Cass. Sez. III sent. 14186 del 5 aprile 2007
Pres. Papa Est. Fiale Ric.Bennardo
Urbanistica. Sanatoria e sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione

Il rilascio di concessione in  sanatoria e, comunque, l’adozione di provvedimenti della Pa incompatibili con l’ordine di demolizione impartito con la sentenza di condanna, successivamente al passaggio in giudicato della decisione medesima, può incidere sulla concreta eseguibilità della demolizione, ma non incide sulla revoca della sospensione condizionale della pena ove intervenga in epoca successiva alla scadenza del termine per l’adempimento della condizione cui la sospensione è subordinata.
Il tribunale monocratico di Agrigento, quale giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 26 settembre 2005, ha revocato ex articoli 666 e 674 Cpp- su richiesta del Pm   il beneficio della sospensione condizionale della pena di giorni 60 di arresto e lire 30 milioni di ammenda inflitta a Bennardo Pietro - per i reati di cui agli articoli 20, lett C), legge 47/1985; 1, 2, 13 e 14 legge 1086/71; 1 sexies legge 431/85   dal Pretore di Agrigento, con sentenza del 16 aprile 1998, irrevocabile in data 19 ottobre 2000.
Il Tribunale ha rilevato che:
- il beneficio della sospensione condizionale, con la sentenza di condanna, era stato subordinato alla demolizione, a spese e cura del condannato, delle opere realizzate abusivamente (un fabbricato costituito da piano seminterrato e piano terra), entro il termine di ottanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza.
- detto termine era scaduto da quasi cinque anni e le opere abusive non erano state demolite;
- il dirigente dell’ufficio tecnico del Comune di Agrigento, con provvedimento notificato il 12 aprile 2002, aveva denegato il rilascio di concessione in sanatoria, per condono edilizio ex articolo 39 della legge 724/94, del fabbricato in oggetto, sull’assunto che lo stesso non poteva considerarsi “ultimato” in data anteriore al 31 dicembre 1993 e superava il limite di cubatura fissato per la sanabilità (nel medesimo senso aveva altresì concluso la sentenza penale di condanna e tale statuizione, quindi, aveva efficacia di cosa giudicata);
  il provvedimento amministrativo di diniego era stato impugnato dal Bennardo, in data 23 aprile 2002, davanti al Tar di Palermo, ma il relativo procedimento non aveva trovato ancora definizione ed era tuttora pendente.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso il Bennardo, il quale ha eccepito:
- erronea applicazione di legge, poiché egli avrebbe ottenuto, ancora prima del passaggio in giudicato della sentenza penale in oggetto (in seguito a domanda presentata in data 2 marzo 1995), concessione in sanatoria tacitamente assentita, anche con riferimento al necessario nulla osta paesaggistico (richiesto con domanda del 14 maggio 1996);
  l’incongruità del diniego di concessione edilizia in sanatoria, avendo la Pa ritenuto erroneamente che le opere non fossero state completate nel termine fissato dalla legge 724/94;
  l’erronea valutazione del giudice dell’esecuzione “nel ritenere il volume del fabbricato maggiore di mq. 750”.
Ha prospettato altresì che egli aveva, proposto, in data 7 dicembre 2004, ulteriore domanda di condono ai sensi della legge ragionale 4/2003, “senza rinunciare, comunque, ai benefici relativi al precedente titolo concessorio tacitamente formatosi prima del passaggio in giudicato dalla sentenza penale. Il giudice dell’esecuzione, pertanto, avrebbe dovuto in ogni caso sospendere il procedimento “fino all’accertamento della decisione dell’autorità amministrativa o della giurisdizione amministrativa”.
Il ricorso deve essere rigettato, poiché infondato.

1. In sede di incidente di esecuzione, l’indagine affidata al giudice di merito e limitata al controllo dell’esistenza di un titolo esecutivo legittimo, avendo egli il potere dovere di interpretare il giudicato e renderne espliciti il contenuto ed i limiti, ma non potendo modificare, invece, le statuizioni coperte dal giudicato medesimo (ad eccezione delle ipotesi espressamente previste dalla legge).
Nella fattispecie in esame la preclusione dell’applicazione del condono di cui all’articolo 39 della legge 724/94 è coperta da decisione irrevocabile, avente efficacia vincolante per il giudice dell’esecuzione (e risulta ribadita dal provvedimento negativo del dirigente dell’ufficio tecnico dei Comune di Agrigento, notificato il 12.4.2002, tuttora valido ed efficace pure in pendenza del giudizio instaurato davanti al Tar).
Devono considerarsi irricevibili, pertanto, tutte le censure finalizzate a mettere in discussione ed a sovvertire l’accertamento compiuto nella fase cognitiva del procedimento in ordine al mancato rispetto del limite volumetrico dei fabbricato in questione ed all’avvenuta ultimazione dello stesso in epoca successiva al 31 gennaio 1993.
Le argomentazioni svolto al riguardo nel ricorso   incluse quelle riferite alla pretesa preesistenza al giudicato di titoli abilitativi sananti tacitamente formatisi   avrebbero potuto e dovuto essere svolto nel corso delle due fasi di merito del giudizio.

2. Correttamente è stata denegata la sospensione del procedimento, a fronte dell’istanza di condono edilizio (ai sensi dell’articolo 32 del Dl 269/03, convertito dalla legge 326/03 e della legge regionale 4/2003) presentata dal condannato in data 7.12.2004.
Il termine per l’adempimento, infatti, è scaduto dal lontano 7.1.2001.
Detto termine – per il principio della obbligatorietà ed effettività della pena – integra un  elemento essenziale della concessione subordinata del beneficio ed entro la durata di esso deve essere assolto l’obbligo condizionante, salve le ipotesi (nella specie insussistenti) di impossibilità assoluta non dipendente da proprio atto volontario, sicché legittimamente, in sede esecutiva, dall’ingiustificato decorso infruttuoso di esso è stato fatto derivare il venire meno del beneficio.
La subordinazione della sospensione condizionale della pena ad un obbligo da adempiere entro un determinato termine, assolve, infatti alla funzione di dimostrare che il reo è meritevole del beneficio anzidetto, sicché solo la presenza di fatti a lui non imputabili e tali da escludere la possibilità di eseguire quanto prescritto, entro il periodo stabilito, impedisce la revoca del beneficio.
La intervenuta scadenza del termine (stante l’essenzialità dello stesso per le finalità perseguite dall’articolo 165 Cp) rendo irrilevante, pertanto, ai fini della revoca del beneficio, ogni questione circa la possibilità di sanatoria (c.d. condono edilizio) riconosciuta dall’articolo 32 del Dl 269/03, convertito con modificazioni dalla legge 326/03 (vedi Cassazione, Sezione terza, 24 febbraio 2004, Borrello ed altra).
Questa Corte ha già evidenziato, in proposito, che il rilascio di concessione in  sanatoria e, comunque, l’adozione di provvedimenti della Pa incompatibili con l’ordine di demolizione impartito con la sentenza di condanna, successivamente al passaggio in giudicato della decisione medesima, può incidere sulla concreta eseguibilità della demolizione, ma non incide sulla revoca della sospensione condizionale della pena ove intervenga in epoca successiva alla scadenza del termine per l’adempimento della condizione cui la sospensione è subordinata.
Diversi sono, infatti, i presupposti e la funzione dell’ordine di demolizione e della subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena all’adempimento di un obbligo, sia pure avente a contenuto l’osservanza dell’ordine demolitorio medesimo, in quanto tale secondo istituto, mira a garantire che il comportamento del reo, successivamente alla condanna, si adegui concretamente a quel processo di ravvedimento la cui realizzazione costituisce scopo precipuo dell’istituto stesso, mentre l’ordine di demolizione soddisfa l’interesse pubblico all’eliminazione della costruzione abusiva, ove non intervenga, prima dell’effettiva demolizione, un provvedimento amministrativo con esso incompatibile: un provvedimento siffatto, dunque, assume un rilievo logicamente differente nelle due ipotesi, in relazione all’epoca diversa in cui deve intervenire (vedi Cassazione, Sezione terza, 5.3.2004, Raptis).
A tali argomentazioni può obiettarsi che la eventuale sanatoria amministrativa dell’abuso edilizio rende inutiliter datum l’ordine di demolizione emesso dall’autorità giudiziaria e fa venire meno, conseguentemente, la condizione stessa al cui adempimento è stata subordinata l’operatività della sospensione condizionale della pena.
In una decisione di questa Sezione è stata rilevata, in detta prospettiva, la sussistenza di un conflitto di interessi: “l’interesse pubblico alla rapida definizione delle situazioni giuridiche ed alla riparazione del bene giuridico violato, mediante l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose, da un lato; l’interesse del condannato ad evitare la irreparabilità di un pregiudizio personale in presenza di una situazione giuridica fluida …, che potrebbe sfociare in una soluzione (la sanatoria legittima) che contemperi e componga gli interessi in conflitto mediante la conformazione dell’interesse privato all’interesse pubblico”. Spetterebbe, dunque, al prudente apprezzamento del giudice una valutazione prognostica dei possibili esiti e dei tempi di definizione della procedura in sanatoria (in tal senso Cassazione, Sezione terza, 23998/03, Bonfante).
Trattasi di considerazioni non condivise da questo Collegio (in adesione alle deduzioni già svolte da Cassazione, Sezione terza, 10 dicembre 2004, Rizzo), perché esse non tengono conto che l’interesse pubblico alla riparazione del bene giuridico violato presuppone anche la opportuna tempestività della riparazione medesima, non procrastinabile “ad libitum” fino ad un tempo assai lontano da quello assegnato al condannato per l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato.
3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente il pagamento delle spese processuali.
PQM

La Corte Suprema di Cassazione, visti gli articoli 507, 611 e 616 Cpp, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.