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Sez. 3, Sentenza n. 18496 del 13/04/2005 Cc. (dep. 18/05/2005 ) Rv. 231641
 Presidente: Savignano G. Estensore: Grillo C. Relatore: Grillo C. Imputato:  Liguori. P.M. Izzo G. (Conf.)
 (Rigetta, Trib. Napoli, 10 Dicembre 2004)
 EDILIZIA - COSTRUZIONE EDILIZIA - Costruzione abusiva - Pendenza della domanda  di condono - Esigenza di impedire aggravio del carico urbanistico - Persistenza  - Conseguente legittimità di misure cautelari.
 
 In materia edilizia, sino alla conclusione della procedura di sanatoria  instaurata con la domanda di condono, che accerti la esistenza dei requisiti per  la condonabilità del manufatto abusivo, permangono le condizioni per l'adozione  dei provvedimenti cautelari tesi ad impedire che attraverso l'utilizzo  dell'immobile si determini un aggravio del carico urbanistico.
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REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 
 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
 Dott. SAVIGNANO Giuseppe - Presidente - del 13/04/2005
 Dott. GRILLO Carlo M. - Consigliere - SENTENZA
 Dott. GENTILE Mario - Consigliere - N. 485
 Dott. LOMBARDI Alfredo M. - Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 4386/2005
 ha pronunciato la seguente:
 
 SENTENZA
 sul ricorso proposto da:
 LIGUORI ANDREA, nato a S. Gennaro Vesuviano il 21/9/1954;
 avverso l'ordinanza del 10-20/12/2004 pronunciata dal Tribunale di Napoli;
 Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Carlo M. Grillo;
 sentite le conclusioni del P.M., in persona del S. Procuratore Generale Dott.  IZZO G., con le quali chiede il rigetto del ricorso. la Corte osserva:
 FATTO E DIRITTO
 Il G.I.P. presso il Tribunale di Nola, nell'ambito del procedimento penale a  carico di Liguori Andrea in ordine al reato di cui all'art. 44 D.P.R. n.  380/2001, disponeva - con provvedimenti 4/9/2003 e 10/11/2003 - il sequestro  preventivo dell'immobile del predetto, sito in S. Gennaro Vesuviano, via  Pollieri, che era stato oggetto di successivi ampliamenti in assenza di permesso  di costruire. Con una prima ordinanza, in data 3/3/2004, lo stesso giudice  rigettava l'istanza (28/1/2004) di revoca del sequestro preventivo, proposta  dall'indagato a seguito della presentazione della richiesta di condono delle  opere abusive; secondo il G.T.P., a parte la considerazione che l'iter  procedimentale non risultava concluso, mancava la prova relativa all'ultimazione  delle opere entro il termine del 31/3/2003, condizione richiesta dall'ultima  normativa in materia, anzi - all'atto del sopralluogo effettuato dalla polizia  giudiziaria nel settembre del 2003 - i lavori erano ancora in corso. Il  16/7/2004 l'indagato chiedeva il dissequestro dell'immobile al P.M., che, con  provvedimento 21/7/2004, sostanzialmente lo rigettava, pur consentendone un  certo utilizzo.
 Il 15/9/2004 il Liguori presentava nuova richiesta di revoca della misura  cautelare, che il G.I.P. rigettava, con ordinanza 4/11/2004, rilevando che "le  circostanze addotte risultano essere già state oggetto di valutazione con  l'ordinanza 3.3.04".
 Avverso quest'ultimo provvedimento l'indagato proponeva appello ex art. 322-bis  c.p.p., che il Tribunale di Napoli, con la gravata ordinanza, rigettava,  ritenendo sussistente sia il fumus del reato ipotizzato che le esigenze  cautelari, specificamente quella di impedire l'aggravio del carico urbanistico  derivante dall'utilizzazione dell'immobile abusivo, nonostante l'ultimazione  delle opere e la presentazione da parte del Liguori della richiesta di condono  in relazione ad esse.
 Ricorre per cassazione il Liguori, lamentando violazione dell'art. 606, comma 1  lett. "c", c.p.p. per "error in procedendo" dovuto a manifesta illogicità della  motivazione in ordine all'interpretazione dell'attestato di conformità delle  opere in questione, rilasciato dal Comune nella procedura per il condono;  peraltro il temuto pericolo di aggravio del carico urbanistico, a detta del  ricorrente, deve essere scongiurato dal Comune che, avendo incamerato le somme  versate per il condono, deve provvedere alla gestione di tale carico. Con  ulteriore argomentazione il Liguori evidenzia che l'istanza di condono è una  sostanziale ammissione dell'addebito, per cui è venuto meno il fumus del reato  ipotizzato, essendovi ormai la certezza della commissione dello stesso.
 All'odierna udienza camerale il P.G. conclude come sopra riportato. Il ricorso  non merita accoglimento.
 Per quanto concerne il fumus delicti, assolutamente non condivisibile appare il  ragionamento del ricorrente, secondo cui, essendovi ormai la certezza della  sussistenza del. reato, non può più ravvisarsi il fumus che legittima l'adozione  della misura cautelare. È evidente, infatti, che l'astratta ipotizzabilità del  reato è il minus necessario per procedere al sequestro preventivo, che  ovviamente risulta ancor più manifestamente legittimo se vi è addirittura la  certezza della sussistenza di esso.
 Quindi sotto tale profilo non può proprio discutersi del provvedimento cautelare  in questione.
 Riguardo alle esigenze cautelari, che secondo il ricorrente sarebbero venute  meno per effetto della presentazione della domanda di condono in relazione alle  opere abusive de quibus, ritiene il Collegio che il Tribunale abbia  correttamente motivato la propria decisione, posto che, fino all'esito  favorevole dell'istanza di condono, e cioè fino a quando l'opera non venga  sanata con il riconoscimento ufficiale della sussistenza dei requisiti richiesti  dalla legge, permane l'esigenza di impedire l'aggravio del carico urbanistico  connesso all'utilizzo dell'immobile abusivo, e quindi derivante dal fatto-  reato.
 Inoltre l'ordinanza del G.I.P. 4/11/2004, come si è detto, si limita a fare  esplicito riferimento alla motivazione della precedente ordinanza 3/3/2004,  rilevando che nessun fatto nuovo è intervenuto rispetto alla situazione da essa  già esaminata. Orbene è ius receptum, fin dalla pronunzia Galluccio delle  Sezioni Unite (12 novembre 1993, n. 26), che è preclusa la richiesta di revoca  di un provvedimento di sequestro preventivo qualora la situazione di fatto sia  immutata rispetto alla data di emanazione del provvedimento (e a maggior  ragione, osserva il Collegio, rispetto ad un precedente provvedimento di diniego  di revoca della misura), per cui la stessa è proponibile solo se l'istante  intenda far valere elementi sopravvenuti (Cass. Sez., 6^, 8 giugno 2000, n.  2646, Ceramico; Sez. 3^, 3 novembre 1993, n. 2327, Pagano). Infatti, secondo il  richiamato orientamento, "le ordinanze inoppugnabili e quelle impugnabili,  qualora non siano state impugnate o si siano esauriti i diversi gradi di  impugnazione, acquistano la caratteristica dell'irrevocabilità che, pur non  essendo parificatile all'autorità di cosa giudicata, parimenti porta seco il  limite negativo della preclusione, nel senso di non consentire il bis in idem,  salvo che siano cambiate le condizioni in base alle quali fu emessa la  precedente decisione". Detto orientamento non è mutato (più recentemente: Sez.  3^, 21 aprile 2004, Guarino; 18 febbraio 2004, Paggiaro; 14 febbraio 2001,  Incitti; 19 aprile 2001, Santacolomba; 17 ottobre 2001, D'Orazio) ed è condiviso  dal Collegio.
 P.Q.M.
 la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese  processuali.
 Così deciso in Roma, il 13 aprile 2005.
 Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2005
 
                    




