Cass. Sez. III n. 9177 del 2 marzo 2009 (Cc 13 gen. 2009)
Pres. Onorato Est. Sarno Ric. Corvino ed altri
Urbanistica. Illegittimità titolo abilitativo

Il giudice penale, allorquando accerta profili di illegittimità sostanziale del titolo abilitativo edilizio, procede ad un\'identificazione in concreto della fattispecie sanzionata e non pone in essere alcuna "disapplicazione" riconducibile all\'enunciato della L. 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, art. 5, ne\' incide, con indebita ingerenza, sulla sfera riservata alla Pubblica Amministrazione, poiché esercita un potere che trova fondamento e giustificazione nella stessa previsione normativa incriminatrice; la "macroscopica illegittimità" del provvedimento amministrativo non è condizione essenziale per la configurabilità di un\'ipotesi di reato D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ex art. 44; mentre (a prescindere da eventuali collusioni dolose con organi dell\'amministrazione) l\'accertata esistenza di profili assolutamente eclatanti di illegalità costituisce un significativo indice di riscontro dell\'elemento soggettivo della contravvenzione contestata anche riguardo all\'apprezzamento della colpa; spetta in ogni caso al giudice del merito, e non certo a quello del riesame di provvedimenti di sequestro, la individuazione, in concreto, di eventuali situazioni di buonafede e di affidamento incolpevole.

UDIENZA 13.01.2009

SENTENZA N. 00074/2009

REG. GENERALE n. 034259/2008


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill. mi Signori


Dott. Pierluigi ONORATO Presidente
Dott. Ciro PETTI Consigliere
Dott. Mario GENTILE Consigliere
Dott. Silvio AMORESANO Consigliere
Dott. Giulio SARNO Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da :
1) CORVINO GIOVANNI ANTONIO N. IL 22/10/1964
2) CORVINO MARCO N. IL 03/09/1969
3) CORVINO ARMANDO EGIDIO N. IL 25/10/1965
4) SPADACCINI TEODORO N.IL 27/12/1950
avverso ORDINANZA del 24/07/2008


TRIB. LIBERTA\' di CHIETI

sentita la relazione fatta dal Consigliere SARNO GIULIO
sentite le conclusioni del P.G. Dr. Montagna Alfredo che ha chiesto l\'inammissibilità del ricorso.


Il tribunale del riesame di Chieti, rigettava il ricorso proposto da Armando Egidio Corvino, Marco Corvino, Giovanni Antonio Corvino, Teodoro Spadaccini e Flaviano lacobucci avverso il provvedimento di sequestro preventivo emesso dal GIP di Vasto in data 30.6.08 di un cantiere con opere in corso per il reato previsto dall\'art. 44 lett B) DPR 380101, in relazione ad attività edificatoria in zona interdetta, in quanto interessata da una scarpata morfologica.


Ciò in quanto il permesso di costruire, ottenuto a seguito di accertamento eseguito dal Comune di Vasto in merito all\'insussistenza della scarpata e, quindi, del divieto a costruire, sarebbe da considerare illegittimo perché contrastante con l\'inserimento della zona in oggetto tra quelle indicate nella carta di pericolosità allegata al Piano stralcio di bacino (di seguito PAI) pubblicato sul BURA n. 53 dell\'11.5.2005.

Il tribunale, dopo avere ricordato che sulla base degli accertamenti effettuati dai Carabinieri nella cartografia ufficiale della Regione Abruzzo la zona oggetto di edificazione si trova esattamente in corrispondenza del tratteggio indicante la presenza di una scarpata geologica e che dai rilievi in loco (mediante GPS), era rimasto confermato quanto già rilevato dall\'Autorità di Bacino, confuta espressamente la tesi difensiva secondo cui competeva al Comune di Vasto la verifica in concreto circa la presenza delle scarpate geologiche rilevando che l\'art. 20 3°co. delle NTA del PAI, demanda ai Comuni unicamente la "corretta trasposizione" delle scarpate idrogeologiche, stante la necessità di individuare, su scala maggiore, quanto indicato nella planimetria allegata al Piano.

Il Comune, pertanto, secondo il tribunale, poteva procedere all\'indicazione sulle proprie planimetrie delle scarpate rilevate nel PAI, ma giammai avrebbe potuto eliminare delle scarpate senza ottenere una previa modifica del PAI medesimo, con la logica conseguenza che il Comune non avrebbe potuto in alcun modo procedere al rilascio del permesso a costruire in difetto di un accertamento circa l\'inesistenza del divieto.

Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione Corvino Armando Egidio, Marco e Giovanni Antonio, nonché di Spadaccini Teodoro e Iacobucci Flaviano deducendo:
1) difetto di motivazione non avendo il tribunale risposto sui rilievi concernenti l\'insussistenza delle ipotesi di pericolo previste dall\'art. 321 c.p.p. e la legittimità dell\'intervento edilizio avvalorati da:
- esistenza del permesso a costruire ritualmente rilasciato dal Comune di Vasto in data 11/7/2007;
- inesistenza del vincolo di inedificabilità assoluta sull\'area oggetto di intervento;
- esistenza di un vincolo solo di tipo cd. "lineare", con conseguente necessità di verifica prima del rilascio del permesso a costruire;
- effettività degli accertamenti posti in essere preventivamente dal Comune di Vasto e conclusioni dei suoi tecnici;
- errori contenuti negli accertamenti e nelle valutazioni del CT del P.M.;
- criteri per la corretta determinazione della fascia di vincolo.

b) Non utilizzabilità dell\'istituto della disapplicazione dell\'atto amministrativo in funzione dell\'individuazione di fattispecie di reato.


2) inammissibile applicazione dell\'istituto della disapplicazione di un atto amministrativo;


3) conseguente contraddittorietà del provvedimento avendo il giudice di merito ritenuto l\'astratta configurabilità del reato in presenza di un permesso di costruire - in conformità del quale è stato costruito - senza compiere alcuna valutazione, neppure incidentale, di tipo penale, senza legare, cioè, alla stessa disapplicazione alcuna condotta di reato.


Motivi della decisione


Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.


Va immediatamente rilevato, in ordine al prima motivo dedotto, che il tribunale ha sottolineato la necessità del sequestro in quanto la libera disponibilità del bene avrebbe consentito il proseguimento dell\'attività di edificazione.

Vi è dunque motivazione sul "periculum in mora" e le doglianze sul punto si appalesano del tutto generiche non venendo addotti in questa sede rilievi specifici alla suddetta motivazione.

Sul "fumus" del reato va invece osservato che l\'insieme dei rilievi indicati nei motivi di ricorso finisce con l\'essere in realtà incentrato su due sostanziali considerazioni:
a) l\'erroneità degli accertamenti dell\'accusa; e ciò in quanto il tribunale del riesame non avrebbe tenuto conto "degli accertamenti tecnici scrupolosi e puntuali" acquisiti dal Comune di Vasto ma si sarebbe limitato a utilizzare i dati forniti dal consulente del PM decisamente più approssimativi;
b) l\'impossibilità per il giudice ordinario di prescindere dall\'esistenza di una concessione legittima non essendo consentita la disapplicazione di tale atto all\'AG procedente.


Sul primo punto è tuttavia agevole osservare che proprio per l\'assoluta autonomia rispetto al giudizio di cognizione, è precluso in sede di riesame la verifica della sussistenza del fatto reato, potendo il giudice in questa sede accertare unicamente se il fatto contestato sia configurabile quale fattispecie astratta di reato (SU 4.5.2000, n.7 e 7.11.1992, n.6).

Eventuali doglianze relative, come nella specie, alle modalità di individuazione degli elementi di accusa non possono, dunque, formare oggetto di esame in questa sede ma devono necessariamente essere riservati alla fase di merito.

Quanto alla "disapplicazione" della concessione va in questa sede ribadito quanto già affermato da questa Sezione (Sez.3, n. 21487 del 21/03/2006 Rv. 234469) e, cioè, che in materia edilizia, allorché il giudice accerta l\'esistenza di profili di illegittimità sostanziale del titolo abilitativo non pone in essere la procedura di disapplicazione riconducibile all\'art.5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, allegato E, atteso che viene operata una identificazione in concreto della fattispecie con riferimento all\'oggetto della tutela da identificarsi nella salvaguardia degli usi pubblici e sociali del territorio regolati dagli strumenti urbanistici.


Si richiamano le puntuali argomentazioni con le quali nella sentenza n. 3/06 citata si è motivata la sussistenza del reato di costruzione abusiva a fronte dell\'illegittimità del permesso di costruire e, soprattutto, i principi nell\'occasione affermati che in questa sede devono intendersi integralmente ribaditi.


Si è puntualizzato, infatti, che :
a) il giudice penale, allorquando accerta profili di illegittimità sostanziale del titolo abilitativo edilizio, procede ad un\'identificazione in concreto della fattispecie sanzionata e non pone in essere alcuna "disapplicazione" riconducibile all\'enunciato della L.20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, art. 5), ne\' incide, con indebita ingerenza, sulla sfera riservata alla Pubblica Amministrazione, poiché esercita un potere che trova fondamento e giustificazione nella stessa previsione normativa incriminatrice;
b) la "macroscopica illegittimità" del provvedimento amministrativo non è condizione essenziale per la configurabilità di un\'ipotesi di reato D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ex art. 44; mentre (a prescindere da eventuali collusioni dolose con organi dell\'amministrazione) l\'accertata esistenza di profili assolutamente eclatanti di illegalità costituisce un significativo indice di riscontro dell\'elemento soggettivo della contravvenzione contestata anche riguardo all\'apprezzamento della colpa;
c) spetta in ogni caso al giudice del merito, e non certo a quello del riesame di provvedimenti di sequestro, la individuazione, in concreto, di eventuali situazioni di buonafede e di affidamento incolpevole.


Il ricorso va pertanto rigettato ed i ricorrenti devono essere condannati in solido al pagamento delle spese processuali.


PQM


La Corte Suprema di Cassazione
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 13.1.2009
Deposito in Cancelleria il 02/03/2009