SEZ. 3       SENT.  35848  DEL 25/10/2002  (UD.25/09/2002)        RV.  223079
     PRES. Toriello F                 REL. Onorato                COD.PAR.368
     IMP. Romano ed altro        PM. (Diff.) Mura                           
538001  EDILIZIA  -  IN  GENERE  - Costruzione abusiva realizzata su suolo di proprieta'  esclusiva di uno dei coniugi - Estensione dell'imputazione al  coniuge  non comproprietario - Specifica contestazione di concorso  nella committenza dei lavori - Necessita' - Sussistenza.             
L. DEL 28/2/1985 NUM. 47 ART. 20 

In  tema  di reati edilizi, nel regime di comunione legale fra coniugi la costruzione  abusiva  realizzata con le risorse finanziarie di entrambi i coniugi,  sul suolo di proprieta' personale ed esclusiva di uno di essi, appartiene  esclusivamente  a  quest'ultimo e l'imputazione non puo' essere estesa al  coniuge  non  comproprietario, se non come committente dei lavori abusivi con  apposita  e  specifica contestazione. (Nella specie la Corte ha ritenuto che,  in  assenza  di specifica contestazione, il coniuge non comproprietario del  suolo  non  poteva essere condannato quale committente della costruzione
abusiva in concorso con il marito).                                         

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. TORIELLO Francesco - Presidente - del 25/09/2002
1. Dott. DE MAIO Guido - Consigliere - SENTENZA
2. Dott. ONORATO Pierluigi - est. Consigliere - N. 1775
3. Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
4. Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 33159/2002
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore Generale di Napoli, nel processo penale contro:
1) ROMANO Annunziata, nata a Cercola (NA) il 06.01.1953;
2) MANNO Ciro, nato a Pollena Trocchia (NA) il 18.07.1946;
avverso la sentenza resa il 16.2.2001 dalla corte d'appello di Napoli.
Vista la sentenza denunciata e il ricorso;
Udita la relazione svolta in udienza dal Consigliere Dott. Pierluigi Onorato;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Antonio Mura, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla assoluzione di Romano Annunziata per il reato di cui all'art. 20 lett. b) legge 47/1985;
Osserva:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 - Con sentenza del 16.2.2001, la corte d'appello di Napoli, parzialmente riformando quella resa il 31.5.2000 dal tribunale monocratico di Nola, dichiarava a) Ciro Marino colpevole del reato di cui all'art. 20 lett. b) legge 47/1985, per sopraelevazione abusiva di un edificio, e del reato di violazione continuata di sigilli, di cui all'art. 349 cpv. c.p., b) Annunziata Romano, moglie del primo, colpevole di violazione continuata di sigilli (349 cpv. c.p.) in concorso del marito; mentre assolveva la stessa Romano dalla contravvenzione di costruzione abusiva, di cui al citato art. 20 lett. b), per non aver commesso il fatto.
Al riguardo la corte napoletana, premesso che la sopraelevazione abusiva era stata realizzata durante il matrimonio su un immobile di proprietà esclusiva del marito, osservava che il regime patrimoniale di comunione legale vigente tra i coniugi non impediva che la sopraelevazione accedesse alla proprietà del solo marito in virtù del principio di cui all'art. 934 c.c., con la conseguenza che la moglie, alla quale il reato di cui all'art. 20 legge 47/1985 era stata contestato solo come comproprietaria e custode giudiziaria, poteva sì considerarsi committente delle opere in concorso morale con il marito (in considerazione della convivenza materiale e del tacito consenso prestato all'impiego di risorse pecuniarie comuni nella costruzione de qua), ma non poteva essere condannata a tale titolo per difetto di contestazione.
Per l'effetto la corte condannava gli imputati alla pena di giustizia.
2. - Il procuratore generale di Napoli ha proposto appello contro la sentenza limitatamente alla assoluzione della Romano in ordine al reato di cui all'art. 20 legge 47/1985, deducendo "violazione della par condicio coniugale nella committenza di nuove opere immobiliari con beni della comunione legale".
Più esattamente, sostiene che la qualifica di committente delle opere era stata sostanzialmente contestata alla Romano; e che la medesima, comunque, doveva essere considerata anche comproprietaria, giacché la sopraelevazione era stata realizzata con i beni della comunione legale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
3. - Il ricorso è infondato.
Il reato urbanistico di costruzione senza concessione edilizia era stato contestato al Marmo "quale comproprietario e committente delle opere", e alla moglie Annunziata Romano "quale comproprietaria". Risulta inoltre dalle sentenze di merito che la costruzione abusiva consisteva in una sopraelevazione realizzata in pendenza di matrimonio sopra un immobile di proprietà esclusiva del marito; e che i coniugi avevano optato per il regime di comunione legale dei beni.
Tanto premesso, è evidente che la Romano, pena la nullità della sentenza ex art. 522 c.p.p., non può essere condannata in questo processo come committente della costruzione abusiva, per difetto, formale e sostanziale, di specifica contestazione. Se del caso, sarà il pubblico ministero a formulare nuova imputazione alla Romano come committente delle opere abusive, chiedendo un nuovo giudizio, compatibilmente con la regola di cui all'art. 649 c.p.p.. Quanto poi alla qualifica di comproprietaria, essa non spetta alla Romano. Vero è che la costruzione abusiva è stata realizzata con le risorse finanziarie dei due coniugi, stante la comunione patrimoniale vigente nel rapporto matrimoniale (questa è anzi la circostanza principale che ha convinto i giudici di merito del concorso della moglie nella illecita committenza). Ma è anche vero che, sotto un profilo giuridico, non per questo la moglie è diventata comproprietaria dell'immobile, giacché questo è rimasto di proprietà esclusiva del marito per il principio civilistico dell'accessione di cui all'art. 934 c.c., secondo cui il proprietario del suolo acquista ipso iure la proprietà della costruzione su di esso edificata.
Sul tema, l'orientamento giurisprudenziale della Cassazione civile è ormai consolidato e condivisibile, essendo stato affermato autorevolmente dalle Sezioni Unite. Invero, "nel regime di comunione legale, la costruzione realizzata durante il matrimonio da entrambi i coniugi, sul suolo di proprietà personale ed esclusiva di uno di essi, appartiene esclusivamente a quest'ultimo in virtù delle disposizioni generali in materia di accessione e pertanto non costituisce oggetto della comunione legale, ai sensi dell'art. 177, primo comma, lett. b), cod. civ. In siffatta ipotesi, la tutela del coniuge non proprietario del suolo, opera non sul piano del diritto reale (nel senso che in mancanza di un titolo o di una norma non può vantare alcun diritto di comproprietà, anche superficiaria, sulla costruzione), ma sul piano obbligatorio, nel senso che a costui compete un diritto di credito relativo alla metà del valore dei materiali e della manodopera impiegati nella costruzione." (Cass. Civ. Sez. Un., sent. n. 651 del 27-01-1996, Bertuletti c. Marinoni, rv 495599).
Infatti il principio dell'accessione di cui all'art. 934 cod.civ., che riguarda il modo d acquisto a titolo originario, non è derogato dal principio di cui all'art. 177, comma primo lett. b. cod. civ., che disciplina il diverso caso degli acquisti a titolo negoziale (cfr. Cass. Civ. Sez. 2^, sent. N. 4273 dell'8.5.1996, Di Stefano c. Peloni, rv. 497470).
In conclusione, in ordine al reato contestatole di cui all'art. 20 legge 47/1985, è pienamente legittima l'assoluzione dell'imputata Romano.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, in Camera di consiglio, il 25 settembre 2002. Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2002