Cass. Sez. III n. 28759 del 21 giugno 2018 (Ud 11 mag 2017)
Presidente: Di Nicola Estensore: Ramacci Imputato: Carnevale ed altri  
Ecodelitti.Confisca

La confisca di cui all'articolo 12-sexies, comma 1, del decreto-legge 306/1992, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356 (ora prevista dall’art. 240-bis cod. pen.), continua ad operare, anche a seguito delle modifiche introdotte con il decreto – legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito con modificazioni dalla L. 4 dicembre 2017, n. 172 in caso di condanna o applicazione pena ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen. per il reato di cui all’art. 260 d.lgs. 152\06 (ora art. 452-quaterdecies cod. pen.), il quale figura tra i delitti considerati dall’art. 51, comma 3-bis cod. proc. pen. che l’art. 12-sexies espressamente richiamava e che ora menzionato dall’art. 240-bis cod. pen. 



RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Roma – Sezione per il riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, con ordinanza del 3/10/2017, decidendo su più richieste di riesame riunite, proposte avverso plurimi decreti di sequestro preventivo emessi dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma nell’ambito di un procedimento concernente vari reati, tra cui quelli sanzionati dagli artt. 416, 452-bis cod. pen., 260 d.lgs. 152\06 ha, tra l’altro, parzialmente confermato i provvedimenti emessi il 15/7/2017, 20/7/2017 e 13/7/2017 nei confronti di Donatella CARNEVALE, Remo SESTINI e Danilo SESTINI.
Avverso tale pronuncia propongono ricorso per cassazione, tramite i rispettivi difensori di fiducia, Donatella CARNEVALE, Remo SESTINI e Danilo SESTINI congiuntamente; Catia CARNEVALE, Giampiero BERNACCHIA e Yuri BERNACCHIA congiuntamente; Sante LUCIDI e Dario LUCIDI congiuntamente e Roberta LANARI, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.  

2. Donatella CARNEVALE, Remo SESTINI e Danilo SESTINI deducono, con un unico motivo di ricorso, la violazione dell’art. 12-sexies d.l. 306/1992 con riferimento ai presupposti della ingiustificata provenienza dei beni posseduti e della sproporzione tra beni posseduti e reddito dichiarato, nonché in relazione alla intestazione fittizia dei beni intestati a Danilo SESTINI.
Osservano, a tale proposito, con riferimento al sequestro di alcuni immobili e dei rapporti bancari riferiti al nucleo familiare, che gli immobili intestati a Donatella CARNEVALE erano stati acquistati nel 2008, quando il nucleo familiare disponeva di adeguata copertura finanziaria e pagati, almeno fino al 2011, con risorse del tutto lecite e senza che vi fosse sproporzione tra il reddito dichiarato e l’acquisto effettuato.
Aggiungono che sarebbero errate le conclusioni del Tribunale, secondo il quale, almeno dal 2012, per mancanza di risorse adeguate, il pagamento sarebbe stato effettuato attingendo a risorse economiche di illecita provenienza, richiamando l’attenzione sul fatto che il progressivo indebitamento del nucleo familiare sarebbe indicativo della indisponibilità di adeguata copertura finanziaria, altrimenti inesistente se vi fosse stata la possibilità di corrispondere il prezzo degli immobili mediante capitali di provenienza illecita.
Rilevano, inoltre, che la sussistenza della sproporzione tra reddito dichiarato e beni posseduti sarebbe esclusa dalla stessa documentazione nella disponibilità del Tribunale, i cui contenuti indicano nel dettaglio, svolgendo analoghe considerazioni anche con riferimento alle giacenze sui conti correnti, lamentando, altresì, che i giudici del riesame non si sarebbero pronunciati espressamente sul sequestro di due autovetture, pur confermando il vincolo reale apposto sulle stesse.
Quanto alla posizione di Danilo SESTINI, osservano che egli è soggetto terzo, non indagato, rispetto al quale non sarebbe stata dimostrata la interposizione fittizia ritenuta dal Tribunale sul solo presupposto del vincolo parentale, aggiungendo che, anche a voler considerare detti beni nella disponibilità di fatto di Donatella CARNEVALE, non vi sarebbe alcuna sproporzione rispetto al patrimonio dichiarato dall’intero nucleo familiare, come documentalmente provato.

3. Catia CARNEVALE, Giampiero BERNACCHIA e Yuri BERNACCHIA deducono, con un primo motivo di ricorso, la violazione di legge in relazione alla declaratoria di inammissibilità della richiesta di riesame presentata nell’interesse di Yuri BERNACCHIA, quale terzo interessato, per difetto di procura speciale, richiamando la giurisprudenza di legittimità in tema e ritenendo sostanzialmente equipollente a detta procura il mandato difensivo.

3.1 Con un secondo motivo di ricorso lamentano la mancata disamina, da parte dei giudici del riesame, delle specifiche doglianze prospettate con la richiesta e testualmente riprodotte, rilevando che il Tribunale non avrebbe verificato se le produzioni della difesa avessero integrato l’onere di allegazione che l’art. 12-sexies d.l. 306\1992 pone a carico dell’indagato al fine di vincere la dedotta sproporzione. Osservano che tale sproporzione sarebbe stata ritenuta dai giudici su base meramente presuntiva e che sarebbe stata comunque fornita la prova dell’origine bancaria (mutuo fondiario) delle risorse impiegare negli acquisti immobiliari.   

4. Sante LUCIDI e Dario LUCIDI deducono, con un unico motivo di ricorso, la violazione di legge, osservando che il Tribunale avrebbe erroneamente dichiarato l’inammissibilità della richiesta di riesame perché tardivamente presentata, ritenendo erroneamente inoperante nei loro confronti la sospensione dei termini nel periodo feriale esclusa dalla legge relativamente ai procedimenti per fatti di criminalità organizzata, a loro però non contestati, diversamente da altri indagati nel medesimo procedimento.

5. Roberta LANARI denuncia, con un unico motivo di ricorso, la violazione di legge, censurando la declaratoria di inammissibilità della richiesta di riesame presentata nel suo interesse perché tardiva, rilevando come il Tribunale avrebbe erroneamente considerato la contestazione del delitto di associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei reati di cui agli art. 260 d.lgs. 152\06 e 452-bis cod. pen. come riferibile a fatti di criminalità organizzata, ritenendo così non operante la sospensione feriale dei termini.
Tutti insistono, pertanto, per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili.

2. Va premesso che la vicenda che vede coinvolti gli odierni ricorrenti riguarda, come emerge dal provvedimento impugnato, l’illecita gestione di ingenti quantitativi di rifiuti speciali, pericolosi e non, documentata da videoriprese ed altre attività di indagine e della stessa questa Corte ha avuto modo di occuparsi, in più occasioni, con riferimento ad altre posizioni.
Pare inoltre opportuno premettere alcune considerazioni generali riguardo all’attuale ambito di operatività dell’art. 12-sexies, decreto legge  306/1992.

3. Per quanto è dato rilevare dal provvedimento impugnato, gli odierni ricorrenti hanno subito il sequestro sulla base della disposizione richiamata in relazione ai reati di cui agli artt. 416, commi 1, 2 e 3 e 452- octies cod. pen. (Roberta LANARI) 81, 110, 452-bis cod. pen. e 260 d.lgs. 152\06 (gli altri).
L'art. 1, comma 4 della legge 68\2015 ha modificato l'articolo 12-sexies, comma 1, del decreto-legge 306/1992, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, inserendovi il riferimento ai delitti di cui agli artt. 452-quater (disastro ambientale), e 452-octies, comma 1 (associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti ambientali), nonché dell'art. 260 d.lgs. 152\06 (attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti), ora confluito nel codice penale, nell’art. 452-quaterdecies).
L’art. 1, comma 3 della legge 68\2015 ha altresì modificato l’art. 260 d.lgs. 152\06 mediante l’introduzione del comma 4-bis il quale prevede che sia sempre ordinata la confisca delle cose che servirono a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Quando ciò non sia possibile, è stabilito che il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca.
Con la legge che ha introdotto nel codice penale i delitti contro l’ambiente, nella quale è evidente l’intento di perseguire efficacemente tale tipologia di reati, sono state, dunque, considerevolmente ampliate anche le ipotesi di confisca.
La legge 17 ottobre 2017, n. 161, con l’art. 31, ha modificato l’art. 12-sexies introducendovi, tra l’altro, un espresso richiamo ai delitti previsti dall'articolo 51, comma 3-bis cod. proc. pen., tra i quali, come è noto, è compreso, a seguito delle modifiche ad esso apportate dalla legge 13 agosto 2010, n. 136, l’art. 260 d.lgs. 152\06 il quale risultava, conseguentemente, richiamato due volte nell’art. 12-sexies.
A tale situazione si è poi ovviato con il decreto – legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito con modificazioni dalla L. 4 dicembre 2017, n. 172, il quale, nel sostituire nuovamente il testo dell’art. 12-sexies, ha mantenuto il richiamo all’art. 51, comma 3-bis cod. proc. pen. eliminando la duplicazione del richiamo con il riferimento espresso all’art. 260 d.lgs. 152\06.
Le medesime disposizioni sono ora contenute nell’art. 240-bis cod. pen. introdotto dal d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21 il quale ha ulteriormente modificato l’art. 12-sexies.  
Che tale fosse l’intenzione del legislatore (e non quella di eliminare la “confisca allargata” con riferimento al delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti) risulta evidente non soltanto dagli atti dei lavori parlamentari relativi alla legge 171/2017, ove il duplice riferimento al medesimo delitto viene segnalato senza però essere preso in considerazione, ma anche dal contenuto stesso del decreto legge 148/2017, che amplia l’elenco dei reati per i quali la confisca è consentita (sono state, ad esempio, inserite, alcune ipotesi di falso nummario ed alcuni reati informatici).
Invero, sarebbe del tutto illogico ritenere che il legislatore, dopo aver introdotto i delitti contro l’ambiente, prevedendo per gli stessi pene severe ed altre rilevanti conseguenze in caso di condanna, abbia voluto definitivamente eliminare la possibilità della confisca di cui all’art. 12-sexies al solo delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, reato connotato da una obiettiva gravità, inserendo nel contempo nel medesimo articolo altri reati prima non presenti e, addirittura, non avvedendosi del fatto che il delitto di cui all’art. 260 d.lgs. 152\06, una volta espunto, restava comunque ricompreso nell’ambito di applicazione dell’art. 12-sexies in forza del richiamo contenuto nell’art. 51, comma 3-bis cod. proc. pen.
Nessuna modifica che induca a diverse conclusioni è stata poi apportata dal menzionato d.lgs. 21/2018 che, anzi, è intervenuto sull’art. 51, comma 3-bis cod. proc. pen. sostituendo il riferimento all’art. 260 d.lgs. 152\06 con quello all’art. 452-quaterdecies cod. pen.
Ne consegue che la confisca di cui all'articolo 12-sexies, comma 1, del decreto-legge 306/1992, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356 (ora prevista dall’art. 240-bis cod. pen.), continua ad operare, anche a seguito delle modifiche introdotte con il decreto – legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito con modificazioni dalla L. 4 dicembre 2017, n. 172 in caso di condanna o applicazione pena ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen. per il reato di cui all’art. 260 d.lgs. 152\06 (ora art. 452-quaterdecies cod. pen.), il quale figura tra i delitti considerati dall’art. 51, comma 3-bis cod. proc. pen. che l’art. 12-sexies espressamente richiamava e che ora menzionato dall’art. 240-bis cod. pen.  

4. Ciò posto, osserva il Collegio che il ricorso di Donatella CARNEVALE, Remo SESTINI e Danilo SESTINI è inammissibile.
Pur denunciandosi, infatti, la violazione di legge, vengono invece formulate censure riferibili, al più, al vizio di motivazione, non ricevibili in questa sede dal momento che che la costante giurisprudenza di questa Corte si è ripetutamente espressa nel senso che il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa in sede di riesame di provvedimenti di sequestro (probatorio o preventivo) può essere proposto esclusivamente per violazione di legge e non anche con riferimento ai motivi di cui all’articolo 606 lettera e) cod. proc. pen., pur rientrando, nella violazione di legge, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali (Sez. U, n. 5876 del 28/1/2004, Bevilacqua, Rv. 226710 . V. anche Sez. 2, n. 18951 del 14/3/2017, Napoli e altro, Rv. 269656; Sez. 6, n. 6589 del 10/1/2013, Gabriele, Rv. 254893;  Sez. 5, n. 35532 del 25/6/2010, Angelini, Rv. 248129; Sez. 6, n. 7472 del 21/1/2009, Vespoli, Rv. 242916;  Sez. 5, n. 8434 del 11/1/2007, Ladiana, Rv. 236255).
La mera apparenza della motivazione, peraltro, è stata individuata nell'assenza dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l'"iter" logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato (da ultimo, Sez. 2, n. 18951 del 14/3/2017, Napoli e altro, Rv. 269656 ed altre prec. conf.).
Il ricorso, inoltre, a sostegno dei motivi proposti prospetta una lettura alternativa degli elementi fattuali analizzati dal Tribunale non consentita in sede di legittimità e richiama atti del procedimento l’accesso ai quali è precluso al Collegio.  
I giudici del riesame hanno comunque dato adeguatamente conto delle ragioni per le quali i sequestri andavano in parte confermati, analizzando la situazione patrimoniale del nucleo familiare ed escludendo, per determinati periodi, la sussistenza di elementi sintomatici di un effettivo squilibrio tra reddito e patrimonio, procedendo poi, per ciò che concerne gli immobili, ad una dettagliata analisi delle vicende relative all’acquisto degli stessi e delle condizioni patrimoniali degli acquirenti, fornendo adeguata risposta anche alle allegazioni difensive.
Quanto al sequestro delle autovetture, dello stesso non risulta fatta menzione nel provvedimento impugnato, laddove vengono riportati i motivi posti a sostegno della richiesta di riesame ed il motivo sul punto è generico, poiché non contiene alcun riferimento specifico alla doglianza che sarebbe stata prospettata al Tribunale e da questi non esaminata.
Riguardo, poi, alla posizione di Danilo SESTINI, valgono le stesse considerazioni per ciò che riguarda l’inammissibilità del ricorso, facendosi anche in questi caso riferimento alla motivazione dell’ordinanza impugnata ed effettuandosi richiami ad atti del procedimento inaccessibili a questa Corte.
Il Tribunale, inoltre, ha dato chiaramente atto del fatto, ritenuto rilevante, che al momento dell’acquisto degli immobili, intestati per la metà al predetto, questi era del tutto privo di disponibilità finanziarie, sicché, anche in ragione del vincolo parentale, detti immobili dovevano ritenersi nella disponibilità della madre Donatella CARNEVALE.  

5. Quanto al ricorso di Catia CARNEVALE, Giampiero BERNACCHIA e Yuri BERNACCHIA, va osservato, con riferimento al primo motivo di ricorso, che il Tribunale del riesame ha preso in considerazione la giurisprudenza prevalente e più recente, condivisa dal Collegio, secondo la quale l'istanza di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo proposta dal difensore del terzo interessato privo di procura speciale è inammissibile, né il difetto di rappresentanza può essere regolarizzato previa concessione di un termine a norma dell'art. 182, comma secondo, cod. proc. civ. (v. Sez. 5, n. 25478 del 15/05/2014, Pannunzio, Rv. 259847 con ampi richiami ai precedenti).
Il motivo di ricorso, sul punto, è altresì generico, in quanto, in ogni caso, non specifica neppure in quali contenuti il conferimento del mandato difensivo avrebbe dovuto ritenersi equipollente alla procura speciale.
Per ciò che concerne, invece, il secondo motivo di ricorso, lo stesso risulta formulare censure attinenti al vizio di motivazione finalizzate anche ad una lettura alternativa delle emergenze processuali  e, come tali, non ammissibili per le ragioni in precedenza specificate.
Non risulta affatto, dal contenuto del provvedimento impugnato, che lo stesso abbia fondato il giudizio di sproporzione tra reddito e patrimonio dei ricorrenti sulla base di mere presunzioni, avendo il Tribunale indicato, anche i questo caso nel dettaglio, i dati fattuali valorizzati a tal fine attraverso la indicazione di dati numerici precisi e richiami alla informativa redatta dalla polizia giudiziaria, non mancando di dare conto delle doglianze difensive e delle ragioni per le quali sono state disattese.

6. Manifestamente infondato risulta anche il ricorso presentato nell’interesse di Sante LUCIDI e Dario LUCIDI e quello proposto da Roberta LANARI, che possono essere trattati congiuntamente in ragione della sostanziale identità delle questioni sollevate.
Va a tale proposito rilevato che, come ricordato dagli stessi ricorrenti, il Tribunale ha ritenuto tardivamente presentata la richiesta di riesame avverso il provvedimento di sequestro emesso nei loro confronti, in quanto, nonostante il provvedimento impugnato, del 15/7/2017, fosse stato loro notificato il 27/7/2017, detta richiesta risultava depositata il 5/9/2017, superando così il termine di dieci giorni stabilito dalla legge, da calcolarsi senza tenere conto della sospensione feriale dei termini, non operante per i processi di criminalità organizzata.
Obiettano a tale proposito i ricorrenti che, nei loro confronti, non risultavano ipotizzate fattispecie di reato inerenti a fatti di criminalità organizzata, diversamente da altri indagati, sicché la decisione del Tribunale doveva ritenersi errata.
Tale assunto, tuttavia, è palesemente destituito di fondamento.
L’art. 1, comma 1 del d.lgs. 20/7/1990 n. 193, ha introdotto l’art. 240-bis nel d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271 “Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale”. Detto articolo ha sostituito l'articolo 2 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, il quale, al primo comma, stabilisce che in materia penale, la sospensione dei termini procedurali, compresi quelli stabiliti per la fase delle indagini preliminari, non opera nei procedimenti relativi ad imputati in stato di custodia cautelare, qualora essi o i loro difensori rinunzino alla sospensione dei termini.
Il secondo comma della richiamata disposizione, introdotto dall’art. 21-bis del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, stabilisce che la sospensione dei termini delle indagini preliminari di cui al primo comma non opera nei procedimenti per reati di criminalità organizzata.
Tali disposizioni sono state interpretate nel senso che la deroga, prevista per i reati di criminalità organizzata, alla sospensione nel periodo feriale dei termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, riguarda anche quelli inerenti alle procedure incidentali in materia di misure cautelari reali (Sez. U, n. 37501 del 15/7/2010, Donadio, Rv. 247993).
Le Sezioni Unite, nella menzionata decisione, opportunamente richiamata anche nell’ordinanza impugnata, hanno anche chiarito che, a tal fine, è ininfluente che il reato specificamente contestato al singolo indagato sia eventualmente aggravato ai sensi dell'art. 7 decreto-legge n. 152 del 1991, ma rileva soltanto che la contestazione si inserisca nell'ambito di un procedimento di criminalità organizzata, intendendosi per tale quello che ha ad oggetto una qualsiasi fattispecie caratterizzata da una stabile organizzazione programmaticamente orientata alla commissione di più reati.
Tale affermazione viene giustificata osservando che, ai fini della disciplina di cui si tratta, la posizione specifica del singolo indagato è ininfluente, poiché ciò che rileva è la sua collocazione nell'ambito di un procedimento di criminalità organizzata, dal momento che lo scopo del legislatore è quello di evitare che le indagini preliminari subiscano pause o decelerazioni potenzialmente pregiudizievoli del risultato dell'attività d'indagine, e che tale scopo potrebbe essere compromesso se fossero consentite, nell'ambito dello stesso procedimento, dilazioni nella definizione di procedure incidentali riguardanti la posizione di questo o quello indagato, dal momento che tali procedure sono intimamente connesse all'attività d'indagine e ne influenzano la pronta definizione.
Orbene, alla luce di tale autorevole contributo interpretativo, deve rilevarsi che, considerato il complesso dei reati attribuiti anche ad altri indagati, la cui situazione viene richiamata anche in ricorso, deve pacificamente ritenersi che la misura cautelare reale applicata agli odierni ricorrenti sia stata comunque adottata nell’ambito di un procedimento penale per fatti di criminalità organizzata, con la conseguenza che, indipendentemente dalle specifiche contestazioni che li riguardano, non operava anche nei loro confronti la sospensione feriale dei termini.
Correttamente, dunque, il Tribunale ha dichiarato inammissibile la richiesta di riesame perché tardivamente proposta.

7. Quanto appena illustrato va pure considerato con riferimento alla posizione di Roberta LANARI.
Nell’ordinanza impugnata si specifica che l’atto di impugnazione presentato nel suo interesse è stato depositato in cancelleria il 4/9/2017, ma la notifica dei provvedimenti impugnati (decreto di sequestro del 15 e 20 luglio 2017) era stata effettuata il 27/7/2017, come indicato dallo stesso difensore.
Il Tribunale ha dunque ritenuto non operante la sospensione feriale dei termini in considerazione del reato oggetto di incolpazione e dichiarato l'inammissibilità della richiesta di riesame perché tardivamente proposta, ma tale conclusione viene contestata dalla ricorrente sul presupposto che i reati a lei attribuiti (quelli previsti e puniti dagli artt. 416, 452-bis cod. pen. e 260 d.lgs. 152\06) non sarebbero riferibili a fatti di criminalità organizzata per i quali opera la deroga di cui all’art. 2 della legge 7 ottobre 1969, n. 742.
Anche a tale proposito va richiamato il contenuto della sentenza “Donadio” delle Sezioni Unite, laddove definisce come i procedimenti per fatti di criminalità organizzata debbono intendersi quelli relativi a qualsiasi fattispecie caratterizzata da una stabile organizzazione programmaticamente orientata alla commissione di più reati.
Nel formulare tale affermazione la sentenza ha richiamato quanto stabilito in una precedente pronuncia delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 17706 del 22/3/2005, Petrarca ed altri, Rv. 230895) ove, trattando della deroga alla sospensione feriale dei termini nei procedimenti per reati di criminalità organizzata, ha ricondotto in tale nozione non soltanto i reati di criminalità mafiosa e assimilata, oltre i delitti associativi previsti da norme incriminatrici speciali, ma anche qualsiasi tipo di associazione per delinquere, ex art. 416 cod. pen., correlata alle attività criminose più diverse, con l'esclusione del mero concorso di persone nel reato, nel quale manca il requisito dell'organizzazione.
Anche in questo caso, dunque, l’ordinanza impugnata risulta immune da censure.

8. I ricorsi, conseguentemente, devono essere dichiarati inammissibili e alla declaratoria di inammissibilità  consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 2.000,00 per ciascun ricorrente.



P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 11/5/2018