Sez. 3, Sentenza n. 14044 del 22/03/2005 Ud. (dep. 15/04/2005 ) Rv. 231522
Presidente: Vitalone C. Estensore: Grillo C. Relatore: Grillo C. Imputato:
Bentivoglio. P.M. Izzo G. (Conf.)
EDILIZIA - COSTRUZIONE EDILIZIA - Opere necessitanti il permesso di costruire -
Manufatti con carattere precario - Individuazione.
In materia edilizia richiedono il rilascio del permesso di costruire non
soltanto i manufatti tradizionalmente ricompresi nelle attività murarie, ma
anche le opere di ogni genere con le quali si intervenga sul suolo e nel suolo,
indipendentemente dal mezzo tecnico con il quale è stata assicurata la stabilità
del manufatto, che può anche essere soltanto infisso o appoggiato al suolo,
atteso che la stabilità non va confusa con la non rimovibilità della struttura o
con la perpetuità della funzione ad esso assegnata, estrinsecandosi nella
oggettiva destinazione dell'opera a soddisfare bisogni non provvisori.
Massima (Fonte CED Cassazione)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. VITALONE Claudio Presidente del 22/03/2005
Dott. PETTI Giovanni Battista Consigliere SENTENZA
Dott. TERESI Alfredo Consigliere N. 577
Dott. GRILLO Carlo Consigliere REGISTRO GENERALE
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria Consigliere N. 35727/2003
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BENTIVOGLIO BRUNO, nato a Torino l'1/6/1966;
avverso la sentenza n. 2015 del 18/4/2003 pronunciata dalla Corte di Appello di
Milano.
Letti gli atti, la sentenza denunciata ed il ricorso;
udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Carlo M. Grillo;
udite le conclusioni del P.M., in persona del S. Procuratore Generale IZZO
Gioacchino, con le quali chiede dichiararsi l'inammissibilità del ricorso;
la Corte osserva:
FATTO E DIRITTO
La Corte di Appello di Milano, con la sentenza indicata in premessa, confermava
integralmente la sentenza 22/5/2002 del Tribunale di Milano-Sezione distaccata
di Cassano d'Adda, in composizione monocratica, con la quale Bentivoglio Bruno
era stato condannato alla pena di mesi 2 di arresto ed E. 15.000,00 di ammenda,
oltre alla demolizione dei manufatti abusivi, in ordine a due contravvenzioni,
commesse in novembre e dicembre 1999 e considerate unite dal vincolo della
continuazione, all'art. 20 lett. b) L. n. 47/1985, per aver realizzato opere
edilizie -in zona agricola ed in fascia di rispetto stradale - in assenza della
prescritta concessione edilizia. Ricorre per cassazione l'imputato, deducendo
mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata in
ordine alla non riconosciuta precarietà delle opere abusive realizzate, non
facendosi riferimento "ad alcun fatto che fornisca la ragionevole prova della
destinazione ad uso di dimora del nucleo famigliare che viene quindi desunta in
modo arbitrario ed immotivato"; inoltre, per valutare la precarietà di un'opera
edilizia, non può prescindersi - ad avviso del ricorrente - dall'analisi delle
caratteristiche strutturali del manufatto che, nel caso di specie, non è
"vincolato" al suolo da "strutture statiche".
All'odierna udienza il P.G. conclude come riportato in epigrafe. Il ricorso è
inammissibile.
È pacifico in giurisprudenza che rientrano nella previsione delle norme
urbanistiche e richiedono, pertanto, il rilascio di concessione edilizia non
solo i manufatti tradizionalmente compresi nelle attività' murarie, ma anche le
opere di ogni genere con le quali si intervenga sul suolo o nel suolo, senza che
abbia rilevanza giuridica il mezzo tecnico con cui sia stata assicurata la
stabilità del manufatto, che può essere infisso o anche appoggiato al suolo, in
quanto la stabilità non va confusa con l'irremovibilità della struttura o con la
perpetuità della funzione ad essa assegnata, ma si estrinseca nell'oggettiva
destinazione dell'opera a soddisfare bisogni non provvisori, ossia
nell'attitudine ad una utilizzazione che non abbia il carattere della
precarietà, cioè non sia temporanea e contingente. La natura precaria di un
manufatto, quindi, non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione
dell'opera come attribuitale dal costruttore, ma deve risultare dalla intrinseca
destinazione materiale della stessa ad un uso realmente precario e temporaneo,
per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo.
Evidentemente la valutazione sulla natura precaria o meno di un' opera,
attenendo al fatto, è riservata al giudice del merito e non è censurabile in
sede di legittimità, ove risulti motivata in maniera non manifestamente
illogica. Nella fattispecie in esame entrambi i giudici territoriali hanno
escluso, con argomentazioni corrette ed adeguate alle quali si rinvia, la
precarietà delle opere abusive realizzate dall'imputato, donde l'inammissibilità
del ricorso. A mente dell'art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità
del ricorso consegue, non potendo escludersi che essa sia ascrivibile a colpa
del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l'onere delle spese
del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle
ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella
misura di E. 500,00.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali, nonché al versamento della somma di E. 500,00 in favore
della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 22 marzo 2005.
Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2005