inquinamento accidentale del suolo derivante dalla fuoriuscita di circa 9.500 litri di benzina dal serbatoio interrato di detto impianto.

Il serbatoio forato è stato messo in sicurezza mediante vetrificazione.

La Provincia di Perugia ha avviato il procedimento volto alla identificazione del responsabile, al fine di dar corso agli interventi previsti dal d.lgs. 152/2006.

All’esito dell’indagine, con ordinanza n. 4 in data 4 giugno 2009, ha individuato nella società ricorrente e nel gestore dell’impianto i responsabili dell’evento, ed ha ordinato loro di effettuare, nelle zone interessate alla contaminazione, “un’indagine preliminare sui parametri oggetto dell’inquinamento”, ai sensi dell’articolo 242, comma 2, del d.lgs. 152/2006.

2. Sono stati quindi prelevati dei campioni del terreno, le cui analisi hanno però avuto esiti differenti. Infatti, nella relazione tecnica (del geologo Crocetti, che si è avvalso delle analisi chimiche e microbiologiche effettuate dalla Azienda Ambientale di Pubblico Servizio S.p.a. di Livorno) acquisita dalla ricorrente, si legge che “i valori registrati rientrano ampiamente all’interno dei limiti di accettabilità delle CSC” (Concentrazioni Soglia di Contaminazione, di cui al d.lgs. 152/2006) – ciò che consentirebbe di limitare l’onere dei “responsabili” al ripristino della zona contaminata. Invece, le (contro)analisi effettuate dall’A.R.P.A. Umbria, convenzionata con la Provincia di Perugia (ai sensi dell’articolo 197, comma 2, del d.lgs. 152/2006), hanno riscontrato un superamento delle CSC oltre i limiti di accettabilità previsti dalla legge (con riferimento al parametro BTEX – un idrocarburo c.d. leggero - in corrispondenza del sondaggio S2).

Conseguentemente, la Provincia di Perugia, con nota prot. U-0501396 in data 25 settembre 2009 (ricevuta in data 1° ottobre 2009), ha comunicato alla ricorrente l’avvio del procedimento volto alla presentazione del “piano di caratterizzazione”, secondo quanto previsto dall’articolo 242, comma 3, del d.lgs. 152/2006.

La ricorrente, dopo aver chiesto (in data 7 ottobre 2009) ed ottenuto (via fax, soltanto in data 19 ottobre 2009) l’accesso agli atti, con nota in data 28 ottobre 2009 ha osservato che la differenza dei risultati poteva essere ricondotta alle diverse metodologie di analisi utilizzate (e che quella utilizzata dai tecnici da essa incaricati conduceva a risultati più precisi).

Nel frattempo, la Provincia di Perugia, con ordinanza n. 5 in data 23 ottobre 2009, ha disposto che i suddetti “responsabili” presentino il Piano di Caratterizzazione.

3. La ricorrente, con il ricorso introduttivo, impugna detto provvedimento.

3.1. Lamenta anzitutto la violazione dell’articolo 7 della legge 241/1990 e dei principi di efficienza e buon andamento della p.a., in quanto al momento dell’adozione dell’ordinanza doveva ritenersi ancora pendente il termine per la partecipazione.

Infatti, ancorché la nota prot. U-0501396 prevedesse un termine di 15 giorni, la decorrenza di tale termine non poteva che iniziare dal momento in cui la ricorrente ha potuto accedere agli atti del procedimento, con la conseguenza che la presentazione delle osservazioni è tempestiva e la Provincia avrebbe dovuto tenerne conto.

Peraltro, a dire della ricorrente, il termine di 15 giorni concesso dalla Provincia è eccessivamente breve, alla luce della complessità tecnica delle questioni.

3.2. Sono poi viziati gli stessi presupposti.

Con le osservazioni tecniche presentate, la ricorrente ha chiarito che le metodologie e gli strumenti di analisi utilizzati nel caso delle analisi in questione, portano allo stesso risultato soltanto se le indagini riguardano campioni standardizzati, mentre utilizzando c.d. campioni reali (com’è avvenuto nel caso in esame) i risultati possono essere differenti.

Tuttavia, le analisi effettuate dalla A.AM.P.S. sono state effettuate con strumentazione GC/MS (vale a dire, mediante gascromatografia e spettrometria di massa), più sofisticata e quindi più precisa della strumentazione GC/FID (gas cromatografia con rivelatore a ionizzazione di fiamma) utilizzata dall’A.R.P.A., e quindi la Provincia avrebbe dovuto basare le proprie valutazioni sulle prime.

4. Si sono costituite in giudizio e controdeducono puntualmente, la Provincia di Perugia e l’A.R.P.A. Umbria.

In particolare, l’A.R.P.A. ha evidenziato che le proprie analisi sono state effettuate sia col metodo GC/FID, sia col metodo GC/MS, e che in entrambi i casi (per il campione 4286) è risultato il superamento dei limiti per il parametro suddetto.

5. Con nota prot. U-0140628 in data 23 marzo 2010, la Provincia di Perugia ha sollecitato l’esecuzione della precedente ordinanza entro il termine di quindici giorni, anche sottolineando che la ricorrente, nell’ambito della fase cautelare del presente giudizio, avrebbe “implicitamente rinunciato alla richiesta di sospensione del provvedimento”.

6. La ricorrente ha impugnato la nota prot. U-0140628 mediante motivi aggiunti.

6.1. Sostiene che la predetta interpretazione della sua condotta processuale è erronea, in quanto si è semplicemente trattato di abbinare la tutelare cautelare alla decisione di merito.

6.2. Inoltre - tenuto conto della incertezza sull’effettiva esistenza della contaminazione e del fatto che, anche prendendo a riferimento le analisi dell’A.R.P.A., un solo parametro non rispetterebbe i limiti tabellari e per un valore di poco superiore a quello massimo tollerabile - contesta che vi sia l’urgenza di provvedere sottesa al nuovo provvedimento.

6.3. Infine, alla luce delle deduzioni e della documentazione presentate dall’A.R.P.A. in giudizio, sostiene che le relative analisi siano viziate da gravi errori metodologici. Infatti, la curva di calibrazione delle analisi risulterebbe effettuata a ben sei giorni di distanza dall’esecuzione delle analisi, mentre è necessario che venga effettuata lo stesso giorno, o anche più volte in un giorno qualora le analisi da eseguire siano numerose. Inoltre, nelle analisi, risulterebbe omessa l’indicazione dei passaggi che portano al risultato finale, così non potendosi verificare l’esattezza dei calcoli eseguiti dall’analista per determinare i quantitativi di inquinanti presenti nel campione esaminato.

Ciò, in definitiva, minerebbe l’attendibilità dei risultati, e spiegherebbe la discordanza rispetto a quelli ottenuti dall’A.AM.P.S.

7. La ricorrente chiede anche che venga disposta consulenza tecnica per accertare il superamento delle CSC nel terreno.

8. Il ricorso è infondato e deve pertanto essere respinto.

8.1. Il termine di partecipazione non può ritenersi troppo breve, tenuto anche conto che per la presentazione del piano di caratterizzazione, l’articolo 242, comma 3, del d.lgs. 152/2006, prevede un termine di trenta giorni.

Un pieno confronto procedimentale tra le parti risulta comunque avvenuto (cfr. anche le note della ricorrente in data 28 ottobre 2009 e 30 ottobre 2009, e la risposta della Provincia prot. U-0613828 in data 25 novembre 2009), ma soltanto dopo l’adozione dell’ordinanza n. 5/2009 e quindi nella prospettiva di una sua riforma in via di autotutela.

In ogni caso, per garantirsi un’utile partecipazione preventiva, la ricorrente avrebbe tuttavia potuto chiedere tempestivamente una proroga del termine, sottolineando eventuali difficoltà o esigenze conoscitive strumentali alla presentazione di osservazioni (così come era accaduto in relazione all’esecuzione della precedente ordinanza n. 4/2009), ma non l’ha fatto.

Peraltro, l’esame delle censure concernenti i presupposti sostanziali del provvedimento impugnato dimostra (come si dirà nel prosieguo) che, trattandosi di provvedimento vincolato ai risultati di un accertamento tecnico, dovrebbe comunque trovare applicazione l’articolo 21-octies della legge 241/1990.

8.2. Sotto il profilo dei presupposti sostanziali del provvedimento impugnato, non è controverso che sia stata applicato l’articolo 242, del d.lgs. 152/2006, per quanto concerne la rilevanza del superamento delle CSC anche per un solo parametro (ed in riferimento ad un solo campione), e per quanto concerne le conseguenze (obbligo di presentazione del piano di caratterizzazione del sito) di un simile presupposto.

Come non è controverso che i campioni di terreno siano stati prelevati in contraddittorio, divisi in due aliquote a disposizione delle parti (come previsto dall’allegato II della Parte IV del Titolo V, del d.lgs. 152/2006), e che entrambe le metodologie di analisi praticate sui campioni risultino ammissibili e corrette, sulla base della conoscenze tecnico-scientifiche e della normativa.

In giudizio è stato anche chiarito (risulta dalla relazione tecnica dell’A.R.P.A., a pag. 2, e dai rapporti delle analisi; ma la ricorrente stessa ne dà atto, spostando, nei motivi aggiunti, l’oggetto delle proprie censure) che non vi è stata diversità di metodologie, poiché l’A.R.P.A. (per avere risultati più attendibili, ed in conformità ai protocolli elaborati dall’I.S.P.R.A. – istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – a livello nazionale) ha effettuato le analisi sia con la metodologia CG/FID che con la metodologia CG/MS purge & trap (come esposto, utilizzata dal laboratorio cui si è rivolta la ricorrente).

Cade così, a prescindere da ogni valutazione sull’effettiva maggiore precisione ed attendibilità di una metodologia rispetto all’altra (cfr. le affermazioni del prof. Frediani in data 20 novembre 2009, depositate dalla ricorrente; a diverse conclusioni giunge l’A.R.P.A. con la nota prot. 0022892 in data 10 novembre 2009 e la relazione tecnica ad essa allegata), il secondo ordine di censure.

8.3. Quanto ai pretesi errori metodologici prospettati con i motivi aggiunti, l’A.R.P.A. eccepisce che in realtà l’ultima calibratura (o calibrazione) degli strumenti è stata sempre effettuata pochi minuti prima dell’esecuzione delle analisi; ed in effetti, ciò sembra trarre conferma dal raffronto del tempo dell’ultima calibratura (“last calibration”) e di quello dell’effettuazione dell’analisi (“calculation date”) risultanti dai rapporti di prova versati in atti, mentre non rileva il tempo di acquisizione del campione “acquisition date”; in particolare, per quanto concerne il campione n. 4286, che ha dato luogo al riscontro del superamento delle CSC, risulta (cfr. rapporto RP-2009-5299, doc. n. 3 della produzione A.R.P.A.) che la calibratura è stata effettuata alle ore 16.42 del 13 luglio 2009, l’analisi alle ore 16.53 dello stesso giorno, mentre il campione era stato acquisito in data 7 luglio 2009.

Del tutto generica è poi l’ulteriore censura della ricorrente, secondo la quale mancherebbe l’indicazione dei passaggi del procedimento di analisi, non essendo indicato quale operazione sarebbe stata omessa o non adeguatamente registrata (trattandosi peraltro di attività routinarie, svolte sulla base di protocolli e prassi operative da parte di soggetti necessariamente in possesso delle professionalità richieste dalla legge).

8.4. Dunque, le operazioni di analisi si sottraggono alle censure dedotte. Per questo motivo, il Collegio ritiene di non poter accedere alla richiesta di disporre una consulenza tecnica d’ufficio.

Infatti, ciò comporterebbe nuove indagini preliminari su nuovi campioni del terreno, che ben potrebbero avere (anche se condotte mediante l’applicazione delle medesime metodologie già utilizzate) risultati diversi da quelli precedentemente ottenuti, ma non per questo inficierebbero la correttezza tecnico-scientifica di detti risultati, e soprattutto non potrebbero fornire elementi rilevanti ai fini del presente giudizio di legittimità. E comunque, la rinnovazione (più che ripetizione) delle indagini non fornirebbe risultati pienamente confrontabili con i precedenti, poiché: a) il prelievo del campione non si potrebbe effettuare nello stesso punto esatto del precedente; b) il campione non sarebbe comunque omogeneo al precedente; c) il tempo trascorso condurrebbe ragionevolmente ad una diluizione della concentrazione dell’inquinante del terreno, e quindi ad un risultato diverso (probabilmente, più rassicurante) del precedente.

Peraltro, anche senza considerare gli effetti inesorabili del tempo (già Eraclito insegnava che “Non si può discendere due volte nel medesimo fiume …”), appare evidente che se la legge prevede che l’indagine preliminare sulla contaminazione venga effettuata entro certi termini, e se i risultati (correttamente ottenuti) di detta indagine attestano l’esistenza dei presupposti per l’obbligo di presentare il piano di caratterizzazione del sito inquinato, non sia necessario procedere ad un riesame, concedere al responsabile dell’evento inquinante una sorta di seconda chance, che si tradurrebbe in una disapplicazione del principio comunitario del “Chi inquina paga”, e della disciplina nazionale che ne ha stabilito tempi e modalità attuative, e comporterebbe un aggravamento del rischio di danno per l’ambiente.

Anche nella prospettiva del giudizio di ragionevolezza di una disciplina legislativa che prevede termini e passaggi procedimentali cogenti (escludendo, quindi, un diritto del responsabile a riesami o verifiche supplementari), va considerato che l’effettuazione di un piano di caratterizzazione ha un costo (nel caso in esame, secondo quanto affermato dalla Provincia) di qualche migliaio di euro; che appare evidentemente sostenibile, a fronte del rischio e del possibile danno che deriverebbe da un ritardo nell’avanzamento del procedimento finalizzato alla (eventuale) bonifica del sito contaminato.

8.5. Resta da aggiungere che l’urgenza del provvedere, vertendosi in tema di inquinamento del suolo e di adempimenti finalizzati alla verifica della necessità di procedere ad un intervento di bonifica, è insita nel potere esercitato.

Pertanto, non sembra contestabile l’urgenza che ha indotto la Provincia ad adottare il provvedimento impugnato con i motivi aggiunti.

8.6. Appare infine evidente come le interpretazioni delle parti sul c.d. abbinamento della tutela cautelare al merito non rilevano ai fini della legittimità dei provvedimenti impugnati (ma rileverebbero, eventualmente, ai fini della pronuncia demandata al Collegio).

9. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.


P.Q.M.


Respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna la società ricorrente al pagamento della somma di euro 3.000,00 (tremila/00) in favore di ciascuna delle due controparti costituite, per spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 26 maggio 2010 con l'intervento dei Magistrati:

Pier Giorgio Lignani, Presidente
Carlo Luigi Cardoni, Consigliere
Pierfrancesco Ungari, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/07/2010