Cass. Sez. III sent. 38632 del 21 ottobre 2005 (c.c. 28 settembre
2005)
Pres. Vitalone Est. Petti Ric. Scalici
Urbanistica - Lottizzazione abusiva – Divisione ereditaria
L’articolo 30 T.U. edilizia laddove afferma che “le disposizioni di cui sopra”, ossia uelle dei precedenti commi, non sono applicabili, tra gli altri atti ivi menzionati, alle divisioni ereditarie, non ha inteso escludere del tutto la configurabilità di una lottizzazione cartolare in presenza di un atto di divisione ereditaria, ma ha voluto solo statuire che a tali effetti giuridici non sono applicabili gli indici sintomatici della lottizzazione nonché le disposizioni che impongono l’allegazione del certificato di destinazione urbanistica o il deposito del frazionamento catastale nel comune e uaindi le sanzioni civili previste per la mancata allegazione di tale certificato. Ciò in quanto il legislatore ha ritenuto che la natura familiare di tali divisioni le ponesse al riparo da quell’intento speculativo proprio di colui che vuole realizzare una lottizzazione. IN realtà anche la divisione ereditaria può mascherare una lottizzazione abusiva cartolare ma, in tal caso, l’intento lottizzatorio, quando la divisibilità è consentita dalla legge e non è incomoda, non può desumersi dal semplice frazionamento, che può essere determinato esclusivamente dalla necessità di sciogliere la comunione ereditaria, ma occorre un quid pluris che evidenzi la volontà di lottizzare.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati: Camera di consiglio
Dott. VITALONE Claudio - Presidente - del 28/09/2005
Dott. GRASSI Aldo - Consigliere - SENTENZA
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - N. 992
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - N. 21782/2005
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Difensore di SCALICI Natale, nato a Palermo il 10 febbraio del 1943;
avverso l'ordinanza del tribunale del riesame di Palermo del 28 aprile
del 2005;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Ciro Petti;
sentito il P.M. nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
PASSACANTANDO Guglielmo, il quale ha concluso per il rigetto del
ricorso;
sentiti i difensori avv.ti ZAMPARDI Armando e prof. GIANZI Giuseppe, i
quali hanno concluso per l'accoglimento del ricorso;
letti il ricorso e l'ordinanza denunciata;
Osserva quanto segue:
IN FATTO
Con ordinanza del 28 aprile del 2005, il tribunale del riesame di
Palermo confermava il provvedimento pronunciato dal g.i.p. presso il
medesimo tribunale, con cui si era disposto in danno di Scalici Natale
ed altri, quali indagati per il reato di lottizzazione abusiva di cui
agli artt. 18 e 20 lett. c della legge n. 47 del 1985, il sequestro
preventivo di un terreno e delle costruzioni ivi realizzate,sito in
località Villagrazia Falsomiele di Palermo censito in
catasto al fol. 98 particelle nn. 382, 383, 553, 554 e 555, tutte
derivanti dall'originaria particella n. 265. Secondo la ricostruzione
fattuale contenuta nei provvedimenti impugnati l'area in questione
ricadeva originariamente su un'unica particella avente il n. 265 del
foglio n. 98 del Comune di Palermo intestata a Sorci Antonio, deceduto
il 13 aprile del 1983. A seguito della morte del predetto si procedette
tra gli eredi ad un primo frazionamento in data 9 settembre del 1983
dal quale derivarono le particelle nn. 382 e 383. La rimanente parte
della particella n. 265 con ulteriore frazionamento del 1991 venne
suddivisa tra Sorci Francesco, Giuseppe, Giovanni, Luigi Salvatore e
Maria dando origine alle particelle 553, 554 e 555. Luigi e Giovanni
Sorci, proprietari in base ad un "acconto divisionale" del 13 marzo del
1991 della particella n. 553, la vendettero, con atto pubblico del 12
luglio del 1991, a Natale Scalici, il quale su quella particella
costruì, nel 1992, senza alcuna concessione edilizia un
immobile a tre elevazioni fuori terra con struttura in cemento armato.
Secondo la prospettazione accusatoria il suolo abusivamente lottizzato
era destinato a verde agricolo dal 13 marzo 1997 al 22 dicembre 1999 e
dal 20 ottobre del 2001 in poi.
Il tribunale del riesame, dopo avere premesso che in questa materia il
controllo del giudice non poteva investire la concreta fondatezza della
contestazione, ma era limitato alla verifica dell'astratta
configurabilità del reato ipotizzato dall'accusa, a
fondamento della decisione osservava che la divisione dell'unico
cespite operata in esito alla morte dell'originario proprietario era
stata quasi contestualmente seguita dall'attività di
alienazione a terzi di singole porzioni, divenute autonome particelle
le quali, per dimensione e consistenza, non potevano che essere
finalizzate ad uno sfruttamento edilizio; che tale attività
si era attuata senza l'approvazione di un piano di lottizzazione e
senza il conseguimento della concessione edilizia; che irrilevante era
la circostanza della destinazione edificatoria dell'area al momento
delle alienazioni anteriori al 1992, posto che non esisteva alcun piano
lottizzatorio approvato; che la misura cautelare serviva anche a
garantite la confisca dell'area, la quale confisca in materia di
lottizzazione abusiva è obbligatoria e può essere
disposta anche nei confronti di terzi estranei al reato, sebbene
acquirenti in buona fede. Ricorre per Cassazione lo Scalici, per mezzo
del suo difensore, denunciando la violazione dell'articolo 18 legge n.
47 del 1985, riprodotto nell'articolo 30 del T.U. n. 380 del 2001 e
l'insussistenza del periculum in mora. Lamenta che la condotta dei
Sorci riconducibile al ricorrente non mirava ad un'indebita
parcellizzazione della particella originaria, ma era il risultato di
una legittima divisione ereditaria per cui la vendita della quota non
poteva configurare il reato ipotizzato in quanto le disposizioni di cui
all'articolo 18 della legge n. 47 del 1985, riprodotto nell'articolo 30
del T.U. sull'edilizia, per espresso dettato normativo, non sono
applicabili alla divisione ereditaria. Inoltre l'articolo 18 della
legge n. 47 del 1985 non si applicava agli atti stipulati ed ai
frazionamenti intervenuti prima della sua entrata in vigore.
Infine per la costruzione realizzata dallo Scalici era stata presentata
il 6 febbraio del 1995 domanda in sanatoria assentita dal comune di
Palermo. Insussistente sarebbe altresì per il ricorrente il
periculum in mora poiché il reato si era perfezionato e non
sarebbe possibile ipotizzare ulteriori conseguenze dannose. DIRITTO
Il ricorso è infondato e va pertanto respinto con la
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Secondo la ricostruzione fattuale descritta nel
provvedimento impugnato e secondo il contenuto dello stesso ricorso i
danti causa dell'attuale ricorrente avevano provveduto al frazionamento
dell'immobile ereditario con "acconto divisionale" (rectius con
divisione parziale) il 13 marzo del 1991 ed avevano poi, in data 13
luglio 1991, venduto il lotto al ricorrente il quale aveva realizzato
l'immobile nel 1992. Quindi tutta l'attività lottizzatoria,
cartolare e materiale, si era svolta sotto la vigenza dell'articolo 18
della legge n. 47 del 1985. Ma quand'anche il frazionamento si fosse
verificato prima dell'entrata in vigore di quest'ultima legge, la
situazione non sarebbe mutata perché l'articolo 18 della
legge dianzi citata non ha introdotto nel nostro ordinamento una
fattispecie criminosa prima inesistente ma si è limitato ad
integrare ed a precisare meglio le caratteristiche della lottizzazione.
Invero questa era già prevista come reato dall'articolo 28
della legge n. 1150 del 1942 come modificato dall'articolo 8 della
legge n. 765 del 1967 (cosiddetta legge ponte) ed era punita
dall'articolo 17 lettera b), ultima parte della legge 28 gennaio 1977
n. 10 (cosiddetta legge "Bucalossi") con l'arresto fino a sei mesi e
con l'ammenda fino a cinque milioni di lire. Prima della legge n. 10
del 1977 la violazione del precetto di cui all'articolo 28 era punita
con la sanzione prevista dall'articolo 41 lettera b) della legge n.
1150 del 1942. Dal punto di vista civilistico il comma quarto
dell'articolo 31 della legge n. 1150 del 1942, come modificato dalla
legge n. 10 del 1977, disponeva che gli atti di compravendita di
terreni abusivamente lottizzati erano nulli ove da essi non fosse
risultato che l'acquirente era a conoscenza della mancanza di una
lottizzazione autorizzata. L'articolo 28 della legge n. 1150 del 1942,
non contenendo una definizione del reato di lottizzazione, aveva dato
luogo ad interpretazioni contrastanti:
secondo una prima interpretazione per la configurabilità del
reato non era sufficiente la semplice attività negoziale di
frazionamento del terreno e di vendita dei singoli lotti,
perché l'alienazione di piccole aree era perfettamente
lecita e consentita dalla legge,ma diveniva lottizzazione abusiva solo
quando si fosse dato inizio ad un'attività di urbanizzazione
del terreno in sostanza si faceva coincidere la lottizzazione abusiva
con l'urbanizzazione abusiva;secondo altra interpretazione era
sufficiente la semplice lottizzazione cartolare a prescindere dalla
realizzazione di opere perché lottizzare significa dividere
un terreno in lotti. Il contrasto a livello giurisprudenziale
è stato risolto da un intervento delle Sezioni unite di
questa corte del 1981 (sentenza del 28 novembre 1981, Giulini). Nella
sentenza anzidetta si è chiarito che il reato di
lottizzazione abusiva può consistere sia in atti giuridici,
(come la divisione del terreno e l'alienazione dei lotti fabbricabili,
che costituiscono un'attività precedente a quella
edificatoria ma ad essa finalizzata e comunque già di per
sè lesiva del potere pubblico di programmazione del
territorio), sia in atti materiali, come la costruzione di edifici, la
delimitazione dei singoli lotti, la realizzazione di opere
infrastrutturali, purché tali atti materiali siano
univocamente funzionali ad un nuovo insediamento urbano e quindi idonei
a limitare o condizionare la riserva pubblica di programmazione
territoriale, rendendo necessarie le opere di urbanizzazione. Il
legislatore del 1985, nel formulare l'articolo 18 della legge n. 47 del
1985 si è sicuramente ispirato alla definizione di
lottizzazione abusiva data dalla Suprema Corte con la sentenza Giulini
i cui principi sono stati successivamente più volte
ribaditi. (Cass. Sez un 28 febbraio 1990 n. 2720; Cass. Pen. Sez. 3^,
30 dicembre 1996 n. 11249; Cass. Sez. 3^ 19 settembre 1997, n. 8520)
Pertanto, fatta eccezione per la puntualizzazione della nozione di
lottizzazione contenuta nell'articolo 18 della legge n. 47 del 1985 e
riprodotta nell'articolo 30 del T.U., tra l'articolo 28 della legge n.
1150 del 1942, come modificato dalla legge n. 765 del 1967, e
l'articolo 18 della legge n. 47 del 1985 v'era sostanziale
identità.
Il ricorrente sostiene che la lottizzazione abusiva non sarebbe
configurarle nelle divisioni ereditare poiché le
disposizioni di cui all'articolo 18 della legge n. 47 del 1985 non sono
applicabili, a norma dell'ultimo comma di tale articolo Riprodotto
nell'articolo 30 del T.U, a tali divisioni ed agli atti menzionati dal
legislatore. L'assunto è infondato. Il legislatore
affermando nell'ultimo comma dell'articolo 18 della legge n. 47 del
1985, riprodotto nell'ultimo comma dell'articolo 30 del testo unico
dell'edilizia, che "le disposizioni di cui sopra" ossia quelle dei
precedenti commi non sono applicabili, tra gli altri atti ivi
menzionati, alle divisioni ereditarie non ha inteso escludere in
assoluto la configurabilità di una lottizzazione cartolare
in presenza di un atto di divisione ereditaria, ma ha voluto solo
statuire che a tali atti giuridici non sono applicabili gli indici
sintomatici della lottizzazione di cui al primo comma dell'articolo 18
nonché le disposizioni che impongono l'allegazione del
certificato di destinazione urbanistica o il deposito del frazionamento
catastale nel comune e quindi le sanzioni civili previste per la
mancata allegazione di tale certificato. E ciò
perché il legislatore ha ritenuto che la natura familiare di
tali divisioni le ponesse al riparo da quell'intento speculativo
proprio di colui che vuole realizzare una lottizzazione. In
realtà anche una divisione ereditaria può
mascherare una lottizzazione abusiva cartolare. In tal caso
però l'intento lottizzatorio, quando la
divisibilità è consentita dalla legge e non
è incomoda, non si può desumere dal semplice
frazionamento, che può essere determinato esclusivamente
dalla necessità di sciogliere la comunione ereditaria, ma
occorre un quid pluris che evidenzi la volontà di lottizzare.
Nella fattispecie l'attuale ricorrente non è colui che ha
frazionato il suolo ma colui che ha acquistato il lotto frazionato sul
quale ha poi realizzato un fabbricato senza l'approvazione di un piano
lottizzatorio e senza la concessione edilizia. L'attuale ricorrente in
base alla contestazione risponde di lottizzazione abusiva insieme con
il suo dante causa. Il tribunale, dopo avere premesso che in questa
fase non deve essere accertata la concreta fondatezza dell'addebito, ma
solo il fumus delicti ossia la configurabilità astratta del
reato in base agli elementi offerti dall'accusa, ha ritenuto
ipotizzabile una lottizzazione mista, sia perché i singoli
lotti erano stati venduti quasi contestualmente al frazionamento e
sugli stessi si era subito dopo costruito, sia per la modesta
superficie dei lotti stessi, sia infine per la realizzazione dei
fabbricati senza alcuna concessione. Siffatti elementi, almeno in
questa fase del giudizio, sono idonei a configurare il fumus delicti
richiesto per l'adozione di un provvedimento cautelare. La concreta
fondatezza dell'accusa sarà accertata nel giudizio di
merito. Il fatto che la destinazione di quell'area al momento della
vendita dei singoli lotti potesse essere edificatoria non esclude la
configurabilità della lottizzazione.
Questa, invero, consiste nella predisposizione e attuazione di un
insediamento edilizio in una zona non sistemata urbanisticamente per la
mancanza dello strumento urbanistico previsto dalla legge e costituito
dal piano di lottizzazione regolarmente approvato dal Comune.
Quindi essenziale per la configurabilità del reato
è la volontà dell'autore o degli autori di
predisporre un insediamento edilizio in una zona non ancora sistemata
urbanisticamente, a prescindere dall'esistenza di un piano regolatore
generale ed anche dalla previsione come edificatoria dell'area. La
decisione della seconda sezione civile di questa corte citata dal
ricorrente (Cass. sez. 2^ civile n. 3004 del 2004), ancorché
recente, riguarda una fattispecie civilistica sorta quando era ancora
in vigore il comma quarto dell'articolo 31 della legge n. 1150 del 1942
che sanciva la nullità degli atti di alienazione di terreni
abusivamente lottizzati. In tale decisione la seconda sezione civile ha
ribadito l'orientamento, proprio della sezione, in base al quale la
lottizzazione abusiva non sarebbe configurabile in assenza di opere
edili e quindi l'atto di alienazione del lotto non sarebbe nullo. Nella
fattispecie la lottizzazione cartolare è stata seguita da
quella materiale ossia dall'effettiva urbanizzazione dell'area senza
alcuna autorizzazione, come risulta allo stato dalle indagini compiute
dagli inquirenti, ed il ricorrente è proprio il soggetto che
sul lotto acquistato ha realizzato abusivamente un edificio a tre piani
con struttura in cemento armato: perciò il riferimento alla
giurisprudenza civile di questa corte non è pertinente.
Il sequestro preventivo è stato legittimamente adottato
giacché tale misura cautelare può essere disposta
anche in presenza di una costruzione ultimata (Cass. sez. Un. n. 12878
del 2003), allorché è diretta ad eliminare o
prevenire l'aggravamento del carico urbanistico,che è palese
in una lottizzazione materiale, o a garantire la
confiscabilità del suolo e dell'opera su di esso realizzata.
Invero, secondo l'orientamento di questa sezione,è legittimo
il sequestro preventivo del suolo abusivamente lottizzato e delle opere
costruite o in corso di costruzione disposto al fine di impedire che la
lottizzazione abusiva venga portata a conseguenze ulteriori. Tale reato
invero, attenendo alla realizzazione di un insediamento edilizio in
zona non urbanizzata, in quanto priva di strumento urbanistico
attuativo, si perfeziona con l'ultimazione delle opere sia edilizie che
di urbanizzazione. Di conseguenza l'ultimazione del singolo manufatto
non definisce o esaurisce la diffusività offensiva del reato
che riguarda l'intero territorio interessato. Inoltre, per la
lottizzazione abusiva è prevista la confisca obbligatoria la
quale ha per oggetto tanto i terreni lottizzati, quanto le opere su di
essi realizzati(Cass. sez. 3^ n. 876 del 1993;, n. 293 del 1998).
L'eventuale presentazione della domanda di sanatoria per la costruzione
abusivamente realizzata dall'attuale ricorrente non impedisce
l'adozione di atti urgenti quale ad esempio un provvedimento cautelare
di sequestro preventivo. D'altra parte il reato di lottizzazione
abusiva, di cui agli artt. 18 e 20 della legge 28 febbraio 1985 n. 47,
non è suscettibile di condono edilizio ne' ai sensi
dell'art. 39 della legge 23 dicembre 1994 n. 724, ne' in base
all'articolo 32 comma 25 della legge 326 del 2003, atteso che la
disciplina della sanatoria contenuta nell'art. 35 comma 7 della citata
legge n. 47, richiamato anche dall'articolo 32 della legge n. 326
citata,regolando le condizioni della sanatoria soltanto per le
costruzioni e le altre opere realizzate in comprensori la cui
lottizzazione sarebbe dovuta avvenire a norma dell'articolo 8 della
legge n. 765 del 1967, implicitamente esclude l'attività
lottizzatoria come tale dall'ambito della disciplina sanante.
L'eventuale sanatoria dei singoli manufatti abusivamente eseguiti,
anche se previa valutazione globale dell'attività
lottizzatoria, non estende pertanto all'attività illecita di
lottizzazione l'effetto estintivo del reato (cfr per il secondo condono
Cass sez. 3^, 19 settembre 1996 Urtis; Cass. n. 8557 del 2003; 24319
del 2003; 1966 del 2002). La concessione in sanatoria estingue quindi
il reato di costruzione abusiva - ex art. 22 legge 47/1985 - ma non
quello di lottizzazione abusiva, per cui, in assenza di un esplicito
provvedimento adottato dalla autorità competente
autorizzatorio della lottizzazione, legittimamente può
essere disposta la confisca dei terreni lottizzati, giacché
la concessione edificatoria non comporta alcuna valutazione di
conformità di tutta la lottizzazione alle scelte generali di
pianificazione urbanistica. La confisca può essere impedita
solo dall'adozione di un piano di recupero urbanistico dell'area
abusivamente lottizzata da parte del consiglio comunale o dalla
successiva autorizzazione a lottizzare(cfr Cass 1966 del 2002, Venuti
ed altri). Allo stato non è provato il conseguimento della
sanatoria per il manufatto abusivamente costruito perché non
risulta allegato il certificato di congruità dell'oblazione
(la questione non ha formato oggetto di accertamento da parte del
tribunale) ne' tanto meno risulta rilasciata l'autorizzazione a
lottizzare.
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l'articolo 616 c.p.p..
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 28 settembre 2005.
Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2005