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L’attivazione dell’impianto ex art. 87 del D.Lgs 259/03, un’invenzione giurisprudenziale discutibile.
di Fulvio Albanese
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L’installazione degli impianti radioelettrici disciplinata dagli articoli 86 e 87 del Decreto Legislativo 1 agosto 2003, n. 259 “Codice delle comunicazioni elettroniche”come è stato ripetutamente scritto, risponde a regole di semplificazione amministrativa e di celerità di diretta derivazione comunitaria (Corte Costituzionale sentenza n. 336/2005). Ed è proprio per questo motivo, precisa la Consulta nella sentenza citata, che l’applicazione della norma deve rispondere al principio generale di speditezza e semplificazione amministrativa, incardinato nella legge n. 241/1990 di riforma del procedimento amministrativo. C’è da aggiungere però, che tale disposizione deve essere messe in atto ai sensi e nel rispetto dell’articolo 32 della Costituzione, nonchè del Principio di Precauzione di cui all’articolo 174, paragrafo 2, del Trattato istitutivo dell’Unione Europea come prescrive la “Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici” del 22 febbraio 2001, n. 36.
Attori principali del procedimento ex art. 87 del Codice delle Comunicazioni sono: l’Ente locale, l'Organismo competente ad effettuare i controlli, e i soggetti abilitati alla presentazione della richiesta per l’installazione. Vediamo come la giurisprudenza ha individuato i protagonisti del procedimento e ne ha regolato i rapporti, non sempre a parere dello scrivente in modo logico e rispondente alla disposizione di legge.
Iniziamo dal comma 2 dell’art. 87 del Codice delle Comunicazione: L'istanza di autorizzazione alla installazione di infrastrutture per impianti radioelettrici e' presentata dai soggetti a tale fine abilitati all'Ente locale. Occorre subito chiarire quali sono i: “soggetti a tale fine abilitati” sul punto il Tar Lazio, Roma, Sez. II, 18 maggio 2006, con la sentenza n. 3567 ha definito: “E’ legittimamente rilasciato il titolo abilitativo per l’installazione di impianti radio base alla società che, pur in difetto della concessione ministeriale per la gestione del servizio di telefonia mobile, svolga un’attività strumentale all’effettivo svolgimento di detto servizio pubblico. La circostanza che tale società non utilizzi direttamente le strutture realizzate, ma le proponga in uso ai soggetti gestori di telefonia cellulare, non impedisce che essa possa adoperarsi per conto di questi nel richiedere tutti i permessi ed i nulla osta necessari per procedere all’installazione ed al funzionamento degli impianti”.
E’ necessario inoltre stabilire cosa si intende con l’espressione “Ente locale”. Il Consiglio di Stato con la Decisione n. 3972 del 27 aprile 2007 ha definito la questione: “L’individuazione del Comune quale ente abilitato al rilascio dei titoli autorizzatori necessari per la realizzazione degli impianti radioelettrici discende, dal d.lgs. n. 259/2003, letto alla luce dell’art. 118 Cost.. L’art 87, commi 2 e 9, del d.lgs. n. 259/2003, pur indicando in modo generico l’ente locale competente al ricevimento delle istanze ed al rilascio dei titoli abilitativi (utilizzando la testuale espressione “l’ente locale”), deve essere interpretato nel senso che attribuisca al Comune tale competenza. In primo luogo, infatti, occorre tener presente che ai sensi dell’art. 118 della Costituzione, tutte le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città Metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. L’art. 118 Cost. manifesta, quindi, una chiara preferenza per il livello comunale, avendo come obiettivo la massima vicinanza tra i destinatari delle funzioni pubbliche e gli enti che ne sono titolari, nel senso che le istituzioni di livello via via più elevato hanno un ruolo sussidiario, limitato a ciò che al livello meno elevato non può essere efficacemente svolto” (...).
Torniamo all’art. 87 D.Lgs 259/2003 il comma 1 dispone: “L'installazione di infrastrutture per impianti radioelettrici e la modifica delle caratteristiche di emissione di questi ultimi... viene autorizzata dagli Enti locali, previo accertamento, da parte dell'Organismo competente ad effettuare i controlli, di cui all'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, della compatibilita' del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualita', stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto della citata legge 22 febbraio 2001, n. 36, e relativi provvedimenti di attuazione”. Anche l’individuazione dell’Organismo competente è stato oggetto d’interpretazione dei Giudici amministrativi: “Spetta, dunque, all’ARPA, nell’ambito del procedimento di autorizzazione all’installazione dei sistemi per il servizio di telefonia cellulare, il potere di rilasciare il parere di cui al comma 1 dell’art. 87 del codice delle comunicazioni (cfr: TAR Lazio, sez. II, 7 giugno 2006, n. 4397; Tar Toscana sez. I sent. 158 del 11 febbraio 2008).
Entra in gioco “l’Organismo competente ad effettuare i controlli” cioè l’ARPA o gli altri Enti (se l’ARPA non è operativa) di cui al comma 2 dell’art. 14 della Legge 36/2001, che deve “accertare preventivamente” (la previsione normativa è chiarissima!!) la compatibilita' del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualita', stabiliti uniformemente a livello nazionale. Non c’è da interpretare nulla, la norma è inequivocabile... l’Ente locale autorizza l’installazione dopo aver accertato con il parere (naturalmente favorevole) dell'Arpa il rispetto dei limiti stabiliti con il DPCM 8 luglio 2003 “Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualita' per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz”.
Il suddetto parere come prescrive il comma 4 sempre dell’art. 87 del Codice deve essere reso entro 30 giorni: “Copia dell'istanza ovvero della denuncia viene inoltrata contestualmente all'Organismo di cui al comma 1, che si pronuncia entro trenta giorni dalla comunicazione”.
Il comma 3 dell’art. 87 del Codice introduce inoltre, la possibilità di utilizzare la DIA per gli impianti con minor potenza: “Nel caso di installazione di impianti, con tecnologia UMTS od altre, con potenza in singola antenna uguale od inferiore ai 20 Watt, fermo restando il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualita' sopra indicati, e' sufficiente la denuncia di inizio attivita'...” Anche per questo non-procedimento (non ho altra definizione per la DIA) si prescrive l’obbligo del non superamento dei valori fissati con il DPCM 8 luglio 2003, si dovrà pertanto successivamente allegare alla DIA il parere favorevole reso dell’ARPA (entro 30 giorni). In tal modo si garantirà all’ente locale la possibilità di verificare anche il rispetto dei limiti fissati dal DPCM 8 luglio 2003, prima della formazione del silenzio assenso previsto dal successivo comma 9. La procedura sembra logica e di facile interpretazione, due possibilità per il soggetto abilitato secondo la caratteristica tecnica dell’impianto:
1) richiesta di autorizzazione al Comune e contestuale presentazione del progetto all’ARPA. Il comune fatta la verifica della compatibilità urbanistico-edilizia dell’intervento con le disposizioni di cui al DPR 380/2001 Testo unico dell’edilizia, ed acquisito (entro 30 giorni) il parere favorevole dell’ARPA, autorizza entro i successivi 60 giorni (in ogni caso entro 90 giorni se il Comune non agisce si forma il silenzio assenso);
2) presentazione della DIA e contestuale presentazione del progetto all’ARPA. Il comune verifica la compatibilità urbanistico-edilizia dell’intervento con le disposizioni di cui al DPR 380/2001 Testo unico dell’edilizia, ed acquisisce (entro 30 giorni) il parere favorevole dell’ARPA, ma in questo caso essendo all’interno di un non-procedimento nei successivi 60 giorni, non agisce. Trascorsi 90 giorni dalla presentazione della DIA si forma il silenzio assenso. Questa a giudizio dello scrivente, questa è l’interpretazione più rispondente alle disposizioni dell’articolo 87 del Codice delle Comunicazioni elettroniche.
Al contrario, la giurisprudenza (maggioritaria) ha interpretato l’articolo 87 in altro modo, inserendo una fase successiva (non presente nel D.lgs 259/2003) sia all’autorizzazione comunale, che alla DIA: l’attivazione dell’impianto. Secondo i giudici amministrativi è in questo preciso momento (attivazione) che il soggetto abilitato all’installazione, deve essere in possesso del parere favorevole dell’ARPA: “(...) il deposito del parere preventivo favorevole dell'Arpa non è prescritto per la formazione del titolo edilizio ovvero per l'inizio dei lavori, ma solo per l'attivazione dell'impianto” (cfr. TAR Campania, sez. III 17 aprile 2009; TAR Campania, sez. VII 28 marzo 2008 n. 1630; TAR Toscana, Sez. I - 11 febbraio 2008, n. 158; TAR Veneto, sez. II, 23 aprile 2007, n. 1283; TAR Lecce, sez. II, 24 agosto 2006 n. 4279; TAR Catania, sez. II, 23 settembre 2005 n. 1478; TAR Napoli, sez. I, 17 dicembre 2004 n. 19379).
Recentemente il Tar Toscana, con la sentenza n. 158 del 11 febbraio 2008, ha ulteriormente precisato: “Il termine per la formazione del silenzio-assenso di cui all’art. 87, c. 9 del d.lgs. n. 259/2003 decorre dalla presentazione della domanda corredata dal progetto, e non dalla ricezione, da parte del comune, del parere dell'Arpa, in quanto ai sensi dell'art. 87, comma 4, del citato decreto il deposito del parere preventivo favorevole dell'Arpa non è prescritto per la formazione del titolo edilizio ovvero per l'inizio dei lavori, ma solo per l'attivazione dell'impianto”.
La semplice lettura del comma 4 dell’art. 87: “Copia dell'istanza ovvero della denuncia viene inoltrata contestualmente all'Organismo di cui al comma 1, che si pronuncia entro trenta giorni dalla comunicazione”, smentisce tale interpretazione, infatti non si ha alcun riferimento ad una fase successiva all’autorizzazione relativa all’attivazione dell’impianto, anche perchè il comma 4 deve essere letto coerentemente con la disposizione presente nello stesso articolo al comma 1: “L'installazione di infrastrutture per impianti radioelettrici (...) viene autorizzata dagli Enti locali, previo accertamento, da parte dell'Organismo competente ad effettuare i controlli (...).
Anche la Corte Costituzionale con la sentenza n. 129 del 28 marzo 2006 ricostruisce le fasi del procedimento autorizzativo sottolineando la necessità di acquisire preventivamente al rilascio delle autorizzazioni comunali il parere dell’ARPA: “L’unificazione dei procedimenti non priva l’ente locale del suo potere di verificare la compatibilità urbanistica dell’impianto per cui si chiede l’autorizzazione. Il citato art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003 prevede infatti che tali installazioni vengano autorizzate dagli enti locali, previo accertamento, da parte dell’organismo competente ad effettuare i controlli, della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità”.
Quindi la posizione della giurisprudenza predominante che vincola il parere dell’ARPA solo all’attivazione dell’impianto, a parere dello scrivente è in contrasto con l’articolo 12 delle preleggi che stabilisce: “Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”.
Inoltre, con l’introduzione della fase post-autorizzativa dell’attivazione, la vigilanza sanitaria e ambientale in tema di esposizione ai campi elettromagnetici affidata alle ARPA per l’attuazione della Legge 36/2001, propedeutica e vincolante per i comuni che devono assentire un impianto radioelettrico (come dispone il D.Lgs 259/2003) è superabile con il silenzio assenso. Tale procedura porta inevitabilmente a comprimere i margini delle competenze comunali (cfr. Corte Cost. 25 settembre 2003 n. 303) che vanno ricercati nella più ampia dimensione della sfera di tutela della salute dei cittadini, oltre i limiti di esposizione ai campi elettrici ed elettromagnetici, secondo obiettivi che partono dalla salvaguardia dell'integrità fisica, sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, ma si rapportano anche, in via evolutiva, alla promozione della ricerca per la valutazione degli effetti a lungo termine dell' inquinamento stesso, nonché alle esigenze di tutela dell' ambiente e del paesaggio. Si tratta quindi, di una competenza aggiuntiva ed integrativa rispetto a quella più generale di governo del territorio sotto il profilo urbanistico-edilizio, (cfr. Cons. St., sez. VI, 3.6.2002, n. 3095; 20.12.2002, n. 7274; 10.2.2003, n. 673; 26.8.2003, n. 4841).
Un tentativo in contro tendenza, e di attuazione rigorosa del comma 1 dell’art. 87 lo troviamo nella sentenza del Tar Veneto, sez. II del 11 marzo 2005, n. 928: “Il silenzio assenso ex art. 87, comma 9, del D.Lgs. 259/2003 sulle istanze di autorizzazione all’installazione di impianti radioelettrici non si forma in mancanza della pronuncia dell’organismo competente ad effettuare i controlli di cui all’art. 14 L. 36/01”.
I giudici veneti in questo caso applicano alla lettera l’articolo 87 del Codice, dando alla esplicita valutazione dell’ARPA (parere ex art. 14 L.36/2001) condicio sine qua non per la formazione del silenzio assenso. Questa interpretazione è coerente con i principi fondamentali della Legge 22 febbraio 2001, n. 36 “Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”, che all’articolo 1 assicurano la tutela della salute dei lavoratori, delle lavoratrici e della popolazione dagli effetti dell’esposizione a determinati livelli di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici ai sensi e nel rispetto dell’articolo 32 della Costituzione. Ricordo che la tutela della salute è stata dalla Corte Costituzionale collocata tra i diritti inviolabili dell'uomo che la Repubblica riconosce e garantisce: “Occorre premettere il richiamo alla costante giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 218 del 1994, n. 202 del 1991, nn. 307 e 455 del 1990, n. 559 del 1987 e n. 184 del 1986) secondo cui la salute è un bene primario che assurge a diritto fondamentale della persona ed impone piena ed esaustiva tutela”, Sentenza n. 399 del 1996.
La fattispecie di silenzio assenso in esame è stato dalla giurisprudenza e della dottrina “giustificato” in quanto strumento finalizzato all'esigenza di semplificazione e velocizzazione dei procedimenti amministrativi, per la salvaguardia della tempestività degli stessi, in attuazione dei principi comunitari imposti dalle direttive 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE e 2002/22/CE, recepite nell'ordinamento italiano dall'art. 41 della L. 166/2002, che è la legge delega in base alla quale è stato emanato il D.Lgs. n. 259/2003.
Ma non è così, infatti proprio l’acquis comunitario detta vincoli molto precisi sul silenzio assenso quando c’è in ballo la tutela della salute e dell’ambiente. Sul punto la Corte di Giustizia ritiene non compatibile con i principi comunitari l’adozione del silenzio assenso in presenza di particolari valori (tutela della salute) da proteggere: “in presenza di procedimenti in cui, per garantire effettività agli interessi tutelati, è necessaria una espressa valutazione amministrativa, quale un accertamento tecnico o una verifica; in questi casi ammettere il silenzio assenso significherebbe legittimare l'amministrazione a non svolgere quella attività istruttoria imposta a livello comunitario per la tutela di particolari valori e interessi” (v. Corte Giust. CE, 28 febbraio 1991, C-360/87 ).
Alla luce di queste diverse interpretazioni facciamo alcune ipotesi concrete:
1) Situazione auspicabile: il soggetto abilitato presenta richiesta di autorizzazione, oppure presenta una DIA all’Ente locale, prima della formazione del silenzio assenso (90 giorni) trasmette il parere favorevole dell’ARPA e il Comune autorizza, ovvero si forma il silenzio assenso per la DIA. Viceversa l’ARPA trasmette un parere negativo (nei 90 giorni) il comune invia il diniego, per l’autorizzazione o per la DIA.
2) Situazione realizzabile con l’attuale orientamento giurisprudenziale prevalente: il soggetto abilitato presenta richiesta di autorizzazione, oppure presenta una DIA all’Ente locale, non trasmette il parere favorevole dell’ARPA, trascorsi i 90 giorni si forma il silenzio assenso previsto dal comma 9 del Codice delle Comunicazioni. Il soggetto abilitato può realizzare l’impianto radioelettrico (senza attivarlo), successivamente l’ARPA trasmette il parere positivo o negativo e in questo ultimo caso (nella zona i valori del fondo elettromagnetico sommati alle emissioni del nuovo impianto superano i limiti del DPCM 8 luglio 2003), l’impianto non si può attivare, ma è comunque assentito e realizzato.
Se per ipotesi il soggetto abilitato all’installazione attiva l’impianto, nonostante non sia stato presentato il parere favorevole dell’ARPA, il comune o meglio il Sindaco può procedere in autotutela e annullare l’autorizzazione o la DIA assentita con il silenzio assenso. Contestualmente può emettere una ordinanza contingibile e urgente per far spegnere in tempi brevi l’impianto. Sul punto troviamo il conforto del Consiglio di Stato Decisione n. 4812 del 7 ottobre 2008: “Il provvedimento contingibile e urgente emesso dal sindaco ai sensi dell'art. 38, l. 8 giugno 1990 n. 142, quando mira alla tutela della salute pubblica, può essere adottato non solo per porre rimedi a danni alla salute già verificatisi, ma anche e soprattutto (tenuto conto dei valori espressi dall'art. 32, cost.) per evitare che tale danno si verifichi. (...) Invero la normativa in materia di emissioni è posta a protezione di un valore primario, -la salute umana – in massimo grado protetto costituzionalmente ex art. 32 della Carta Fondamentale. Laddove si sia ravvisato un pericolo, sulla scorta di un dato tecnico, l’urgenza di provvedere è in re ipsa”.
Per evitare di arrivare alla situazione (estrema ma possibile) sopra ipotizzata, il Sindaco (o meglio il responsabile del procedimento) può agire d’anticipo, e se non riceve il parere favorevole dell’ARPA pochi giorni prima dello scadere del 90° giorno, invia in tempo utile (sempre prima del 90° giorno) il preavviso di rigetto ai sensi dell’articolo 10-bis della Legge 241/1990, motivandolo, appunto, con la mancanza del parere stesso. Si blocca in tal modo il perfezionamento del silenzio assenso. Sull’applicazione dell’articolo 10-bis al Codice delle Comunicazioni il Consiglio di Stato ha statuito: “(...) l’art. 10-bis della l. n. 241/1990 costituisce norma di carattere generale che, in quanto tale, si applica anche al procedimento di cui al d.lgs. n. 259/2003, (...) non si è formato il silenzio assenso di cui all’art. 87, comma 9, del d.lgs. n. 259/2003, in quanto l’amministrazione aveva comunicato il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell’art. 10-bis della l. n. 241/1990, interrompendo i termini per concludere il procedimento; termini che sono iniziati nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni; (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 29 novembre 2006, n. 6993 ). Consiglio di Stato sez. VI, del 07/01/2008 , Sentenza n. 32.
Se il soggetto abilitato all’installazione (o il gestore nel frattempo subentrato) non invia il parere positivo dell’ARPA in tempo ragionevole, il responsabile del procedimento comunica (prima del trascorrere dei 90 giorni) il definitivo provvedimento di diniego per violazione del comma 1 dell’articolo 87 del D.Lgs 259/2003: “L'installazione di infrastrutture per impianti radioelettrici (...) viene autorizzata dagli Enti locali, previo accertamento, da parte dell'Organismo competente ad effettuare i controlli (...)”.