Consiglio
di Stato Sez.V sent. n.3295 dell'11 giugno 2003
Urbanistica ed edilizia. Destinazione di immobile
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il
Consiglio di
Stato in
sede giurisdizionale, Sezione Quinta
ha
pronunciato la seguente
DECISIONE
sui
ricorsi in appello
nr.989/2002
proposto dal COMUNE DI CHIERI, in persona del legale rappresentante pro-tempore,
rappresentato e difeso dall'avv. Giorgio Santilli e dall'avv. Mario Menghini ed
elettivamente domiciliato nello studio di questi in Roma, via della Mercede n.
52
CONTRO
Francesco
Costa e Anna Maria Costa, rappresentati e difesi dall'avv. Enrico Piovano e
Nicolò Paoletti ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest'ultimo
in Roma, via B. Tortolini n. 34
PER
L'ANNULLAMENTO
della
sentenza n. 2072/01 del TAR Piemonte
e
nr. 8148/02 proposto da
COSTA FRANCESCO e COSTA ANNA MARIA, rappresentati e difesi dall'avv. Nicolò
Paoletti ed elettivamente domiciliati presso lo studio di questi in Roma, via B.
Tortolini n. 34
CONTRO
il
COMUNE DI CHIERI, in persona del legale rappresentante pro-tempore,
rappresentato e difeso dall'avv. Giorgio Santilli e dall'avv. Mario Menghini ed
elettivamente domiciliato in Roma, via della Mercede n. 52
PER
LA RIFORMA
della
sentenza n. 1282/02 del TAR Piemonte
Visti
i
ricorsi in appello
con i relativi allegati;
Visti
gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate;
Viste
le memorie depositate dalle parti;
Visti
gli atti tutti della causa;
Alla
pubblica udienza del 11 febbraio 2003
, relatore il consigliere Michele
Corradino;
Uditi
gli avvocati Piovano, Menghini Santilli;
Ritenuto
e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con
la sentenza appellata n. 2072/2001 il Tar Piemonte accoglieva il ricorso dei
sigg. Francesco ed Anna Maria Costa avverso il provvedimento con il quale il
Comune di Chieri negava la chiesta concessione edilizia per "il risanamento
conservativo con aumento della superficie lorda calpestabile" di un
fabbricato.
Ha
ritenuto il Comune che l'immobile non avesse destinazione commerciale ma
industriale e che quindi l'intervento richiesto fosse da ritenersi
ristrutturazione di tibo B con aumento della superficie lorda di pavimento e
mutamento di destinazione d'uso da industriale a terziario commerciale.
Avverso
la citata sentenza ha proposto appello il Comune di Chieri.
Gli
appellati hanno resistito all'appello.
Con
sentenza, anch'essa appellata, n. 1282/02 il TAR Piemonte accoglieva il ricorso
volto ad ottenere ottemperanza alla citata sentenza n. 2072/01 e ordinava al
Comune di Chieri di adottare il chiesto provvedimento sulla richiesta di
concessione edilizia, chiarendo tuttavia in motivazione che il rilascio del
titolo abilitativo non si configura come atto dovuto giacchè l'esecuzione della
sentenza può "concretizzarsi anche nel (non) rilascio del titolo".
Avverso
tale sentenza hanno proposto appello i ricorrenti vittoriosi, ritenendo che il
Tar avrebbe dovuto ordinare all'Amministrazione di dare ottemperanza alla
sentenza "emettendo la richiesta di concessione edilizia" in quanto
atto dovuto.
Anche
a tale appello ha resistito il Comune di Chieri.
Alla
pubblica udienza dell1'11 febbraio 2003 il ricorso è stato trattenuto per la
decisione.
DIRITTO
1.
Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi in epigrafe per evidenti
ragioni di connessione soggettiva e oggettiva.
2.
Il ricorso in appello avvero la sentenza del Tar Piemonte n. 1072 del 27 giugno
2001 è fondato.
Ha
ritenuto il Tar che il Comune abbia illegittimamente escluso che la destinazione
effettiva dell'immobile in questione fosse "commerciale", fondando la
sua decisione su elementi marginali rispetto a quelli desumibili dalla
documentazione esibita dagli istanti.
Tale
assunto non può essere condiviso sia in punto di fatto che in punto di diritto.
Va
infatti messo in rilievo che la destinazione di un immobile non è argomentabile
dall'uso che ne abbia fatto il titolare, dovendo essere desunta dalla legge, dai
vincoli urbanistici e dalla concessione a nulla rilevando l'uso di fatto che
dell'immobile fa il titolare (in argomento cfr. Cons. Stato, Sez. V,
12/03/1992, n. 211; Cons. Stato,
Sez.V, 23/02/2000, n. 949).
L'abuso
eventualmente commesso dal proprietario che abbia destinato a scopi commerciali
parte di un immobile con destinazione industriale non vale ad imprimere allo
stesso una destinazione diversa a quella risultante dal titolo.
A
tacere di ciò, e anche a volere ammettere la rilevanza di detta destinazione,
va peraltro soggiunto che l'operato del Comune risulta immune da censure in
quanto esso si è limitato ad un riscontro della documentazione in suo possesso
dal quale non emergeva detta destinazione commerciale. Sarebbe stato semmai
onere della parte richiedente dimostrare l'esistenza di detta "destinazione
di fatto": ciò che non è avvenuto atteso che la documentazione prodotta
dagli odierni appellanti a corredo dell'istanza (dichiarazione sostitutiva
dell'atto di notorietà, visura posizione albi, scrittura privata di locazione
etc.) non risulta idonea ad assolvere all'onere probatorio che gravava sulla
parte. Rileva anzi in senso contrario che la parte abbia fatto riferimento
nell'istanza ad un'autorizzazione commerciale in realtà inesistente e il cui
protocollo corrispondeva invece all'iscrizione alla Camera di commercio.
Alla
luce delle suesposte considerazioni il primo motivo del ricorso in appello va
condiviso e va quindi ritenuto legittimo il provvedimento di diniego di
concessione edilizia emanato dal Comune di Chieri che ha qualificato
l'intervento richiesto fosse come "ristrutturazione di tipo B con aumento
della superficie lorda di pavimento e mutamento di destinazione d'uso da
industriale a terziario commerciale" .
Assorbito
quant'altro, il ricorso va accolto con conseguente annullamento della sentenza
impugnata n. 2072/01 e rigetto del ricorso di primo grado.
3.
L'accoglimento dell'appello e il conseguente annullamento della sentenza n.
2072/01 rende improcedibile l'appello sulla sentenza n. 1282/02 pronunciata sul
ricorso in ottemperanza avanzato dalla parte vincitrice in primo grado.
Si
ravvisano giusti motivi per l'integrale compensazione delle spese dei due
giudizi nei due gradi del processo.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione V) così statuisce:
riunisce
i ricorsi n. 989/2002 e n. 8148/02;
accoglie
il ricorso 989/02 e per l'effetto annulla la sentenza impugnata e rigetta il
ricorso di primo grado;
dichiara
improcedibile il ricorso n. 8148/02;
compensa
le spese dei due giudizi nei due gradi del processo.
Ordina
che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma, palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, nella camera di
consiglio dell'11 febbraio 2003
, con l'intervento dei sigg.ri
Agostino
Elefante
presidente,
Aldo
Fera
consigliere,
Marzio
Branca
consigliere,
Gerardo
Mastrandrea
consigliere
Michele
Corradino
consigliere estensore,
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
f.to
Michele Corradino
f.to Agostino Elefante