Cass. Sez. III n.24647 del 15 giugno 2009 (Ud 24 mar. 2009)
Pres. Onorato Est. Franco Ric. Marra
Urbanistica. Condono in zone vincolate
Non è poi esatto che la Corte costituzionale avrebbe chiarito, con riferimento agli abusi in aree vincolate, che la sanabilità delle opere realizzate in area vincolata è da escludere solo se si tratti di vincolo di inedificabilità assoluta (divieti di edificazione o prescrizioni di inedificabilità ex art. 33 legge 28 febbraio 1985, n. 47) e non anche nella diversa ipotesi di vincolo di inedificabilità relativa. E difatti, la sentenza n. 54 del 2009 ha dichiarato illegittima una norma regionale che prevedeva il divieto di sanare le opere abusive edificate su aree sottoposte a vincoli di tutela solo quando questi ultimi «comportino inedificabilità assoluta», e ciò proprio perché l’art. 32, comma 27, lett. d), del dl. 269 del 2003 «attribuisce effetto impeditivo della sanatoria ad ulteriori vincoli, che la norma impugnata ... avrebbe invece l’effetto di vanificare». E con la successiva ord. n. 150 del 2009 la Corte costituzionale ha espressamente rilevato che il principio affermato dalla Corte di cassazione (secondo cui entro le aree vincolate possono beneficiare del condono le sole opere di restauro e risanamento conservativo, nonché di manutenzione straordinaria, nei casi indicati nell’Allegato I al d.l. n. 269 del 2003, punti 4, 5 e 6) «appare del tutto conforme alla lettera della disposizione impugnata», precisando inoltre che è erronea una ricostruzione della giurisprudenza costituzionale nel senso che i vincoli preclusivi della sanatoria dovrebbero essere esclusivamente quelli che prevedano una inedificabilità assoluta, «atteso che la sentenza n. 54 del 2009 ha chiarito come tali vincoli non debbano necessariamente comportare l’inedificabilità assoluta».
SENTENZA N. 671
REG. GENERALE n.36447/08
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Pierluigi ONORATO Presidente
Dott. Ciro PETTI Consigliere
Dott. Alfredo TERESI Consigliere
Dott. Amedeo FRANCO (est.) Consigliere
Dott. Guicla I. MÚLLIRI Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Marra Giulia, nata a San Pancrazio Salentino il 9.8.1947;
avverso la sentenza emessa il 7.4.2008 dalla corte d\'appello di Lecce;
udita nella pubblica udienza del 24 marzo 2009 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Alfredo Montagna, che ha concluso per l\'inammissibilità del ricorso;
Svolgimento del processo
Con la sentenza in epigrafe la corte d\'appello di Lecce confermò la sentenza 16.5.2007 del giudice del tribunale di Lecce, sezione distaccata di Nardò, che aveva dichiarato Marra Giulia colpevole dei reati di cui agli artt. 44, lett. c), d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, e 349 cod. pen., condannandola alla pena ritenuta di giustizia.
L\' imputata propone ricorso per cassazione deducendo:
1) violazione dell\'art. 32 D.L. 10.9.2003 n.269; manifesta illogicità della motivazione in punto di pretesa irrilevanza tanto del condono edilizio quanto del condono ambientale in riferimento alle opere in contestazione;
violazione dell\'art. 1, comma 37, legge 15 dicembre 2004, n. 308, in materia di condono ambientale.
Sostiene, in sintesi, che la corte d\'appello ha errato nel ritenere che l\'opera in questione non fosse suscettibile di condono edilizio perché sita in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, pur non essendo la stessa sottoposta a divieto di inedificabilità assoluta. Sostiene poi che in ogni caso, ella aveva presentato domanda di condono ambientale ai sensi della legge 15 dicembre 2004, n. 308, e che la concessione del condono ambientale, facendo per così dire caducare il vincolo, avrebbe comportato anche la possibilità di ottenere il condono edilizio. La corte d\'appello ha invero errato nel ritenere che il condono ambientale avrebbe un ambito coincidente con quello del condono edilizio e che quindi sarebbe possibile soltanto per gli interventi di minore entità. L\'autorizzazione paesaggistica in sanatoria comporta lo sgravio del vincolo paesaggistico, rendendo in tal modo possibile l\'accesso al condono edilizio anche per gli immobili realizzati in zona sottoposta a vincolo.
2) manifesta illogicità della motivazione per travisamento del fatto in ordine all\'accertamento della data in cui è stato conosciuto dall\'imputato il sequestro e l\'apposizione dei sigilli;
violazione del principio di presunzione di innocenza.
Osserva che erroneamente la corte d\'appello ha ritenuto che ella avrebbe conosciuto il provvedimento di sequestro in data 21.2.2003, dal momento che in tale data le fu notificato (all\'estero dove risiedeva) non il provvedimento di sequestro ma l\'invito ad eleggere domicilio. Il sequestro le fu invece notificato il 3.3.2003. Ora, non vi è nessuna prova che vi sia stata una modificazione dello stato dei luoghi successivamente a tale data del 3.3.2003.
Motivi della decisione
Il primo motivo di ricorso è infondato perché la corte di appello ha correttamente applicato il principio di diritto costantemente affermato da questa Corte in tema di condono edilizio, secondo cui, in materia edilizia, le opere abusive realizzate in aree sottoposte a vincolo a tutela degli interessi idrogeologici, ambientali e paesistici possono ottenere la sanatoria ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, art. 32, commi 25, 26 e 27, convertito con L. 24 novembre 2003, n. 326, solo per gli interventi edilizi di minore rilevanza (corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell\'Allegato 1; restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), che siano conformi agli strumenti urbanistici (abusi formali), e previo parere favorevole dell\'autorità preposta al vincolo. Sicché sono escluse dal condono tutte le nuove costruzioni — quale è quella oggetto del presente processo — realizzate, in assenza o in totale difformità dal titolo edilizio in zona assoggettata ad uno dei suddetti vincoli (cfr. ex plurimis, Sez. III, 10.5.2005, n. 33297, Palazzi, m. 232186; Sez. III, 11.6.2008, n. 37273, Carillo; Sez. III, 26.10.2007, n. 45242, Tirelli).
Non è poi esatto l\'assunto della ricorrente che la Corte costituzionale avrebbe chiarito, con riferimento agli abusi in aree vincolate, che la sanabilità delle opere realizzate in area vincolata è da escludere solo se si tratti di vincolo di inedificabilità assoluta (divieti di edificazione o prescrizioni di inedificabilità ex art. 33 legge 28 febbraio 1985, n. 47) e non anche nella diversa ipotesi di vincolo di inedificabilità relativa. E difatti, la sentenza n. 54 del 2009 ha dichiarato illegittima una norma regionale che prevedeva il divieto di sanare le opere abusive edificate su aree sottoposte a vincoli di tutela solo quando questi ultimi «comportino l\'inedificabilità assoluta», e ciò proprio perché l’art. 32, comma 27, lett. d), del d.l. 269 del 2003 «attribuisce effetto impeditivo della sanatoria ad ulteriori vincoli, che la norma impugnata ... avrebbe invece l\'effetto di vanificare». E con la successiva ord. n. 150 del 2009 la Corte costituzionale ha espressamente rilevato che il principio affermato da questa Corte (secondo cui entro le aree vincolate possono beneficiare del condono le sole opere di restauro e risanamento conservativo, nonché di manutenzione straordinaria, nei casi indicati nell\'Allegato I al d.l. n. 269 del 2003, punti 4, 5 e 6) «appare del tutto conforme alla lettera della disposizione impugnata», precisando inoltre che è erronea una ricostruzione della giurisprudenza costituzionale nel senso che i vincoli preclusivi della sanatoria dovrebbero essere esclusivamente quelli che prevedano una inedificabilità assoluta, «atteso che la sentenza n. 54 del 2009 ha chiarito come tali vincoli non debbano necessariamente comportare l\'inedificabilità assoluta».
La ricorrente poi sostiene che, avendo presentato domanda di condono ambientale ai sensi della legge 15 dicembre 2004, n. 308, l\'accoglimento di tale domanda e la concessione del condono ambientale, facendo per così dire caducare il vincolo, avrebbero comportato anche la possibilità di ottenere il condono edilizio. Sostiene inoltre che il condono ambientale sarebbe nella specie concedibile perché esso avrebbe un ambito diverso dal condono edilizio e quindi sarebbe possibile anche per interventi diversi da quelli di minore entità.
Anche questi assunti sono chiaramente infondati. Va preliminarmente osservato che nel presente processo l\'imputata risponde del solo reato edilizio e non anche di quello ambientale, che non le è stato contestato. Sono quindi nella specie irrilevanti tutte le questioni relative all\'ambito ed all\'estensione del c.d. condono ambientale. Ed infatti, quand\'anche dovesse accogliersi la tesi che il condono ambientale non sarebbe anch\'esso limitato agli interventi di minore entità e quindi sarebbe concedibile nella specie, in ogni caso non ne potrebbe derivare alcuna conseguenza in ordine alla possibilità di ottenere il condono edilizio. E ciò perché, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, il condono ambientale introdotto dall\'art. 1, commi 37, 38 e 39 L. n. 308 del 2004 estingue esclusivamente il reato di cui all\'art. 181 D.Lgs. n. 42 del 2004 e gli altri reati paesaggistici, ma non si estende al reato edilizio attesa la mancanza di norme di coordinamento, diversamente da quanto disciplinato con la L. n. 326 del 2003 (cosiddetto condono edilizio), che espressamente prevedeva che il rilascio del titolo abilitativo edilizio estinguesse anche il reato per la violazione del vincolo (Sez. III, 7.12.2007, Verrillo, m. 234327; Sez. III, 5.4.2006, Turco, m.. 234327).
Il secondo motivo si risolve in una censura in fatto ed è comunque infondato. Infatti, anche a voler accettare l\'assunto della ricorrente secondo cui la stessa avrebbe avuto notizia del sequestro non in data 21 febbraio 2003, bensì solo in data 3 marzo 2003, ugualmente sarebbe responsabile del reato di violazione dei sigilli, perché la prosecuzione dei lavori nonostante il sequestro fu accertata non solo in data 24 febbraio 2003, ma anche successivamente in data 28 aprile 2003, quando cioè l\'imputata era pacificamente già da tempo a conoscenza del vincolo imposto al manufatto. Non è poi sindacabile in questa sede l\'accertamento di fatto del giudice del merito che i lavori abusivi erano proseguiti dopo il 24 febbraio 2003 e fino al 28 aprile 2003.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 24 marzo 2009.
Deposito in Cancelleria il 15/06/2009.