TAR Lazio (RM) Sez. II-quater n. 2886 del 4 marzo 2016
Sviluppo sostenibile.Procedura semplificata per impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili

All'autorizzazione unica prescritta dal d.lgs. n. 387 del 2003 e dal d.lgs. n. 28 del 2011 deve riconoscersi carattere omnicomprensivo esteso a tutti i profili connessi alla realizzazione ed all'attivazione degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili. Essa, avendo come contenuto imprescindibile anche la verifica della compatibilità urbanistica-edilizia dell'intervento, costituisce titolo a costruire e ad esercitare l'impianto in conformità ai progetto approvato

 

N. 02886/2016 REG.PROV.COLL.

N. 06525/2015 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6525 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Società Cosimm Srl, rappresentata e difesa dall'avv. Gennaro Terracciano, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, largo Arenula, 34;

contro

Comune di Fonte Nuova, rappresentato e difeso dall'avv. Pietro Toppeta, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Imera,16;
Società Gestore Servizi Energetici Gse Spa, rappresentata e difesa dagli avv.ti Gianluca Maria Esposito, Maria Antonietta Fadel, Antonio Pugliese, con domicilio eletto presso Gianluca Maria Esposito in Roma, Lungotevere Arnaldo Da Brescia, 11;

e con l'intervento di

ad opponendum:
D'Andrea Salvatore e Trusso Antonello, rappresentati e difesi dall'avv. Giacomo Pirro, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza Oderico da Pordenone, 1;

per l'annullamento

- del provvedimento 6805 del 30.03.2015 con cui è stato disposto l'annullamento del titolo abilitativo segnalazione certificata presentata il 23.5.2011 e successiva segnalazione certificata di inizio attività nonchè l'immediata chiusura dell'impianto e lo spegnimento dei macchinari per la produzione di energia elettrica, alimentato da olii vegetali nel Comune di Fonte Nuova;

- della comunicazione della società Gestore dei servizi energetici del 27-4-2015 di avvio del procedimento di annullamento della qualifica di impianto alimentato da fonti rinnovabili e di sospensione della erogazione della tariffa omnicomprensiva

e per il risarcimento danni;

- del provvedimento del GSE del 29-5-2015 di annullamento della qualifica di IAFR; della nota del 30-6-2015 con cui è stato disposto il recupero di quanto indebitamente erogato impugnati con i motivi aggiunti.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Fonte Nuova e di Gestore Servizi Energetici Gse Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 gennaio 2016 la dott.ssa Cecilia Altavista e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue

 

FATTO

La società Cosimm s.r.l., il 23-5-2011, presentava al Comune di Fonte Nuova una segnalazione certificata di inizio attività per la realizzazione di un impianto per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile (biomasse- alimentato da olio vegetale) di potenza pari a 0,10 MW in via Tor Sant’Antonio 34, su un terreno distinto al catasto del Comune di Guidonia sez Marco Simone al foglio 3 particella 4576.

Con nota del 21-12-2011 il responsabile del settore edilizia del Comune certificava l’ equipollenza “a livello urbanistico” della Scia alla PAS, “in quanto i documenti e i titoli richiesti per autorizzare l’opera risultano essere gli stessi”.

Il 9-2-2012 è stato presentato al Comune un esposto degli abitanti della zona relativo alla realizzazione dell’impianto, a cui il Comune rispondeva con nota del 15-6-2012, evidenziando la avvenuta presentazione di “un titolo abilitativo privato (Scia-ex Dia), …come previsto dal d.lgs. 387 del 2003 art 12 comma 5”.

Con nota del 14-3-2012 la GSE s.p.a. comunicava il riconoscimento della qualifica Impianto alimentato da fonti rinnovabili ( IAFR).

Successivamente, il 20-3-2012, la Cosimm s.r.l. presentava segnalazione certificata di inizio attività in variante.

Il 31-12-2012 il tecnico dichiarava la fine lavori e la conformità ai progetti presentati dell’impianto, comunicazioni che risultano trasmesse al Comune con nota del 21-11-2014, insieme al certificato di collaudo anch’esso datato 31-12-2012.

L’impianto iniziava il funzionamento il 31-12-2012, come risulta dalla dichiarazione di entrata in esercizio del 29-1-2013.

Successivamente, nel corso del 2014, il Comune avviava una attività istruttoria e sono stati effettuati sopralluoghi da parte dell’Arpa Lazio, il 30-7-2014 e dell’ASL RM G il 25-9-2014.

In particolare, nel verbale di sopralluogo della ASL, è stato fatto riferimento alla mancanza di autorizzazione alla messa in esercizio dell’impianto richiesta ai sensi del d.lgs. n. 28 del 2011.

Pertanto, con nota del 10-11-2014, il dirigente del settore edilizia privata del Comune comunicava l’avvio del procedimento per la chiusura dell’impianto in relazione alla mancata presentazione della dichiarazione di fine lavori e alla mancanza di autorizzazione alla messa in esercizio dell’impianto, con ordinanza n. 12 del 10-11-2014 disponeva la sospensione dell’attività dell’impianto per 15 giorni, richiedendo la presentazione della documentazione ai fini del rilascio dell’autorizzazione ai sensi del d.lgs. 28 del 2011.

La società ricorrente, il 24-11-2014, presentava osservazioni allegando la dichiarazione di fine lavori e il certificato di collaudo ed evidenziando che la segnalazione certificata di inizio attività e la PAS di cui al d.lgs. 28 del 2011 prevedevano la presentazione di analoga documentazione e comunque, come attestato dal Comune nella certificazione di equipollenza del 21-12-2011, tale era stata considerata dal Comune e, sulla base della certificazione di equipollenza rilasciata dal Comune, anche dal Gestore dei servizi energetici, che aveva accolto la richiesta di qualifica di impianto alimentato da fonti rinnovabili.

Con nota del 20-2-2015 il dirigente del settore edilizia privata comunicava l’avvio del procedimento relativo all’annullamento del titolo abilitativo relativo alla Scia del 23-5-2011 e a quella in variante del 20-3-2011, mancando ancora tra la documentazione richiesta il certificato di prevenzione incendi e ritenendo la Scia titolo abilitativo non valido per la messa in esercizio dell’impianto, invitando, altresì, a tenere spento l’impianto.

Il 6-3-2015 la società ricorrente presentava osservazioni e trasmetteva altresì il certificato di prevenzione incendi rilasciato il 15-12-2014 e la documentazione relativa alla variazione catastale.

Con provvedimento del 30-3-2015 il dirigente del settore edilizia privata del Comune annullava la segnalazione certificata di inizio attività del 23-5-2011 e la successiva segnalazione in variante del 20-3-2012, disponendo la chiusura dell’impianto.

Con nota del 27-4-2015 il Gestore dei servizi energetici comunicava l’avvio del procedimento per l’annullamento in autotutela del riconoscimento della qualifica di IAFR, nonché la sospensione della erogazione della tariffa onnicomprensiva.

Avverso il provvedimento del Comune e avverso la comunicazione di avvio del procedimento di annullamento della qualifica IAFR da parte del Gestore,è stato proposto il presente ricorso per i seguenti motivi:

- violazione e falsa applicazione dell’art 97 della Costituzione; degli articoli 1, 2, 3, 19, 21 quinquies e nonies della legge n. 241 del 1990; dell’art 6 del d.lgs. n. 28 del 2011, difetto e carenza di motivazione, violazione dei principi del giusto procedimento di trasparenza, imparzialità e pubblicità dell’azione amministrativa; di economicità, efficacia, proporzionalità, correttezza dell’azione amministrativa; violazione dei principi in tema di affidamento, buona fede e correttezza; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed, in particolare, per palese sviamento di potere; erroneità del presupposto; erronea valutazione dei fatti; difetto di istruttoria, illogicità e irragionevolezza della motivazione; ingiustizia manifesta, contraddizione tra provvedimenti successivamente adottati;

- violazione e falsa applicazione degli articoli 23 e 37 del d.p.r. 380 del 2001; dell’art 12 del d.lgs. 387 del 2003; dell’art 22 del d.p.r. 380 del 2001;

E’ stata formulata, altresì, domanda di risarcimento danni.

Successivamente sono state proposte, con atto di motivi aggiunti, analoghe censure avverso il provvedimento di annullamento della qualifica IAFR da parte del Gestore dei servizi energetici e avverso la nota con cui è stato chiesto il recupero delle somme indebitamente erogate dal Gestore, formulando anche la domanda di risarcimento danni.

Si sono costituiti il Comune di Fonte Nuova e la società GSE contestando la fondatezza del ricorso.

Sono intervenuti ad opponendum i signori Salvatore d’Andrea e Antonello Trusso, residenti nelle vicinanze dell’impianto ed tra i firmatari dell’esposto presentato al Comune il 9-2-2012.

Alla camera di consiglio del 2-9-2015 la difesa ricorrente ha chiesto la decisione del merito del ricorso, che è stata fissata al 19-1-2016.

All’udienza pubblica del 19-1-2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il d.lgs. n. 28 del 3-3-2011, attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, prevede che la costruzione e l'esercizio di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili siano sottoposti, secondo un criterio di proporzionalità, all'autorizzazione unica di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, come modificato dall'articolo 5 del presente decreto; alla procedura abilitativa semplificata di cui all'articolo 6; ovvero alla comunicazione relativa alle attività in edilizia libera di cui all'articolo 6, comma 11.

In particolare l’articolo 6, richiamando la disciplina del d.m. 10-9-2010, che prevedeva per gli impianti a biomasse la denuncia di inizio attività o comunicazione di inizio attività, prescrive per tali impianti una procedura abilitativa semplificata, costituita dalla presentazione “al Comune, mediante mezzo cartaceo o in via telematica, almeno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, una dichiarazione accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che attesti la compatibilità del progetto con gli strumenti urbanistici approvati e i regolamenti edilizi vigenti e la non contrarietà agli strumenti urbanistici adottati, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie. Alla dichiarazione sono allegati gli elaborati tecnici per la connessione redatti dal gestore della rete” (comma 2 dell’art 6).

In base al comma 4, il Comune, ove entro il termine indicato al comma 2 sia riscontrata l'assenza di una o più delle condizioni stabilite al medesimo comma, notifica all'interessato l'ordine motivato di non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l'autorità giudiziaria e il consiglio dell'ordine di appartenenza; è comunque salva la facoltà di ripresentare la dichiarazione, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia. Se il Comune non procede ai sensi del periodo precedente, decorso il termine di trenta giorni dalla data di ricezione della dichiarazione di cui comma 2, l'attività di costruzione deve ritenersi assentita.

Inoltre, ai sensi del comma 5, qualora siano necessari atti di assenso, che rientrino nella competenza comunale e non siano allegati alla dichiarazione, il Comune provvede a renderli tempestivamente e, in ogni caso, entro il termine per la conclusione del relativo procedimento fissato ai sensi dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. Se gli atti di assenso non sono resi entro il termine di cui al periodo precedente, l'interessato può adire i rimedi di tutela di cui all'articolo 117 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. Qualora l'attività di costruzione e di esercizio degli impianti di cui al comma 1 sia sottoposta ad atti di assenso di competenza di amministrazioni diverse da quella comunale, e tali atti non siano allegati alla dichiarazione, l'amministrazione comunale provvede ad acquisirli d'ufficio ovvero convoca, entro venti giorni dalla presentazione della dichiarazione, una conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni. Il termine di trenta giorni di cui al comma 2 è sospeso fino alla acquisizione degli atti di assenso ovvero fino all'adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento ai sensi dell'articolo 14-ter, comma 6-bis, o all'esercizio del potere sostitutivo ai sensi dell'articolo 14-quater, comma 3, della medesima legge 7 agosto 1990, n. 241.

I successivi commi prevedono che la realizzazione dell'intervento debba essere completata entro tre anni dal perfezionamento della procedura abilitativa semplificata ai sensi dei commi 4 o 5. La realizzazione della parte non ultimata dell'intervento è subordinata a nuova dichiarazione. L'interessato è comunque tenuto a comunicare al Comune la data di ultimazione dei lavori.

La sussistenza del titolo è provata con la copia della dichiarazione da cui risulta la data di ricevimento della dichiarazione stessa, l'elenco di quanto presentato a corredo del progetto, l'attestazione del professionista abilitato, nonché gli atti di assenso eventualmente necessari.

Ultimato l'intervento, il progettista o un tecnico abilitato rilascia un certificato di collaudo finale, che deve essere trasmesso al Comune, con il quale si attesta la conformità dell'opera al progetto presentato con la dichiarazione, nonché ricevuta dell'avvenuta presentazione della variazione catastale conseguente alle opere realizzate ovvero dichiarazione che le stesse non hanno comportato modificazioni del classamento catastale.

Le Regioni e le Province autonome possono estendere la soglia di applicazione della procedura di cui al comma 1 agli impianti di potenza nominale fino ad 1 MW elettrico, definendo altresì i casi in cui, essendo previste autorizzazioni ambientali o paesaggistiche di competenza di amministrazioni diverse dal Comune, la realizzazione e l'esercizio dell'impianto e delle opere connesse sono assoggettate all'autorizzazione unica di cui all'articolo 5. Le Regioni e le Province autonome stabiliscono altresì le modalità e gli strumenti con i quali i Comuni trasmettono alle stesse Regioni e Province autonome le informazioni sui titoli abilitativi rilasciati, anche per le finalità di cui all'articolo 16, comma 2.

E’ prevista, altresì, una norma transitoria, per cui i procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo sono regolati dalla previgente disciplina, ferma restando per il proponente la possibilità di optare per la procedura semplificata di cui al presente articolo.

Il decreto è entrato in vigore, in base alla espressa previsione dell’art 47, il giorno successivo alla pubblicazione nella gazzetta ufficiale, il 28-3-2011, quindi, il 29-3-2011, e si deve, pertanto, ritenere applicabile alla presente vicenda, nella quale la segnalazione è stata presentata al Comune il 23-5-2011.

Dalla disciplina normativa dell’art 6 del d.lgs. 28 del 2011 emerge chiaramente che il procedimento utilizzato dalla società ricorrente, pur non essendo stato formalmente denominato “procedura di autorizzazione unica semplificata”, è stato effettivamente costituito dalla presentazione al Comune di una dichiarazione di un professionista con allegati gli elaborati progettuali e la relazione relativi all’impianto.

Né l’art 6 del d.lgs. n. 28 del 2011 richiede un ulteriore titolo edilizio per la realizzazione dell’impianto, in relazione al quale avrebbero dovuto essere presentate tale dichiarazione e la documentazione suddetta. Ciò risulta evidente, inoltre, dalla previsione per cui nella relazione del progettista deve essere asseverata anche la conformità con gli strumenti urbanistici.

Sotto tale profilo, quindi, neppure può avere rilevanza la limitazione “a soli fini urbanistici” del cd. certificato di equipollenza rilasciato dal Comune il 21-12-2011, con il quale sostanzialmente il Comune ha dato atto della idoneità della documentazione presentata al fine della realizzazione dell’impianto; ciò è confermato anche dal successivo riconoscimento da parte del GSE della qualifica di Impianto alimentato da fonti rinnovabili.

In base alle previsioni dell’art 6, così come dalla intera disciplina del d.lgs. n. 28 del 2011, e dal previgente regime dell’art 12 del d.lgs. 387 del 2003, neppure è richiesto un ulteriore titolo abilitativo per la messa in esercizio dell’impianto.

La disciplina generale dell’art 5 del d.lgs. n. 28 del 2011, di cui l’articolo 6 costituisce una procedura semplificata, si riferisce espressamente per “la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili” all'autorizzazione unica di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387. La giurisprudenza ha già affermato che “all'autorizzazione unica prescritta dal d.lgs. n. 387 del 2003 e dal d.lgs. n. 28 del 2011 deve riconoscersi carattere omnicomprensivo esteso a tutti i profili connessi alla realizzazione ed all'attivazione degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili. Essa, avendo come contenuto imprescindibile anche la verifica della compatibilità urbanistica-edilizia dell'intervento, costituisce titolo a costruire e ad esercitare l'impianto in conformità ai progetto approvato ” (Cass. penale n. 11981 del 2014).

Inoltre, anche l’articolo 6 sia nella parte in cui la norma onera il Comune di acquisire gli atti di assenso di altre amministrazioni (comma 5) sia nella parte (comma 9) in cui attribuisce il potere alle Regioni di estendere la procedura semplificata ad ulteriori impianti la norma si riferisce espressamente alla realizzazione ed esercizio dell’impianto.

Anche la messa in esercizio dell’impianto è, quindi, consentita, nell’ipotesi semplificata dell’art 6, con il titolo abilitativo tacito, formatosi anche per silenzio assenso, salvo l’obbligo di invio della dichiarazione di ultimazione dei lavori e del certificato di collaudo prescritti rispettivamente dai commi 6 e 8 del medesimo art 6.

Quanto alle eventuale mancanza di tutte le asseverazioni e prescrizioni richieste nella dichiarazione del tecnico, in base alla disciplina del comma 4 dell’art 6, il Comune avrebbe dovuto rilevare la carenza di qualcuna delle prescrizioni imposte dal comma 2, nei trenta giorni dalla presentazione della dichiarazione, cosa che non ha fatto nel caso di specie, essendosi, quindi, formato il titolo abilitativo tacito. Se la giurisprudenza, in generale, ritiene che il silenzio assenso non si formi quando la domanda e la relativa documentazione siano incomplete (cfr. di recente Consiglio di Stato n. 4749 del 2015; 3661 del 2015), nel caso di specie, la disciplina del comma 4 fa espresso riferimento proprio al riscontro da parte del Comune “dell’assenza di una o più delle condizioni” di cui al comma 2 nei trenta giorni dalla presentazione della domanda.

Si deve, dunque, ritenere che il Comune abbia agito in autotutela su un titolo già assentito.

Il potere esercitato dal Comune era, quindi, soggetto alla disciplina dell’art 21 nonies della legge n. 241 del 1990 (nel testo anteriore alla modifica introdotta dalla legge n. 124 del 7-8-2015) ovvero alla valutazione dell’interesse pubblico attuale all’annullamento anche in relazione agli interessi dei privati coinvolti, nonché al limite temporale del “termine ragionevole”.

Il provvedimento del Comune, intervenuto quasi sei anni dopo la presentazione della prima SCIA, appare viziato sia in relazione alla carenza di motivazione in ordine all’attualità dell’interesse pubblico alla rimozione dell’atto sia alla mancata valutazione dell’interesse del privato, tenuto conto del particolare affidamento, ingenerato dalla stessa amministrazione comunale. Infatti, la stessa amministrazione aveva rilasciato il cd. certificato di equipollenza, in data 21-12-2011, tra la Scia e la PAS (procedura di autorizzazione unica semplificata); è vero che tale certificazione è stata rilasciata con la indicazione “ai fini urbanistici”, ma contiene anche l’espresso riferimento alla circostanza con riferimento alla Scia e alla PAS che “i documenti e i titoli richiesti per autorizzare l’opera risultano essere gli stessi”. Inoltre, la limitazione “a fini urbanistici” del certificato di equipollenza appare anche irrilevante, non essendo richiesto dalla normativa un apposito titolo edilizio diverso dalla PAS.

Sotto il profilo dell’affidamento, si deve anche considerare la risposta resa dal Comune all’esposto del 9-2-2012, nella quale si fa riferimento al titolo abilitativo (Scia ex Dia) presentato come previsto dal d.lgs. 387 del 2003 art 12 comma 5.

Si deve, infatti, a tal proposito ricordare che l’art 12 del d.lgs. 387 del 2003, non applicabile al caso di specie, comunque prevedeva per gli impianti a biomasse inferiori a 200 Kw la denuncia di inizio attività, mentre la segnalazione di inizio attività è stata successivamente introdotta nell’ordinamento nel 2010.

Il Comune avrebbe, poi, dovuto applicare anche un principio di proporzionalità nell’esercizio di autotutela, potendo prima di procedere all’annullamento del titolo, richiedere l’eventuale integrazione della specifica documentazione ritenuta mancante, non potendosi tale carenza rilevare solo dalla mancanza della denominazione “PAS”, essendo stato utilizzato un analogo procedimento, comunque non richiesto ad altri fini dall’ordinamento.

Si deve, infatti, evidenziare che il secondo comma dell’art 21 nonies attribuisce all’Amministrazione anche il potere di convalidare il provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole.

Essendovi stato il riferimento ad un procedimento solo formalmente diverso, il Comune avrebbe dovuto, quindi, prima di procedere all’annullamento, richiedere la presentazione della documentazione eventualmente mancante o l’integrazione delle dichiarazioni richieste ai professionisti, circa la conformità dell’impianto, richiesta di integrazione, peraltro espressamente prescritta anche dall’art 6.

Del resto nella stessa comunicazione di avvio del procedimento del 10-11-2014 e nella contestuale sospensione temporanea l’amministrazione comunale faceva riferimento alla mancanza della dichiarazione di fine lavori ed al certificato di collaudo, successivamente presentati dalla società ricorrente, anche se tardivamente rispetto a quanto richiesto dall’art 6.

Si deve, infine, comunque rilevare che non può essere condivisa l’affermazione della difesa comunale, ma non contenuta nel provvedimento impugnato, circa la erroneità della attestazione di conformità agli strumenti urbanistici, in quanto la previsione di compatibilità degli impianti a biomasse di origine agricola con la destinazione agricola sarebbe stata prevista solo dalla legge regionale n. 10 del 2011, di modifica della legge regionale n. 38 del 1999, entrata in vigore il 28-8-2011, successivamente alla presentazione della Scia, il 23-5-2011. Infatti, tale modifica della legislazione regionale, pur entrata in vigore successivamente alla presentazione della Scia, ha evidente natura interpretativa, considerando tali impianti annessi agricoli, comunque consentiti in zona agricola dall’art 55 della legge regionale n. 38 del 1999; inoltre, risponde al favor del legislatore comunitario e nazionale nei confronti degli impianti da fonti rinnovabili, già con il d.lgs. 387 del 2003, art 12 comma 7, consentiti in zona agricola ( cfr Tar Emilia Parma n. 241 del 26-6-2014).

Sotto tali profili il ricorso è fondato e deve essere accolto con annullamento del provvedimento impugnato.

Deve essere, invece, dichiarata inammissibile l’impugnazione rivolta avverso la comunicazione di avvio del procedimento di annullamento del riconoscimento della qualifica di IAFR, trattandosi solo di un atto endoprocedimentale (cfr. Tar Lazio II ter n. 1912 del 2014), tranne che nella parte relativa alla sospensione della tariffa omnicomprensiva alla quale, peraltro, nel ricorso non è fatto alcun riferimento, neppure nella epigrafe del ricorso stesso.

L’annullamento del provvedimento di autotutela del Comune comporta l’annullamento anche del provvedimento finale di annullamento della qualifica di IAFR da parte del Gestore dei servizi energetici, impugnato con i motivi aggiunti, basato esclusivamente sull’annullamento del titolo autorizzatorio nonché dei conseguenti atti relativi alla richiesta di restituzione delle somme già erogate dal Gestore.

La società ricorrente ha proposto, altresì, domanda di risarcimento danni.

Tale domanda non può essere accolta, non essendo stata raggiunta la prova dell’elemento soggettivo del danno in capo alle Amministrazioni resistenti.

Ai fini della configurabilità della responsabilità della pubblica amministrazione per i danni provocati dall'azione amministrativa la giurisprudenza richiede non solo la illegittimità del provvedimento, ma anche la dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi della responsabilità ovvero il danno, il nesso causale e l’elemento soggettivo, rappresentato dal dolo o dalla colpa dell’Amministrazione (cfr. Consiglio di Stato n. 1271 dell’11-3- 2015, n. 1272).

In particolare, per valutare la colpa dell’Amministrazione la giurisprudenza ritiene di valutare la sussistenza di contrasti giudiziari, l'incertezza del quadro normativo di riferimento, la complessità della situazione di fatto oggetto del provvedimento (Consiglio di Stato n. 148 del 18-1-2016; 1683 del 2015; 5307 del 2015).

Nel caso di specie, si deve considerare, rispetto all’amministrazione comunale che la segnalazione certificata di inizio attività è stata presentata pochi mesi dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina del d.lgs. 28 del 2011, che il rilievo alla mancanza dell’autorizzazione all’esercizio dell’impianto era stato effettuato nel sopralluogo dalla ASL ; inoltre, la stessa società ricorrente ha in parte dato luogo all’attività del Comune, non avendo tempestivamente presentato né la dichiarazione di fine lavori né il certificato di collaudo prescritti dall’art 6 del d.lgs. 28 del 2011.

Deve essere, altresì, esclusa la responsabilità del Gestore dei servizi energetici, in quanto il provvedimento di annullamento della qualifica di IAFR è basato sull’annullamento del titolo autorizzatorio da parte del Comune.

In conclusione il ricorso principale ed i motivi aggiunti devono essere accolti con annullamento del provvedimento del Comune del 30-3-2015 impugnato con il ricorso principale e dei provvedimenti del Gestore dei servizi energetici impugnati con i motivi aggiunti.

Deve essere dichiarata inammissibile l’impugnazione rivolta nel ricorso principale avverso la comunicazione del GSE di avvio del procedimento di annullamento della qualifica di IAFR.

In considerazione della complessità della questione, sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo dichiara in parte inammissibile, in parte lo accoglie come da motivazione. Accoglie i motivi aggiunti.

Rigetta le domande di risarcimento danni.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 gennaio 2016 con l'intervento dei magistrati:

 

Leonardo Pasanisi, Presidente

Francesco Arzillo, Consigliere

Cecilia Altavista, Consigliere, Estensore

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/03/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)