Consiglio di Stato Sez. III n. 3589 del 28 aprile 2025
Urbanistica.Distinzione tra i vincoli urbanistici a carattere espropriativo e vincoli di natura conformativa
I vincoli conformativi si differenziano dai vincoli espropriativi o sostanzialmente espropriativi, in quanto i primi sono quelli che dividono in tutto o in parte il territorio comunale in zone assoggettate a una disciplina dello ius aedificandi omogenea (c.d. zonizzazione) e si connotano per il fatto di incidere su una generalità dei beni, potenzialmente appartenenti a una pluralità indifferenziata di soggetti, beni che vengono accomunati in ragione delle caratteristiche intrinseche degli stessi e del contesto nel quale si inseriscono. I vincoli espropriativi sono invece quelli che riservano all’Amministrazione l’edificazione in una specifica area (c.d. localizzazione) o che svuotano sostanzialmente il contenuto del diritto di proprietà di un determinato bene. Con il vincolo conformativo si provvede a una zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, così da incidere su di una generalità di beni e nei confronti di un pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione dell’intera zona in cui i beni ricadono e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche, mentre con il vincolo espropriativo si incide in modo particolare su beni determinati in funzione della localizzazione di un’opera pubblica
Pubblicato il 28/04/2025
N. 03589/2025REG.PROV.COLL.
N. 00912/2022 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 912 del 2022, proposto da
Renato Saffioti e Monica Moretti, rappresentati e difesi dall'avvocato Alberto Benedetti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gianluca Barneschi in Roma, via Panama, n. 77;
contro
Comune di San Giuliano Terme, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Aldo Fanelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima) n. 1535/2021, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di San Giuliano Terme;
Viste le memorie delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 5 febbraio 2025 il Consigliere Annamaria Fasano e viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Renato Saffioti e Monica Moretti, proprietari, nel Comune di San Giuliano Terme, di un piccolo compendio immobiliare, sito nel nucleo storico della località ‘Asciano la Valle’, proponevano ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana avverso:
-la deliberazione C.C. n. 54 del 30.10.2019, ad oggetto “Piano operativo comunale approvazione ai sensi dell’art. 19 della L.R. nr. 65/2014 – adozione di nuove previsioni conseguenti l’esito delle controdeduzioni e conclusione del processo di valutazione ambientale strategica”, pubblicata sul BURT della Regione Toscana in data 08.01.2020, e relativi allegati cartografici e normativi (art. 18.4 delle Norme Tecniche di Attuazione) nella parte in cui conformava la disciplina urbanistica dell’area di proprietà ricorrente;
-della deliberazione C.C. nr. 13 del 04.04. 2019 ad oggetto “Approvazione controdeduzioni alle osservazioni pervenute alla delibera consiliare nr. 36 del 26.07.2018 di adozione del piano operativo comunale e contestuale avvio del procedimento di conformazione al piano d’indirizzo territoriale con valenza di piano paesaggistico ai sensi dell’articolo 21 della disciplina del PIT/PPR nonché dell’articolo 31 della legge regionale toscana 65/2014” nella parte in cui rigettava l’osservazione proposta dai ricorrenti (nr.83).
I ricorrenti si dolevano del fatto che l’area di loro proprietà, comprendente anche la p.lla 303 del foglio n. 47, era stata normata, a partire dalla ‘variante di disciplina degli interventi nelle zone A’ di cui alla L.R. 21 maggio 1980, n. 59 (norme per gli interventi per il recupero del patrimonio edilizio esistente), a ‘percorsi pedonali e piazze lastricate’ di cui all’art. 9.1 delle NTA.
In particolare, la predetta disciplina urbanistica riguardava ‘i percorsi pedonali, marciapiedi e aree lastricate …(comprendenti) tutte le aree già pavimentate in pietra’, che potevano essere ‘lastricati da parte dell’amministrazione comunale o da privati’.
Considerato che il nuovo Piano Operativo del Comune di San Giuliano Terme, adottato con deliberazione C.C. 26 luglio 2018, n. 36, confermava integralmente la disciplina previgente, attraverso un sostanziale rinvio alla ‘variante per i centri storici’; i ricorrenti presentavano un’osservazione (che prendeva il n. 83) chiedendo l’attribuzione all’area di proprietà della destinazione a ‘verde privato’, anziché a ‘percorsi pedonali e piazze lastricate’.
Con deliberazione 4 aprile 2019, n. 13, il Consiglio comunale di San Giuliano Terme respingeva la suddetta osservazione con la motivazione ‘preso atto della documentazione presentata, visto il progetto della disciplina di dettaglio ex L.R. nr. 59/1980 ed in particolare le destinazioni d’uso delle singole aree, si ritiene di confermare la destinazione delle aree in quanto le opere individuate fanno parte di una progettazione complessiva più ampia che coinvolge più aree che costituiscono un sistema di percorsi pedonali e piazze lastricate caratterizzanti l’insediamento’, pertanto lo strumento urbanistico veniva definitivamente approvato dalla deliberazione C.C. 30 ottobre 2019, n.54.
2. Renato Saffioti e Monica Moretti con il ricorso introduttivo denunciavano: 1) violazione e falsa applicazione dell'art. 95 comma 3 lett. g) della legge R.T. 10 novembre 2014, n. 65 e dei principi generali di pianificazione urbanistica e di governo del territorio, eccesso di potere per irragionevolezza e contraddittorietà tra atti della medesima amministrazione; 2) violazione e falsa applicazione dell'art. 95 comma 3 lett. g) della legge R.T. 10 novembre 2014, n. 65 e dei principi generali in tema di reiterazione dei vincoli a contenuto espropriativo, violazione e falsa applicazione dell’art. 39 del Decreto Presidente della Repubblica 8 giugno 2001 nr. 327 e dei principi generali, eccesso di potere per difetto di motivazione; 3) violazione e falsa applicazione dell'art. 95 comma 3 lett. g) della legge R.T. 10 novembre 2014, n. 65, eccesso di potere per contraddittorietà tra atti della medesima amministrazione, difetto d’istruttoria ed erroneità della motivazione.
I ricorrenti domandavano, altresì, il risarcimento dei danni derivanti dall’adozione degli atti impugnati, quantificato “nella misura pari all’indennizzo ex art. 39 del Dpr. nr. 327/2001 spettante sui terreni di cui è causa, o a quella diversa somma –minore o maggiore- che risulterà di giustizia ed in corso di causa, oltre rivalutazione ed interessi legali dalla domanda al dì del saldo”.
3. Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, con sentenza n. 190 del 2021, respingeva il ricorso, rilevando che le scelte urbanistiche rientravano nella discrezionalità dell'Ente e non necessitavano di motivazione specifica, salvo in casi particolari, ossia in ipotesi di aspettative o affidamenti qualificati dei privati. Ai fini della legittimità di nuove scelte di pianificazione, non era richiesta un’indagine individuale su ogni singola area al fine di giustificarne la sua specifica idoneità a soddisfare esigenze pubbliche, né poteva essere invocata la c.d. polverizzazione della motivazione, la quale si poneva in contrasto con la natura generale dell’atto di pianificazione o di governo del territorio.
Nel caso specifico, la scelta dell'Amministrazione comunale di San Giuliano Terme di mantenere la destinazione a ‘percorsi pedonali e piazze lastricate’ doveva essere ritenuta legittima e non inficiata dalle contestazioni dei ricorrenti.
Il Collegio di prima istanza rilevava che le deliberazioni comunali non precludevano la destinazione urbanistica dell'area, che rientrava in una progettazione complessiva più ampia.
I successivi motivi di ricorso, basati sul presunto carattere espropriativo del vincolo, venivano ritenuti infondati, in quanto il vincolo era di natura conformativa, aderente alle caratteristiche del bene e, quindi, non consentiva alcun indennizzo. Tale natura intrinseca permetteva pochi poteri di intervento ad iniziativa dei privati e non richiedeva, ovviamente, l’inserimento nell’elenco dei beni soggetti ad espropriazione.
4. Renato Saffioti e Monica Moretti, con atto di appello, notificato nei termini e nelle forme di rito, hanno impugnato la suddetta pronuncia, chiedendone l’integrale riforma, sollevando le seguenti censure: “1. Erroneità della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, Sezione I, 23 novembre 2021, n. 1525, per violazione e falsa applicazione dell’art. 95, comma 3, lett. g) della legge R.T. 10 novembre 2014, n. 65 e dei principi generali di pianificazione urbanistica e di governo del territorio. Eccesso di potere per irragionevolezza e contraddittorietà tra atti della medesima amministrazione. Eccesso di potere per falso supposto in fatto. Errata e/o mancata valutazione degli atti o fatti di causa. Contraddittorietà della motivazione; 2. Erroneità della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, Sezione I, 23 novembre 2021, n. 1525 per violazione falsa applicazione dell’art. 95, comma 2, lett. g) della legge R.T. 10 novembre 2014, n. 65 e dei principi generali in tema di costituzione e reiterazione dei vincoli a contenuto espropriativo. Violazione e falsa applicazione dell’art. 39 del Decreto Presidente della Repubblica 8 giugno 2001 n. 327. Errata e/o mancata valutazione degli atti e fatti di causa. Erroneità della motivazione; 3. Erroneità della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, Sezione I, 23 novembre 2021, n. 1525 per violazione e falsa applicazione dell’art. 95 comma 3 lett. g) della legge R.T. 10 novembre 2014, n. 65. Eccesso di potere per contraddittorietà tra atti della medesima amministrazione, difetto di istruttoria ed erroneità della motivazione;4. Erroneità della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, Sezione I, 23 novembre 2021, n. 1525 per violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. dell’art. 39 del Decreto Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327. Errata e/o mancata valutazione degli atti e fatti di causa. Erroneità della motivazione”.
5. Il Comune di San Giuliano Terme si è costituito in resistenza, concludendo per il rigetto del gravame.
6. All’udienza straordinaria del 5 febbraio 2025 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
7. Con il primo mezzo, gli appellanti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui è stato respinto il primo motivo del ricorso introduttivo, con il quale era stato eccepito il vizio di motivazione della scelta dell’Amministrazione di confermare la precedente destinazione urbanistica, fondata sulla omessa corretta valutazione degli atti medio tempore assunti e dei negozi intercorsi. La sentenza, ad avviso dei ricorrenti, sarebbe contraddittoria, in quanto, contrariamente a quanto ritenuto dal Collegio di prima istanza, le deliberazioni n. 142/2004 e n. 132/2014 sarebbero concordi nell’escludere la necessità di un uso pubblico delle particelle su cui insistono le proprietà degli esponenti, atteso che nel 2004 è stata certificata la convenienza a rinunciare all’uso pubblico e, poi, nel 2014, si è confermato come non ‘prospettabile in un prossimo futuro l’interesse pubblico alla costituzione di una servitù di uso pubblico’. La scelta dell’Amministrazione sarebbe irragionevole, atteso che prima ha ritenuto che le particelle 303 e 304 sarebbero comprese ‘in un sistema di percorsi pedonali e piazze lastricate caratterizzanti l’insediamento’, e poi ha afferma, a distanza di dieci anni, che le stesse aree non fanno parte ‘del tracciato di via Casale di Valle per la quale risulta preponderante l’interesse pubblico’. Le suddette circostanze, il vizio istruttorio, l’irragionevolezza, la contraddittorietà con atti amministrativi e con ‘accordi di diritto privato’ precedentemente intercorsi tra le parti, secondo gli appellanti, indurrebbero a ritenere meritevole di riforma la sentenza gravata e, per l’effetto, di annullamento della previsione urbanistica oggetto di contestazione.
8. Con il secondo motivo, si denuncia l’erroneità della sentenza impugnata, nella parte in cui il Collegio di prima istanza ha ritenuto che l’art. 9.1 delle NTA della variante per i centri storici sia idoneo a mostrare ‘molto plasticamente’ che il vincolo ‘a percorsi pedonali e piazze lastricate’ costituisca un ‘tipico vincolo conformativo’. Dalla relazione di accompagnamento alla variante stessa, dalla cartografia e dall’accordo del 29.6.2004, si evincerebbe che la destinazione impressa alle aree è funzionale ad un ‘progetto di pedonalizzazione del centro storico’ e quindi qualificabile come un vincolo preordinato all’esproprio. Gli esponenti deducono che tale vincolo sarebbe stato reiterato in sede di Regolamento urbanistico e in sede di Piano Operativo, creando un caso di doppia illegittima reiterazione di un vincolo espropriativo. Inoltre, le aree di che trattasi non avrebbero natura strutturale di strada e/o di percorso pedonale, e la previsione di cui all’art. 9.1 delle NTA della Variante per le zone agricole, richiamata nella sentenza impugnata, non sarebbe applicabile alla fattispecie, essendo riferita solo alle aree già pavimentate e non a quelle che non sono parte del tracciato viario di via Casale di Valle.
9. Con la terza critica, gli appellanti deducono che l'accoglimento del secondo motivo di gravame implicherebbe anche l'accoglimento del terzo, che è stato obliterato dal Collegio di prima istanza. L'art. 95 comma 3, lett. g) della legge R.T. 65/2014 richiede che il piano operativo individui i beni soggetti a vincolo espropriativo, ma l'allegato 6 del Piano Operativo del Comune di San Giuliano Terme non include le aree dei coniugi Saffioti tra quelle sottoposte a vincolo espropriativo. Secondo i ricorrenti, la mancata inclusione delle particelle 303 e 304 nel suddetto elenco dimostrerebbe che il progetto di pedonalizzazione non è più attuale e dovrebbe essere annullato.
10. Con il quarto mezzo, gli appellanti ripropongono la domanda risarcitoria, assumendo l’illegittimità dei provvedimenti impugnati, essendovi stata una illegittima compressione delle proprietà dominicali, pertanto dovrebbe essere corrisposta una indennità ex art. 39 del d.P.R. n. 327 del 2001, ‘in misura non simbolica, che ripaghi il proprietario della diminuzione del valore di mercato o delle possibilità di utilizzazione dell’area rispetto agli usi o alle destinazioni ai quali essa era concretamente, o anche potenzialmente, vocata’.
11. Le denunce, in quanto attinenti a profili connessi, vanno esaminate congiuntamente per connessione logica.
11.1. L’appello è infondato.
Va premesso in fatto che con il ricorso introduttivo i ricorrenti hanno impugnato le deliberazioni n. 13 del 2020 e n. 54 del 2019, con le quali, rispettivamente, il Consiglio comunale si è espresso in ordine alle osservazioni dagli stessi presentate, e successivamente ha approvato, ai sensi dell’art. 19 della legge regionale n. 64/2015, il Piano Operativo comunale.
I ricorrenti, inter alia, contestano il fatto che il Piano Operativo comunale abbia mantenuto la destinazione urbanistica ‘percorsi pedonali e piazze lastricate’ relativamente a un’area di loro proprietà per la quale l’Amministrazione comunale ha ripetutamente, nel tempo, affermato l’assenza di un interesse pubblico ad una eventuale acquisizione al patrimonio comunale.
Precisano che il contratto di acquisto delle particelle de quibus risale al giorno 29.6.2004, mentre la prima deliberazione nr. 142/2004 con la quale l’Amministrazione ha dichiarato di rinunciare all’uso pubblico risale al maggio 2004, ma nonostante tale deliberazione, la previsione a ‘percorsi pedonali e piazze lastricate’ è stata reiterata, per relationem, in sede di Regolamento urbanistico del 2016 e ulteriormente confermata nel corso dell’anno 2019 con l’approvazione del Piano Operativo.
11.2. Le doglianze, come sopra sintetizzate, non possono trovare accoglimento.
L’esame delle critiche deve partire dalla circostanza di fatto che l’area oggetto di contestazione era stata classificata come tale fin dall’approvazione della Variante urbanistica per i centri storici redatta ai sensi della legge regionale 21 maggio 1980, n. 59, recante ‘norme per gli interventi per il recupero del patrimonio edilizio esistente’.
E, soprattutto, che la legge regionale e i provvedimenti urbanistici attuativi erano finalizzati alla ‘tutela e alla valorizzazione dei caratteri culturali, espressivi, ambientali e di testimonianza storica degli edifici nonché delle aree di particolare valore paesistico” (art. 1, comma 1, lett. e) L.R. n. 59/80).
Quindi, il programma urbanistico del Comune di San Giuliano Terme era finalizzato alla tutela del patrimonio storico paesaggistico, che l’Amministrazione ha garantito nel tempo con la disciplina urbanistica di dettaglio, come risulta dalla relazione di accompagnamento alla Variante per i centri storici, e dallo stesso Piano Operativo comunale, approvato con deliberazione n. 54/2019, oggetto di impugnazione nel presente giudizio, che ha recepito in sostanza la suddetta Variante.
Ne consegue che, diversamente da quanto sostenuto dagli appellanti, la previsione urbanistica di dettaglio è del tutto compatibile con la proprietà privata dell’area, dovendosi ritenere che al più introduce, come sostenuto dall’Ente municipale, un vincolo di tipo conformativo e non già di natura espropriativa.
Il suddetto rilievo è confortato dal fatto che le stesse norme tecniche di attuazione della ‘variante per i centri storici’, all’art. 9.1 prevedono che i ‘percorsi pedonali, marciapiedi e aree lastricate’ e comprendono ‘tutte le aree già pavimentate in pietra che devono essere conservate e restaurate e le aree per le quali è prevista la realizzazione di lastricati da parte dell’Amministrazione o da privati’.
Con la recente sentenza n. 5842 del 2 luglio 2024, questo Consiglio di Stato ha definito, in linea con l’indirizzo espresso dalla giurisprudenza prevalente, la distinzione tra i vincoli urbanistici a carattere espropriativo e vincoli di natura conformativa.
In particolare, si precisa che i vincoli conformativi si differenziano dai vincoli espropriativi o sostanzialmente espropriativi, in quanto i primi sono quelli che dividono in tutto o in parte il territorio comunale in zone assoggettate a una disciplina dello ius aedificandi omogenea (c.d. zonizzazione) e si connotano per il fatto di incidere su una generalità dei beni, potenzialmente appartenenti a una pluralità indifferenziata di soggetti, beni che vengono accomunati in ragione delle caratteristiche intrinseche degli stessi e del contesto nel quale si inseriscono.
I vincoli espropriativi sono invece quelli che riservano all’Amministrazione l’edificazione in una specifica area (c.d. localizzazione) o che svuotano sostanzialmente il contenuto del diritto di proprietà di un determinato bene (Cons. Stato, n. 3116 del 2018; Cons. Stato, n. 342 del 2020).
Con il vincolo conformativo si provvede a una zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, così da incidere su di una generalità di beni e nei confronti di un pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione dell’intera zona in cui i beni ricadono e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche, mentre con il vincolo espropriativo si incide in modo particolare su beni determinati in funzione della localizzazione di un’opera pubblica (Cons. Stato, n. 6241 del 2019).
11.3. Nella fattispecie, l’attribuzione all’area di proprietà dei ricorrenti a ‘percorsi pedonali e piazze lastricate’ non ha determinato la perdita definitiva della proprietà, ma ha solo imposto limitazioni e condizioni restrittive agli interventi edilizi, in funzione degli obiettivi di tutela dell’interesse pubblico, e, quindi, a differenza, dei vincoli espropriativi, pur limitando e condizionando l’attività edificatoria, non comporta il diritto agli indennizzi a favore dei proprietari per le limitazioni previste dallo strumento urbanistico (Cons. Stato, n. 5994 del 2019).
In particolare, la previsione urbanistica de qua nelle norme tecniche stabilisce che: “tutte le aree già pavimentate in pietra che devono essere conservate e restaurate e le aree per le quali è prevista la realizzazione di lastricati da parte dell’Amministrazione o da privati”.
Emerge all’evidenza la natura conformativa del vincolo.
Infatti, come precisato dal T.A.R. nella sentenza impugnata, dalla piana lettura degli strumenti urbanistici, ci evince che si tratta di un vincolo di natura conformativa su beni anche di proprietà privata, attuabile per iniziativa privata, e quindi su beni nei confronti dei quali l’Amministrazione ha sempre escluso l’interesse pubblico, se non nei limiti della tutela e della conservazione.
Quanto alle critiche di irragionevolezza delle scelte dell’Amministrazione, a fronte di altre manifestazioni di volontà dell’Ente municipale, è irrilevante il riferimento alle due deliberazioni G.C. 10 giugno 2004, n. 142 e 22 luglio 2014, n. 132 che certo escludono la volontà del Comune di acquisite le aree, ritenendola non rientrante nella parte della viabilità ‘a preponderante…interesse pubblico’, ma non precludono la possibilità di destinare l’area, in estrinsecazione del diverso potere di pianificazione urbanistica, a ‘percorsi pedonali e piazze lastricate’, in sostanziale linea con la destinazione già impressa all’area a viabilità di proprietà privata, ma aperta al pubblico.
Il Collegio di prima istanza si è fatto carico di considerare le deduzioni difensive dei ricorrenti nel corso del giudizio, evidenziando la natura sopra indicata delle particelle, ma riconoscendo anche che la destinazione dell’area a viabilità di proprietà privata è sottoposta ad un uso pubblico attenuato, non essendo presenti imperative esigenze pubbliche legate alla sanità o alla sicurezza, come acclarato dalla relazione allegata alla deliberazione G.C. 22 luglio 2014, n. 132.
L’Amministrazione, invero, pone in rilievo la suddetta circostanza nella deliberazione n. 13 del 2019, nella parte in cui precisa: “preso atto della documentazione presentata, visto il progetto della disciplina di dettaglio ex L.R. 59/80 ed in particolare le destinazioni d’uso delle singole aree; si ritiene di confermare la destinazione delle aree in quanto le opere individuate fanno parte di una progettazione complessiva più ampia che coinvolge più aree che costituiscono un sistema di percorsi pedonali e piazze lastricate caratterizzanti l’insediamento. Per le motivazioni sopra espresse l’istanza non può essere accolta”.
Né si possono predicare gli ulteriori vizi rilevati nei mezzi, non essendo ravvisabile alcuna irragionevolezza o illogicità nella scelta discrezionale dell’Amministrazione comunale.
Come noto, la programmazione e pianificazione urbanistica è caratterizzata da un altissimo grado di discrezionalità nella prospettiva di un ordinato e funzionale assetto del territorio comunale; per la programmazione degli assetti del territorio, l'Amministrazione gode, invero, di un ampio potere discrezionale, sicché tali scelte non sono censurabili se non per manifesti errori di fatto e abnormità (Cons. Stato, n. 7382 del 2024; id. n. 557 del 2024; id. n. 7 del 2024).
Le scelte di pianificazione urbanistica costituiscono esplicazione di potere tecnico-discrezionale che può essere censurato in sede di sindacato giurisdizionale di legittimità solo in presenza di figure sintomatiche di eccesso di potere per palese irragionevolezza ed illogicità (cfr. ex plurimis Cons. Stato, Sentenza n. 6883 del 2021).
Nella specie, tali vizi non sono ravvisabili, dovendo essere condivise le conclusioni rese dal Collegio di prima istanza con la sentenza impugnata, nella parte in cui precisa che è “manifestamente insindacabile in sede di legittimità la scelta di mantenere la destinazione a percorsi pedonali e piazza lastricate”, scelta che non risulta “per nulla inficiata dalle (peraltro assai generiche) contestazioni operate dai ricorrenti”.
11.4. Gli appellanti lamentano il difetto di motivazione degli atti impugnati e deducono che il Giudice di prime cure avrebbe omesso di considerare la presenza di un accordo con l’Amministrazione che, invece, avrebbe imposto una motivazione più dettagliata delle scelte urbanistiche operate.
A tale riguardo, va rammentato, in conformità con l’indirizzo della giurisprudenza sopra richiamato, che nessun atto deliberativo, nessun accordo può impegnare l’Amministrazione a modificare una previsione urbanistica vigente, in difetto di una specifica convenzione urbanistica. Ciò, in quanto, solo in quest’ultimo caso si deve ravvisare l’esistenza di aspettative assistite da una speciale tutela, sicché risulta obbligatoria una motivazione che dia conto delle ragioni di pubblico interesse sottese alla mutata destinazione urbanistica dell’area, previa comparazione dell’interesse pubblico perseguito e delle legittime aspettative dei privati.
Nella specie, tali condizioni non sussistono, atteso che non vi sono accordi o convenzioni che impegnino l’Amministrazione, e che siano idonei ad impedire una nuova e diversa destinazione urbanistica delle aree in contestazione, ovvero a modificare la destinazione urbanistica esistente.
Come precisato dal Comune nella memoria di replica, la deliberazione della Giunta comunale n. 132 del 2004 si limita ad accogliere la proposta di cessione a titolo gratuito di alcune aree con esclusione di quelle acquisite in proprietà dei ricorrenti, per le quali al momento dell’emanazione dell’atto non vi era alcun interesse dell’Amministrazione all’acquisizione al patrimonio pubblico.
Tanto che la Giunta comunale, con deliberazione n. 142 del 2014, in tal senso si è chiaramente espressa, pur nell’ambito di un diverso procedimento, affermando che “allo stato attuale pertanto non vi sono motivi per ritenere che sia stato compromesso, con le decisioni assunte nel 2004, un qualsivoglia interesse pubblico all’uso delle particelle oggetto della cessione (che, si ripete, non ci sono mai state proposte in donazione) né che vi sia in atto o comunque prospettabile in un prossimo futuro l’interesse pubblico alla costituzione di una servitù di uso pubblico, pur sempre possibile, posto che come anticipato l’interesse pubblico a seguito degli atti del 2004 ha certamente trovato una maggiore tutela e soddisfazione”, in questo modo non escludendo qualsiasi ulteriore determinazione con riferimento alle aree in questione.
Né può assumere rilievo, ai fini della irragionevolezza delle valutazioni dell’Amministrazione, la circostanza che la stessa abbia manifestato il proprio disinteresse all’acquisizione dell’area, tenuto conto che, come precisato dal T.A.R. le suddette valutazioni “non precludono la possibilità di destinare l’area, in estrinsecazione del diverso potere di pianificazione urbanistica, a percorsi pedonali e piazze lastricate, in sostanziale linea con la destinazione già in atto ma aperta all’uso pubblico”.
Nella fattispecie in esame, come risulta dai fatti di causa, l’area di proprietà dei ricorrenti era già qualificata come ‘percorsi pedonali, marciapiedi e aree lastricate’, trattandosi di una progettazione già esistente e cristallizzata nella variante centri storici del 1980, con l’unico obiettivo quello della tutela e la conservazione dei tratti identitari delle antiche frazioni del territorio, senza che fosse preordinata alla realizzazione di nuovi percorsi pubblici. Ne consegue che, anche sotto tale profilo, le doglianze prospettate dai ricorrenti sono infondate, non assumendo rilievo il fatto che vi fosse o meno nelle intenzioni dell’Amministrazione un interesse viario, o una destinazione a viabilità pubblica, essendo evidenti le diverse finalità dell’Ente municipale.
12. In definitiva, le censure vanno respinte e quindi anche la domanda di risarcimento del danno, non ravvisandosi, nella specie, i presupposti per l’accoglimento, con conseguente rigetto dell’appello e assorbimento di ogni altra deduzione difensiva, tenuto conto che l’eventuale esame della stessa non determinerebbe una soluzione di segno contrario.
13. Le spese di lite del grado seguono il criterio della soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna gli appellanti alla rifusione delle spese di lite a favore del Comune di San Giuliano Terme che liquida in complessivi euro 4.000,00, oltre accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del giorno 5 febbraio 2025, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 17, comma 6, d.l. 9.6.2021, n. 80, convertito con modificazioni dalla legge 6.8.2021, n. 113, con l'intervento dei magistrati:
Fabio Franconiero, Presidente FF
Giovanni Sabbato, Consigliere
Sergio Zeuli, Consigliere
Giovanni Tulumello, Consigliere
Annamaria Fasano, Consigliere, Estensore