Pres. Onorato Est. Sarno Ric. Agostini ed altro
Urbanistica. Domanda di condono e sospensione dell’esecuzione
In presenza dell'avvenuta proposizione di una domanda di condono edilizio il giudice dell'esecuzione può sospendere il procedimento di esecuzione al fine di verificare la sussistenza dei presupposti per la applicazione della normativa sul condono edilizio. La sospensione può essere disposta solo allorquando sia ragionevolmente e concretamente prevedibile che in un breve lasso di tempo l'autorità amministrativa o quella giurisdizionale adottino un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con l'ordine di esecuzione Il giudice, al fine di pronunciarsi sulla sospensione dell'esecuzione per avvenuta presentazione di domanda di condono edilizio, deve accertare l'esistenza delle condizioni per il rilascio della sanatoria, con la conseguenza che nessun automatismo giuridico è ravvisabile tra la procedura di condono e la sospensione dell' ordine di demolizione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati: Camera di consiglio
Dott. ONORATO Pierluigi - Presidente - del 27/04/2007
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - SENTENZA
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - N. 00394
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SARNO Giulio - Consigliere - N. 043575/2006
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) AGOSTINI NATALE, N. IL 21/04/1931;
2) MORONI SCOLASTICA, N. IL 10/03/1932;
avverso ORDINANZA del 02/10/2006 GIP TRIBUNALE di TIVOLI;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SARNO GIULIO;
lette le conclusioni del P.G. che ha chiesto il rigetto del ricorso.
OSSERVA
Agostini Natale e Moroni Scolastica propongono ricorso per Cassazione
avverso l'ordinanza con la quale il Giudice dell'esecuzione del
tribunale di Tivoli aveva rigettato l'istanza di sospensione
dell'esecuzione dell'ordine di demolizione disposto dal tribunale di
Tivoli con sentenza ex art. 444 c.p.p. in data 24.10.2003. Con i motivi
di ricorso si eccepisce:
1. l'obbligatorietà della sospensione in pendenza di una
procedura di condono edilizio;
2. l'estinzione del reato e delle pene accessorie come la demolizione
per effetto del pagamento dell'oblazione;
3. incompetenza istituzionale del giudice penale a compiere
l'accertamento di conformità delle opere degli strumenti
urbanistici;
4. vizio di motivazione nella parte in cui l'ordinanza non tiene conto
della condonabilità dell'opera anche in presenza di vincoli
paesaggistici ed idrogeologici;
5. violazione di legge comportando la sospensione condizionale della
pena anche la sospensione della pena accessoria della demolizione. Ai
motivi esposti i ricorrenti ne hanno fatto seguire altri in relazione a
fatti nuovi sopravvenuti alla presentazione del ricorso ed a sostegno
delle ragioni già enunciate nei motivi iniziali. In
particolare viene evidenziato che dalla certificazione emessa dal
Ministero delle Politiche Agricole, Corpo Forestale dello Stato,
Coordinamento della Provincia di Roma in data 26.10.2006, allegata in
copia, emergeva che la particella interessata dall'esecuzione
dell'opera abusiva non risultava sottoposta a vincolo per scopi
idrogeologici e che, quindi, erano venuti meno gli stessi presupposti
indicati dal perito e fatti propri dall'ordinanza del GE. Il che, non
solo poneva in dubbio - secondo i ricorrenti - anche l'esistenza in
zona del vincolo paesaggistico, ma in ogni caso, trattandosi di vincolo
definito come di "modesto valore paesaggistico e ambientale", era da
considerare certa la concessione del nulla osta da parte dell'ente
preposto alla sua tutela.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
In via preliminare vanno puntualizzati alcuni aspetti di carattere
generale in relazione alla natura dell'ordine di demolizione ed ai
rapporti intercorrenti tra quest'ultimo e le procedure di condono.
È oramai consolidato l'orientamento di questa Corte nel
senso di ritenere che l'ordine di demolizione, specificamente previsto
prima dalla L. n. 47 del 1985, art. 7 e, successivamente dal D.P.R. n.
380 del 2001. art. 31 è un atto dovuto in caso di condanna
per gli abusi edilizi (fatta eccezione per il D.P.R. n. 380 del 2001,
art. 44, lett. a) e, in precedenza, della L. n. 47 del 1985, art. 20)
ed è finalizzato a rafforzare l'iniziativa omologa della
P.A.. Come correttamente osservato dal Procuratore Generale, si tratta
di sanzione amministrativa e non già di pena accessoria -
tesi questa sostenuta dal ricorrente - e, quindi, non può
essere invocato in alcun modo nella specie il disposto dell'art. 166
c.p.p., comma 1 che estende la sospensione condizionale della pena
anche alle pene accessorie.
Va anche precisato, rispetto alle doglianze dei ricorrenti, che la
presentazione della domanda di condono, dopo il passaggio in giudicato
della sentenza di condanna, non produce l'estinzione del reato o della
pena, ma soltanto i più limitati effetti enunciati nella L.
n. 47 del 1985, art. 38 (Sez. 3, n. 3183 del 26/11/1998 Rv. 212853). E
solo ove venga concessa la sanatoria, non si applicano le sanzioni
amministrative.
Questione diversa è quella del coordinamento dell'ordine
impartito dall'autorità giudiziaria con l'azione
amministrativa. A tal fine, non vi è dubbio, stando
all'orientamento costante della giurisprudenza di
legittimità, che, nel caso in cui
l'amministrazione abbia diversamente disposto sulla destinazione
dell'immobile, o abbia provveduto alla sua sanatoria per effetto della
regolare proposizione della domanda di condono, l'esecuzione
dell'ordine demolitorio rimane necessariamente preclusa (ex plurimis
Sez. 3, n. 43878 del 30/09/2004 Rv. 230308).
Il problema che la fattispecie pone è quello della sorte
dell'ordine di demolizione nelle more della decisione della P.A.. In
proposito si sono registrate pronunce effettivamente difformi di questa
Corte.
Al più risalente orientamento secondo il quale quando
l'interessato abbia proposto la domanda di sanatoria con il versamento
dell'oblazione, il procedimento promosso dal P.M. per dare esecuzione
all'ordine di demolizione deve esser sospeso per consentire al giudice
di verificare la sussistenza dei presupposti per l'applicazione della
normativa sul condono edilizio (Sez. 3, n. 3183 del 1998 cit.) si
è contrapposto altro ed opposto secondo il quale la
determinazione da parte dell'amministrazione comunale di
congruità dell'oblazione versata non è idonea a
determinare la revoca o la sospensione dell'esecuzione dell'ordine di
demolizione impartito con la sentenza di condanna in quanto soltanto a
seguito del rilascio del permesso sorge in capo al giudice
dell'esecuzione l'obbligo di verifica della legittimità
dello stesso e della compatibilità del manufatto con gli
strumenti urbanistici (Sez. 3, Sentenza n. 3988 del 03/12/2003 Rv.
227555).
Agli indirizzi citati se aggiunge invero un terzo che sembra oramai
prevalere rispetto agli altri due - ed al quale anche questo Collegio
ritiene di dovere aderire - secondo cui in presenza dell'avvenuta
proposizione di una domanda di condono edilizio il giudice
dell'esecuzione può sospendere il procedimento di esecuzione
al fine di verificare la sussistenza dei presupposti per la
applicazione della normativa sul condono edilizio (Sez. 3, n. 2406 del
20/11/2002 Rv. 223286).
Secondo quest'ultimo orientamento la sospensione può essere
disposta solo allorquando sia ragionevolmente e concretamente
prevedibile che in un breve lasso di tempo l'autorità
amministrativa o quella giurisdizionale adottino un provvedimento che
si ponga in insanabile contrasto con l'ordine di esecuzione (Sez. 3 n.
11051 del 30/1/2003, Rv. 224347).
in linea con l'orientamento ora esposto si è anche precisato
che il giudice, al fine di pronunciarsi sulla sospensione
dell'esecuzione per avvenuta presentazione di domanda di condono
edilizio, deve accertare l'esistenza delle seguenti condizioni:
1. la riferibilità della domanda di condono edilizio
all'immobile di cui in sentenza;
2. la proposizione dell'istanza da parte di soggetto legittimato;
3. la procedibilità e proponibilità della
domanda, con riferimento alla documentazione richiesta;
4. l'insussistenza di cause di non condonabilità assoluta
dell'opera;
5. l'eventuale avvenuta emissione di una concessione in sanatoria
tacita (per congruità dell'oblazione ed assenza di cause
ostative);
6. la attuale pendenza dell'istanza di condono;
7. la non adozione di un provvedimento da parte della P.A. contrastante
con l'ordine di demolizione;
8. l'avvenuto eventuale rilascio di una concessione in sanatoria,
legittima ed efficace (Sez. 3, n. 14625 del 05/03/2002 Rv. 221564). Da
ciò discende, come rilevato dal Procuratore Generale nelle
sue conclusioni, che nessun automatismo giuridico è
ravvisabile tra la procedura di condono e la sospensione dell'ordine di
demolizione e che, correttamente il giudice dell'esecuzione si
è posto, quindi, il problema della condonabilità
nella fattispecie all'esame dell'abuso. In proposito, come visto,
l'istanza è stata rigettata in quanto, come accertato dal
consulente tecnico nominato, il manufatto abusivo del quale era stata
ordinata la demolizione insisteva in zona soggetta a vincolo
idrogeologico e a vincolo paesistico e risultava in contrasto con la
destinazione di piano regolatore (zona E produttiva agricola) avendo
destinazione residenziale. Si è precisato, infatti, al
riguardo, che, trattandosi di opera per la quale era risultata
accertata la difformità dallo strumento urbanistico, operava
il disposto della L. n. 326 del 2003, art. 32, comma 27, richiamato
espressamente dalla L.R. n. 12 del 2004. Esaminando ora i rilievi
specifici del ricorrente sulla esistenza dei vincoli si rileva quanto
segue.
L'insussistenza del vincolo idrogeologico andrebbe anzitutto
ulteriormente verificata.
La nota del Corpo Forestale dello Stato in data 26.10.06 - allegata in
copia ai motivi aggiunti e successiva all'ordinanza impugnata -
attesta, infatti, che la particella in questione risulta "non
sottoposta al vincolo per scopi idrogeologici ex R.D. n. 3267 del 1923".
Va tuttavia osservato che alla normativa regionale non è
preclusa l'individuazione di altre zone da sottoporre al vincolo
anzidetto. Proprio la L.R. Lazio 11 dicembre 1998, n. 53
(Organizzazione regionale della difesa del suolo in applicazione della
L. 18 maggio 1989, n. 183), prevede, ad esempio, infatti, all'art. 42
(Riordino del vincolo idrogeologico) che "1. Il Consiglio regionale, su
proposta della Giunta, entro un anno dalla data di entrata in vigore
della presente legge, sentite le autorità di bacino e le
province, provvede al riordino del vincolo idrogeologico ed
all'aggiornamento del perimetro delle zone vincolate di cui al R.D.L.
30 dicembre 1923, n. 3267 apponendo, ove necessario, il vincolo per i
territori comunali nei quali lo stesso non sia stato a tutt'oggi
tracciato". Ma, a prescindere dall'esistenza del vincolo idrogeologico,
sussiste certamente nella specie il vincolo paesistico come lo stesso
ricorrente peraltro ammette.
La circostanza che l'amministrazione abbia richiesto di allegare alla
documentazione relativa all'istanza di condono anche il nulla osta
dell'ente preposto al vincolo non significa evidentemente che lo stesso
dovrà essere necessariamente rilasciato, ne' che l'abuso sia
condonabile.
Al riguardo l'ordinanza impugnata correttamente sottolinea che in base
alla L. 24 novembre 2003, n. 326, art. 27, comma 32, "... le opere
abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora:
d) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla
base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi
idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e
paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette
nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della
esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del
titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e
alle prescrizioni degli strumenti urbanistici; "ed in maniera del tutto
condivisibile aggiunge il procuratore Generale che le opere abusive
realizzate in aree sottoposte a vincolo a tutela degli interessi
idrogeologici, ambientali e paesistici possono ottenere la sanatoria ai
sensi del D.L. n. 269 del 2003, art. 32 solo per gli interventi edilizi
di minore rilevanza (restauro, risanamento conservativo e manutenzione
straordinaria), previo parere favorevole da parte
dell'autorità preposta alla tutela del vincolo (in termini
Sez. 3, n. 37865 del 04/05/2004 Rv. 230030).
Correttamente, pertanto, il GE ha provveduto sull'istanza dei
ricorrenti.
Il ricorso va pertanto rigettato con conseguente condanna dei
ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali. P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso in Roma, il 27 aprile 2007.
Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2007