Cass. Sez. III sent. 594 del 15 gennaio 2007 (Cc 7 dic. 2006)
Pres. Lupo Est.Petti Ric. Meraviglia
Urbanistica. Modifica della destinazione d'uso
Le opere interne e gli interventi di ristnitturazione edilizia,come pure quelli di manutenzione ordinaria o straordinaria, ogni qualvolta comportino mutamento della destinazione d'uso tra categorie d'interventi funzionalmente autonomi dal punto di vista urbanistico e, qualora debbano essere realizzati nei centri storici, anche nel caso in cui comportino mutamento della destinazione d'uso all'interno di una categoria omogenea, come ad esempio quella industriale o residenziale, richiedono il permesso di costruire. Gli stessi interventi di ristnitturazione o manutenzione, comportanti modificazioni della destinazione d'uso nell'ambito di categorie omogenee, qualora siano realizzati fuori del centro storico richiedono solo la denuncia d'inizio attività.
La lottizzazione cosiddetta materiale non presuppone necessariamente il compimento di opere su un suolo inedificato, ma può verificarsi anche in occasione di un mutamento della destinazione d'uso di un edificio già esistente, allorché la modificazione della destinazione d'uso si ponga in contrasto con un piano di fabbricazione già approvato e richieda la necessità di nuovi interventi di urbanizzazione.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. LUPO Ernesto - Presidente - del 07/12/2006
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 1288
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. MARMO Margherita - Consigliere - N. 38221/2006
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MERAVIGLIA Isidoro, nato il 17 dicembre 1939;
avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di Savona del 3 agosto del 2006;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Ciro Petti;
sentito il Sostituto Procuratore Generale Dott. Angelo Di Popolo, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
sentito il difensore avv. Emilio Ricci del foro di Roma, quale sostituto processuale dell'avvocato Fausto Mazzitelli, il quale ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
letti il ricorso e l'ordinanza denunciata.
Osserva quanto segue:
IN FATTO
Con ordinanza del 3 ottobre del 2006, il tribunale del riesame di Savona confermava il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari presso il medesimo tribunale aveva disposto il sequestro preventivo di un immobile sito nel comune di Alassio contrada San Rocco in danno della società CIDIA, rappresentata da Meraviglia Salvatore, quale indagato:
a) per il reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 perché, quale amministratore unico della CIDIA S.r.l., proprietaria dell'immobile sito in Alassio contrada San Rocco, censito in catasto a fg. 26 mapp. 328 e 292, zona sottoposta a vincolo paesaggistico ambientale ai sensi del D.M. 10 luglio 1953, aveva eseguito lavori di ristrutturazione e sistemazione interne, analiticamente indicati nel capo d'imputazione, diretti a modificare la destinazione d'uso dell'immobile da "residenziale turistico" a "residenziale civile", in assenza di autorizzazione ambientale; nonché per avere demolito la soletta di copertura di parte dell'intercapedine esistente sul lato di via San Rocco e creato un "terrazzo a pozzo" in assenza di autorizzazione ambientale;
b) per la contravvenzione di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44 perché, nella qualità anzidetta aveva eseguito i lavori innanzi indicati, in assenza di permesso di costruire;
In Alassio il 23 maggio del 2006.
c) per il delitto di cui agli artt. 81, 483, 56, 48 e 479 c.p. perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, quale amministratore unico della CIDIA S.r.l., società proprietaria dell'immobile anzidetto, aveva falsamente affermato, nelle 49 dichiarazioni presentate per la definizione degli illeciti edilizi ex L. n. 269 del 2003, che i lavori relativi alla modificazione della destinazione d'uso erano stati ultimati entro il 31 marzo del 2003, compiendo in tal modo atti idonei diretti in modo non equivoco a trarre in inganno l'amministrazione comunale di Alassio sulla data del cambio di destinazione d'uso al fine di indurre l'amministrazione a rilasciargli il titolo in sanatoria basato su tale falso presupposto di fatto. In Alassio, il 10.12.2004.
Secondo la ricostruzione fattuale contenuta nel provvedimento impugnato, nel luglio del 2002, la CIDIA S.r.l., proprietaria dell'immobile, presentava una DIA per opere interne di manutenzione, consistenti nella eliminazione di parti comuni e nella creazione di nuove unità abitative. Nella relazione tecnica il direttore dei lavori specificava che comunque l'intervento non modificava la destinazione d'uso dell'unità immobiliare. Il 1 gennaio 2003 la società presentava istanza di concessione edilizia, da intendersi come integrativa della DIA, per la realizzazione di opere consistenti in un aumento del volume dell'immobile al fine di potenziare l'offerta alberghiera, senza nulla dire su un'eventuale modificazione della destinazione d'uso. Nel luglio 2003 presentava un'ulteriore istanza di rilascio di concessione finalizzata alla ristrutturazione dell'immobile, sempre ad integrazione della DIA di cui sopra, in cui si indicava l'aumento di alcune unità abitative, con la finalità di potenziare l'offerta alberghiera. La Commissione edilizia integrata esprimeva parere favorevole all'intervento a condizione che la società "ottenesse la classificazione alberghiera". Nel dicembre del 2004 erano presentate per l'immobile 49 domande di condono edilizio, corrispondenti alla trasformazione in 4 unità abitative di parti comuni della residenza turistica alberghiera e di trasformazione di 45 residenze turistiche alberghiere in alloggi destinati a civili abitazioni, dichiarando che i lavori erano stati ultimati nel mese di marzo 2003. Nel maggio 2006 la PG effettuava un sopralluogo presso l'immobile e verificava che non vi erano attività edilizie in corso, ma che tutte le unità abitative erano interessate da interventi edilizi non ultimati, data la presenza massiccia di materiali nel cantiere; che inoltre le unità abitative non erano utilizzabili ne' abitabili.
Tanto premesso in fatto, il tribunale osservava che erano astrattamente configurabili i reati ipotizzati dal pubblico ministero perché le opere edilizie realizzate e descritte nei verbali di accertamento della PG consistevano in interventi volti a mutare la destinazione d'uso da "residenziale turistica" a "civile abitazione", posto che nell'istanza di condono del 2004 la destinazione dell'immobile era stata indicata come residenziale;che era irrilevante ai fini della ammissibilità del sequestro preventivo del complesso la circostanza che era stata presentata istanza di sanatoria in ordine agli abusi realizzati poiché l'esito del procedimento è ignoto ed imprevedibile e, d'altra parte, gli atti di indagine raccolti al fascicolo facevano dubitare della stessa ammissibilità del condono non essendo certa la data della ultimazione delle opere;che sussisteva il periculum in mora, perché le opere non erano ultimate.
Ricorre per cassazione l'indagato per mezzo del proprio difensore deducendo la violazione delle norme incriminatrici indicate nel capo d'imputazione nonché omessa motivazione in ordine al secondo motivo della richiesta di riesame. Sostiene che con il secondo motivo, pur non contestando la ricostruzione fattuale del giudice per le indagini preliminari, aveva ritenuto la non configurabilità astratta dei reati e sul punto la motivazione del tribunale era completamente carente. Infatti il tribunale si era limitato ad affermare che le istanze della difesa riguardavano il merito della questione e la valutazione delle stesse avrebbe comportato un'indebita pronuncia sul merito non consentita in sede di riesame. Invece le doglianze riguardavano proprio l'astratta configurabilità dei reati come ipotizzati dal pubblico ministero. Invero il tribunale aveva omesso di considerare che richiedono il permesso di costruire solo le modificazioni delle destinazioni d'uso che riguardano edifici ricadenti nella zona A) del Piano urbanistico e che i lavori interni senza modificazione di volumi o della sagoma dell'edificio non richiedono l'autorizzazione paesaggistica anche se si modifica la destinazione d'uso.
IN DIRITTO
Il ricorso è fondato con riferimento alla mancata risposta ad una specifica censura relativa all'astratta configurabilità dei reati. Giova premettere che il sequestro preventivo non è stato disposto per la contestazione relativa al delitto di falso in merito alla data di ultimazione delle opere, ma per le violazioni della legge urbanistica e del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 e che la presentazione della domanda di condono, secondo l'orientamento di questa corte, (cfr. per tutte Cass. n. 8496 del 2005) non impedisce il compimento di atti urgenti, quale ad esempio il sequestro preventivo.
Ciò premesso, si rileva che il tribunale ha ritenuto l'astratta configurabilità dei reati perché la società con opere di ristrutturazione interne aveva modificato la destinazione d'uso dell'immobile, la quale modificazione ad avviso del tribunale richiedeva il permesso di costruire.
In proposito, per quanto qui rileva, è opportuno ricordare che: a) il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3 considera interventi di ristrutturazione edilizia, quelli "rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica";
b)che il successivo art. 10, nell'individuare gli "Interventi subordinati a permesso di costruire", stabilisce che "Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire: a)...; b)....; c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso";
c) l'art. 22, definendo gli "Interventi subordinati a denuncia di inizio attività", dispone, al comma 1, che "Sono realizzabili mediante denuncia d'inizio attività gli interventi non riconducibili all'elenco di cui all'articolo 10"; il medesimo articolo precisa al comma 3, che "In alternativa al permesso di costruire, possono essere realizzati mediante denuncia d'inizio attività: a) gli interventi di ristrutturazione di cui all'articolo 10, comma 1, lettera e)";
d) l'art. 44, nel ridefinire l'assetto sanzionatorio penale in materia edilizia, stabilisce che sono soggetti a sanzione penale solo gli interventi soggetti a permesso di costruire e che "Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi suscettibili di realizzazione mediante denuncia di inizio attività ai sensi dell'articolo 22, comma 3, eseguiti in assenza o in totale difformità dalla stessa", vale dire solo alle ristrutturazioni edilizie innovative di cui all'art. 10, comma 1, lettera e) (cioè "gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A), comportino mutamenti della destinazione d'uso"), mentre per il resto le ristrutturazioni edilizie, anche abusive, permangono al di fuori dall'ambito di rilevanza penale (come precisato dal precedente D.P.R. n. 380 del 2001, art. 37 laddove si dispone che "La mancata denuncia di inizio dell'attività non comporta l'applicazione delle sanzioni previste dall'articolo 44"). In conclusione con l'entrata in vigore del D.P.R. n. 380 del 2001, la realizzazione degli interventi di ristrutturazione che, ad eccezione delle zone A), mutino la sola destinazione d'uso nell'ambito della medesima categoria funzionale senza creare un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente e che non modifichino il numero delle unità immobiliari, la sagoma, i prospetti o le superfici, potranno essere effettuati con la sola denuncia d'inizio attività mentre in ogni altro caso il ricorso alla denuncia inizio attività ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, comma 3, costituisce una scelta alternativa dell'interessato. A proposito della destinazione d'uso occorre ricordare che essa individua l'utilizzazione al quale l'immobile è destinato e che la disciplina nazionale sulle varie utilizzazioni è fissata con il Decreto 2 aprile del 1968, n. 1444, il quale individua sei zone territoriali e dispone che la zona A) connota le parti del territorio comunale interessate dai agglomerati urbani che rivestono carattere storico artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi,, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi. In base al decreto citato possono individuarsi le seguenti destinazioni:
residenziale, industriale ed assimilabile, commerciale o direzionale. Per maggiori specificazioni occorre rifarsi alla normativa regionale espressamente richiamata dal comma secondo dell'articolo 10. Il mutamento della destinazione d'uso si verifica quando si passa da una categoria funzionalmente autonoma dal punto di vista urbanistico all'altra, mentre si verifica un semplice mutamento d'uso per tutte le utilizzazioni compatibili con la categoria d'appartenenza. Secondo la giurisprudenza di questa corte (cfr. Cass. n. 35177 del 2002) le opere interne e gli interventi di ristrutturazione edilizia, come pure quelli di manutenzione ordinaria o straordinaria, ogni qualvolta comportino mutamento della destinazione d'uso tra categorie d'interventi funzionalmente autonomi dal punto di vista urbanistico e, qualora debbano essere realizzati nei centri storici, anche nel caso in cui comportino mutamento della destinazione d'uso all'interno di una categoria omogenea, come ad esempio quella industriale o residenziale, richiedono il permesso di costruire. Gli stessi interventi di ristrutturazione o manutenzione, comportanti modificazioni della destinazione d'uso nell'ambito di categorie omogenee, qualora siano realizzati fuori del centro storico richiedono solo la denuncia d'inizio attività. Occorre però precisare, per quanto concerne la modificazione della destinazione d'uso, che, secondo un'opinione dottrinaria, la lottizzazione cosiddetta materiale non presuppone necessariamente il compimento di opere su un suolo inedificato, ma può verificarsi anche in occasione di un mutamento della destinazione d'uso di un edificio già esistente, allorché la modificazione della destinazione d'uso si ponga in contrasto con un piano di fabbricazione già approvato e richieda la necessità di nuovi interventi di urbanizzazione. Siffatto orientamento, in passato respinto da questa Corte in base al rilievo che una corretta interpretazione della L. n. 47 del 1985, articolo 18 (ora articolo 30 del Testo Unico cit.) consentiva di intravedere la lottizzazione materiale solo quando fossero modificati i terreni e non gli edifici (Cass. Sez. 3^, 8 maggio del 1991, Ligresti) è stato recentemente recepito da questa sezione proprio con riferimento alla modificazione di un albergo in civili abitazioni allorché ovviamente la modificazione si ponga in contrasto con il piano di lottizzazione (cfr. da ultimo Cass. n. 6990 del 2006). Richiamati i principi vigenti in questa materia si rileva che nella fattispecie non v'è alcun riferimento ad un'eventuale lottizzazione abusiva e che i reati di cui ai capi a) e b) sono stati ritenuti astrattamente configurabili, non per la modificazione della sagoma dell'edificio o per l'aumento delle superfici o dell'unità abitative (per la trasformazione della parti comuni dell'albergo in unità abitative dal provvedimento impugnato emerge che ad integrazione della DIA il ricorrente aveva chiesto il permesso di costruire), ma per la semplice modificazione della destinazione d'uso nell'ambito della categoria residenziale senza tuttavia precisare se l'immobile ricada o no nella zona A) ossia nel centro storico, circostanza rilevante in quanto solo in tali zone la semplice modificazione della destinazione d'uso anche nell'ambito della stessa categoria, è sufficiente a configurare il reato di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, articolo 44, lettera b).
Il ricorrente, con la richiesta di riesame, aveva tra l'altro sostenuto che, aderendo pure all'impostazione del giudice per le indagini preliminari, il reato non era comunque configurabile perché a suo dire l'immobile non ricadeva nel centro storico. Su questo tema è mancata una specifica risposta, giacché il tribunale si è limitato ad affermare che la questione riguardava il merito, invece essa si riferiva alla stessa astratta configurabilità del reato. Anche per quanto riguarda l'astratta configurabilità del reato di cui al capo a) la risposta del tribunale è carente giacché la semplice modificazione della destinazione d'uso di un immobile, specialmente se interviene tra categorie omogenee, non richiede il nulla osta paesaggistico se non altera l'ambiente e se non modifica l'aspetto esteriore dell'edificio. Invero, il D.Lgs. n. 490 del 1999, articolo 151 vigente all'epoca delle opere in questione imponeva il rilascio dell'autorizzazione solo per le modificazioni che recavano pregiudizio all'aspetto esteriore del bene oggetto di protezione. Sia in base alla norma dianzi citata che all'articolo 149 del Codice Urbani (D.Lgs. n. 42 del 2004)l'autorizzazione non è necessaria per gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi o l'aspetto esteriore degli edifici. Si tratta in sostanza degli interventi indicati nel D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, articolo 3, lettere a), b) e c), fatta eccezione per il consolidamento statico che, a seconda dei casi,può essere ricondotto o alla manutenzione ordinaria o al risanamento conservativo. Trattasi in sostanza di interventi che la dottrina riconduce allo ius utendi e non allo ius aedificandi cioè ad attività che mirano a conservare o migliorare la condizione di fruibilità di un immobile quindi non sono espressione della facoltà di costruire, ma di quella di godimento dell'immobile. Di conseguenza, come accennato, la modificazione della destinazione d'uso, se non incide sull'aspetto esteriore dell'edificio e se non altera lo stato dei luoghi(non è soggetta ad autorizzazione paesaggistica.
Alla stregua delle considerazioni svolte l'ordinanza impugnata va annullata con rinvio al tribunale di Savona, il quale dovrà attenersi ai principi dianzi enunciati e mantenere il provvedimento di sequestro se l'immobile ricade nella zona A) ovvero se, a prescindere dalla modificazione della destinazione d'uso, ricorrano comunque le altre condizioni dianzi richiamate: modificazioni non autorizzate del numero delle unità immobiliari, modificazione della sagoma, dei volumi, ecc. Con riguardo al reato di cui al capo a) dovrà accertare se, in relazione alla modificazione delle destinazione d'uso, sia stato o no alterato l'aspetto esteriore dell'edificio.
P.Q.M.
LA CORTE
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Savona. Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2006.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2007