TAR Abruzzo (PE) Sez. I n.234 del 23 giugno 2016
Urbanistica.Vincoli conformativi ed espropriativi

I vincoli di destinazione urbanistica sono soggetti a decadenza solo se sono preordinati all’espropriazione o comportano l’inedificazione e dunque se svuotano il contenuto del diritto di proprietà incidendo sul godimento del bene, tanto da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale, diminuendone in modo significativo il valore di scambio. La destinazione ad attrezzature ricreative, sportive e a verde pubblico data dal piano regolatore ad aree di proprietà privata non comporta l’imposizione sulle stesse di un vincolo espropriativo, ma solo di un vincolo conformativo, che è funzionale all’interesse pubblico generale conseguente alla zonizzazione, effettuata dallo strumento urbanistico, che definisce i caratteri generali dell’edificabilità in ciascuna delle zone in cui è suddiviso il territorio comunale

N. 00234/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00099/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo

sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 99 del 2012, proposto da:
Montedil Srl, San Michele Srl, Sopeco Srl, rappresentate e difese dagli avv. Vincenzo Di Baldassarre e Giulio Cerceo, con domicilio eletto presso Giulio Cerceo in Pescara, Via G. D'Annunzio, 142;

contro

Comune di Pescara, rappresentato e difeso dall'avv. Paola Di Marco, con domicilio eletto in Pescara, presso l’Ufficio Legale del Comune;

per l'annullamento

della deliberazione del Consiglio comunale di Pescara 19 dicembre 2011, n. 196, di adozione di una variante urbanistica, recante “modifiche e integrazioni alla relazione tecnica e illustrativa” del vigente strumento urbanistico; nonché degli atti presupposti e connessi.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pescara;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 giugno 2016 il dott. Michele Eliantonio e uditi l'avv. Giulio Cerceo per la parte ricorrente e l'avv. Paola Di Marco per l’Amministrazione resistente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

 

Le società ricorrenti sono proprietarie di terreni che sono stati inclusi in zona F1 (verde pubblico - parco pubblico) nella variante generale al P.R.G. del Comune di Pescara (c.d. “piano delle invarianti per uno sviluppo sostenibile”) approvata con deliberazione del Consiglio comunale di Pescara 8 giugno 2007, n. 94. Tale destinazione urbanistica è disciplinata dall’art. 50 delle N.T.A. e nella relazione tecnica illustrativa di tale strumento urbanistico era testualmente precisato che il vincolo apposto “per le aree del sistema dei parchi pubblici e del verde urbano” non era da considerarsi ” vincolo morfologico, bensì vincolo espropriativo”.

Con il ricorso in esame hanno impugnato la deliberazione del Consiglio comunale di Pescara 19 dicembre 2011, n. 196, di adozione di una variante urbanistica, con la quale sono state introdotte delle “modifiche e integrazioni alla relazione tecnica e illustrativa” del Piano regolatore.

In particolare, con la tale variante per un verso sono stati reiterati alcuni vincoli espropriativi e per altro verso è stata modificata la predetta relazione tecnica e illustrativa, nel senso che, avuto riguardo a quanto chiarito al riguardo dalla giurisprudenza amministrativa, la predetta destinazione F1 doveva ritenersi un vincolo conformativo e non un vincolo espropriativo.

In tale nuova relazione si è, tra l’altro, testualmente precisato che in merito alla destinazione “FI verde pubblico-parco pubblico” la giurisprudenza aveva affermato “che la destinazione di un'area privata a tale impiego non determina quella completa ed irrimediabile perdita di una qualunque utilitas, nella quale, solo, può individuarsi l'imposizione di un vincolo di carattere sostanzialmente espropriativo. La destinazione a verde pubblico attrezzato di un’area non determina, infatti, uno svuotamento del contenuto del diritto dominicale ed una limitazione del godimento dello stesso, tale da renderlo assolutamente inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale, ovvero diminuendone in modo significativo il suo intrinseco valore di scambio (TAR Puglia, Lecce, Sez. I, 12 maggio 2006 n. 2580). Pertanto, tale destinazione non ha natura espropriativa, come tale sottoposta a decadenza, né obbligo di indennizzo costituendo espressione della potestà conformativa del pianificatore, avente validità a tempo indeterminato (Cons. Stato, Sez. IV, n. 2718/2005) posto che la destinazione “FI verde pubblico-parco pubblico” consente la realizzazione di manufatti e l’esercizio di attività economiche (chioschi, parco giochi, attività sportive) alla cui realizzazione può provvedersi anche a mezzo di iniziativa privata e, pertanto, non determina quella totale sottrazione alla naturale vocazione edificatoria da parte del soggetto proprietario che, al contrario, caratterizza il vincolo presidiato dalla previsione di decadenza di cui all'art. 2 della Legge n. 1187 del 1968”.

Nei confronti di tale atto deliberativo le ricorrenti si sono nella sostanza lamentate del fatto che lo scopo perseguito da tale atto deliberativo era esclusivamente quello di non corrispondere il giusto indennizzo e che il vincolo apposto sulle aree delle ricorrente era in realtà un vincolo espropriativo.

Ritenere il Collegio - come ha già avuto modo di affermare con sentenza 12 gennaio 2009, n. 35, esaminando analogo ricorso proposto avverso la variante generale al P.R.G. del Comune di Pescara (c.d. “piano delle invarianti per uno sviluppo sostenibile”), approvata con deliberazione del Consiglio comunale di Pescara 8 giugno 2007, n. 94 - che il vincolo imposto sui terreni inclusi in zona F1 (verde pubblico - parco pubblico) è un vincolo conformativo e non un vincolo espropriativo.

In tale occasione questo Tribunale ha, invero, già precisato quanto segue:

“Tale zona, appare utile subito precisare, è normata dall’art. 50 delle N.T.A. del Piano ed è destinata al verde pubblico naturale o attrezzato, comprendente i parchi pubblici.

La disposizione in parola, per la parte che qui interessa, dispone testualmente quanto segue:

- che in tale sottozona F1 “sono consentiti insediamenti per la sistemazione del verde nonché la realizzazione di manufatti che ne integrino le funzioni, quali attrezzature per il gioco e per lo sport, spogliatoi, servizi igienici, chioschi ed abitazione del custode” (comma 2);

- che tale sottozona “può essere oggetto di strumenti attuativi riguardanti anche intere categorie omogenee a tale sottozona, come le aree fluviali, i parchi urbani, ecc.” (comma 3);

- che “alcuni complessi di tale sottozona, compresi i relativi impianti e manufatti, possono essere realizzati e gestiti da enti e privati, sulla base di una convenzione, approvata dal Consiglio Comunale, che regoli le caratteristiche e le condizioni d’uso, tra le quali devono essere, comunque, previste la proprietà pubblica con la modalità di accessibilità pubblica e la durata nel tempo” (comma 4).

Tale norma ha anche previsto che in tale ambito il P.R.G. si attui per intervento diretto, applicando degli indici, analiticamente indicati (comma 5), mentre il comma 6 ha disposto testualmente che “per i manufatti preesistenti sono consentiti gli interventi di cui alla lett. a), b), c) e d), dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/01 e successive integrazioni e modificazioni, come meglio specificato all’art. 9 delle presenti Norme Tecniche di Attuazione con il mantenimento delle destinazioni d’uso esistenti, ad eccezione delle modifiche di cui al precedente comma 2”.

Tale articolo 50 della N.T.A. così come disciplina le aree destinate a verde non pone, ad avviso del Collegio, un vincolo espropriativo sulle aree in questione, ma un vincolo conformativo.

Va, invero, al riguardo ricordato che …. le aree ricomprese nella sottozona in parola non sono destinate esclusivamente a “verde pubblico naturale” (come si legge nel predetto art. 50 delle N.T.A.), ma anche a “verde pubblico attrezzato”, con la possibilità, cioè, di realizzare anche manufatti che ne integrino le funzioni “quali attrezzature per il gioco e per lo sport, spogliatoi, servizi igienici, chioschi ed abitazione del custode”. Inoltre, la norma dispone in via generale la conservazione dei manufatti preesistenti “con il mantenimento delle destinazioni d’uso esistenti”, sui quali possono essere eseguiti gli interventi di “manutenzione ordinaria”, di “manutenzione straordinaria”, di “restauro e di risanamento conservativo” e di “ristrutturazione edilizia” cui alle lettere a), b), c) e d), dell’art. 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380”.

Per cui il vincolo in parola così come già imposto con la predetta deliberazione del Consiglio comunale di Pescara 8 giugno 2007, n. 94 era da ritenersi conformativo e non espropriativo.

Da tali conclusioni il Collegio non rinviene oggi motivi per discostarsi dato lo specifico contenuto della norma in questione, che consente una (sia pur ridotta) utilizzazione del bene da parte dei proprietari con conservazione dei manufatti e delle destinazioni d’uso in atto, e dato che - contrariamente a quanto ipotizzato con il gravame - il vincolo imposto sull’area di proprietà delle ricorrenti non ha totalmente svuotato il loro diritto di proprietà.

Giova, inoltre, ricordare che tale conclusione risulta oggi costantemente ribadita anche dalla più recente giurisprudenza amministrativa, che ha al riguardo osservato che la destinazione di un’area a “verde pubblico - verde urbano” non costituisce un vincolo soggetto a decadenza ai sensi dell’art. 2 della L. 19 novembre 1968, n. 1187, bensì espressione della potestà conformativa dell’Amministrazione comunale, con validità a tempo indeterminato, laddove sia consentita, anche ad iniziativa del proprietario (come nel caso di specie), la realizzazione di opere e strutture intese all’effettivo godimento del bene, circostanza questa che esclude la configurabilità di uno svuotamento incisivo del contenuto del diritto di proprietà, permanendo, comunque, la utilizzabilità dell’area rispetto alla sua destinazione naturale.

In particolare, detta giurisprudenza - dopo aver precisato che i vincoli di destinazione urbanistica sono soggetti a decadenza solo se sono preordinati all’espropriazione o comportano l’inedificazione e dunque se svuotano il contenuto del diritto di proprietà incidendo sul godimento del bene, tanto da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale, diminuendone in modo significativo il valore di scambio - ha affermato che la destinazione ad attrezzature ricreative, sportive e a verde pubblico data dal piano regolatore ad aree di proprietà privata non comporta l’imposizione sulle stesse di un vincolo espropriativo, ma solo di un vincolo conformativo, che è funzionale all’interesse pubblico generale conseguente alla zonizzazione, effettuata dallo strumento urbanistico, che definisce i caratteri generali dell’edificabilità in ciascuna delle zone in cui è suddiviso il territorio comunale (cfr., da ultimo, Cons. St., sez. IV, 9 dicembre 2015 n. 5582, 8 settembre 2015 n. 4155, 1 luglio 2015 n. 3256, 5 giugno 2015 n. 2769, 6 ottobre 2014 n. 4976, e 23 aprile 2013 n. 2254).

Con riferimento a quanto sopra esposto deve conclusivamente ritenersi che il ricorso proposto sia privo di pregio, dato che - contrariamente a quanto ipotizzato con il gravame - il vincolo originariamente apposto sulle aree delle ricorrente era in realtà un vincolo conformativo espropriativo e che lo scopo perseguito da tale atto deliberativo impugnato era esclusivamente quello correggere un errore contenuto nella relazione tecnica allegata allo strumento urbanistico.

Va, invero, conclusivamente precisato che con l’inclusione delle aree dei ricorrenti in zona F1, disposta con la deliberazione del Consiglio comunale di Pescara 8 giugno 2007, n. 94 (c.d. “piano delle invarianti per uno sviluppo sostenibile”) era già stato imposto non un vincolo espropriativo, ma un vincolo conformativo, per cui con l’atto deliberativo impugnato l’Amministrazione comunale non ha nella sostanza modificato la natura del vincolo in questione, ma si è limitata a rettificare l’originaria relazione tecnica illustrativa, che conteneva sul punto una evidente errata indicazione della natura del vincolo.

Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso deve, pertanto, essere respinto.

Sussistono, tuttavia, giuste ragioni per disporre la totale compensazione tra le parti delle spese e degli onorari di giudizio, atteso l’affidamento in ordine alla natura del vincolo ingenerato nelle ricorrenti dalla predetta erronea indicazione contenuta nella originaria relazione tecnica allegata al piano.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2016 con l'intervento dei magistrati:

 

Michele Eliantonio, Presidente, Estensore

Massimiliano Balloriani, Consigliere

Francesca Romano, Referendario

     
     
IL PRESIDENTE, ESTENSORE    
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/06/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)