La gestione dei rifiuti inerti, passato, presente e futuro

di Mauro SANNA

pubblicato su unaltroambiente.it. si ringraziano Autore ed Editore.

La recente normativa dettata dal Decreto 27 settembre 2022, n. 152, ha definito ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il regolamento che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto per rifiuti inerti da costruzione e demolizione e di altri rifiuti inerti di origine minerale.

La nuova normativa, nello stabilire le modalità da adottare per la gestione dei rifiuti solidi delle attività di costruzione e demolizione, con l’articolo 2, primo comma, lett. c), ha anche introdotto una nuova definizione di «rifiuto inerte» rispetto a quella prevista dalla normativa precedente ed ha innovato le condizioni che permettono che un materiale recuperato da tali rifiuti, come «aggregato recuperato», cessi di essere classificato come rifiuto.

La normativa precedente

I rifiuti inerti

Per il passato, per rinvenire la definizione di «rifiuto inerte» bisogna rifarsi a due specifiche normative: la Delibera CITAI del 27.7.84 ed il Decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36.

La Delibera CITAI del 27.7.84, al paragrafo 4.2.3.1, nel definire i rifiuti ammissibili nelle discariche di rifiuti inerti, denominate come Discariche di Tipo A, definisce quali siano quelli da qualificare come tali:

… Sono impianti di stoccaggio definitivo nei quali possono essere smaltiti soltanto i rifiuti inerti di seguito elencati:

– sfridi di materiali da costruzione e materiali provenienti da demolizioni, costruzioni e scavi;

– materiali ceramici cotti;

– vetri di tutti i tipi;

– rocce e materiali litoidi da costruzione.

Il Decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36: Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti, nella versione integrata e modificata dal Dlgs 3 settembre 2020, n. 121: Attuazione direttiva 2018/850 che modifica la Direttiva 1999/31/CE, all’art 2 lett. e) definisce come «rifiuti inerti»: i rifiuti solidi che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa; i rifiuti inerti non si dissolvono, non bruciano né sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili e, in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana. La tendenza a dar luogo a percolati e la percentuale inquinante globale dei rifiuti nonché l’ecotossicità dei percolati devono essere trascurabili e, in particolare, non danneggiare la qualità delle acque, superficiali e sotterranee;

Sempre per il passato, altri riferimenti per definire i rifiuti inerti ed in particolare i rifiuti di demolizione possono essere rintracciati nella normativa comunitaria, di seguito ricordata.

La Direttiva 1999/31/CE all’art.2 lett. e) definisce «rifiuti inerti»: i rifiuti che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa. I rifiuti inerti non si dissolvono, non bruciano né sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili e, in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana. La tendenza a dar luogo a colaticci e la percentuale inquinante globale dei rifiuti nonché l’ecotossicità dei colaticci devono essere trascurabili e, in particolare, non danneggiare la qualità delle acque superficiali e/o freatiche.

La Direttiva (UE) 2018/851 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 maggio 2018 che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti, si limita a definire i «rifiuti da costruzione e demolizione»: rifiuti prodotti dalle attività di costruzione e demolizione.

Tale definizione viene però ampliata dal contenuto dell’undicesimo considerando della direttiva che prevede:

Sebbene la definizione di «rifiuti da costruzione e demolizione» si riferisca ai rifiuti risultanti da attività di costruzione e demolizione in senso generale, essa comprende anche i rifiuti derivanti da attività secondarie di costruzione e demolizione fai da te effettuate nell’ambito del nucleo familiare. I rifiuti da costruzione e demolizione dovrebbero essere intesi come corrispondenti ai tipi di rifiuti di cui al capitolo 17 dell’elenco di rifiuti stabilito dalla decisione 2014/955/UE nella versione in vigore il 4 luglio 2018.

La normativa attuale

A partire dal 4 novembre 2022 la normativa vigente in materia di recupero di rifiuti inerti è quella stabilita dal Decreto 27 settembre 2022, n. 152 che definisce sia cosa si debba intendere per rifiuto inerte sia quali siano i materiali previsti che possono essere ottenuti dal recupero dei rifiuti inerti per i quali cessi la qualifica di rifiuto.

I rifiuti inerti

L’articolo 2, primo comma, lett. c), del nuovo regolamento stabilisce che per «rifiuti inerti» sono da considerare: i rifiuti solidi dalle attività di costruzione e demolizione e altri rifiuti inerti di origine minerale che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa; i rifiuti inerti non si dissolvono, non bruciano né sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili e, in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana.

Tale definizione individua perciò i rifiuti inerti sia sulla base della loro origine che sulla base delle caratteristiche fisiche chimiche o biologiche.

Sono inclusi per origine esclusivamente i rifiuti derivanti dalle attività di costruzione e demolizione definiti dall’articolo 2, primo comma, alla lett. a):

«rifiuti inerti dalle attività di costruzione e demolizione»: i rifiuti derivanti dalle operazioni di costruzione e demolizione identificati al capitolo 17 dell’elenco europeo dei rifiuti di cui alla decisione della Commissione2000/532/CE del 3 maggio 2000, e indicati al punto 1 della tabella 1 dell’Allegato 1 del regolamento.

1. Rifiuti inerti dalle attività di costruzione e di demolizione (Capitolo 17 dell’elenco europeo dei rifiuti)

170101 Cemento

170102 Mattoni

170103 Mattonelle e ceramiche

170107 Miscugli o scorie di cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche, diverse da quelle di cui alla voce 170106

170302 Miscele bituminose diverse da quelle di cui alla voce 170301

170504 Terre e rocce da scavo, diverse da quelle di cui alla voce 170503

170508 Pietrisco per massicciate ferroviarie, diverso da quello di cui alla voce 170507

170904 Rifiuti misti dell’attività di costruzione e demolizione, diversi da quelli di cui alle voci 170901, 170902 e 170903

I rifiuti inerti di origine minerale sono definiti dall’articolo 2, primo comma, lett. b):

«altri rifiuti inerti di origine minerale»: i rifiuti non appartenenti al capitolo 17 dell’elenco europeo dei rifiuti di cui alla decisione della Commissione 2000/532/CE e indicati al punto 2 della tabella 1 dell’Allegato 1 al regolamento.

2. Altri rifiuti inerti di origine minerale (non appartenenti al Capitolo 17 dell’elenco europeo dei rifiuti)

010408 Scarti di ghiaia e pietrisco, diversi da quelli di cui alla voce 010407

010409 Scarti di sabbia e argilla

010410 Polveri e residui affini, diversi da quelli di cui alla voce 010407

010413 Rifiuti prodotti dal taglio e dalla segagione della pietra, diversi da quelli di cui alla voce 010407

101201 Residui di miscela di preparazione non sottoposti a trattamento termico

101206 Stampi di scarto costituiti esclusivamente da sfridi e scarti di prodotti ceramici crudi smaltati e cotti o da sfridi di laterizio cotto e argilla espansa eventualmente ricoperti con smalto crudo in concentrazione <10% in peso

101208 Scarti di ceramica, mattoni, mattonelle e materiali da costruzione (sottoposti a trattamento termico)

101311 Rifiuti della produzione di materiali compositi a base di cemento, diversi da quelli di cui alle voci 101309 e 101310

120117 Residui di materiale di sabbiatura, diversi da quelli di cui alla voce 120116 costituiti esclusivamente da sabbie abrasive di scarto

191209 Minerali (ad esempio, sabbia, rocce)

La definizione del Decreto 27 settembre 2022, n. 152, a differenza di quella precedente, che poneva una particolare enfasi sul fatto che il percolato prodotto da un rifiuto inerte fosse trascurabile sia per quanto riguarda la sua quantità sia per gli effetti inquinanti che esso poteva produrre, dimentica completamente questa specifica capacità di inquinare di un rifiuto.

D’altra parte si deve ricordare in proposito che anche la direttiva 1999/31/CE all’art.2 lett. e) definisce e) «rifiuti inerti»: i rifiuti che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa. I rifiuti inerti non si dissolvono, non bruciano né sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili e, in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana. La tendenza a dar luogo a colaticci e la percentuale inquinante globale dei rifiuti nonché l’ecotossicità dei colaticci devono essere trascurabili e, in particolare, non danneggiare la qualità delle acque superficiali e/o freatiche.

Nessuna reale prescrizione è invece prevista dal nuovo regolamento per la gestione dei materiali di demolizione fin dalla loro origine, cioè nel momento in cui sono prodotti, infatti ci si limita a prevedere genericamente che: In via preferenziale, i rifiuti ammessi alla produzione di aggregati recuperati provengono da manufatti sottoposti a demolizione selettiva, e prevedendo come cautela relativamente alla loro origine soltanto la non ammissibilità alla produzione di aggregato recuperato dei rifiuti delle attività di costruzione e di demolizione abbandonati o sotterrati.

Anche per quanto riguarda la caratterizzazione chimica dei rifiuti destinati alla produzione di aggregato solo marginalmente è previsto lo svolgimento di controlli supplementari, anche analitici, a campione ovvero ogniqualvolta l’analisi della documentazione o il controllo visivo indichi tale necessità.

Non si evidenzia perciò che cinque dei rifiuti previsti dal punto 2 della tabella 1 dell’Allegato 1 al decreto, considerati idonei alla produzione di aggregato, sono classificati con codici speculari, e quindi per stabilire la loro ammissibilità al recupero sarà necessario conoscere la loro composizione per verificare se essi contengano o meno sostanze pericolose che li facciano classificare come rifiuti pericolosi, condizione che li escluderebbe dalla possibilità di essere recuperati mediante produzione di aggregato.

A riguardo infatti è previsto solo genericamente che il produttore dell’aggregato recuperato deve dotarsi di un sistema per il controllo di accettazione dei rifiuti atto a verificare che gli stessi corrispondano alle caratteristiche previste dal presente regolamento.

Molti dei rifiuti di cui è possibile il recupero sono quelli per i quali il recupero era già previsto espressamente dal DM 5.2.98, ma i vincoli stabiliti dal DM 5.2.98 risultano più restrittivi rispetto a quelli previsti dal nuovo decreto.

A questo proposito basta comparare quali siano i parametri da controllare ed i limiti di concentrazione stabiliti per essi sia nel rifiuto tal quale che nell’eluato prodotto nel test di lisciviazione effettuato sul rifiuto ammesso al recupero.

Considerato quanto prescritto dalla nuova normativa, per quanto sopra evidenziato, la nozione di «rifiuto inerte» nel suo complesso viene perciò ad essere notevolmente ampliata rispetto a quella prevista in precedenza dalla normativa.

Diverso discorso vale invece per il materiale recuperato, costituito dall’aggregato, per il quale, per essere considerato non più soggetto alla normativa sui rifiuti, sono previsti vincoli più restrittivi rispetto a quelli previsti per esso in passato.

Il materiale recuperato

Per quanto riguarda i materiali che sulla base del Decreto 27 settembre 2022, n. 152 possono essere ottenuti dal recupero dei rifiuti inerti, per i quali cessi la qualifica di rifiuto, essi sono individuati esclusivamente dall’art. 2 comma 1 lett. d) come «aggregato recuperato»: i rifiuti di cui alle lettere a) e b) che hanno cessato di essere tali a seguito di una o più operazioni di recupero nel rispetto delle condizioni di cui all’articolo 184ter, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006, e delle disposizioni del presente regolamento; quando tale materiale risulti conforme ai criteri previsti dall’Allegato 1 del decreto.

Il decreto prevede che l’aggregato possa essere prodotto solo alle seguenti condizioni:

a) siano utilizzati per la sua produzione esclusivamente i rifiuti elencati dal decreto;

b) i rifiuti utilizzati siano sottoposti prima del recupero alle verifiche previste dal decreto;

c) il recupero dei rifiuti avvenga almeno mediante le lavorazioni elencate nel decreto e l’aggregato prodotto sia posto in deposito presso il produttore in modo adeguato;

d) l’aggregato recuperato possegga determinati requisiti di qualità per cui per ogni lotto di aggregato recuperato sia garantito il rispetto dei limiti previsti per i parametri stabiliti dalla tabella 2 del decreto e l’eluato del test di cessione effettuato sull’aggregato recuperato presenti concentrazioni inferiori ai limiti fissati dalla tabella 3 del decreto;

e) l’aggregato prodotto risulti conforme alle norme tecniche di riferimento da rispettare per l’attribuzione della marcatura CE, riportate nella tabella 4.

Gli aggregati che risultano conformi alle suddette prescrizioni dell’allegato 1 potranno comunque essere impiegati esclusivamente e specificatamente solo per gli utilizzi elencati nella tabella 5 dell’allegato 2 del decreto.

Comparando le prescrizioni previste dal nuovo regolamento per attuare il recupero dei rifiuti inerti, rispetto a quelle in vigore in passato, esse, come detto, risultano più restrittive.

Infatti il materiale recuperato per non essere più considerato soggetto alla normativa sui rifiuti deve rispettare sia i limiti previsti per le caratteristiche del prodotto tal quale (tabella 2 del decreto) che quelli stabiliti per le concentrazioni di inquinanti presenti nell’eluato ottenuto nel test di cessione effettuato sull’aggregato recuperato (tabella 3 del decreto).

Il recupero in regime di procedure semplificate

L’articolo 8 comma 1 del regolamento, per il soggetto che effettua la produzione di aggregato svolgendo l’operazione di recupero in procedura semplificata, prevede che. Ai fini dell’adeguamento ai criteri di cui al presente regolamento, il produttore, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore dello stesso, presenta all’autorità competente un aggiornamento della comunicazione effettuata ai sensi dell’articolo 216 del decreto legislativo n. 152 del 2006, indicando la quantità massima recuperabile, o un’istanza di aggiornamento dell’autorizzazione concessa ai sensi del Capo IV del Titolo I della Parte IV ovvero del Titolo IlIbis della Parte II del decreto legislativo n. 152 del 2006.

Prodotta tale nuova comunicazione, le norme transitorie e finali previste dall’art.8 del nuovo regolamento stabiliscono: Per le procedure semplificate continuano ad applicarsi le seguenti disposizioni del decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998 pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 88 del 16 aprile 1998: i limiti quantitativi previsti dall’allegato 4, le norme tecniche di cui all’allegato 5, nonché i valori limite per le emissioni di cui all’allegato 1, sub allegato 2.

Di fatto, le prescrizioni già previste dal DM 5.2.98, residuali a quelle sopra specificatamente individuate dall’ultima parte del primo comma dell’art. 8, risultano perciò completamente sostituite ed integrate da quelle nuove introdotte dal Decreto 27 settembre 2022, n. 152.

Inoltre, previa presentazione all’autorità competente di un aggiornamento della comunicazione effettuata ai sensi dell’articolo 216 del decreto legislativo n. 152 del 2006, i materiali recuperati già prodotti, attenendosi alle prescrizioni previste da DM 5.2.98, potranno continuare ad essere utilizzati ma non potranno più prodursi dopo il 03.05.2023.

Il recupero in regime di procedura ordinaria

La medesima procedura di aggiornamento delle modalità di recupero in essere è prevista anche per coloro che effettuano attività di recupero in quanto autorizzati in procedura ordinaria, purché nel medesimo termine temporale suddetto presentino un’istanza di aggiornamento dell’autorizzazione concessa ai sensi del Capo IV del Titolo I della Parte IV ovvero del Titolo Ilibis della Parte II del decreto legislativo n. 152 del 2006.

Per quanto riguarda i materiali recuperati prima del 4 novembre 2022, in forza di quanto previsto dal secondo comma dell’art. 8, è previsto che: Nelle more dell’adeguamento di cui al comma 1, i materiali già prodotti alla data di entrata in vigore del presente regolamento nonché quelli che risultano in esito alle procedure di recupero già autorizzate possono essere utilizzati in conformità alla comunicazione effettuata ai sensi dell’articolo 216 del decreto legislativo n. 152 del 2006 o nel rispetto dell’autorizzazione concessa ai sensi del Capo IV, del Titolo I, della Parte IV ovvero del Titolo Ilibis, della Parte II del medesimo decreto.

La situazione attuale

Allo stato attuale pertanto, per effettuare le operazioni di recupero, sussistono due regimi solo parzialmente differenti tra di loro, un regime in procedura ordinaria, in cui si ha l’applicazione integrale del nuovo regolamento ed un regime in procedura semplificata, residuale rispetto a quello previsto in precedenza dal DM 5/2/1998, riguardo:

– alla quantità di rifiuti che è possibile recuperare nell’impianto che rimane quella definita dall’allegato 4, del DM 5/2/1998 che individua le quantità massime di rifiuti non pericolosi di cui all’allegato 2 sub allegato 1 del DM 5/2/1998;

– alle norme tecniche da rispettare che restano quelle stabilite dall’allegato 5 del DM 5/2/1998 per gli impianti di recupero che effettuano l’operazione di messa in riserva dei rifiuti non pericolosi;

– ai limiti ed alle prescrizioni relativi alle emissioni che restano quelle stabilite dall’allegato 1, sub allegato 2 riguardanti le emissioni convogliate in atmosfera delle attività di recupero di materia dai rifiuti non pericolosi.

La normativa futura

Nel settembre 2016 nell’ambito dell’iniziativa avviata dalla Commissione europea (CE) – Direzione generale (DG) del Mercato interno, dell’industria, dell’imprenditoria e delle PMI, l’Unione Europea ha pubblicato il Protocollo UE per la gestione dei rifiuti da costruzione e demolizione, (pubblicato da ECORYS).

Nel protocollo si evidenzia che la sua redazione si è resa necessaria in considerazione del fatto che, per quantità, i rifiuti da costruzione e demolizione prodotti nei paesi dell’Unione europea costituiscono il flusso maggiore tra i rifiuti prodotti, costituendone circa un terzo.

La corretta gestione di questi rifiuti e quella dei materiali da essi riciclati, per l’aumento della domanda di materiali riciclati che ne deriverebbe, può perciò determinare importanti benefici in termini di sostenibilità e qualità della vita, ed offrire considerevoli vantaggi per l’industria delle costruzioni e del riciclaggio.

Secondo il medesimo protocollo, gli ostacoli più comuni che però si frappongono al riciclaggio ed al riutilizzo di rifiuti da costruzione e demolizione nei paesi della UE sono rappresentati dalla mancanza di fiducia riposta nella qualità dei materiali riciclati e anche dall’incertezza percepita circa il potenziale rischio per la salute dei lavoratori che utilizzerebbero tali materiali riciclati.

Queste due remore riducono la domanda dei materiali riciclati, limitando così l’impiego dei rifiuti da costruzione e demolizione e quindi il loro riciclaggio all’interno dei paesi dell’Unione.

Si valuta invece che le azioni proposte dal protocollo possano contribuire a raggiungere l’obiettivo della direttiva quadro sui rifiuti che punta a pervenire entro il 2020 al riciclo del 70% dei rifiuti da costruzione e demolizione portando così benefici sia per l’ambiente che per l’economia.

Le azioni previste dal protocollo, con l’obiettivo generale di aumentare la fiducia nel processo di gestione dei rifiuti di costruzione e demolizione e migliorare la qualità dei materiali riciclati da tali rifiuti, sono le seguenti:

a) una migliore identificazione, separazione alla fonte e raccolta dei rifiuti;

b) una migliore logistica dei rifiuti;

c) un miglior trattamento dei rifiuti;

d) la gestione della qualità;

e) condizioni politiche e condizioni quadro adeguate.

Proprio dalla comparazione di quanto proposto fin dal 2016 con il Protocollo UE per la gestione dei rifiuti da costruzione e demolizione, con quanto prescritto nel recente regolamento emanato con il Decreto 27 settembre 2022, n. 152, si può valutare quanto esso possa effettivamente contribuire ad aumentare l’impiego dei rifiuti da costruzione e demolizione e migliorare la qualità dei materiali da essi recuperati in Italia.