TAR Piemonte, Sez. I, n. 248, del 22 febbraio 2013
Sviluppo sostenibile,Impianto fotovoltaico non é correlato ad una particolare ubicazione.

In relazione ad un impianto fotovoltaico é piuttosto arduo sostenere che esso non possa essere traslato a meno di compromettere il servizio di distribuzione di energia elettrica. Un impianto fotovoltaico é alimentato dalla energia solare e quindi, al contrario degli impianti di produzione di energia idroelettrica od eolica, non é correlato ad una particolare ubicazione. L’energia elettrica prodotta da un qualsiasi impianto, pubblico o privato, viene poi immessa nella rete, dalla quale viene smistata verso le località in cui vi é necessità, che non sono necessariamente quelle immediatamente circostanti al sito di produzione. In ogni caso la rete di distribuzione dell’ energia elettrica é alimentata da un insieme di fonti di produzione, di guisa é ben difficile che il relativo servizio possa essere compromesso dal venir meno di un solo impianto, per giunta non ancora funzionante. Conseguentemente, al fine di ottenere il riconoscimento che l’impianto fotovoltaico oggetto del giudizio rientrava, in quanto opera “non altrimenti localizzabile”, nella deroga prevista dall’art. 38 delle N.A. del PAI del fiume Tanaro si sarebbe dovuto dimostrare che il sito prescelto era/é l’unico a garantire la produzione di energia elettrica programmata ed inoltre che il Gestore della rete, cessionario della energia prodotta, avrebbe destinato questa ultima per coprire località non ancora servite o non altrimenti servibili dalla rete già esistente di distribuzione della energia elettrica. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00248/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01074/2010 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1074 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Cascina Luisa S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Vittorio Barosio, Claudia Maria Cicchetti, con domicilio eletto presso Vittorio Barosio in Torino, corso G. Ferraris, 120;

contro

Provincia di Asti, rappresentata e difesa dagli avv. Enrico Rabino, Piero Golinelli, con domicilio eletto presso Enrico Rabino in Torino, via Pietro Palmieri, 40; 
Comune di Castagnole delle Lanze, rappresentato e difeso dall'avv. Marco Venturino, con domicilio eletto presso Pietro Rossanigo in Torino, via Stampatori, 9; 
A.S.L. At - Dipartimento di Prevenzione, A.R.P.A. Piemonte, A.R.P.A. Piemonte - Dipartimento Provinciale di Asti, Regione Piemonte, Corpo Forestale dello Stato, Agenzia delle Dogane, Ministero dello Sviluppo Economico, Enel S.p.A., Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali; Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Aipo - Agenzia Interregionale Per il Fiume Po, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Torino, corso Stati Uniti, 45;

a) per l'annullamento:

A.1) quanto al ricorso principale:

- della determinazione 24.6.2010, n. 3117, con la quale il dirigente del servizio ambiente-ufficio area progettuale ambientale della provincia di asti ha disposto il diniego dell'autorizzazione per la costruzione e l'esercizio di un impianto fotovoltaico con contestuale giudizio negativo di compatibilità ambientale;

- della nota 2.7.2010, prot. 61048;

- di ogni altro atto antecedente, preparatorio, consequenziale e comunque connesso, ed in particolare:

- dei verbali della conferenza dei servizi;

- del parere dell'A.I.P.O., ufficio polizia idraulica della sede di Parma dell'11.6.2010, prot. n. 22461;

del parere A.I.P.O., ufficio di Alessandria del 14.6.2010, prot. 22762;

- della nota del 14.6.2010 prot. n. 55153;

- della nota del 23.6.2010, prot. 57840;

A.2) quanto ai motivi aggiunti depositati il 17.11.2010:

- della determinazione del 20.8.2010, n. 4062 del dirigente del sevizio ambiente della provincia di asti;

- della nota 26.8.2010, prot. n. 73676, del dirigente del servizio ambiente della provincia di asti;

A.3) quanto ai motivi aggiunti depositati il 6.7.2011:

- della determina 6.4.2011, n. 1702 del dirigente del servizio ambiente-ufficio area progettuale ambientale della provincia di asti;

- del verbale del primo incontro della procedura di riesame del 18.1.2011 e del verbale (non sottoscritto) del secondo incontro della procedura di riesame del 9.2.2011;

- della nota e dei relativi allegati dell'A.I.P.O., sede di Parma del 9.11.2010, prot. n. 0043571; e della nota, contenente chiarimenti tecnici, dell'A.I.P.O., sede di Parma dell'11.11.2010, prot. n. 0043798;

- di ogni altro atto antecedente, preparatorio, conseguenziale e comunque connesso;

nonché per il risarcimento di tutti i danni patiti e subendi a seguito dell'illegittimo diniego dell'autorizzazione unica ex art. 12 del d.lgs. n. 387/03, alla costruzione ed all'esercizio di un impianto fotovoltaico;

B) nonché per la condanna:

della Provincia di Asti al risarcimento dei danni conseguenti alla mancata realizzazione dell’impianto, danni stimabili in circa 50 milioni di Euro;



Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Asti e di Comune di Castagnole delle Lanze e di Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e di Aipo - Agenzia Interregionale Per il Fiume Po;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2013 il dott. Roberta Ravasio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Con ricorso depositato il 1° ottobre 2010 la società Cascina Luisa s.r.l. ha impugnato la determinazione di diniego compatibilità ambientale e autorizzazione unica della Provincia di Asti del 24 giugno 2010, meglio in epigrafe indicata, relativo ad un impianto fotovoltaico di potenza nominale pari a circa 5.000 Kw, da localizzarsi in Comune di Castagnole Lanze, località Cascina Luisa, su terreni censiti all’NCT al Foglio 3, mapp. 136, 137, 138, 139, 207, 213, ed al Foglio 9 mapp. 14, 15, 16, 17, 298, 301, 406, 407, aventi destinazione agricola, classificati in classe IIIa nella Carta di pericolosità dei suoli ed in fascia fluviale A e B nel PAI relativo al fiume Tanaro.

A sostegno del ricorso la ricorrente ha dedotto le seguenti censure:

I) violazione 10 bis L. 241/90, dei principi del giusto procedimento e del principio tempus regit actum, violazione del’art. 97 Cost., difetto di motivazione e/o irrazionalità ed illogicità della motivazione, violazione dell’art. 12 del D. L.vo 387/03: la Provincia ha assunto la decisione finale senza attendere la scadenza dei dieci giorni che aveva assegnato alla ricorrente per presentare osservazioni a seguito del preavviso di rigetto; così facendo non ha letto le osservazioni della ricorrente pervenute all’ultimo giorno utile. Inoltre la Provincia ha illegittimamente negato la proroga del termine per presentare le osservazioni;

II) violazione dell’art. 12 D. L.vo 387/03, dell’art. 94 comma 4 D. L.vo 152/06, dell’art. 26 comma 8 DPR 495/92, eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di motivazione, illogicità, irrazionalità, travisamento, contraddittorietà: la Provincia non ha considerato che l’opera in questione é assistita per legge da dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità e può essere eseguita anche in contrasto agli strumenti urbanistici vigenti; inoltre non ha tenuto in considerazione le osservazioni con cui la ricorrente aveva già replicato alle criticità emerse, le quali evidenziavano che le fasce individuate dal PAI come zone A e B consentono la realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico, riferibili a servizi essenziali e non altrimenti localizzabili, non idonee a modificare i fenomeni idraulici naturali e le caratteristiche dell’ecosistema fluviale e ad ostacolare il deflusso delle acque; che la produzione di energia elettrica, propedeutica alla erogazione del relativo servizio, deve considerarsi come servizio pubblico essenziale ai fini della L. 146/90; che il sito é il più adatto per il modesto impatto visivo e l’aridità dei luoghi, per l’assenza di vincoli idrogeologici e paesaggistici, per l’impatto sulla occupazione locale, vantaggi questi che una dislocazione in altro sito non garantirebbe; che in base ai criteri ERA il sito costituisce una zona di esclusione ma, al contempo, un sito di attrazione; che, infine, c’é compatibilità tra l’impianto ed il deflusso della piena, così come attestato dal parere AIPO del 22.4.10.

Si costituivano in giudizio il Comune di Castagnole d’Asti, la Provincia di Asti ed il Ministero per le politiche agricole, insistendo per la reiezione del ricorso.

Rilevava in particolare la Provincia di Asti che la ricorrente non aveva dimostrato l’impossibilità di reperire siti alternativi per la realizzazione dell’impianto e che il Comune le aveva offerto un’area PIP a tale scopo; che l’inclusione in fascia A e B determinava l’applicazione di un criterio ERA di esclusione che non poteva avere valore recessivo rispetto al criterio di attrazione determinato dall’utilizzo di un sedime di cava, anche in ossequio al principio di precauzione richiamato nella determina impugnata; che i pareri favorevoli espressi in Conferenza di Servizi nulla avevano a vedere con le criticità evidenziate nella determina impugnata; la Direzione Regionale OO.PP Difesa del suolo non aveva omesso di evidenziare carenze nella relazione idraulica allegata al progetto, mentre l’ARPA aveva sottolineato che non erano stati adeguatamente approfonditi gli aspetti relativi all’impatto abbagliante ed alle interferenze con la “lanca del Tanaro morto”.

Il Comune Castagnole Lanze evidenziava, invece, che il provvedimento impugnato non prescindeva da una valutazione in concreto del pericolo, e che l’ AIPO e la Direzione regionale OO.PP avevano espresso perplessità per la pericolosità elevata e per la mancata indagine, da parte del progettista, delle interferenze potenziali tra l’opera ed il trasporto in sospensione del corso d’acqua in caso di evento di piena. Il Comune, eccepiva ancora l’incompatibilità del progetto con le prescrizioni del P.S.F.F., recepite dal PRGC, anche in relazione alla circostanza che i pannelli solari sarebbero stati collocati ad una quota inferiore al livello di piena del 2004 e che per tale ragione avrebbero potuto essere di ostacolo ad una eventuale piena. La ricorrente, comunque, non aveva dimostrato la reale impossibilità di collocare altrove gli impianti.

Alla camera di consiglio del 21 ottobre 2010 il Collegio accoglieva la domanda cautelare sul rilievo che il provvedimento impugnato si fondava su due distinti pareri dell’A.I.P.O. tra di loro contrastanti e che tale divergenza era verosimilmente da ascrivere alla natura non cogente dei criteri di esclusione di cui alla Relazione Programmatica regionale sulle energie rinnovabili. Per l’affetto sospendeva gli atti impugnati ed ordinava alla Amministrazione di riesaminare le proprie determinazioni in contraddittorio con la parte ricorrente

Con ricorso per motivi aggiunti depositato il 17 novembre 2010 la ricorrente impugnava la determinazione della Provincia di Asti n. 4062 del 20 agosto 2010 con la quale, dato atto che le osservazioni presentate dalla ricorrente non potevano essere accolte, che le stesse non erano comunque idonee a condurre ad una diversa determinazione e che la determina dirigenziale del 24 giugno 2010 esplicitava compiutamente i motivi di diniego e gli eventuali elementi da tenere in considerazione ai fini della presentazione di una nuova istanza, si confermava la precedente determina del 24 giugno 2010.

Avverso la citata determinazione del 20 agosto 2010 la ricorrente ha articolato le seguenti censure:

III) illegittimità derivata;

IV) violazione dell’art. 21 octies della L. 241/90 e vari profili di eccesso di potere: l’art. 21 octies é applicabile solo agli atti a contenuto vincolato sicché l’omesso esame delle osservazioni presentate dalla ricorrente non si giustificava con il richiamato a tale norma.

A seguito della ordinanza collegiale del 21 ottobre 2010 la Provincia riconvocava la Conferenza di Servizi per il riesame delle determinazioni già assunte, la quale si concludeva con determina del Dirigente del Servizio Ambiente della Provincia di Asti n. 1702 del 6 aprile 2011, con la quale veniva confermata la precedente determinazione, tra l’altro sul presupposto che nel frattempo erano entrate in vigore le Linee guida regionali per la collocazione degli impianti fotovoltaici a terra, in ossequio alle quali il sito prescelto dalla ricorrente risultava “non idoneo” sia in quanto compreso in fascia fluviale, sia in quanto classificato in classe di pericolosità IIIa.

Con memoria depositata il 23 aprile 2011 la ricorrente eccepiva che il nuovo provvedimento era stato adottato senza che prima fosse definitivamente approvato verbale della C.S., che sino ad allora non era ancora stato sottoscritto ed era pertanto nullo; che l’opera non rientrava tra quelle per le quali il parere dell’AIPO di Parma dovesse ritenersi vincolante, non potendo essere qualificata come “opera idraulica”; che il parere dell’A.I.P.O. di Parma non risultava assunto dall’Ufficio competente in base ai criteri indicati nella circolare direttoriale AIPO n. 770/04; che il parere AIPO in questione non esplicitava l’iter argomentativo; che l’ultima determinazione della Provincia aveva incomprensibilmente respinto le proposte di modifica sul presupposto che le stesse avrebbero potuto essere valutate solo a seguito di nuova istanza; che la Provincia non aveva effettuato alcuna istruttoria per confutare i rilievi tecnici di parte ricorrente.

Con ricorso per motivi aggiunti depositato il 6 luglio 2011 la ricorrente impugnava formalmente la citata determinazione del 6 aprile 2011, deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi:

V) Illegittimità derivata;

VI)violazione dell’art. 21 septies , violazione del principio per cui gli atti amministrativi richiedono la forma scritta a pena di nullità: il nuovo provvedimento é stato adottato senza che prima fosse definitivamente approvato verbale della C.S., che sino ad allora non era ancora stato sottoscritto, e deve pertanto considerarsi nullo;

VII) eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di motivazione, irrazionalità, errore e/o travisamento dei presupposti, contraddittorietà, perplessità e violazione del contraddittorio: l’opera non rientra tra quelle per le quali il parere dell’AIPO di Parma debba ritenersi vincolante in quanto non é un’opera idraulica; in ogni caso il parere dell’A.I.P.O. di Parma non é stato assunto dall’Ufficio competente e non esplicita l’iter argomentativo, omettendo di prendere posizione sul rapporto tra i criteri ERA di esclusione/attrazione e di considerare che la D.G.R. 3-1183/2010, relativa alla localizzazione degli impianti fotovoltaici non é definitiva; inoltre nel corso della seconda Conferenza di Servizi non é stata disposta alcuna istruttoria e solo ai fini del presente giudizio é stata prodotta dalla Provincia una relazione tecnica non idonea ad inficiare le conclusioni cui é giunto il progettista della ricorrente.

La ricorrente ha quindi concluso per l’annullamento di tutti gli atti impugnati e la condanna della Provincia al risarcimento dei danni, da quantificarsi quantomeno in ragione della riduzione dei contributi statali previsti, che il D. L.vo 28/2011 ha determinato in rapporto a quelli previsti per il 2010.

L’A.I.P.O. si é costituita in giudizio con memoria depositata il 7 novembre 2011, insistendo per la reiezione del ricorso, rilevando in particolare che i pareri dell’A.I.P.O. - quello reso dalla sede periferica di Alessandria e quello reso dalla sede di Parma - in realtà non sono tra loro contrastanti; che nella specie era la sede di Parma a dover pronunciarsi; che la Provincia di Asti non avrebbe potuto considerare recessivo il criterio ERA di esclusione, stante che aveva aderito ad un Protocollo di intesa del 28/01/2010 sottoscritto anche dalla Autorità di bacino del fiume Po e dall’A.I.P.O., il quale Protocollo riconosceva la necessità di orientare la pianificazione delle attività estrattive nella Provincia di Asti nel senso del recupero dell’assetto geomorfologico delle aree golenali comprese nella fasce A e B del PAI nonché, più in generale, nel senso del recupero delle caratteristiche naturali delle aree delle cave dismesse; che i criteri di localizzazione degli impianti fotovoltaici approvati con D.G.R. n. 3-1183 del 14/12/2010 confermavano e rafforzavano il criterio di esclusione legato alle fasce fluviali A e B del PAI del fiume Tanaro.

Dopo rituale scambio di memorie il ricorso é stato trattenuto a decisione alla pubblica udienza del 24 gennaio 2013.

DIRITTO

1. Prima di passare alla disamina del merito del ricorso il Collegio ritiene opportuno chiarire preliminarmente, in punto di fatto, che in base alle previsioni del PAI del fiume Tanaro i terreni sui quali dovrebbe sorgere l’impianto fotovoltaico oggetto degli atti impugnati risultano compresi nella fascia fluviale A, ad eccezione di una piccola parte che risulta inserita nella fascia fluviale B. In base alla Carta di sintesi della pericolosità geomorfologica e dell’idoneità all’utilizzazione urbanistica, redatta ai sensi della Circolare regionale 7/LAP/96, i terreni in questione risultano invece classificati in classe di pericolosità IIIa.

Dal punto di vista urbanistico trattasi di terreni tipizzati agricoli, già utilizzati a cava.

2. L’art. 38 delle Norme di Attuazione del PAI stabilisce che nella fasce fluviali A e B non é consentita la realizzazione di alcun tipo di opera, ad eccezione delle opere pubbliche o di interesse pubblico, riferite a servizi pubblici essenziali e non altrimenti localizzabili, e sempre che tali opere non siano idonee a cagionare modifiche dei fenomeni idraulici naturali o delle più rilevanti caratteristiche dell’ecosistema fluviale, e che, inoltre, non costituiscano ostacolo significativo al deflusso delle acque o alla capacità di invaso e non concorrano ad aumentare il carico insediativo.

2.1. L’inclusione dei suddetti fondi in zona di fascia fluviale di tipo A e B comportava, inoltre, che, in base ai criteri c.d. “ERA” - di cui alla Relazione programmatica della energia approvata con D.G.R. 28/09/2009 n. 30-12221 – essi fossero da considerare, al medesimo tempo, quale area di “esclusione” e, trattandosi di zona già utilizzata quale sedime di cava, quale area di “attrazione”, cioè quale sito sul quale impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile potevano essere collocati in preferenza rispetto ad altri luoghi.

2.2. Nel corso del giudizio é però sopravvenuta, con D.G.R. n. 3-1183 del 14/12/2010, l’approvazione delle Linee Guida regionali per l’installazione degli impianti fotovoltaici a terra, le quali individuano quali aree “non idonee” a tale scopo le aree “in dissesto idraulico ed idrogeologico” individuate al punto 4, nell’ambito delle quali risultano incluse sia “le aree comprese all’interno della fascia fluviale A e B, costituita dalla porzione di alveo che é sede prevalente del deflusso della piena di riferimento” sia le aree individuate in classe IIIa nella Carta di sintesi delle pericolosità.

I terreni sui quali la ricorrente intenderebbe realizzare l’impianto fotovoltaico debbono pertanto considerarsi “non idonei”, ai sensi delle citate Linee guida regionali, per la ricorrenza di ben due criteri, cogenti ed immediatamente applicabili al caso di specie.

2.2.1. Si può parlare di criteri cogenti in quanto la D.G.R. 3-1183 del 14/12/2010 trova il suo fondamento direttamente nell’art. 12 comma 10 del D. L.vo 387/03, il quale consente alle regioni di procedere, in attuazione delle linee guida nazionali approvate in sede di Conferenza unificata, alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti finalizzati alla produzione di energia da fonti rinnovabili: trattasi quindi di previsioni che trovano diretta applicazione nell’ambito dei procedimenti di cui al comma 3 del citato articolo 12, indipendentemente dal formale recepimento delle stesse negli atti di pianificazione territoriale. Inoltre va sottolineato che, a differenza dei criteri ERA, i criteri in esame non concorrono a disciplinare l’uso dei suoli unitamente ad altri criteri di opposta valenza, così che non si determina la necessità di effettuare un bilanciamento tra opposti criteri di classificazione al fine di individuare quello prevalente.

2.2.2. Trattasi poi di criteri di forza cogente immediata in quanto la D.G.R. 3-1183 del 14/12/2010 afferma espressamente , al punto a) del dispositivo, la sua applicabilità a tutte le procedure autorizzative in corso o avviate successivamente alla sua entrata in vigore (11/09/2010) fatta eccezione “per le procedure autorizzative in corso concernenti impianti fotovoltaici a terra da realizzarsi in zone diverse da quelle di esclusione indicate al paragrafo 3.3. della Relazione programmatica dell’energia approvata con deliberazione della Giunta regionale 28 settembre 2009 n. 30-12221…”.

2.2.3. Le dianzi esposte conclusioni non sono scalfite dalla considerazione che all’attualità non risultano ancora determinate, ai sensi dell’art. 2 comma 167 della L. 244/2007, le c.d. quote di burden sharing. Linee guida regionali già approvate potranno semmai, ed all’occorrenza, essere modificate in futuro allo scopo di coniugare le previsioni relative alle aree di esclusione alla programmazione relativa alla produzione di energia da fonti rinnovabili: trattasi comunque di modifiche meramente eventuali – giacché non é detto che le Linee guida già approvate effettivamente precluderanno il raggiungimento delle quote di burden sharing -, le quali non potranno comunque comportare il travolgimento di eventuali autorizzazioni già rilasciate su zone riconosciute come “idonee” in base alle Linee guida approvate con la D.G.R. 3-1183 del 14/12/2010 e che, peraltro, potranno giustificare il rilascio di nuove autorizzazioni su zone attualmente classificate “non idonee” che invece siano in futuro ritenute “idonee” ad allocare impianti fotovoltaici a terra.

Va anche detto che la tesi della ricorrente, secondo la quale le citate Linee guida regionali non sarebbero “definitive” in quanto suscettibili di revisione a seguito della determinazione delle quote di burden sharing, nulla giova, comunque, a favore della sua posizione: infatti l’applicazione del principio di precauzione porterebbe comunque a considerare che in attesa delle Linee guida “definitive” dovrebbe trovare applicazione un regime di salvaguardia, che condurrebbe non già a rilasciare autorizzazioni per impianti da collocarsi in zona “non idonea”, come pretenderebbe la ricorrente, bensì a non rilasciare autorizzazioni relative a zone che le Linee guida già approvate classificano come “idonee”.

Come già precisato il Collegio ritiene, tuttavia, che le Linee guida approvate con D.G.R. 3-1183 del 14/12/2010 possano e debbano trovare immediata applicazione, sia perché con tale D.G.R. si é inteso esattamente superare la situazione di stallo che si era creata a seguito della entrata in vigore della L.R. 18/2010, che all’art.27 ha disposto, sino alla approvazione delle linee guida regionali, la sospensione delle procedure autorizzative relative agli impianti fotovoltaici a terra compresi nelle zone di “esclusione”; sia perché il tenore letterale della delibera giustifica tale interpretazione, sia perché proprio l’art. 12 comma 9 del D. L.vo 387/09 stabilisce che le disposizioni relative ai procedimenti disciplinati dalla norma medesima si applicano “anche in assenza della ripartizione di cui all’art. 10, comma 1 2, nonché di quanto disposto al comma 10”, e cioè anche in mancanza dei provvedimenti con cui gli obiettivi nazionali relativi alla produzione di energia da fonti rinnovabili vengono ripartiti tra le regioni in base allo specifico contesto territoriale.

2.3. Nessun dubbio, pertanto, può sussistere in ordine alla immediata applicabilità delle Linee guida approvate con la D.G.R. 3-1183 del 14/12/2010 al caso di specie, che interessa proprio una zona di “esclusione” ai sensi del paragrafo 3.3. della Relazione programmatica dell’energia.

3. La determinazione della Provincia del 6 aprile 2011 si giustificava, dunque, anche solo in ragione della entrata in vigore della nuove Linee guida approvate con la D.G.R. 3-1183 del 14/12/2010, che puntualmente essa richiama, essendo evidente che da quel momento la Provincia non avrebbe potuto concludere il procedimento oggetto del giudizio se non con un diniego, determinato dalla giuridica impossibilità di realizzare l’impianto fotovoltaico oggetto del procedimento sui terreni individuati dalla ricorrente.

Da tale considerazione discende l’ inammissibilità delle ulteriori censure articolate nel secondo ricorso per motivi aggiunti e comunque l’infondatezza del ricorso medesimo nella parte in cui contesta l’applicabilità al caso di specie della nuove Linee guida e la nullità della determina del 6 aprile 2011 perché assunta prima della sottoscrizione e della approvazione del verbale dell’ultima Conferenza di Servizi: ed infatti ove pure in seno a detta Conferenza tutte le Autorità si fossero espresse a favore della ricorrente la Provincia non avrebbe potuto non tenere conto della entrata in vigore delle nuove Linee guida, mentre la non ancora avvenuta sottoscrizione del verbale della Conferenza di Servizi non era comunque idonea ad inficiare la validità della determina conclusiva, costituendo il verbale solo un documento rappresentativo di una attività già svolta e non constando che la descrizione di detta attività contenuta nella determina conclusiva differisca da quella effettivamente svolta e documentata dal verbale poi concretamente approvato.

4. Il Collegio ritiene che l’approvazione delle citate Linee Guida regionali e la successiva determina della Provincia n. 1702 del 6 aprile 2011 abbiano determinato anche l’improcedibilità, per sopravvenuto difetto di interesse alla decisione, del ricorso introduttivo del giudizio nonché del primo ricorso per motivi aggiunti, giacché dall’eventuale annullamento delle determine della Provincia del 24 giugno 2010 e del 20 agosto 2010 non potrebbe conseguire, a favore della ricorrente, alcun effetto utile.

5. Nondimeno, avendo la ricorrente formulato una domanda risarcitoria e potendosi prospettare, in via astratta, una responsabilità della Provincia conseguente al mancato rilascio della autorizzazione in epoca precedente alla entrata in vigore delle nuove Linee guida, la legittimità delle citate determine del 2010 va scrutinata ai sensi dell’art. 34 comma 3 c.p.a.

5.1. Dirimente a tale scopo é la considerazione che l’impianto fotovoltaico che la ricorrente intende realizzare non rientra tra le opere che l’art. 38 delle N.A. del PAI consente di realizzare nelle fasce fluviali A e B.

5.1.1. Come già precisato al precedente paragrafo 2 nelle zone di che trattasi é possibile solo la realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico, che abbiano determinate caratteristiche e comunque siano “non altrimenti localizzabili”. La ricorrente si é sforzata di giustificare la ricorrenza di tale requisito adducendo che i fondi prescelti sono quelli che garantiscono il minor impatto ambientale, ma come correttamente eccepito dalle Amministrazioni resistenti la locuzione di che trattasi deve essere intesa in senso rigoroso, e cioè come oggettiva impossibilità di realizzare altrove il manufatto.

5.1.2. Tale interpretazione rigorosa si giustifica con la ratio stessa delle fasce fluviali A e B, quale evincibile dalle Norme di Attuazione del PAI di riferimento. In particolare dall’art. 29 delle N.A. si evince la fascia A ha l’obiettivo di garantire le condizioni di sicurezza e comunque di favorire l’evoluzione naturale del fiume nonché la c.d. laminazione delle onde di piena, cioè il fenomeno per cui il colmo dell’onda fluviale si abbassa mano a mano che l’onda prosegue da monte verso valle. In pratica ciò significa che la fascia A é vocata a fungere, ove necessario, da alveo del fiume, in modo da garantire che l’onda, distribuita su una maggior larghezza, abbassi il suo colmo. Dall’art. 30 si ricava invece che la fascia B ha l’obiettivo di mantenere e migliorare la funzionalità idraulica ai fini della capacità di invaso e, ancorquì, della laminazione dell’onda di piena. E’ quindi evidente che le fasce fluviali A e B non indicano, semplicemente, delle zone soggette a possibile esondazione del fiume, ma intendono affermare e garantire la natura di pertinenza fluviale delle aree in esse incluse.

5.1.3. Ciò chiarito, pare al Collegio evidente che la finalità sottesa alla individuazione delle fasce fluviali A e B possa essere garantita solo considerando la realizzazione di opere in tali aree come un evento assolutamente eccezionale, giustificabile – come tale – solo alla luce della oggettiva impossibilità di dislocarle in altri luoghi senza comprometterne la funzionalità e/o il servizio pubblico essenziale cui esse devono afferire, il quale costituisce anche l’unica ragione per la quale si consente la realizzazione di manufatti nelle zone fluviali in questione: opinando diversamente le suddette fasce fluviali finirebbero per ospitare, nel lungo termine, un numero di opere tale da alterare le caratteristiche morfologiche del fiume e da determinare l’alterazione del corso naturale dell’acqua.

5.1.4. Orbene, in relazione ad un impianto fotovoltaico é piuttosto arduo sostenere che esso non possa essere traslato a meno di compromettere il servizio di distribuzione di energia elettrica. Un impianto fotovoltaico é alimentato dalla energia solare e quindi, al contrario degli impianti di produzione di energia idroelettrica od eolica, non é correlato ad una particolare ubicazione. L’energia elettrica prodotta da un qualsiasi impianto, pubblico o privato, viene poi immessa nella rete, dalla quale viene smistata verso le località in cui vi é necessità, che non sono necessariamente quelle immediatamente circostanti al sito di produzione. In ogni caso la rete di distribuzione dell’ energia elettrica é alimentata da un insieme di fonti di produzione, di guisa é ben difficile che il relativo servizio possa essere compromesso dal venir meno di un solo impianto, per giunta non ancora funzionante.

Conseguentemente, al fine di ottenere il riconoscimento che l’impianto fotovoltaico oggetto del giudizio rientrava, in quanto opera “non altrimenti localizzabile”, nella deroga prevista dall’art. 38 delle N.A. del PAI la ricorrente avrebbe quantomeno dovuto dimostrare che il sito prescelto era/é l’unico a garantire la produzione di energia elettrica programmata ed inoltre che il Gestore della rete, cessionario della energia prodotta, avrebbe destinato questa ultima per coprire località non ancora servite o non altrimenti servibili dalla rete già esistente di distribuzione della energia elettrica.

5.1.5. Come esattamente eccepito dalle Amministrazioni resistenti, la ricorrente non ha dimostrato nulla di tutto ciò, né nel corso della Conferenza di Servizi né nel corso del giudizio, limitandosi a rilevare che il sito prescelto era quello che poneva minori problemi di compatibilità ambientale.

5.2. Alla luce delle considerazioni che precedono, tenuto conto della cogenza delle norme del P.A.I., la cui applicazione non é demandata solo alla Autorità di Bacino od all’A.I.P.O.; considerato infine che il concetto di “opera non altrimenti localizzabile” deve essere valutato alla stregua dei criteri di interpretazione dell’art. 38 delle N.A.del PAI, e non alla stregua di nozioni di carattere scientifico, di guisa che sul punto non viene in considerazione l’esercizio di discrezionalità tecnico-amministrativa riservata alla competenza esclusiva della Autorità di Bacino e/o dell’A.I.P.O.; tutto ciò rilevato ritiene il Collegio che la Provincia di Asti, in qualità di autorità procedente, aveva il potere ed il dovere di far rilevare che l’impianto oggetto di causa non poteva essere licenziato in quanto insistente in fascia fluviale di tipo A e B ed in quanto opera “altrimenti localizzabile”.

Tale considerazione, peraltro puntualmente esplicitata sia nella determina del 24 giugno 2010 (al punto 24) che in quella successiva del 20 agosto 2010 (punto 9.B.2.3.), da sola giustificava il diniego di autorizzazione già in epoca precedente alla entrata in vigore delle nuove Linee guida ed a prescindere da qualsiasi considerazione afferente la compatibilità del progetto con il deflusso delle acque e l’individuazione dell’Ufficio A.I.P.O. competente a rendere il parere obbligatorio e vincolante.

5.3. Si può dunque affermare, alla stregua delle considerazioni che precedono, che anche le determine della Provincia di Asti n. 3117 del 24.6.2010 e n. 4062 del 20 agosto 2010, erano legittime.

6. Non avendo il Collegio ravvisato illegittimità in alcuno degli atti impugnati nell’ambito del presente giudizio, la domanda risarcitoria formulata dalla ricorrente va respinta.

La responsabilità della pubblica amministrazione da atto amministrativo può correlarsi, infatti, solo ad un atto amministrativo illegittimo, il quale, connotando di ingiustizia il danno da esso conseguente, ne rende possibile il risarcimento ai sensi dell’art. 2043 c.c. In difetto di tale illegittimità l’atto amministrativo non é idoneo, a priori, a generare una responsabilità della Pubblica Amministrazione, che solo nei soli casi individuati dall’art. 21 quinquiesdella L. 241/90 (che peraltro la ricorrente non ha invocato) può essere tenuta a corrispondere un indennizzo (e non un risarcimento).

7. Il ricorso va conclusivamente respinto.

La particolarità delle questioni trattate giustifica tuttavia la compensazione delle spese.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:

- dichiara improcedibili per sopravvenuto difetto di interesse il ricorso principale ed il ricorso per motivi aggiunti depositato il 17/11/2010;

- dichiara il ricorso per motivi aggiunti depositato il 6/07/2011 in parte infondato ed in parte inammissibile;

- respinge la domanda risarcitoria.

- compensa le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Lanfranco Balucani, Presidente

Roberta Ravasio, Primo Referendario, Estensore

Paola Malanetto, Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 22/02/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)