Cass. Sez. III n. 51058 del 9 novembre 2018 (Cc 9 ott. 2018)
Pres. Ramacci Est. Ramacci Ric. Apuzzo
Urbanistica.Demolizione e individuazione della corrispondenza tra l’immobile da demolire e quello descritto nella sentenza
Ciò che rileva ai fini della individuazione della corrispondenza tra l’immobile da demolire e quello descritto nella sentenza, è l’identità tra le opere oggetto di imputazione e quelle da abbattere, desumibile non soltanto dalla volumetria, soggetta a diversi criteri di computo, ma dalla sostanziale coincidenza ricavabile in base a tutti gli elementi disponibili.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Napoli, quale giudice dell'esecuzione nel procedimento relativo a Lucia APUZZO, con ordinanza del 26 aprile 2018 ha revocato l'ordine demolizione di un manufatto abusivo impartito con sentenza di condanna.
Il giudice, considerando che, dalle verifiche effettuate dopo il passaggio in giudicato della sentenza da parte di un consulente tecnico del pubblico ministero, sarebbe emerso che la volumetria dell'immobile da demolire era da determinarsi non già in m. 1 x 7,50, come indicato nel capo di imputazione, bensì in m. 1 x 10,50 e, tenendo conto del fatto che non vi sarebbe stata corrispondenza tra quanto descritto e la contestazione di cui alla sentenza, ha affermato la nullità dell'ingiunzione demolitiva.
Ha aggiunto che la fattispecie avrebbe potuto, al più, essere oltremodo approfondita sotto il profilo di eventuali accertamenti ulteriori rispetto alla statuizione in questione, ma che, allo stato, in presenza, cioè, di un'anomalia rappresentata dalla non corrispondenza tra imputazione e accertamento del consulente tecnico, non può evitarsi la revoca dell'ordine di demolizione.
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2. Con un unico motivo di ricorso deduce la mancanza contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, osservando che giudice dell'esecuzione avrebbe dovuto argomentare il giudizio sulla difformità volumetrica e non avrebbe potuto sorreggere la decisione sul mero richiamo alla necessità di ulteriori accertamenti, considerando che l'eventuale incertezza avrebbe potuto essere comunque rimossa da lui stesso attraverso l'espletamento di ulteriori e successive verifiche nell'esercizio del relativo potere-dovere riconosciutogli dall'ordinamento.
Aggiunge che, con la revoca dell'ordine di demolizione e non già dell'ingiunzione a demolire avrebbe, comunque, determinato l'impossibilità di ogni successiva verifica.
Rileva, inoltre, che le osservazioni del consulente tecnico riguardano fatti e circostanze dei quali lo stesso consulente non potrebbe avere alcuna cognizione, limitandosi il mandato conferitogli alla verifica conformità delle opere alla sentenza di condanna.
Insiste pertanto per l'accoglimento del ricorso.
Il Procuratore Generale in sede, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Il giudice dell’esecuzione, pur dando atto della necessità di ulteriori verifiche sulla consistenza del manufatto da abbattere, ha revocato l’ordine di demolizione sulla base del fatto che il consulente del pubblico ministero avrebbe affermato che le opere non avrebbero subito trasformazioni rispetto all’accertamento originario.
Tale affermazione, oltre a non specificare le ragioni per le quali il tecnico incaricato sarebbe pervenuto ad una tale conclusione, risulta obiettivamente contraddittoria, come denunciato dal pubblico ministero ricorrente, in quanto lo stesso giudice dell’esecuzione avrebbe potuto provvedere agli accertamenti ritenuti necessari.
Va peraltro osservato che, trattandosi di calcolo della volumetria di un fabbricato, andrebbe considerato anche che lo stesso può essere soggetto a criteri diversi (si pensi, ad esempio, al computo o meno, dei volumi tecnici, all’individuazione delle quote di riferimento per il calcolo, ai corpi sporgenti, alle indicazioni degli strumenti urbanistici), sicché una eventuale verifica non potrebbe prescindere dal considerare l’identità o meno della metodologia di computo dei volumi nell’effettuazione delle misurazioni.
Un ulteriore aspetto, non meno significativo, riguarda, in particolare, le modalità del primo accertamento, cui il provvedimento impugnato si riferisce, atteso che, di regola, se nel corso delle indagini preliminari non viene disposta una consulenza tecnica, le dimensioni del fabbricato sono individuate dalla polizia giudiziaria che ha proceduto all’accertamento, con o senza l’ausilio del tecnico comunale, in maniera sommaria, avendo rilievo ai soli fini della corretta individuazione del manufatto abusivo, effettuata anche con riferimento ad altri elementi (descrizione, indicazione delle singole superfici, modalità costruttive, indicazione dei materiali, dati catastali etc.).
3. Ciò che rileva, dunque, ai fini della individuazione della corrispondenza tra l’immobile da demolire e quello descritto nella sentenza, è l’identità tra le opere oggetto di imputazione e quelle da abbattere, desumibile non soltanto dalla volumetria, soggetta a diversi criteri di computo, ma dalla sostanziale coincidenza ricavabile in base a tutti gli elementi disponibili.
4. La necessità di una simile verifica, peraltro, va esclusa in tutti i casi di aggiunte, modifiche e superfetazioni successive alla realizzazione delle opere per le quali vi è stata condanna definitiva, avendo questa Corte ripetutamente affermato che la demolizione ordinata dal giudice non riguarda soltanto l’immobile oggetto del procedimento che ha dato vita al titolo esecutivo, ma anche ogni altro intervento eseguito successivamente che, per la sua accessorietà all'opera abusiva, renda ineseguibile l'ordine medesimo, non potendo consentirsi che un qualunque intervento additivo, abusivamente realizzato, possa in qualche modo ostacolare l'integrale attuazione dell'ordine giudiziale di demolizione dell'opera cui accede e, quindi, impedire la completa restitutio in integrum dello stato dei luoghi disposta dal giudice con sentenza definitiva, poiché, se così non fosse, si finirebbe per incentivare le più diverse forme di abusivismo, funzionali ad impedire o a ritardare a tempo indefinito la demolizione di opere in precedenza illegalmente realizzate (Sez. 3, n. 6049 del 27/09/2016 (dep. 2017), Molinari, Rv. 268831; Sez. 3, n. 38947 del 09/07/2013, Amore, Rv. 256431; Sez. 3, n. 21797 del 27/4/2011, Apuzzo, Rv. 250389; Sez. 3, n. 2872 del 11/12/2008 (dep. 2009), P.M. in proc. Corimbi, Rv. 242163; Sez. 3, n. 13649 del 20/2/2002, Corbi, Rv. 221449; Sez. 3, n. 10248 del 18/1/2001, Vitrani, Rv. 218961).
5. L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio al Tribunale di Napoli.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al tribunale di Napoli.
Così deciso in data 9/10/2018