Cass. Sez. III n. 29947 del 29 agosto 2025 (CC 20 giu 2025)
Pres. Ramacci Rel. Corbo Ric. Carillo
Urbanistica.Delibera comunale che dichiara l'esistenza di un interesse pubblico prevalente sulla demolizione

Sottraendo l'opera abusiva alla demolizione prevista dalla legge, la delibera comunale che dichiara l'esistenza di un interesse pubblico prevalente sul ripristino dell'assetto urbanistico violato non può fondarsi su valutazioni di carattere generale o riguardanti genericamente più edifici, ma deve dare conto delle specifiche esigenze che giustificano la scelta di conservazione del singolo manufatto, precisamente individuato


RITENUTO IN FATTO 

1. Con ordinanza del 18 marzo 2025, depositata nella medesima data, il Tribunale di Nola, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha dichiarato inammissibile l'istanza avanzata da Alfonso Carillo al fine di ottenere la revoca o la sospensione dell'ordine di demolizione di un immobile sito in San Giuseppe Vesuviano in origine di proprietà di Antonio Caríllo, disposto con sentenza ,4 irrevocabile di condanna nei confronti di quest'ultimo per i reati di cui agli artt. 44, lett. c), 83, 93 e 95 d.P.R. n. 380 del 2001, e 181 d.lgs. n. 42 del 2004.
Alfonso Carrillo ha dedotto a fondamento della sua istanza che l'immobile è stato acquisito al patrimonio comunale e destinato ad alloggi di edilizia pubblica residenziale, con delibera del Comune di San Giuseppe Vesuviano n. 163 del 2 agosto 2013, in applicazione di quanto previsto dall'art. 1, comma 65, legge reg. Campania n. 5 del 2013.
Il Tribunale, nel dichiarare inammissibile l'istanza, ha premesso che l'immobile in questione è stato acquisito al patrimonio del Comune e che la revoca dell'ordine di demolizione può essere chiesta solo dal Comune e sempre che l'ente locale dimostri la persistenza di interessi pubblici a conservare l'esistenza dell'opera abusivamente realizzata. Ha osservato, poi, che, nel caso in esame, è assente un valido provvedimento del Comune, munito dei requisiti di specificità e concretezza necessari, in forza del quale l'immobile abbia ricevuto una destinazione di pubblica utilità, tale da escludere la demolizione, a norma dell'art. 31, comma 5, d.P.R. n. 380 del 2001, perché la delibera n. 163 del 2013 costituisce mero atto di indirizzo politico-amministrativo, mentre la richiesta dell'ente locale all'istante di un indennizzo per occupazione sine titulo del bene ha la semplice funzione di ristorare l'ente locale per l'ingiustificata fruizione dello stesso.
2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale di Noia indicata in epigrafe Alfonso Carillo, con atto sottoscritto dall'Avv. Francesco Picca, articolando un unico motivo, con il quale si denuncia vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., avendo riguardo alle ragioni addotte a fondamento del rigetto dell'istanza di revoca o sospensione dell'ordine di demolizione.
Si deduce che la dichiarazione di inammissibilità della richiesta di sospensione dell'ordine di demolizione è illegittimamente motivata, perché non apprezza correttamente i provvedimenti adottati dal Comune competente al fine di conservare l'immobile. Si premette che la delibera del Consiglio Comunale di San Giuseppe Vesuviano del 2 agosto 2013, recependo le indicazioni di cui all'art. 1, comma 65, legge reg. Campania n. 5 del 2013, ha disposto la destinazione degli immobili abusivi ad alloggi sociali e che la determina dirigenziale del 18 maggio 2021 ha concesso all'istante l'utilizzo dell'immobile a fronte del pagamento di un indennizzo, con previsione, per il caso di inadempimento, di un'ordinanza di sgombero e non già di demolizione, nonché con precisazione della temporaneità dell'occupazione in attesa della demolizione o della dichiarazione di interesse pubblico del manufatto. Si osserva che, con detti provvedimenti, il Comune ha manifestato l'interesse giuridicamente tutelato alla conservazione dell'immobile.
Si precisa che tale interesse non può ritenersi escluso sulla base della nota n. 4923 del 5 febbraio 2025, richiamata nell'ordinanza impugnata, perché questa nota ha escluso l'esistenza di una specifica delibera consiliare dichiarativa della pubblica utilità del fabbricato, ma non certo la pendenza di una procedura finalizzata all'adozione di un atto di tale tipo. Si segnala che l'interesse alla conservazione dell'immobile da parte del Comune è evidenziato anche nella nota appena citata, laddove la stessa dà atto dell'avvenuto pagamento dell'indennizzo di occupazione per gli anni 2022, 2023, 2024 e 2025, e trova ulteriore conferma nella richiesta del Comune all'istante dell'esistenza di documentazione attestante la verifica sismica dell'immobile e la regolarità degli impianti termici, elettrici e idraulici. Si conclude che le situazioni di fatto prospettate, evidenziando la volontà dell'ente locale di destinare l'immobile a finalità di pubblica utilità, rendevano necessario, per il Giudice adito, sospendere l'esecuzione dell'ordine di demolizione e accertare la pendenza del procedimento amministrativo finalizzato all'adozione della delibera "conservativa" prevista dall'art. 31, comma 5, d.P.R. n. 380 del 2001, in quanto l'interessato ha provveduto ad adempiere l'onere di allegazione su di lui gravante (si cita, per evidenziare come sull'istante gravi un onere di allegazione, ma non di prova, Sez. 3, n. 16991 del 02/05/2022).


CONSIDERATO IN DIRITTO 

1. Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito precisate.
2. Risolutivo, ai fini della inammissibilità del ricorso, è già solo il difetto di interesse e di legittimazione dell'attuale ricorrente, derivante dal fatto che egli non è proprietario dell'immobile, e nemmeno titolare di altro diritto sul bene.
Invero, come già affermato in giurisprudenza, il proprietario di un immobile abusivo, destinatario dell'ordine di demolizione, non ha interesse a far valere, per mezzo di incidente di esecuzione, l'applicabilità dell'art. 1, comma 65, della legge Regione Campania n. 5 del 2013 - secondo cui gli immobili acquisiti al patrimonio dei comuni possono essere destinati prioritariamente ad alloggi di edilizia residenziale pubblica, di edilizia residenziale sociale, anche con l'assegnazione in locazione degli immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo, o a programmi di dismissione immobiliare - in quanto tale norma presuppone che egli abbia perso la titolarità del manufatto, ormai acquisito al patrimonio comunale (Sez. 3, n.
49416 del 12/09/2019, Durazzo, Rv. 278260 - 01).
Del resto, più in generale, ma nella stessa identica prospettiva, si è rilevato che, in tema di reati edilizi, l'acquisizione al patrimonio del Comune dell'immobile abusivo fa cessare l'interesse alla revoca o alla sospensione dell'ordine di 3 demolizione in capo al responsabile dell'illecito (così Sez. 3, n. 35203 del 18/06/2019, Centioni, Rv. 277550 - 01, la quale ha precisato che il precedente proprietario del bene, a seguito del provvedimento acquisitivo, deve ritenersi terzo estraneo alle vicende giuridiche dell'immobile; cfr., in termini analoghi, Sez. 3, n.
45432 del 25/05/2016, Ligorio, Rv. 268133 - 01).
E, nella specie, non vi è alcuna obiezione nel ricorso circa il trasferimento della proprietà dell'immobile da demolire al patrimonio del Comune sul cui territorio il medesimo bene insiste, il Comune di San Giuseppe Vesuviano, perché, anzi, le deduzioni formulate nel ricorso presuppongono proprio che il precisato trasferimento sia avvenuto.
3. Per completezza, deve aggiungersi che manifestamente infondate sono le censure formulate nel ricorso, le quali deducono che, nella specie, la demolizione non potrebbe essere eseguita, a norma dell'art. 31, comma 5, d.P.R. n. 380 del 2001, perché sarebbe stata adottata una deliberazione del Consiglio Comunale che dichiara l'esistenza di prevalenti interessi pubblici, in recezione delle indicazioni fissate dall'art. 1, comma 65, della legge Regione Campania n. 5 del 2013.
Come già precisato in giurisprudenza, sottraendo l'opera abusiva alla demolizione prevista dalla legge, la delibera comunale che dichiara l'esistenza di un interesse pubblico prevalente sul ripristino dell'assetto urbanistico violato non può fondarsi su valutazioni di carattere generale o riguardanti genericamente più edifici, ma deve dare conto delle specifiche esigenze che giustificano la scelta di conservazione del singolo manufatto, precisamente individuato (cfr. Sez. 3, n. 30170 del 24/05/2017, Barbuti, Rv. 270253 - 01, nonché, tra le non massimate, Sez. 3, n. 26507 del 15/03/2023, De Simone, e Sez. 3, n. 38749 del 09/07/2018, Fusco, entrambe relative a fattispecie in cui era invocata l'applicazione della disciplina di cui all'art. 1, comma 65, della legge Regione Campania n. 5 del 2013).
Ciò posto, nella specie, l'ordinanza impugnata ha correttamente evidenziato l'assenza di un valido provvedimento, munito di requisiti di specificità e concretezza, che abbia destinato l'immobile oggetto dell'ordine di demolizione di cui si discute ad housing sociale. In proposito, infatti, ha evidenziato che: a) l'attestazione redatta dai responsabili dell'ufficio tecnico del Comune di San Giuseppe Vesuviano, contenuta nella nota n. 4923 di prot. del 05.02.2025, certifica la mancata adozione di una delibera consiliare in tal senso; b) la delibera del Consiglio comunale di San Giuseppe Vesuviano del 2 agosto 2013, n. 163, richiamata nel ricorso, costituisce esclusivamente un atto di indirizzo politico- amministrativo, siccome privo dei caratteri di specificità, concretezza e determinatezza; c) la richiesta di indennizzo avanzata dal Comune nei confronti dell'attuale ricorrente, come espressamente precisato nella nota che la contiene7 /k 4 (atto n. prot. 19014/21 del 18 maggio 2021), trova la propria esclusiva ragion d'essere nella legittima esigenza dell'ente pubblico proprietario di beneficiare di una somma a titolo di ristoro per l'ingiustificata fruizione dell'immobile da parte del privato. Né, con riferimento a questo profilo, il ricorso denuncia e documenta travisamento della prova con riferimento agli atti amministrativi appena indicati.
4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento a favore della cassa delle ammende, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 20/06/2025.