TAR Lazio (RM) Sez. II-bis n.1899 del 16 febbraio 2021
Sviluppo sostenibile.Impianto geotermico

Quando, nei procedimenti di autorizzazione degli impianti sperimentali di cui all’art. 1, comma 3 bis, del d.lgs. 22/2010, non si raggiunge l’intesa, la natura degli interessi pubblici sottesi al procedimento di cui si tratta richiede che la decisione circa l’autorizzazione all’impianto sia devoluta al massimo livello di amministrazione, ovvero al Consiglio dei Ministri, il quale è chiamato a deliberare per risolvere il dissenso nella sede del procedimento di cui all’art. 14 quater della l. 241/90 (nel testo vigente ratione temporis, successivamente sostituito dalla diversa disciplina di cui all’art. 14 quinquies), adottando una decisione che viene qualificata come avente “natura di atto di alta amministrazione” e che, dunque, implica un apprezzamento particolarmente ampio degli interessi in esame. Nella misura in cui sussiste un inevitabile grado (sia pur minimo) di incertezza sugli effetti dell’utilizzo della tipologia di impianto di cui si discute (in quanto sperimentale), l’autorizzazione all’esercizio presuppone l’assunzione del rischio in capo ad una valutazione latamente politica (in termini di bilanciamento tra il grado di rischio e l’interesse allo sviluppo della produzione di energia) che proprio per la sua rilevanza è rimessa al Consiglio dei Ministri, che è chiamato a decidere nel confronto con le Regioni interessate.


Pubblicato il 16/02/2021

N. 01899/2021 REG.PROV.COLL.

N. 13903/2019 REG.RIC.

N. 14585/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 13903 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Regione Umbria, in persona del Presidente, legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marcello Cecchetti, Natascia Marsala, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Marcello Cecchetti in Roma, piazza Barberini 12;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, ciascuno in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Regione Lazio, in persona del Presidente, legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Rosa Maria Privitera, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comune di Castel Giorgio, Comune di Acquapendente, Comune di Allerona, Comune di Bolsena, Comune di Grotte di Castro, Comune di Montefiascone, Comune di Castel Viscardo, Comune di Orvieto non costituiti in giudizio;
ITW LKW Geotermia Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Vincenzo Assenza, Antonio Corrado Assenza, Pietro Laffranco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;


sul ricorso numero di registro generale 14585 del 2019, proposto da
Regione Lazio, in persona del Presidente, legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Rosa Maria Privitera, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, ciascuno in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

ITW LKW Geotermia Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Vincenzo Assenza, Giuseppe Giuffrè, Enrico Gai, Antonio Corrado Assenza, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

- quanto al ricorso n. 13903 del 2019:

(con il ricorso introduttivo) della determinazione del Consiglio dei ministri (di seguito anche “CDM”) adottata nella riunione del 31 luglio 2019, del processo verbale della riunione del Consiglio dei ministri del 31 luglio 2019, del parere tecnico n. 3025 del 31 maggio 2019, del verbale – ordine del giorno dell'Assemblea Plenaria CTVIA del 31 maggio 2019, della nota 17 giugno 2019, inviata al Capo di Gabinetto del MATTM, del parere tecnico n. 3062 del 5 luglio 2019, del verbale – ordine del giorno 5 luglio 2019 dell'Assemblea Plenaria della CTVIA , del verbale della terza riunione di coordinamento tenutasi il 10 settembre 2018 presso il Dipartimento per il Coordinamento Amministrativo (di seguito “DICA”) della Presidenza del Consiglio dei ministri; del verbale della seconda riunione di coordinamento tenutasi il 25 giugno 2018 presso il DICA della Presidenza del Consiglio dei ministri, del verbale della prima riunione di coordinamento tenutasi il 25 maggio 2018 presso il DICA della Presidenza del Consiglio dei ministri; dell'istanza del Ministero dello Sviluppo Economico (di seguito “MISE”) dell'11 maggio 2018;di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorché allo stato non conosciuto

(con i motivi aggiunti presentati da REGIONE UMBRIA il 31\8\2020): del decreto 16 marzo 2020, pubblicato nel Bollettino Ufficiale degli Idrocarburi e delle Georisorse (BUIG) n. 3 del 31 marzo 2020, con il quale il MISE e il MATTM hanno rilasciato a ITW&LKW Geotermia Italia S.p.a. «il permesso di ricerca di risorse geotermiche denominato “Castel Giorgio”, finalizzato alla sperimentazione dell'impianto pilota convenzionalmente denominato “Castel Giorgio» ed hanno contestualmente approvato il relativo programma dei lavori; delle note prot. 28872/DVA del 21.10.2016 e prot. 23410 del 17.9.2019, menzionate nel decreto del 16 marzo 2020 e non cognite, con le quali il MATTM ha prima espresso e poi confermato il proprio concerto al rilascio del permesso di ricerca; di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorché allo stato non conosciuto.

- quanto al ricorso n. 14585 del 2019:

(con il ricorso introduttivo): della deliberazione Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 31 luglio 2019, del processo verbale della riunione del Consiglio dei ministri del 31 luglio 2019 e degli altri atti e provvedimenti già elencati in ordine al ricorso della Regione Umbria;

(con i motivi aggiunti presentati da REGIONE LAZIO il 21\7\2020): del Decreto n. 16 del 30 marzo 2020 del Ministero Sviluppo Economico e Ministero Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare e degli altri atti e provvedimenti già elencati in ordine al ricorso per motivi aggiunti della Regione Umbria.


Visti i ricorsi i relativi motivi aggiunti e tutti gli allegati;

Visti gli atti di costituzione in ciascun giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dello Sviluppo Economico, del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, e della ITW LKW Geotermia Italia S.p.A. e l’atto di costituzione della Regione Lazio nel giudizio sul ricorso nr. 13903/2019 della Regione Umbria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2021, celebratasi in videoconferenza tramite collegamento da remoto, il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La Regione Umbria e la Regione Lazio impugnano gli atti, meglio elencati in epigrafe, con i quali è stata disposta l’intesa circa l’autorizzazione all’avvio dell’impianto geotermico nel Comune di Castel San Giorgio, proposto dalla società ITW LKW Geotermia Italia spa.

Le Regioni premettono, in punto di fatto, che:

- l’istanza veniva presentata dalla ITW al MISE in data 19 luglio 2011, ai sensi del d.lgs. n. 22/2010 ed aveva ad oggetto due impianti pilota (Castel Giorgio - Torre Alfina);

-l’8 gennaio 2014 veniva presentata una nuova istanza per il solo impianto pilota “Castel San Giorgio”, con aumento di potenza da 3,2 MWe a 5 MWe;

- i pozzi di produzione e reiniezione sono dislocati in un’area molto vasta, tanto che la parte terminale sotterranea di essi si insinua al di sotto del bacino idrogeologico del Lago di Bolsena;

-seguiva un lungo iter amministrativo, di circa sei anni, del quale viene in rilievo - nella presente sede di giudizio - il tratto conclusivo;

- l’8 settembre 2015, si apriva la conferenza dei servizi presso il MISE nella quale venivano espresse diverse riserve da parte delle Amministrazioni coinvolte;

- il procedimento rimaneva pendente fino alla sentenza del TAR Umbria 9 aprile 2018, n. 197 con la quale venivano annullate delibere regionali dell’Umbria volte ad esprimere rilievi in senso ostativo all’accoglimento dell’istanza, con obbligo per il MISE di procedere alla conclusione del procedimento;

- il MISE attivava la procedura di cui all’art. 14 quater, comma 3, della l. 241/90, volta a superare il dissenso espresso dagli EELL e dalla Regione, rimettendo il procedimento alla sede del Consiglio dei Ministri;

- presso il DICA della Presidenza del Consiglio dei Ministri si tenevano riunioni di coordinamento istruttorio (25 maggio, 25 giugno e 10 settembre 2018) all’esito delle quali i Comuni producevano un documento tecnico-amministrativo contenente dati e prove in ordine al rischio sismico (considerati i terremoti avvenuti nell’area nel 2016) e l’impatto dell’opera sul paesaggio e sugli acquiferi del Lago di Bolsena e dell’Alfina;

- la Regione Umbria faceva propri i contenuti del documento dei Comuni;

- la Direzione Regionale Politiche Ambientali della Regione Lazio, con propria nota, informava la Presidenza del Consiglio di non ritenere possibile l’esclusione di impatti negativi sulle zone di prelievo dell’acqua potabile nel bacino del Lago di Bolsena.

- nella conferenza dei servizi apertasi presso il MISE l’8 settembre 2015 (alla quale veniva invitata solo la Regione Umbria, mentre alla Regione Lazio veniva richiesto esclusivamente di rilasciare il parere tecnico di cui sopra), esprimevano riserve sull’impianto i Comuni di Castel Giorgio, Montefiascone, Orvieto, Acquapendente, Bolsena, Castel Viscardo e le Province di Viterbo e Terni; il MIBACT - Direzione Generale Archeologia, la Soprintendenza Archeologica dell’Umbria, le Regioni Lazio ed Umbria.

In particolare:

- la Soprintendenza Archeologica dell’Umbria rilevava “presenze archeologiche documentate” e che un vincolo verteva sulla “necropoli in loc. Lauscello (decreto del 21.6.2011)”; avviava quindi la verifica preventiva dell’interesse archeologico e subordinava il proprio parere al relativo esito;

- il DG del MIBACT si riportava al parere della Soprintendenza;

- il Servizio risorse idriche e Rischio idraulico della Regione Lazio chiedeva espressamente il rispetto “del comma 3 dell’art. 16 del DPR 395/1991 in merito alla distanza da mantenere per la postazione di perforazione dei pozzi rispetto alla linea di confine del permesso”, riservandosi la richiesta di “ulteriori approfondimenti istruttori a valle della verbalizzazione della presente CdS”;

- in conclusione di seduta la ITW, con riferimento alle richieste del MIBACT (espressamente definite dal Ministero come essenziali ai fini della propria definitiva determinazione), precisava di non possedere “ulteriore documentazione ad integrazione di quanto già prodotto e presente agli atti”, rifiutandosi di fatto di produrre le integrazioni richieste; il MISE, ignorando sostanzialmente il predetto rifiuto, invitava “le Amministrazioni intervenute a formulare al più presto eventuali richieste di integrazioni e approfondimenti tecnici istruttori” direttamente alla proponente.

A seguito della richiamata Sentenza del TAR Umbria 9 aprile 2018, n. 197 e delle conseguenti riunioni di coordinamento istruttorio presso il DICA, il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 28 novembre 2018, sospendeva ogni decisione per acquisire ulteriori approfondimenti “diretti, in particolare, a verificare la possibilità di svolgere una nuova VIA sul progetto, che tenga conto degli eventi sismici del 2016, non considerati nel provvedimento di VIA, in quanto rilasciato nel 2015”.

Con parere tecnico n. 3025 del 31 maggio 2019, la CTVIA stabiliva che “il parere n. 1641 del 31.10.2014 relativo all’impianto geotermico di Castel Giorgio emanato con decreto VIA positivo n. 59 del 3.4.2015 non richiede nessuna ulteriore analisi e resta pertanto confermato in tutti i suoi aspetti”. Ad identiche conclusioni è giunta la CTVIA con il parere tecnico n. 3062 del 5 luglio 2019, nel quale – con l’unico approfondimento dato dal mero rinvio ad una intervista del Presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia comparsa su un giornale locale on line - si confermava “quanto espresso nel parere n. 3025 del 31 maggio 2019”.

Si svolgeva quindi la riunione del Consiglio dei Ministri del 31 luglio 2019, alla quale non partecipava il Presidente della Regione Umbria, come richiesto dall’art. 14 quater co. 3 l. 241/1990, ma un delegato (l’Assessore Bartolini); né, nondimeno, partecipava la Regione Lazio, non essendo stata ritualmente e formalmente convocata; in detta riunione, il Consiglio dei Ministri deliberava di “superare la mancata intesa della Regione Umbria e di consentire la prosecuzione del procedimento di assegnazione del permesso di ricerca denominato “Castel Giorgio”.

Sulla base di tali premesse, le Regioni deducono le seguenti articolate ragioni di censura.

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 co. 2 bis D. Lgs 22/2010 - ingiustizia manifesta - illogicità e contraddittorietà - sviamento di potere.

Alla riunione del 31 luglio 2019 la Regione Umbria non veniva coinvolta adeguatamente: invero, il Presidente della Regione si era dimesso alcuni giorni prima, così che non poteva essere reso il parere richiesto dall’art. 14 quater comma 3 della l. n. 241/90 (era presente all’incontro soltanto un delegato del vice-Presidente facente funzioni, l’Assessore Bartolini, al solo scopo di rappresentare l’impossibilità giuridica per la Regione di pronunciarsi sull’intesa e chiedere il rinvio della riunione in corso a data successiva alle elezioni regionali).

In punto di violazione dell’intesa, precisa la Regione Umbria che il Presidente della Regione era dimissionario e che il vicario, a norma di Statuto, è titolato ad assumere solamente determinazioni di ordinaria amministrazione, nell’ambito della quale non sarebbe riconducibile il parere in ordine all’autorizzazione all’impianto di cui trattasi, attesa la natura eccezionale di quest’ultimo ed i considerevoli rischi connessi alla gestione ed alla tutela del territorio, che la Regione illustra ed approfondisce, come già anche la Regione Lazio, riportandosi allo studio dei Comuni che i pareri impugnati avrebbero immotivatamente disatteso

La DCDM del 31 luglio 2019 avrebbe omesso di acquisire l’atto di intesa anche della Regione Lazio, il territorio della quale è interessato all’impianto, in quanto gli sversamenti di quest’ultimo avvengono nel sottosuolo laziale, verso il bacino idrico del Lago di Bolsena.

Sulla base di articolati profili tecnici, approfonditi in atti, le Regioni paventano che, a fronte della produzione di soli 5 MW dell’impianto, sussisterebbe il rischio di determinare gravi effetti negativi sulla qualità delle acque destinate ad uso idropotabile (sia per la Regione Umbria che quanto alle zone nord della Regione Lazio).

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 120 Cost., dell’art. 21 quinquies l. 241 /1990, violazione e falsa applicazione del rapporto ICHESE, delle linee guida MISE del 24.11.2014, del principio di precauzione (artt. 3 ter e 301 co. 1 D. Lgs 152/2006 - Art. 174 par. 2 Trattato CE) - eccesso di potere per assoluta carenza di istruttoria e motivazione - travisamento dello stato dei luoghi - errore sui presupposti di fatto - disparità di trattamento - contraddittorietà - illogicità – sviamento.

I pareri CTVIA del 31 maggio e 5 luglio 2019 sarebbero illegittimi in quanto non avrebbero eseguito l’approfondimento richiesto dal CDM in relazione al rischio sismico.

Invero, disattendendo la memoria e le relazioni tecniche dei Comuni senza entrare nel merito di quanto rappresentato, con il parere tecnico n. 3025 del 31 maggio 2019, la CTVIA ha stabilito infatti solo che “il parere n. 1641 del 31.10.2014 relativo all’impianto geotermico di Castel Giorgio emanato con decreto VIA positivo n. 59 del 3.4.2015 non richiede nessuna ulteriore analisi e resta pertanto confermato in tutti i suoi aspetti”.

Inoltre, in riscontro ad una sollecitazione inviata dal Capo di Gabinetto del MATTM a seguito della recentissima sentenza n. 7573 dell’11 giugno 2019, con la quale il TAR per il Lazio nel caso dell’impianto di stoccaggio di gas denominato San Benedetto ha affermato che “a circostanze oggettive sopravvenute - tali da rendere plausibile, o comunque possibile, un riscontrato aumento dei rischi sismici - non può non ritenersi corrispondente un obbligo di riesame, finalizzato alla conferma del progetto in esame o alla adozione di prescrizioni ulteriori atte a mitigare i predetti rischi”, con nota del 17 giugno 2019 la Direzione Generale per le valutazioni e le autorizzazioni ambientali del MATTM ha ritenuto di “dover confermare quanto già contenuto nella pregressa corrispondenza, in particolare nel parere n. 3025 del 31 maggio 2019 della CTVIA, salvo diverso avviso, di merito tecnico, della Commissione stessa alla quale la presente nota viene pure trasmessa” . A identiche conclusioni è giunta la CTVIA con il parere tecnico n. 3062 del 5 luglio 2019, nel quale ha confermato “quanto espresso nel parere n. 3025 del 31 maggio 2019”.

Evidenzia Regione Lazio che nella sentenza appena richiamata, il TAR ha ritenuto meritevole di accoglimento la censura riguardante la mancata valutazione, nel giudizio positivo di compatibilità ambientale originariamente reso da parte della CTVIA, dei “contenuti tecnici che oggi, secondo la stessa Commissione ICHESE, costituiscono i parametri di riferimento in materia” (esattamente come sopra precisato).

Il caso odierno sarebbe perfettamente sovrapponibile a quello esaminato e deciso dal

TAR con la sentenza 7573/2019, apparendo effettivamente illogica la scelta della CTVIA manifestata con i pareri del 31 maggio e del 5 luglio di non riaprire il procedimento di VIA, rinviando semplicemente al precedente giudizio di compatibilità ambientale, reso nel 2014 senza alcun approfondimento sugli indici di riferimento contenuti nel rapporto ICHESE (e nelle Linee guida MISE 2014), senza considerare il terremoto distruttivo del 1957 e senza conoscere tutti i dati che sono emersi a seguito del sisma del 2016.

Pertanto, secondo la Regione Lazio, la decisione del 31 luglio 2019 non sarebbe riconducibile ad un confronto reiterato e produttivo tra Regione e Stato centrale, né alla stessa si può ritenere cha abbia anche soltanto in parte contribuito la Regione Umbria, come richiesto dalla Consulta, ma trattasi di decisione unilaterale del CdM vittima peraltro degli insanabili vizi dei pareri CTVIA del 31 maggio e 5 luglio 2019, che la travolgono insanabilmente in via derivata per essere stati acriticamente e pedissequamente ripresi (senza neanche sentire sul punto il Presidente in carica) nella deliberazione finale, che è perciò da ritenersi atto unilaterale adottato in spregio del principio di leale collaborazione di cui all’art. 120 Cost.

3) Quanto al bacino idrogeologico ed in ordine all’acquifero superficiale idropotabile del Lago di Bolsena e dell’Alfina e sulle attività termali; rinnovata violazione del principio di leale collaborazione di cui all’art. 120 Cost., dell’14 quater co. 3 l. 241/1990, in relazione all’art. 3 co. 2 bis D. Lgs 22/2010 - eccesso di potere per assoluta carenza di istruttoria e motivazione

Una delle più rilevanti criticità che i Comuni hanno denunciato nel documento prodotto alla terza riunione di coordinamento, è quella che riguarda l’impatto dell’impianto pilota Castel Giorgio sui bacini idrogeologici e sugli acquiferi superficiali idropotabili del Lago di Bolsena e dell’Alfina.

Nelle relazioni di cui all’all. 19, è stato dimostrato come i pozzi di produzione siano in grado di richiamare acqua, attraverso le faglie, dell'acquifero superficiale dell’Alfina, mentre quelli di reiniezione causeranno la risalita attraverso le faglie di fluido geotermico contenente arsenico e altre sostanze cancerogene nell’acquifero superficiale del Lago di Bolsena.

Sia la Regione Umbria che la Regione Lazio si soffermano sui contenuti e sulle conclusioni delle perizie prodotte dai Comuni, che confermerebbero l’insufficienza ai fini istruttori degli atti impugnati.

Entrambe le Regioni, quindi, concludono per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi e per l’annullamento degli atti impugnati.

In entrambi i giudizi si sono costituite la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la società proponente, controinteressata, ITW LKW Geotermia Italia Spa, che resistono al gravame del quale chiedono il rigetto.

Le Regioni ricorrenti sono intervenute, rispettivamente, ciascuna nel giudizio proposto dall’altra, chiedendo l’accoglimento del gravame.

Con motivi aggiunti, le Regioni hanno poi impugnato il permesso di ricerca di risorse geotermiche denominato “Castel Giorgio” nel frattempo pubblicato sul Bollettino Ufficiale delle Georisorse del 31 marzo 2020, chiedendone l’annullamento per vizi derivati dalle censure dedotte avverso la deliberazione del Consiglio dei Ministri presupposta ed oggetto di gravame con i ricorsi introduttivi.

Si è costituita in entrambi i giudizi la società controinteressata, la quale resiste ai ricorsi di cui chiede il rigetto, deducendo quanto segue.

La società controinteressata precisa in fatto che:

- il progetto pilota “Castel Giorgio”, nella sua versione definitiva, riguarda un impianto geotermico sperimentale, con centrale di produzione elettrica a ciclo organico (ORC), capace di generare energia e calore, in assenza di emissioni in atmosfera, sfruttando come fonte di energia primaria, fluidi geotermici che all’esito del processo vengono reiniettati nelle formazioni geologiche di provenienza ed è costituito da 5 pozzi di produzione ubicati in tre piazzole, un sistema di tubazioni di convogliamento, quattro pozzi di reiniezione del fluido geotermico ubicati in altra piazzola, una tubazione di collegamento del fluido raffreddato in uscita e dalla linea elettrica in media tensione di collegamento alla Rete Nazionale;

- l’impianto è interamente situato nel territorio della Regione Umbria, con collocazione dell’impianto di maggiore ingombro in area che il PRG destina a “esercizio di impianti geotermici” in via esclusiva;

- nel procedimento di VIA la Regione Umbria aveva reso inizialmente un parere ambientale di natura interlocutoria, ma sostanzialmente favorevole, solo successivamente adeguandosi alle posizioni contrarie dei Comuni ed adottando delibere intese ad ulteriori adempimenti procedimentali annullate dal TAR Umbria con sentenza 197/2018 (non appellata);

- sulla base della prima fase istruttoria, la CTVIA aveva adottato il parere n. 1641 del 31.10.2014 con il quale esprimeva “parere positivo in merito alla realizzazione dell’impianto condizionato al rispetto” di specifiche prescrizioni; con decreto n. 59 del 3 aprile 2015 il MATTM di concerto con il Mibact accertava “la compatibilità ambientale relativa al progetto di realizzazione” dell’Impianto; tale provvedimento non veniva impugnato dalla Regione Umbria;

- nella riunione del Consiglio dei Ministri del 31 luglio 2019 la Regione Umbria era presente nella persona di un assessore delegato dal Vice Presidente della Giunta Regionale, che, come risulta dal verbale, si sarebbe espresso nel merito (“in senso negativo all’intesa, conformemente al parere dell’Avvocatura Generale della Regione”).

La controinteressata, in diritto, eccepisce il difetto di competenza del TAR Lazio, che andrebbe declinata in favore del TAR Umbria; i motivi aggiunti (notificati il 9 luglio 2020) sarebbero irricevibili in quanto depositati il 30 agosto 2019, in violazione dei termini dimidiati di cui all’art. 119, comma 1, lett. f) c.p.a. (al quale la fattispecie va ricondotta essendo il progetto approvato con valore di pubblica utilità delle opere ed apposizione del vincolo preordinato all’esproprio ex art. 1, c. 1 del D. lgs. n. 22/2010); manifesta infondatezza nel merito dei primi due motivi di ricorso (III e IV) in quanto sarebbe errata la interpretazione delle ricorrenti circa la natura della fattispecie di cui all’art. 14 ter, c. 3, della l. 241/90 (sarebbe richiesta e sufficiente, alla terza riunione, la sola “partecipazione” della Regione il Presidente della quale non sarebbe chiamato ad esercitare un autonomo potere rappresentativo e deliberativo; in ogni caso, l’Assessore presente si sarebbe espresso nel merito, con ciò integrando una precisa manifestazione di volontà e di giudizio; quanto alla mancata partecipazione della Regione Lazio, quest’ultima non aveva titolo ad essere invitata o a partecipare al procedimento, non essendo territorialmente coinvolta e comunque aveva espresso già un proprio parere, del quale gli atti istruttori avrebbero tenuto motivatamente conto).

La Regione Umbria sarebbe stata adeguatamente coinvolta in tutto il procedimento, non potendosi comprendere in quali altri termini avrebbe dovuto partecipare alla definizione dei pareri tecnici richiesti dal C.d.M. alla CTVIA, né perché la stessa non abbia prodotto già in sede di istruttoria dinnanzi al DICA o anche successivamente alcun documento o contributo tecnico utile a supportare le proprie tesi.

I motivi aggiunti e lo stesso ricorso sarebbero poi manifestamente irricevibili o inammissibili per mancata impugnazione del decreto VIA n. 59/2015, che precluderebbe l’esame di tutte le questioni ivi esaminate in senso favorevole al progetto.

Nel merito dei pareri impugnati, premette che le valutazioni espresse dalla CTVIA sarebbero censurabili solo in presenza di vizi macroscopici causati da manifesta abnormità, irragionevolezza, contraddittorietà e superficialità (assenti nella fattispecie); (ii) dall’altro, non sarebbe ammissibile una domanda volta ad ottenere dall’A.G.A. una valutazione sostitutiva rispetto a quella espressa dalla P.A. competente. In altre parole, non sarebbe possibile – come pretenderebbe la ricorrente – sostituire alle scelte/decisioni della P.A., le valutazioni di presunti “esperti”: a fortiori se come nella fattispecie il fondamento della relazione tecnica dei Comuni è scaturente da documenti che sarebbero privi di qualsiasi valenza scientifica. Inoltre, il carattere “ambientalmente ecosostenibile” degli impianti geotermoelettrici a ciclo binario (quale l’Impianto), nonché la validità sul piano tecnico e la sostenibilità sul piano ambientale del Progetto sarebbero già stati riconosciuti dagli uffici tecnici della ricorrente Regione Umbria (parere del Servizio Risorse Idriche e Rischio Idraulico della Regione Umbria, trascritto nella delibera regionale n. 736 del 29 giugno 2016).

Quanto al parere CTVIA del 31 maggio 2019 n. 3025, rimarca la controinteressata che con tale studio la CTVIA ha svolto un’indagine sull’incidenza dei sopravvenuti eventi sismici sulle valutazioni già espresse nel parere n. 1641 del 31 ottobre 2014, valutando se gli eventi sismici del 2016 costituissero un elemento “nuovo” idoneo a rendere non più attuali le proprie valutazioni e quindi a rendere opportuna una riedizione del potere e negando motivatamente tale circostanza. Nessuna doglianza potrebbe quindi rivelarsi fondata in punto di rischio sismico: la nota del 16.10.2018 della Regione Lazio sarebbe solo ipotetica e senza alcuna effettiva analisi del Progetto e del contesto in cui si inserisce, prospettando rischi esclusi dalla CTVIA con tre pareri adottati pressoché all’unanimità dei presenti e dagli stessi uffici tecnici della ricorrente; sarebbe del tutto erronea l’affermazione secondo cui il parere CTVIA si fonderebbe “solo sulla tabella fornita dall’Osservatorio Nazionale Terremoti in ordine alla localizzazione degli epicentri”, dato che essa si fonda sulle approfondite valutazioni, anche statistiche, sul rischio sismico già esperite in sede di VIA (che devono considerarsi parte integrante del relativo atto) e partendo da tali risultanze opera un’attenta analisi dei dati disponibili sulla localizzazione, intensità e natura degli eventi sismici de quibus e dell’incidenza dei medesimi sulla sismicità naturale di Castel Giorgio, escludendo qualsiasi correlazione e/o influenza tra la sequenza sismica “Amatrice-Norcia-Visso” avviatasi il 24 agosto 2016 ed eventuali fenomeni sismici occorsi nel medesimo periodo nel Comune di Castel Giorgio.

Si sono costituite anche le Amministrazioni intimate che resistono ai ricorsi dei quali chiedono il rigetto, svolgendo argomentazioni e deduzioni sovrapponibili a quanto già esposto.

Le parti hanno scambiato memorie e repliche, nonché documenti di causa.

Nella pubblica udienza del 12 gennaio 2021, le cause sono state trattenute in decisione.

DIRITTO

Nell’odierno giudizio, le Regioni ricorrenti lamentano la illegittimità dei provvedimenti impugnati con i quali è stato risolto il dissenso tra le Amministrazioni coinvolte nel procedimento di autorizzazione per l’avvio dell’impianto della controinteressata ed è stata effettivamente rilasciata la suddetta autorizzazione.

I) Deve preliminarmente respingersi l’eccezione di difetto di competenza del TAR Lazio, che andrebbe declinata in favore del TAR Umbria.

Al fine di stabilire la competenza territoriale del giudice amministrativo, deve aversi riguardo all’ambito spaziale degli effetti del provvedimento impugnato, anche in relazione alla domanda formulata dalle parti: nel caso di specie, viene dedotto un elemento di fatto avente carattere di novità, rispetto a quanto allegato nella fattispecie esaminata a suo tempo dalla sez. III ter di questo TAR, che con del ordinanza n. 7423 del 27 giugno 2017 declinava la competenza territoriale a favore del TAR Umbria, e da quest’ultimo Tribunale nel giudizio conclusosi con la sentenza nr. 197/2018 e cioè che – anche all’esito degli sviluppi procedimentali - si paventa un (potenziale) effetto diretto dell’impianto sulla risorsa idrica del Lago di Bolsena che interessa anche la Regione Lazio; quest’ultima sarebbe peraltro interessata dagli effetti dell’autorizzazione (ovvero dal funzionamento dell’impianto oggetto dell’autorizzazione) per i rilievi che potrebbe avere in rapporto alle attività sismiche (potenzialmente capaci di propagarsi oltre i confini tra le due Regioni).

Anche se tale ambito di efficacia del provvedimento impugnato dipende, in concreto, da fatti e presupposti l’accertamento dei quali è riservato all’esito della controversia, ai fini della regolazione della competenza territoriale tra i TAR è necessario avere riguardo al petitum e dunque alla prospettazione della parte ricorrente.

Deve pertanto affermarsi la competenza del TAR Lazio sulla odierna controversia, attenendo quest’ultima ad una fattispecie nella quale viene in rilievo l’accertamento di potenziali effetti ambientali del provvedimento impugnato in un ambito transregionale.

II) Vanno poi respinte le eccezioni di rito sollevate dalla controinteressata.

Secondo la prima delle suddette eccezioni, il ricorso per motivi aggiunti sarebbe tardivamente depositato, in quanto dovrebbe applicarsi alla fattispecie la speciale disciplina di cui all’art.119, comma 1, lett. f) c.p.a., poiché il progetto risulta approvato con valore di pubblica utilità delle opere ed apposizione del vincolo preordinato all’esproprio ex art. 1, c. 1 del D. lgs. n. 22/2010.

Si tratta di una affermazione priva di riscontro in fatto, posto che non risulta effettivamente apposto alcun vincolo preordinato all’esproprio, essendo i terreni interessati dalla realizzazione dell’impianto tutti nella proprietà o nella disponibilità della controinteressata proponente l’iniziativa.

Parimenti infondata è l’ulteriore eccezione con la quale viene dedotta la irricevibilità o inammissibilità del gravame per mancata impugnazione del decreto VIA n. 59/2015: all’evidenza, è oggetto di contestazione un segmento procedimentale del tutto autonomo rispetto alla VIA n. 59/2015, che – come sarà meglio chiarito oltre – è stata motivatamente soggetta ad un riesame i risultati del quale integrano uno specifico interesse a ricorrere.

III) Quanto al merito, va preliminarmente esaminata la natura e la finalità del procedimento complesso di cui all’art. 14 ter, c. 3, della l. 241/90 (nel testo ratione temporis applicabile, in rapporto al caso di specie).

Va premesso che, come risulta pacifico tra le parti, gli impianti di cui si discute appartengono ad una categoria di centrali di produzione energetica con fonti rinnovabili che ha natura sperimentale (art. 1, comma 3 bis del d.lgs.22/2010). L’autorizzazione per dette tipologie di impianti ha carattere statale ed è rimessa al Ministero dello sviluppo economico, che opera di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la “Regione interessata” (art. 3, comma 2 bis, d.lgs. 22/2010).

E’ bene evidenziare che il modulo legislativo che disciplina la competenza a provvedere costituisce una misura funzionale alla migliore valutazione dei rischi connessi alla natura “sperimentale” degli impianti di cui all’art. 1, comma 3 bis, del d.lgs. 22/2010: quest’ultima implica, invero, che la novità della tecnologia e delle metodologie di estrazione e conversione della risorsa in energia non consente di disporre di dati storici confermati dalla prassi e dall’esperienza risalente che sono invece disponibili in rapporto agli impianti tradizionali.

La intrinseca impossibilità di contare su dati storici e di esperienza nell’esercizio dell’impianto, implica che la relativa autorizzazione deve scaturire da una valutazione di interessi che ha natura non già vincolata (come ordinariamente accade entro il più vasto ambito dei provvedimenti autorizzativi di iniziative economiche private), ma di ampio merito amministrativo, sostanziantesi in apprezzamenti di opportunità (anche politica), in un adeguato bilanciamento di interessi e nella conseguente (ragionevole) assunzione di un rischio.

In altri termini, per coniugare l’esigenza generale (di pubblica utilità) connessa alla promozione delle tecnologie di utilizzo delle fonti rinnovabili di produzione di energia ed il progresso nel loro impiego con l’altrettanto rilevante principio di precauzione, il legislatore, nel riconoscere esplicitamente l’importanza di tale genere di impianti (avendo ad essi dedicato specifiche norme), ha inteso apprestare la garanzia di una competenza a provvedere rafforzata, finalizzandola ad accertare in concreto la sussistenza dei presupposti per accedere alla sperimentazione dell’impianto, essendo impossibile, per le ragioni sin qui descritte, predeterminare esaustivamente in via generale ed astratta le condizioni tecniche e scientifiche di autorizzazione.

Il modulo collegiale che regola la competenza a provvedere (costituito dal MEF e dal MIBACT d’intesa con la Regione interessata) è preordinato a costituire quindi la principale garanzia di realizzazione di tali impianti, individuando gli opportuni accorgimenti volti a prevenire ricadute negative in termini ambientali e di sicurezza.

IV) Alla luce di quanto sin qui ritenuto, quando, nei procedimenti di autorizzazione degli impianti sperimentali di cui all’art. 1, comma 3 bis, del d.lgs. 22/2010, non si raggiunge l’intesa, la natura degli interessi pubblici sottesi al procedimento di cui si tratta richiede che la decisione circa l’autorizzazione all’impianto sia devoluta al massimo livello di amministrazione, ovvero al Consiglio dei Ministri, il quale è chiamato a deliberare per risolvere il dissenso nella sede del procedimento di cui all’art. 14 quater della l. 241/90 (nel testo vigente ratione temporis, successivamente sostituito dalla diversa disciplina di cui all’art. 14 quinquies), adottando una decisione che viene qualificata come avente “natura di atto di alta amministrazione” e che, dunque, implica un apprezzamento particolarmente ampio degli interessi in esame.

Nella misura in cui sussiste un inevitabile grado (sia pur minimo) di incertezza sugli effetti dell’utilizzo della tipologia di impianto di cui si discute (in quanto sperimentale), l’autorizzazione all’esercizio presuppone l’assunzione del rischio in capo ad una valutazione latamente politica (in termini di bilanciamento tra il grado di rischio e l’interesse allo sviluppo della produzione di energia) che proprio per la sua rilevanza è rimessa al Consiglio dei Ministri, che è chiamato a decidere nel confronto con le Regioni interessate.

V) Attese tali finalità, affinchè la deliberazione del Consiglio dei Ministri sia validamente assunta, è necessario che la partecipazione delle Regioni interessate sia assicurata in maniera effettiva e completa, non potendosi ritenere assolto il relativo obbligo di confronto (che attiene, come si è detto, alla peculiare valutazione degli interessi pubblici coinvolti nel procedimento ed all’assunzione di una responsabilità da rischio) con il rispetto meramente formale del precetto legislativo, essendo questo l’unico strumento di garanzia volto a perseguire l’effettivo equilibrio del caso concreto tra le esigenze di promozione, ricerca e sviluppo da un lato e di protezione ambientale e di sicurezza dall’altro.

VI) Nel caso di specie, in accoglimento delle tesi difensive delle due Regioni ricorrenti, deve ritenersi che non è stato assolto l’obbligo di effettivo ed efficace confronto tra le Amministrazioni aventi titolo a partecipare al procedimento ed alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, nei termini declinati dall’art. 14 quater della l. 241/90.

VI.1) Quanto alla Regione Umbria, era presente alla riunione del 31 luglio 2019 un rappresentante sfornito dei poteri di impegnare la Regione all’esterno e di validamente esprimerne la posizione (ovvero di partecipare con effetto utile alla valutazione collegiale degli interessi coinvolti nel procedimento).

Invero, attesa la rilevanza delle valutazioni che si richiedono alle Amministrazioni coinvolte nell’esame del progetto di impianti sperimentali di cui si discute, non è possibile ridurre la partecipazione all’attività del Consiglio dei Ministri ex art. 14 quater della l. 241/90 ad un atto di “ordinaria amministrazione” come vorrebbe la tesi delle resistenti, essendo necessarie valutazioni di ampia discrezionalità (incompatibili con la natura vincolata dell’ordinaria amministrazione).

Trattandosi di un potere volto alla tutela di interessi non disponibili, il compito del Presidente della Regione di prendere parte all’attività deliberativa del Consiglio dei Ministri di cui all’art. 14 quater della l. 241/90 non può quindi essere esercitato dal vicario che lo sostituisce in caso di dimissioni, ostando a ciò sia lo Statuto della Regione Umbria (che non attribuisce al vice Presidente tale genere di compiti), sia la natura degli interessi dedotti. La posizione espressa dal rappresentante del vicario nel caso di specie, ancorchè quest’ultimo abbia rappresentato un giudizio negativo di compatibilità e si sia quindi espresso nel merito del progetto, non è riferibile alla Regione, che non può dirsi validamente rappresentata a tali fini.

VI.2) Quanto alla posizione della Regione Lazio, osserva il Collegio che, a norma dell’art. 6 comma 5 del d.lgs. 22/2010 “qualora l'area della concessione interessi i territori di due o più regioni confinanti, il titolo è rilasciato di concerto fra le regioni medesime dal Presidente della Giunta regionale nel cui territorio ricade la maggiore estensione dell'area richiesta.”; la disposizione va coordinata con il comma 3 bis del medesimo articolo, secondo il quale “nel caso di sperimentazione di impianti pilota di cui all'articolo 1, comma 3-bis, l'autorità competente è il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che acquisiscono l'intesa con la Regione interessata”. Stando al suo tenore letterale, quest’ultimo comma (che ha natura di specialità rispetto alla disciplina ordinaria che include, a sua volta, anche il comma 5), sembrerebbe non tenere conto della circostanza che l’impianto pilota potrebbe interessare “il territorio di due o più regioni confinanti” come nella fattispecie del comma 5; ma si tratta di un mero difetto di redazione della norma, facilmente risolvibile dall’interpretazione sistematica dell’intera disposizione dell’art. 6 cit. in base al quale l’intesa andrà raggiunta con il (necessario) coinvolgimento (non della sola Regione nella quale ricade la sede dell’impianto ma) anche della Regione confinante la Regione “nel cui territorio ricade la maggiore estensione dell’area richiesta” anche al caso degli impianti pilota.

Con la conseguenza che, per questi ultimi, il MISE dovrà coinvolgere nell’intesa non solo la “Regione interessata”, ma “le Regioni interessate”, sia pure tenendo conto della diversità di interessi in ragione dell’estensione dell’impianto.

Tale interpretazione è suffragata dall’esegesi che deriva dal raffronto dell’art. 6 del d.lgs. 22/2010 con l’omologa previsione di cui all’art. 30 del d.lgs 152/2006, codice ambiente, che disciplina gli “impatti ambientali interregionali” distinguendo due ipotesi, ovvero interventi soggetti a VAS/VIA di competenza regionale, i quali risultino localizzati anche sul territorio di regioni confinanti, per i quali le procedure di valutazione e autorizzazione ambientale sono effettuate d'intesa tra le autorità competenti; e progetti o interventi (o loro parti) soggetti a VAS/VIA i quali (sono completamente localizzati entro il territorio di una regione, ma) possano avere “impatti ambientali rilevanti ovvero effetti ambientali negativi e significativi su regioni confinanti” per i quali l'autorità competente è tenuta “a darne informazione e ad acquisire i pareri delle autorità competenti di tali regioni, nonché degli enti locali territoriali interessati dagli impatti”.

Del resto, la Regione Lazio ha preso parte alla Conferenza dei Servizi indetta dal MISE per l’esame dell’istanza, essendo stata già coinvolta nel procedimento (a partire già dalla prima conferenza di servizi dell’8 settembre 2015, laddove il relativo Presidente attestava che “l’intero permesso di ricerca interessa sia la Regione Umbria sia la Regione Lazio”) ed avendo espresso un parere tecnico (tramite la nota del 16 ottobre 2018). Pertanto, come dedotto dall’Ente ricorrente, la stessa Regione avrebbe anche dovuto prendere parte al procedimento presso il DICA ed il Consiglio dei Ministri svoltosi successivamente.

Pertanto, la Regione Lazio aveva titolo a partecipare alla riunione del Consiglio dei Ministri di cui all’art. 14 quater della l. 241/90 al fine di superare il dissenso tra le Amministrazioni interessate al procedimento di autorizzazione dell’impianto pilota di cui si discute, in quanto, pur se la maggior parte di esso è localizzata in territorio della Regione Umbria, la risorsa naturale alla quale l’impianto sotterraneo attinge è transfrontaliera e dunque i relativi impatti ambientali possono essere significativi anche per la Regione confinante (a tal proposito, si rimanda al decreto di compatibilità ambientale n. 59 del 2015 che, tra i vari considerato, evidenzia la localizzazione delle opere in progetto “nell'area del Campo Geotermico di Torre Alfina, ubicato al confine fra le Province di Terni e Viterbo”, al parere reso dal MIBACT di cui alla nota prot. n. 31235 dell’11 dicembre 2014, allegato e costituente parte integrante del suddetto decreto, che reca in più punti riferimenti al sistema fluviale del Tevere, evidenziandosi, altresì, che proprio nella considerazione di tale impatti non a caso tra gli enti coinvolti nelle verifiche circa l’osservazione delle prescrizioni impartite, figurano enti della Regione Lazio e, segnatamente, la relativa ARPA).

Ne deriva che, dovendo essere espresso il parere anche ai sensi di cui all’art. 30, comma 2, del d.lgs 152/2006, tale parere non potrà che essere acquisito all’interno del modulo procedimentale specificatamente prescritto – per la tipologia sperimentale degli impianti quale quello di cui si discute – dall’art. 6 del d.lgs. 22/2010 e, laddove sia necessario procedere alla più complessa procedura di cui all’art. 14 quater della l. 241/90, anche in tale ultima sede, ove l’Amministrazione Regionale dovrà essere chiamata ad intervenire.

VI3) Non è superfluo osservare che, ai fini del superamento del dissenso, la diversità di incidenza degli effetti ambientali dell’impianto sperimentale non è irrilevante: essa si rifletterà però non già su una diversità formale del coinvolgimento delle Regioni nel procedimento (come nel concreto accaduto, essendo stata la Regione Lazio invitata ad esprimere un parere tecnico, a differenza della Regione Umbria inizialmente coinvolta a pieno titolo nelle riunioni presso il DICA), ma in un diverso peso delle loro valutazioni all’interno del confronto con il Consiglio dei Ministri, questione che atterrà dunque al merito della relativa decisione e che resta riservato a quella sede; ma che presuppone, in ogni caso, che entrambe le Regioni siano entrambe coinvolte, in coerenza con quanto già accaduto nella Conferenza dei Servizi.

VII) Riassuntivamente, ai fini dell’autorizzazione all’apertura ed esercizio di impianti pilota ex art. 1, comma 3 bis, del d.lgs. 22/2010, ove sussista il dissenso tra le Amministrazioni interessate, la relativa determinazione di autorizzazione viene rimessa alla valutazione del Consiglio dei Ministri, in quanto il superamento del dissenso implica l’apprezzamento del grado di rischio e l’accettabilità di esso nei termini di massima sicurezza possibile, allo stato della tecnica, nel rispetto del principio di precauzione. A tali fini, l’apporto delle Regioni interessate non può essere risolto nei termini di una mera forma, o di una potenziale partecipazione nominalistica, bensì va ricondotto ad un sostanziale confronto (anche politico) che attiene alla opportunità ed al merito amministrativo.

VIII) Osserva il Collegio che il mancato coinvolgimento delle Regioni nel procedimento va riferito alla procedura svoltasi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ex art. 14, quater, l. 241/90 ed, in particolare, quanto alla Regione Umbria in relazione alla seduta del 31 luglio 2019; quanto alla Regione Lazio, si osserva che quest’ultima era stata convocata alla prima riunione indetta per il giorno 25 maggio 2018, in quanto compresa tra le Amministrazioni che avevano preso parte alla Conferenza dei Servizi, ma non ai fini del superamento del dissenso (per cui avrebbe dovuto essere rappresentata non già da personale tecnico, ma da organo appositamente delegato dalla Giunta, come previsto specificatamente dall’art. 14 quater); tant’è che interveniva alla seconda riunione (del 25 giugno 2018), dando atto di non essere convocata ai fini dell’intesa - come la Regione Umbria – sia pure chiedendo di acquisire il documento tecnico dei Comuni per poter valutare eventuali ricadute ambientali del progetto nel proprio territorio; nella riunione del 10 settembre 2018, la Regione Lazio ribadiva la medesima posizione, riservandosi ogni valutazione in ordine agli impatti sul Lago di Bolsena.

Presso il Consiglio dei Ministri, atteso il mancato superamento del dissenso da parte della Regione Umbria, veniva disposta la riapertura di “un nuovo procedimento di valutazione di impatto ambientale” (riunione del 28 novembre 2018), che conduceva all’emissione dei pareri CTIVIA di cui oltre, per poi concludersi nella riunione del 31 luglio 2019, nella quale si deliberava in senso favorevole al progetto.

VIII bis) Alla luce di quanto ritenuto sin qui, appare evidente la concreta lesione dell’obbligo di intesa, da ricondursi per la Regione Umbria alla sola riunione del 31 luglio 2019 e per la Regione Lazio all’intero svolgimento del procedimento ex art. 14 quater della l. 241/90.

Non depone in contrario la circostanza che la Regione Lazio, nelle riunioni presso il DICA e con il rilascio del parere del 16 ottobre 2018, avesse espresso una posizione sostanzialmente adesiva alla modalità della propria partecipazione al procedimento (laddove il relativo rappresentante evidenziava di essere presente non ai fini dell’intesa, che riguardava la sola Regione Umbria).

Invero, non essendo stata rivolta alla Regione Lazio, ab origine la convocazione ai fini del raggiungimento dell’intesa, l’Ente non poteva che intervenire mediante un rappresentante solamente “tecnico”, ovvero non legittimato ad esprimersi in merito.

Nessuna acquiescenza può dunque rinvenirsi nella fattispecie, anche perché gli interessi dei quali la Regione è chiamata ad apprestare tutela non sono disponibili, fermo restando che era onere della Presidenza del Consiglio dei Ministri individuare le Regioni interessate all’intesa sulla base del concreto assetto di incidenza del permesso di ricerca sulle matrici ambientali.

IX) Quanto alla doglianza rivolta all’impugnazione degli atti istruttori ed, in particolare, del parere reso dalla CTVIA il 31.05.2019, nonché del successivo parere del 5.07.2019, si osserva quanto segue.

In ordine a tali pareri, il gravame, sebbene formalmente rivolto a censurare i pareri sotto profili di carenze di istruttoria e di motivazione, introduce di fatto una contestazione di merito, come tale inammissibile nella sede giurisdizionale.

Deve premettersi, in linea generale, che nel rendere giudizi attinenti alla valutazione di impatto ambientale (ed, a maggior ragione, quando tale valutazione viene esercitata ai fini dell’adozione di “atti di alta amministrazione” come nel caso del superamento del dissenso ai fini dell’art. 14 quater della l. 241/90), l'amministrazione esercita ampia discrezionalità, che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta, al contempo, profili intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione all'apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti; la natura schiettamente discrezionale della decisione finale risente inevitabilmente dei suoi presupposti, sia sul versante tecnico che amministrativo.

Di conseguenza, le posizioni soggettive delle persone e degli enti coinvolti nella procedura sono pacificamente qualificabili in termini di interesse legittimo, ed è altrettanto assodato che le relative controversie non rientrano nel novero delle tassative ed eccezionali ipotesi di giurisdizione di merito sancite dall'art. 134 c.p.a. (cfr., sotto l'egida della precedente normativa, identica in parte qua, Cons. St., Ad. Pl., 9 gennaio 2002, n. 1).

Proprio in ragione di tali particolari profili che caratterizzano il giudizio di valutazione di impatto ambientale, trovano applicazione i principi reiteratamente espressi dal Consiglio di Stato in materia (cfr. Cons. St. Sez. IV, 28.02.2018 n. 1240 cit. e Cons. Stato, Sez. IV, 27.03.2017 n. 1392), per cui, "prescindendo da specifiche aggettivazioni (debole o forte)..., la relativa valutazione di legittimità giudiziale, escludendo in maniera assoluta il carattere sostitutivo della stessa, debba essere limitata a evidenziare la sussistenza di vizi rilevabili ictu oculi, a causa della loro abnormità, irragionevolezza, contraddittorietà e superficialità. Invero, il giudizio di compatibilità ambientale, quand'anche reso sulla base di criteri oggettivi di misurazione, pienamente esposti al sindacato del giudice amministrativo, è attraversato, come visto, da profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa sul piano dell'apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all'interesse all'esecuzione dell'opera, con la conseguenza che le scelte effettuate dall'amministrazione si sottraggono al sindacato del giudice amministrativo ogniqualvolta le medesime non si appalesino come manifestamente illogiche o incongrue (in termini, cfr., Cass. civ., sez. un., 17 febbraio 2012, nn. 2312 e 2313; Corte cost., 3 marzo 2011, n. 175; Cons. St., sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 871)"

Da ciò deriva che, come costantemente affermato da questa Sezione (cfr. sentenza n. 11004 del 2019) in una materia così complessa:

"a) la sostituzione, da parte del giudice amministrativo, della propria valutazione a quella riservata alla discrezionalità dell'Amministrazione, costituisce ipotesi di sconfinamento vietato della giurisdizione di legittimità nella sfera riservata alla p.a., quand'anche l'eccesso in questione sia compiuto da una pronuncia il cui contenuto dispositivo si mantenga nell'area dell'annullamento dell'atto;

b) in base al principio di separazione dei poteri sotteso al nostro ordinamento costituzionale, solo l'Amministrazione è in grado di apprezzare, in via immediata e diretta, l'interesse pubblico affidato dalla legge alle sue cure;

c) conseguentemente, il sindacato sulla motivazione delle valutazioni discrezionali:

I) deve essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto acquisiti;

II) non può avvalersi di criteri che portano ad evidenziare la mera non condivisibilità della valutazione stessa;

III) può disporre c.t.u. o verificazione al fine di esercitare più penetranti controlli, con particolare riguardo ai profili accertativi".

Quest’ultima ipotesi non ricorre nel caso di specie.

Invero, le parti ricorrenti lamentano che i pareri impugnati (costituenti l’adempimento al supplemento istruttorio deciso dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 28 novembre 2018) non avrebbero preso in considerazione una serie di fattori rilevanti ai fini del decidere connessi al rischio sismico che sarebbe stato palesato dai fatti successivi rispetto alla conclusione della precedente fase istruttoria (ovvero il sisma del 2016), limitandosi a riconfermare (in tesi apoditticamente) le conclusioni già a suo tempo rassegnate (in senso favorevole all’impianto).

Tale premessa è smentita dall’analisi del testo dei documenti.

Infatti, nei pareri della CTIVIA si espone un giudizio (sia pure formalmente sintetico, ma sostanzialmente) esaustivo, ovvero che tali eventi non comportano una modifica dell’originario parere. In particolare, nel parere del 31 maggio 2019, la CTIVIA non si limita a ribadire meramente il giudizio di cui al parere nr. 1641/2014 e successiva VIA 59/2015, ma prende in esame i dati dell’INGV, Oss. Nazionale terremoti (riportati nell’apposita tabella incorporata nel testo del parere) per esprimere il giudizio secondo il quale gli eventi sismici generati nell’appennino centrale che possono avere magnitudo ML maggiore di 6 sono generati dalle “faglie capaci”, ovvero quelle attive (che hanno effetti catastrofici per le popolazioni che risiedono nelle loro vicinanze) ma che sono meno risentiti nella zona di Castel Giorgio “di quanto lo siano i più deboli terremoti locali di origine vulcanica/geotermica” ai quali – secondo CTIVIA – sono riconducibili gli eventi sismici del 2016 (viene riportata la tabella 1 che indica la localizzazione degli epicentri di tutti i sismi inferiori a 4 di ML, che a partire dall’agosto 2016, hanno colpito l’Italia centrale e che sono a più di 90 km dalla zona di interesse, allineati lungo la “faglia capace” di “quaternaria allineata lungo l’Appenino con direzione NNW-SSE da Norcia all’Aquila” (seguono ulteriori considerazioni e tabelle di rilevazione e dati). Si tratta, dunque, di valutazioni ed elementi di fatto che sono addotti dalla Commissione proprio in relazione agli approfondimenti istruttori richiesti (in coerenza con quanto affermato dalla sentenza di questo TAR nr. 7573/2019) dal Consiglio dei Ministri.

Ne deriva che la conclusione del parere del 31 maggio 2019, secondo la quale “I terremoti che hanno colpito l’appennino centrale nel 2016: - sono simili a quelli che si sono verificati in passato in quelle aree; non costituiscono pertanto un elemento di novità…” ed altro a seguire, rappresenta piena espressione di un giudizio di merito, rispetto al quale gli argomenti critici dedotti dalle Regioni nella odierna sede di giudizio potranno essere riproposti ai fini delle decisioni da assumere ex art. 14 quater della l. 241/90, al fine di valutare ogni opportuna misura (incluso, ove ritenuto opportuno, il riesame della questione in sede procedimentale); ma sono inammissibili nell’odierna sede di giudizio.

X) Conclusivamente, il gravame è fondato nei limiti sopra indicati e va accolto con annullamento delle delibere assunte dal Consiglio dei Ministri, senza la partecipazione delle Regioni interessate; nonché l’annullamento degli atti impugnati con i motivi aggiunti, in quanto ad essa strettamente conseguenziali.

Ne deriva l’obbligo per la Presidenza del Consiglio dei Ministri di rinnovare – nei predetti limiti – il procedimento volto a superare il dissenso (non più disciplinato dall’art. 14 quater della l. 241/90, ma dall’art. 14 quinquies, comma 4 e ss. nel testo attualmente vigente), assicurando il coinvolgimento effettivo della Regione Umbria e della Regione Lazio e con facoltà, ove sia ritenuto opportuno, di disporre il riesame delle conclusioni dell’istruttoria circa i rischi sismici e di impatto sulla risorsa idrica, secondo le allegazioni fornite dalle Amministrazioni interessate o che queste ultime potranno motivatamente proporre, garantendo in tal caso il pieno contraddittorio con la società proponente, odierna controinteressata.

Attesa la rilevanza degli interessi coinvolti e la complessità delle questioni giuridiche trattate, sussistono evidenti ragioni per disporre la piena compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, e relativi motivi aggiunti, previa riunione, li accoglie nei termini e nei limiti indicati in parte motiva.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2021, tenutasi in modalità di collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25 del DL 28 ottobre 2020, n. 137 ed art. 4, comma 1, del Dl 30 aprile 2020, n. 28, conv. in l. 25 giugno 2020, n. 70, con l'intervento dei magistrati:

Elena Stanizzi, Presidente

Salvatore Gatto Costantino, Consigliere, Estensore

Ofelia Fratamico, Consigliere