TAR Lombardia (MI) Sez.IV n.2166 del 6 settembre 2011
Rifiuti.Ripristino ambientale
L'art. 245, comma 2, ultimo periodo, del D. Lgs. n. 152 del 2006 consente ai proprietari [o interessati a qualsiasi titolo] di aree inquinate di procedere direttamente al ripristino ambientale mediante interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino, per ragioni proprie, presumibilmente di carattere commerciale o imprenditoriale, al fine di non attendere il complesso avvio dei relativi procedimenti e di liberare le proprie aree dall’inquinamento e non subire l’imposizione dell’onere reale previsto dalla normativa di riferimento, salvo rivalsa nei confronti dei diretti responsabili, se non coincidenti con i proprietari stessi
N. 02166/2011 REG.PROV.COLL.
N. 02106/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2106 del 2010, proposto da:
- Isotta Fraschini S.r.l., già Isotta Fraschini S.p.a., già Fonderie Alluminio S.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Girolamo Abbatescianni, Luigi Guerrieri, Giovanni Izzo e Gianluca Formichetti, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Milano, Viale Luigi Majno n. 17/A;
contro
- il Comune di Dongo, in persona del Sindaco pro-tempore, non costituito in giudizio;
- la Provincia di Como, in persona del Presidente pro-tempore, non costituita in giudizio;
- l’A.R.P.A. Lombardia, in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituita in giudizio;
nei confronti di
- Fallimento della Società A.F.L. S.p.a., in persona del curatore fallimentare, rappresentato e difeso dall’Avv. Andrea Noseda, ed elettivamente domiciliato in Milano, Via Tommaso Salvini n. 5, presso lo studio dell’Avv. Claudio Ceriani;
- Fallimento della Società Dongo S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
- dell’ordinanza n. 15 del 1 giugno 2010, notificata in data 4 giugno 2010, con la quale il Sindaco di Dongo ha ordinato alla Società Isotta Fraschini S.r.l. di ottemperare senza indugio alle prescrizioni contenute nel verbale A.R.P.A., provvedendo, a partire dal 1 settembre 2010, ed entro il 31 agosto 2011, con la frequenza stabilita nel cronoprogramma, alla rimozione/recupero/smaltimento dei rifiuti depositati nelle aree ubicate a Dongo, attuando le necessarie misure di prevenzione e svolgendo un’indagine preliminare sui parametri oggetto della contaminazione;
- del provvedimento n. prot. 46539.3.2.1 del 1 aprile 2010 adottato dall’A.R.P.A. Lombardia, Dipartimento di Como, recante la comunicazione del verbale di sopralluogo nell’insediamento produttivo di Via Rubini n. 44, effettuato dalla stessa Amministrazione in data 29 marzo 2010;
- del verbale dell’ispezione del 29 marzo 2009 effettuata dall’A.R.P.A. Lombardia, Dipartimento di Como presso il sito produttivo di Via Rubini n. 44;
- nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque connesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Fallimento della Società A.F.L. S.p.a.;
Vista l’ordinanza n. 1501/2010 con cui è stata respinta la domanda di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati;
Vista l’ordinanza n. 1503/2011 con cui la Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha confermato l’ordinanza cautelare di primo grado;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Designato relatore il referendario Antonio De Vita;
Uditi, all’udienza pubblica del 7 giugno 2011, i procuratori delle parti, come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato in data 18 settembre 2010 e depositato il 5 ottobre successivo, la ricorrente ha impugnato: a) l’ordinanza n. 15 del 1 giugno 2010, notificata in data 4 giugno 2010, con la quale il Sindaco di Dongo ha ordinato alla stessa Società ricorrente di ottemperare senza indugio alle prescrizioni contenute nel verbale A.R.P.A., provvedendo, a partire dal 1 settembre 2010, ed entro il 31 agosto 2011, con la frequenza stabilita nel cronoprogramma, alla rimozione/recupero/smaltimento dei rifiuti depositati nelle aree ubicate a Dongo, attuando le necessarie misure di prevenzione e svolgendo un’indagine preliminare sui parametri oggetto della contaminazione; b) il provvedimento n. prot. 46539.3.2.1 del 1 aprile 2010 adottato dall’A.R.P.A. Lombardia, Dipartimento di Como, recante la comunicazione del verbale di sopralluogo nell’insediamento produttivo di Via Rubini n. 44, effettuato dalla stessa Amministrazione in data 29 marzo 2010; c) il verbale dell’ispezione del 29 marzo 2009 effettuata dall’A.R.P.A. Lombardia, Dipartimento di Como presso il sito produttivo di Via Rubini n. 44.
In via preliminare la ricorrente eccepisce il suo difetto di legittimazione passiva con riferimento agli atti impugnati, in considerazione della circostanza che la stessa non sarebbe la responsabile dell’inquinamento dell’area, ma semplice detentrice della medesima per un breve periodo e che non avrebbe prodotto o gestito i rifiuti presenti nel sito in questione.
Avverso i predetti provvedimenti vengono inoltre dedotte le censure di eccesso di potere sotto molteplici figure sintomatiche e per sviamento della funzione.
Tutti i soggetti evocati in giudizio, a partire dalle Amministrazioni pubbliche, sarebbero consapevoli della circostanza che i rifiuti presenti sul sito in questione sarebbero stati prodotti soltanto per una parte dall’odierna ricorrente, mentre il resto sarebbe da ricondurre all’attività svolta in precedenza dalla A.F.L., poi fallita. Da ciò sarebbe derivata la redazione di un cronoprogramma con la supervisione della Provincia di Como che avrebbe individuato il percorso da seguire per smaltire i rifiuti allocati nel terreno preso in affitto dalla ricorrente. Di conseguenza, la richiesta del Comune di Dongo di monitorare ed eliminare i rifiuti prodotti da terzi a carico della ricorrente sarebbe in contrasto con il predetto cronoprogramma.
Un’ulteriore doglianza riguarda la distonia tra la motivazione e dispositivo e l’irragionevolezza.
L’attività imposta dal Comune di Dongo si porrebbe in contrasto con le previsioni del programma di smaltimento, che avrebbe individuato tutte le soluzioni da utilizzare per l’eliminazione dei rifiuti, il cui impegno sarebbe stato assunto dal Fallimento A.F.L.
Inoltre vengono dedotte l’illogicità e l’ingiustizia manifesta.
L’ordinanza impugnata sarebbe illegittima anche perché non indicherebbe le ragioni di urgenza per l’intervento, né troverebbe un supporto nelle relazioni dell’A.R.P.A. che non avrebbero evidenziato alcun rischio ambientale, né la presenza di rifiuti pericolosi.
Altre censure si riferiscono all’insufficienza dell’istruttoria, alla perplessità, contraddittorietà e insufficienza della motivazione.
La ricorrente, nella fase di avvio dell’emanazione dell’ordinanza impugnata, avrebbe segnalato al Comune tutte le circostanze idonee per evitare siffatto intervento, ma ciò non sarebbe stato affatto tenuto in considerazione.
Inoltre viene eccepito il difetto dei presupposti e la contraddittorietà interna ed esterna.
L’ordinanza impugnata sarebbe contraddittoria laddove farebbe riferimento all’obbligo per la ricorrente di realizzare il cronoprogramma di smaltimento dei rifiuti, pur evidenziandosi nello stesso provvedimento che l’unico obbligato sarebbe il Fallimento A.F.L. Oltretutto gli obblighi imposti non potrebbero che riferirsi al responsabile dell’inquinamento che, nel caso di specie, come previsto dall’art. 242 del D. Lgs. n. 152 del 2006, non sarebbe stato affatto individuato dall’Amministrazione comunale.
Infine viene dedotta la violazione di legge.
La competenza ad emanare le ordinanze della stessa tipologia di quella impugnata rientrerebbe, ai sensi dell’art. 107 del D. Lgs. n. 267 del 2000, nella competenza dei dirigenti e non del Sindaco, trattandosi di attività di tipo gestorio. In ogni caso, se l’ordinanza fosse stata adottata in base all’art. 192 del D. Lgs. n. 152 del 2006 avrebbe richiesto l’esistenza di presupposti – ossia l’abbandono, il deposito incontrollato dei rifiuti sul suolo e nelle acque superficiali – non sussistenti nel caso di specie.
Si è costituito in giudizio il Fallimento della Società A.F.L. S.p.a., che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Con ordinanza n. 1501/2010 è stata respinta la domanda di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati; tale pronuncia cautelare di primo grado è stata confermata dall’ordinanza n. 1503/2011 della Quinta Sezione del Consiglio di Stato.
Alla pubblica udienza del 7 giugno 2011, su conforme richiesta dei procuratori delle parti costituite, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso non è meritevole di accoglimento.
2. Con le prime sei censure da esaminare congiuntamente, in quanto strettamente connesse, si eccepisce il difetto di legittimazione passiva della ricorrente in ordine all’ordinanza impugnata, tenuto conto che nel cronoprogramma relativo allo smaltimento dei rifiuti sarebbe stato individuato come responsabile dello stesso il Fallimento A.F.L.; inoltre mancherebbe un accertamento della responsabilità del deposito e della produzione dei rifiuti da parte della ricorrente.
2.1. Le censure non sono fondate.
La ricorrente, dapprima con la denominazione Fonderie Alluminio S.p.a., poi con l’attuale denominazione, ha stipulato dei contratti di affitto di ramo d’azienda con il Fallimento A.F.L., odierno controinteressato, nei quali è stato espressamente previsto l’impegno della ricorrente, in qualità di affittuaria del ramo d’azienda, al completamento delle operazioni di smaltimento e alla realizzazione a propria cura e spese di tutti gli interventi necessari alla bonifica della predetta area (art. 11 di entrambi i contratti di affitto del ramo d’azienda: all. 3 e 4 del controinteressato).
Tali impegni sono stati assunti anche nei confronti della Provincia di Como in sede di richiesta della volturazione dell’Autorizzazione Integrata Ambientale dal Fallimento A.F.L. alla società odierna ricorrente (come si ricava indirettamente dall’all. 11 del controinteressato). Difatti, con diffida N. 103/A/ECO del 2 novembre 2009, prot. n. 53006, esplicitamente richiamata nel secondo contratto di affitto del ramo d’azienda (che, nei fatti, potrebbe al limite determinare l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse), è stata imposta l’adozione di un cronoprogramma per lo smaltimento dei rifiuti che la ricorrente Isotta Fraschini ha accettato di eseguire in sostituzione del Fallimento controinteressato, come risulta dalla documentazione versata in atti (all. 8, 9 10 e 15 della ricorrente).
2.2. Di conseguenza sembra applicabile alla fattispecie l’insegnamento giurisprudenziale che, pur facendo riferimento ad un caso non del tutto identico a quello oggetto di scrutinio in questa sede, ha affermato che la normativa (art. 245, comma 2, ultimo periodo, del D. Lgs. n. 152 del 2006) “consente ai proprietari [o interessati a qualsiasi titolo] di aree inquinate di procedere direttamente al ripristino ambientale mediante interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino, per ragioni proprie, presumibilmente di carattere commerciale o imprenditoriale, al fine di non attendere il complesso avvio dei relativi procedimenti e di liberare le proprie aree dall’inquinamento e non subire l’imposizione dell’onere reale previsto dalla normativa di riferimento, salvo rivalsa nei confronti dei diretti responsabili, se non coincidenti con i proprietari stessi” (T.A.R. Toscana, II, 22 giugno 2010, n. 2035).
L’autonoma decisione della ricorrente di procedere all’assunzione delle obbligazioni gravanti sul Fallimento controinteressato, debitamente esternata e altresì parzialmente attuata (all. 10 della ricorrente) impone alla stessa di provvedere al completamento del procedimento, rimuovendo completamente i rifiuti, indipendentemente dalla responsabilità di terzi – cui consegue la possibilità di rivalsa civilistica – perché la scelta di una tale soluzione, senza alcuna imposizione, non può essere oggetto di valutazione da parte dell’Amministrazione. Ciò rende, altresì, irrilevante “il profilo della effettiva responsabilità e l’applicazione del principio comunitario “chi inquina paga”, che potranno essere richiamati in rivalsa nei confronti dei ritenuti responsabili” (T.A.R. Toscana, II, 22 giugno 2010, n. 2035).
2.3. Pertanto, vanno respinte le sopramenzionate doglianze, compresa l’eccezione di difetto di legittimazione passiva della ricorrente con riferimento all’impugnato provvedimento comunale.
3. Con l’ultima censura si assume l’illegittimità dell’ordinanza impugnata, in quanto emanata dal Sindaco piuttosto che dal dirigente competente, trattandosi di atto di mera gestione e non essendo riconducibile al novero delle ordinanze contingibili e urgenti di cui agli artt. 50 e 54 del D. Lgs. n. 267 del 2000.
3.1. La doglianza non può essere accolta.
Premesso che non ci si trova al cospetto di un’ordinanza con tingibile e urgente, la fonte normativa del potere del Sindaco va rinvenuta nell’art. 192, comma 3, del D. Lgs. n. 152 del 2006 (Consiglio di Stato, V, 12 giugno 2009, n. 3765).
Tale “norma speciale sopravvenuta rispetto all’art. 107, comma 5, del D.lgs. n. 267/2000, attribuisce espressamente al Sindaco la competenza a disporre con ordinanza le operazioni necessarie alla rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti previste dal comma 2, [con la conseguenza] che tale previsione, sulla base degli ordinari criteri preposti alla soluzione delle antinomie normative (criterio della specialità e criterio cronologico), prevale sul disposto dell’art. 107, comma 5, del D.lgs. n. 267/2000” (Consiglio di Stato, V, 25 agosto 2008, n. 4061; 12 giugno 2009, n. 3765).
Nel caso di specie, trattandosi, contrariamente a quanto asserito nel ricorso, dello smaltimento di rifiuti, l’intervento del Sindaco sembra corretto, anche sulla base della relazione predisposta dall’A.R.P.A.
3.2. Pertanto, anche questa censura deve essere respinta.
4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
5. Le spese seguono la soccombenza nei confronti del controinteressato Fallimento della Società A.F.L. S.p.a. e si liquidano in dispositivo; possono essere compensate nei confronti delle altre parti non costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso indicato in epigrafe.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio nei confronti del controinteressato Fallimento della Società A.F.L. S.p.a. nella misura di € 2.000,00 (duemila/00), oltre I.V.A., C.P.A. e accessori, come per legge; le compensa nei confronti delle altre parti non costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del 7 giugno 2011 con l’intervento dei magistrati:
Adriano Leo, Presidente
Elena Quadri, Consigliere
Antonio De Vita, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/09/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)