Consiglio di Stato Sez. VI n. 4894 del 27 luglio 2010
Tutela dei consumatori. Pubblictà ingannevole
Non necessariamente l’innocuità del prodotto riscontrata in sede sanitaria per il suo uso da parte della platea generale dei consumatori comporta che la promozione pubblicitaria non sia ingannevole se non accompagnata dall’informazione su profili di uso “suscettibili di porre in pericolo la salute e la sicurezza dei consumatori”, in riferimento a gruppi di questi affetti da specifiche patologie su cui l’uso del prodotto può incidere.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 N. 04894/2010 REG.DEC.
 N. 00568/2006 REG.RIC.
 
 Il Consiglio di Stato
 
 in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
 
 ha pronunciato la presente
 DECISIONE
 Sul ricorso numero di registro generale 568 del 2006, proposto dalla Autorita'  Garante della Concorrenza e del Mercato, rappresentata e difesa dall'Avvocatura  Generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
 contro
 Marco Antonetto S.p.a., rappresentata e difesa dagli avv. Paolo Emilio Ferreri e  Diego Vaiano, con domicilio eletto presso Studio Vaiano in Roma, Lungotevere  Marzio, 3;
 
 per la riforma
 
 della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 06139/2005, resa tra le  parti, concernente INGANNEVOLEZZA MESSAGGIO PUBBLICITARIO.
 
 
 Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
 Viste le memorie difensive;
 Visti tutti gli atti della causa;
 
 Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 luglio 2010 il Consigliere di Stato  Maurizio Meschino e uditi per le parti l’avv. Resta per delega dell’avv. Vaiano  e l’avvocato dello stato Ventrella;
 
 Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 FATTO
 1. La Marco Antonetto S.p.a., con ricorso n. 2960 del 2005 proposto al Tribunale  regionale amministrativo per il Lazio, ha chiesto l’annullamento del  provvedimento del 16 febbraio 2005 con il quale l’Autorità garante della  concorrenza e del mercato (di seguito: Autorità) ha stabilito che il messaggio  pubblicitario diffuso dalla ricorrente e concernente il prodotto Normaline Erbe  costituisce pubblicità ingannevole ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. 25 gennaio  1992, n. 74 (“Attuazione della direttiva 84/450/CEE, come modificata dalla  direttiva 97/55/CE in materia di pubblicità ingannevole e comparativa”) e ha  disposto la pubblicazione di una dichiarazione rettificativa sul settimanale  “D-La Repubblica delle Donne”, in uno spazio corrispondente a metà pagina, entro  30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, avente il seguente contenuto:  “Il prodotto Normaline Erbe, in ragione del fucus vesiculosus e del glucomannano  in esso contenuti, potrebbe risultare controindicato per alcune categorie di  soggetti in presenza di determinate patologie nonché in associazione ad alcune  terapie farmacologiche”.
 
 2. Il Tribunale regionale, con sentenza n. 6139 del 2005, ha accolto il ricorso  e, per l’effetto, ha annullato il provvedimento impugnato. Ha compensato tra le  parti le spese del giudizio.
 
 3. Con l’appello in epigrafe è chiesta la riforma della sentenza impugnata in  parte qua.
 
 4. All’udienza del 6 luglio 2010 la causa è stata trattenuta per la decisione.
 DIRITTO
 1. Nella sentenza di primo grado si afferma, anzitutto, che l’Autorità è  competente a valutare la violazione dell’art. 5 del d.lgs. n. 74 del 1992  (relativo alla “Pubblicità di prodotti pericolosi per la salute e la sicurezza  dei consumatori“) per i messaggi pubblicitari di integratori alimentari, anche  in presenza della competenza del Ministero della salute di cui al d.lgs. n. 111  del 1992 (“Attuazione della direttiva 89/398/CEE concernente i prodotti  alimentari destinati ad una alimentazione particolare”), relativa alla  commercializzazione dei prodotti.
 
 Il ricorso è quindi accolto poiché: a) l’Autorità ha formulato il proprio  giudizio di decettività nei confronti del messaggio pubblicitario esclusivamente  sulla base del parere dell’Istituto Nazionale di Ricerca degli Alimenti e la  Nutrizione (INRAN), non tenendo conto né della circostanza della mancanza di  osservazioni sulla pericolosità del prodotto da parte del Ministero della salute  in sede di approvazione dell’etichetta, stante la innocua quantità di fucus e di  glucomannano presenti nelle dosi consigliate del prodotto, né del parere  favorevole alla diffusione del messaggio reso di conseguenza dall’Autorità per  le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), in cui si richiama l’insussistenza di  controindicazioni per la salute dei consumatori; b) a ragione della eccessiva  genericità della dichiarazione rettificativa imposta, in cui non si specifica se  il prodotto è realmente pericoloso, in quali dosi e per quali patologie, con  l’effetto di un allarme indiscriminato, non essendo stato così osservato l’onere  gravante sull’Autorità di precisare il profilo di ingannevolezza del messaggio  al fine della più chiara e completa informazione del consumatore.
 
 2. Nell’appello si precisa anzitutto che non è impugnata la parte della sentenza  relativa alla genericità della dichiarazione rettificativa.
 
 E’ erronea invece la sentenza nella parte in cui non considera che il Ministero  della salute e l’Autorità agiscono per la tutela di interessi giuridici  differenti, il primo ai fini della commercializzazione di prodotti pericolosi  per la salute, la seconda per garantire la corretta informazione dei consumatori  sui possibili effetti dell’uso di un prodotto di cui è consentita la vendita,  ben potendo l’Autorità perciò, nell’esercizio di tale funzione, valutare  ingannevole un messaggio pubblicitario relativo ad integratori alimentari, anche  se non oggetto di obiezioni da parte del Ministero ovvero discostarsi dal parere  dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. In questo quadro l’Autorità  correttamente ha fatto riferimento alla competenza scientifica specialistica  dell’INRAN, sulla base della cui indicazione di potenziale dannosità del fucus  per i soggetti affetti da patologie cardiovascolari e da ipertiroidismo, e di  potenziale interferenza del glucomannano sull’efficacia dei farmaci per  diabetici, ha altrettanto correttamente fondato le conclusioni di propria  competenza.
 
 3. Le censure sono fondate.
 
 3.1. L’art. 5 del d.lgs. n. 74 del 1992, da applicarsi pro tempore al caso in  controversia, dispone che “E’ considerata ingannevole la pubblicità che,  riguardando prodotti suscettibili di porre in pericolo la salute e la sicurezza  dei consumatori, ometta di darne notizia in modo da indurre i consumatori a  trascurare le normali regole di prudenza e vigilanza”.
 
 Come precisato da questo Consiglio “tale norma corrispondeva non solo a precise  direttive comunitarie (84/450/CEE e 97/55/CEE), ma anche ad un principio (la  tutela della salute) garantito come “diritto fondamentale dell’individuo e  interesse della collettività” dall’art. 32 della Costituzione; nessun dubbio,  quindi, può porsi all’interprete circa la priorità degli interessi in questione,  rispetto alle esigenze economiche della commercializzazione dei prodotti” (Sez.  VI, 25 novembre 2008, n. 5774), venendo anche precisato che “il dovere di  chiarezza nei confronti del consumatore, a livello di messaggio pubblicitario,  non coincide con gli obblighi di avvertenza imposti ai produttori e ai  venditori, in ordine alla potenziale pericolosità di determinate sostanze  medicinali. La facoltà, pertanto, di non riportare controindicazioni sulle  etichette degli integratori di fibra riguarda, evidentemente, solo un profilo di  attenzione sanitaria, inerente le caratteristiche intrinseche del prodotto di  cui si discute; il carattere innocuo di quest’ultimo ove utilizzato in modo  corretto, tuttavia, non tutela il consumatore in rapporto a messaggi  pubblicitari, che tendano ad indurre l’uso più ampio ed allargato possibile del  prodotto stesso, con dichiarata assenza di ogni effetto indesiderato: quanto  sopra, mentre effetti indesiderati – anche se di gravità non immediatamente  apprezzabile – sono viceversa possibili, proprio a seguito di quell’uso  protratto e indiscriminato, che può essere determinato dalla pubblicità” (idem).
 
 3.2. E’ stato così definito un indirizzo sulla cui base è corretto affermare che  non necessariamente l’innocuità del prodotto riscontrata in sede sanitaria per  il suo uso da parte della platea generale dei consumatori comporta che la  promozione pubblicitaria non sia ingannevole se non accompagnata  dall’informazione su profili di uso “suscettibili di porre in pericolo la salute  e la sicurezza dei consumatori”, in riferimento a gruppi di questi affetti da  specifiche patologie su cui l’uso del prodotto può incidere.
 
 3.3. Il Collegio ritiene che questo indirizzo sia applicabile al caso in esame.
 
 Infatti:
 
 -è vero che le dosi del prodotto consigliate nel messaggio pubblicitario in  questione (3 compresse di Normaline al giorno) comportano l’assunzione di  quantità di glucomannano e di fucus rientranti nei limiti precisati nelle “Linee  guida su integratori alimentari e alimenti arricchiti e funzionali (criteri di  composizione e di etichettatura)” approvate dal Ministero della salute (1500 mg.  di glucomannano prima dei due pasti principali e 150 mcg giornalieri di iodio);
 
 - è però anche vero che a disposizione dell’Autorità vi era il parere dell’INRAN  sul rischio di utilizzo del fucus per i soggetti affetti da patologie  cardiovascolari e da ipertiroidismo, e di potenziale interferenza del  glucomannano sull’efficacia dei farmaci per diabetici (patologie, nella specie,  non lievi e diffuse);
 
 -si configura così il caso di un prodotto il cui uso alle dosi consigliate è  innocuo in linea generale ma “suscettibile di porre in pericolo” la salute di  particolari gruppi di consumatori, che di ciò devono essere informati  nell’ambito della pubblicità volta ad indurre l’uso del prodotto, la quale,  altrimenti, risulta ingannevole;
 
 -di conseguenza non è corretto affermare che l’Autorità avrebbe dovuto ponderare  la valutazione resa nell’ambito della propria competenza dal Ministero della  salute ai sensi del d.lgs. n. 111 del 1992 (richiamata altresì nel parere dell’AGCOM),  proprio perché competenza esercitata per altro profilo di interesse pubblico e  quindi con diverso contenuto, mentre correttamente si è riferita al parere dell’INRAN,  in quanto parere reso per il profilo di interesse specificamente da tutelare  nella specie, nonché di sicura qualificazione nella materia, poiché proveniente  dall’ente pubblico nazionale di ricerca, sottoposto alla vigilanza del Ministero  delle Politiche agricole, alimentari e forestali, specializzato nello studio  degli alimenti e del loro ruolo nel mantenimento della salute e nella  prevenzione del rischio di malattie correlate all’alimentazione.
 
 4. Per quanto considerato l’appello è fondato e deve perciò essere accolto, con  la conseguente riforma della sentenza di primo grado nella parte oggetto  dell’appello stesso, dovendosi pertanto intendere respinto il ricorso originario  per quanto, in corrispondenza, di ragione.
 
 Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese dei due gradi del  giudizio.
 P.Q.M.
 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione sesta, accoglie l’appello  in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il  ricorso originario.
 
 Compensa tra le parti le spese dei due gradi del giudizio.
 
 Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
 
 Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 luglio 2010 con  l'intervento dei Signori:
 
 Giovanni Ruoppolo, Presidente
 Maurizio Meschino, Consigliere, Estensore
 Roberto Garofoli, Consigliere
 Roberto Giovagnoli, Consigliere
 Manfredo Atzeni, Consigliere
 
 L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 
Il Segretario
 
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 27/07/2010
 (Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
 Il Dirigente della Sezione
                    



