TAR Lombardia (BS) Sez. I n. 285 del 23 marzo 2021     
Urbanistica.Termini di avvio e conclusione dei lavori    

In base all’articolo 15, comma 2, del Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. n. 380/2001) “La proroga può essere accordata, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso, oppure in considerazione della mole dell'opera da realizzare, delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, o di difficoltà tecnico-esecutive emerse successivamente all'inizio dei lavori, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari”. La norma rappresenta una deroga alla disciplina generale dei termini di avvio e di conclusione dei lavori autorizzati di cui all’art. 15 D.P.R. n. 38072001, finalizzata (la disciplina generale) ad evitare che una edificazione autorizzata nel vigore di un determinato regime urbanistico venga realizzata quando il mutato regime non lo consente più. Per tale motivo, la deroga prevista dal comma 2 dell’art. 15 va interpretata in senso restrittivo in modo da limitare le proroghe a casi che oggettivamente non dipendono dalla volontà del titolare del permesso di costruire.


Pubblicato il 23/03/2021

N. 00285/2021 REG.PROV.COLL.

N. 01249/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1249 del 2016, proposto da
Zanetti Roberto, rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Luppi, con domicilio eletto presso il suo studio in Brescia, via Solferino 10;

contro

Comune di Tremosine sul Garda, non costituito in giudizio;

nei confronti

Impresa Edile Zanetti, non costituita in giudizio;

per l'annullamento

- dell'ordinanza di demolizione e ripristino emessa dal Comune di Tremosine sul Garda in data 24.8.2016, R.O. n 33/2016, “per opere abusive realizzate in località Selva in Comune di Tremosine sul Garda sull'edificio identificato catastalmente ai mappali n 4470 foglio 34”;

- nonché, ove occorra, della comunicazione di avvio del procedimento, con controdeduzioni alle osservazioni presentate, provvedimento 0006134 del 4/8/2016;

- e di ogni provvedimento presupposto, consequenziale e connesso;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza di merito del giorno 10 marzo 2021, svoltasi da remoto senza discussione orale, ex art. 25, II comma, del d.l. 28 ottobre 2020 n. 137, il dott. Ariberto Sabino Limongelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il ricorrente è proprietario di un terreno nel Comune di Tremosine sul Garda, identificato catastalmente al mappale n. 4470 foglio 34. L’immobile è incluso, come del resto l’intero territorio di Tremosine, nel Parco Alto Garda Bresciano e nella Zona di Protezione Speciale Alto Garda Bresciano, e in quanto tale è sottoposto per legge a vincolo paesaggistico ex art. 142 lett. f) d.lgs. 42/2004.

2. In data 6 luglio 2007, il medesimo otteneva dal Comune di Tremosine, previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica n. 81 del 12 dicembre 2016 da parte dello stesso Comune (in regime di subdelega), il permesso di costruire n. 55/2007 per la realizzazione di un deposito agricolo con annessa tettoia, in sostituzione e variante di un precedente progetto già assentito dall’amministrazione comunale nel 1995, 1999, 2001 e 2003, ma mai effettivamente realizzato.

3. In occasione di un sopralluogo svolto il 7 aprile 2016 da personale dell’Ufficio Tecnico comunale e del Corpo Forestale dello Stato, si accertava (anche con l’ausilio di documentazione fotografica) l’avvenuta realizzazione di numerose opere eseguite in difformità dal titolo edilizio e dall’autorizzazione paesaggistica, così descritte nel relativo verbale (con riferimenti puntuali alla documentazione fotografica allegata):

“1) realizzazione di tettoia in legno sostenuta da pilastri in legno con copertura in lamiera, eseguita in difformità rispetto al provvedimento autorizzato e più precisamente: (FOTO N° 1-2-3-4-5)

- aumento della superficie coperta di circa 15 mq mediante ampliamento della tettoia sui vari fronti e mediante prolungamento della falda nel prospetto sud-est;

- maggiore altezza in colmo della copertura la quale misura circa mt 4,10 in luogo di mt 3,10 autorizzati;

- diversa distribuzione dei pilastri di sostegno in legno e sostituzione della struttura portante costituita da capriate in legno in luogo di tetto semplice a capanna;

- aumento della sezione del tetto mediante realizzazione di tetto ventilato;

- differente materiale di copertura ora in lamiera preverniciata in luogo di manto di copertura in coppi;

2) mancato interramento del deposito attrezzi sul prospetto verso valle –nord-ovest e prospetto nord-est (FOTO N° 6-7-8);

3) realizzazione in difformità delle aperture del deposito attrezzi, aventi dimensioni pari a mt 0,70 x mt 1,20 in luogo di mt 1,00 x mt 0,80 (FOTO N°9);

4) realizzazione, a lato del deposito prospetto nord-ovest, di muratura in cemento armato avente altezza media mt 1,00 e lunghezza mt 19,50 (FOTO N° 10-11);

5) diversa conformazione della muratura di contenimento in sassi ubicata in lato nord-ovest con realizzazione di scala esterna di collegamento tra il piano deposito attrezzi e il livello della tettoia (FOTO N° 12-13-14-15);

6) mancato rivestimento in pietra della muratura esterna del deposito attrezzi (FOTO N° 6-7-8)”.

4. Alla luce di quanto accertato, il Comune avviava il procedimento di repressione dell’abuso edilizio e paesaggistico con atto dell’8 giugno 2016.

5. In data 29 luglio 2016 il tecnico di fiducia dell’interessato presentava osservazioni, nelle quali riconosceva preliminarmente che il signor Zanetti, “per dimenticanza”, aveva lasciato scadere il permesso di costruire n. 55/2007, in tal modo precludendosi, a causa della decadenza del titolo edilizio, “la possibilità di ottemperare alle prescrizioni delle singole autorizzazioni”; nel merito delle contestazioni formulate nella relazione di sopralluogo, il tecnico riconosceva l’esistenza delle difformità accertate dall’amministrazione, svolgendo peraltro articolate deduzioni su ciascuna di esse, in parte illustrando le ragioni per le quali si era preferito, in sede esecutiva, realizzare l’intervento secondo modalità in parte diverse da quelle assentite, in parte cercando di depotenziare la rilevanza giuridica delle difformità riscontrate, in ragione del carattere asseritamente contenuto delle stesse, comunque non comportanti, secondo il deducente, aumenti di volumi e di superfici.

6. Con ordinanza n. 33/2016 del 24 agosto 2016, notificata a mezzo posta in data 9 settembre 2016, il Comune di Tremosine, premesse tutte le circostanze di cui sopra e ritenendo non accoglibili le osservazioni formulate dall’interessato, ordinava a quest’ultimo, in solido con l’impresa esecutrice dei lavori, di provvedere entro 90 giorni dalla notifica del provvedimento alla demolizione delle opere eseguite in difformità e alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi, preavvisando l’interessato che, in caso di inottemperanza, i beni e l’area di sedime sarebbero stati acquisiti di diritto al patrimonio del Comune, che avrebbe proceduto d’ufficio alla demolizione dei manufatti abusivi, a spese della proprietà.

7. Con ricorso notificato il 26 ottobre 2016 e ritualmente depositato, l’interessato impugnava il predetto provvedimento dinanzi a questo TAR e ne chiedeva l’annullamento sulla base di quattro motivi, con i quali deduceva vizi di violazione di legge e di eccesso di potere sotto plurimi profili.

8. Il Comune di Tremosine, ritualmente intimato, non si costituiva.

9. All’udienza pubblica del 10 marzo 2021, in prossimità della quale la difesa di parte ricorrente depositava una memoria conclusiva (confermando la persistenza dell’interesse alla decisione del ricorso e, per il resto, riepilogando le censure di cui all’atto introduttivo), la causa era trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato sotto tutti i profili dedotti a va respinto.

1. Con il primo motivo, il ricorrente ha lamentato che il Comune avrebbe eseguito il sopralluogo e contestato la sussistenza delle asserite difformità allorchè titolo edilizio era ancora efficace – essendo stato prorogato per silenzio-assenso fino al 4 maggio 2014 a fronte dell’istanza presentata dall’interessato il 4 maggio 2011, e poi ancora fino al 4 maggio 2016 per effetto del proroga biennale di cui all’art. 30 comma 3 d.l. n. 69/2013 - di modo che, alla data del sopralluogo, il ricorrente sarebbe stato ancora nei termini per completare l’intervento edilizio in senso conforme al progetto assentito dall’amministrazione.

La censura è infondata.

1.1. Il permesso di costruire n. 55/2007 è stato rilasciato in data 6 luglio 2007, con termine di efficacia di 36 mesi dalla data di inizio dei lavori. I lavori sono iniziati in data 26 maggio 2008, per cui il titolo edilizio è scaduto il 26 maggio 2011. Non risulta che l’amministrazione abbia concesso un proroga. Risulta soltanto che il ricorrente ha richiesto la proroga in data 31 marzo 2011 e che l’amministrazione ha avviato il relativo procedimento.

1.2. In base all’articolo 15, comma 2, del Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. n. 380/2001) “La proroga può essere accordata, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso, oppure in considerazione della mole dell'opera da realizzare, delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, o di difficoltà tecnico-esecutive emerse successivamente all'inizio dei lavori, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari”.

1.3. La norma rappresenta una deroga alla disciplina generale dei termini di avvio e di conclusione dei lavori autorizzati di cui all’art. 15 D.P.R. n. 38072001, finalizzata (la disciplina generale) ad evitare che una edificazione autorizzata nel vigore di un determinato regime urbanistico venga realizzata quando il mutato regime non lo consente più. Per tale motivo, la deroga prevista dal comma 2 dell’art. 15 va interpretata in senso restrittivo in modo da limitare le proroghe a casi che oggettivamente non dipendono dalla volontà del titolare del permesso di costruire.

1.4. La proroga è quindi disposta con provvedimento motivato sulla scorta di una valutazione ampiamente discrezionale dell’amministrazione in ordine alle cause del ritardo e alla non imputabilità di quest’ultimo all’interessato.

1.5. Venendo in considerazione un atto dal contenuto prettamente discrezionale, non è configurabile un suo perfezionamento per silenzio-assenso, secondo noti principi.

2. Con il secondo motivo il ricorrente, richiamando le articolate osservazioni presentate in sede procedimentale dal proprio tecnico, ha dedotto vizi di eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, in particolare sostenendo l’irrilevanza a fini edilizi delle difformità riscontrate dall’amministrazione, trattandosi di difformità di lieve entità (quanto all’altezza del fabbricato e alla maggiore sezione del tetto), rientranti nel margine di tolleranza del 2% di cui all’art. 34 D.P.R. 380/2001, o comunque di difformità giustificate da specifiche e ragionevoli ragioni tecniche (quanto alla diversa distribuzione dei pilastri), ovvero causate dalla interruzione dei lavori imposta illegittimamente dall’amministrazione nonostante la perdurante vigenza del titolo edilizio (quanto al mancato completamento dell’interramento di un lato del deposito, al mancato rivestimento di un muro, alla realizzazione di un muro non previsto in cemento armato, alla mancata copertura in coppi del tetto).

La censura, osserva il Collegio, è infondata.

2.1. E’ pacifico, alla luce delle stesse deduzioni del tecnico di parte ricorrente, che l’intervento è stato eseguito in difformità dal permesso di costruire e dall’autorizzazione paesaggistica.

2.2. Venendo in considerazione un ambito sottoposto a vincolo paesaggistico, l’intervento eseguito in difformità dall’autorizzazione paesaggistica deve essere sempre sanzionato con la demolizione e la riduzione in pristino, alla luce di quanto previsto, con prescrizione cogente, dall’art. 167 comma 1 d. lgs. 42/2004, secondo cui “In caso di violazione degli obblighi e degli ordini previsti dal Titolo I della Parte terza, il trasgressore è sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese (…)”.

2.3. Resta salva la facoltà dell’intimato di richiedere l’accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento abusivo, in presenza dei presupposti previsti dall’art. 167 comma 4 d. lgs.. 42/2004, ossia in presenza di un intervento che non abbia determinato “creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati”.

2.4. Tale domanda, nel caso di specie, non è stata presentata; e in ogni caso una sua ipotetica presentazione non avrebbe comunque inciso sulla legittimità dell’ordine di riduzione in pristino, che è stato doverosamente adottato dall’amministrazione in ossequio al disposto del citato art. 167 comma 1 d. lgs. 42/2004.

3. Con il terzo motivo, dedotto in via subordinata, il ricorrente ha sostenuto che le opere eseguite in difformità non sarebbero soggette a permesso di costruire, trattandosi di mere opere di “manutenzione ordinaria” o al più di “manutenzione straordinaria”, non soggette ad autorizzazione paesaggistica in quanto di minima entità, non determinanti incrementi di volumetria o di superficie, e come tali paesaggisticamente irrilevanti, e quindi, in definitiva, sanzionabili soltanto in forma pecuniaria e non mediante ordine di demolizione.

Anche tale censura è infondata.

3.1. La circostanza che un intervento edilizio sia stato realizzato in ambito sottoposto a vincolo paesaggistico “in difformità” dall’autorizzazione paesaggistica rende di per sé doveroso l’intervento repressivo e ripristinatorio dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo mediante l’ordine di riduzione in pristino di cui all’art. 167 comma 1 d. lgs. n. 42/2004.

3.2. Qualora poi si tratti di opere minori che non abbiano comportato incrementi volumetrici o aumenti di superficie rispetto a quanto assentito, l’interessato può richiedere l’accertamento postumo della compatibilità paesaggistica di cui al comma 4 dell’art. 167; ma questo, come detto, non inficia la legittimità dell’ordine di rimessione di in pristino di cui al comma 1, ma semplicemente consente di paralizzarne gli effetti in presenza dei presupposti sananti previsti dalla legge.

4. Infine, con il quarto motivo, il ricorrente ha dedotto l’illegittimità del provvedimento impugnato nella parte in cui ha ordinato la demolizione dei lavori descritti anziché imporre l’eliminazione delle sole difformità rilevate.

Anche quest’ultima censura è infondata, dal momento che ciò che l’amministrazione ha ordinato con il provvedimento impugnato è proprio l’eliminazione “dei lavori indicati in premessa”, ossia delle opere eseguite in difformità dal permesso di costruire e dall’autorizzazione paesaggistica, così come rilevate in occasione del sopralluogo del 7 aprile 2016 e puntualmente descritte nel preambolo dell’atto impugnato.

5. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere respinto.

6. Non vi è luogo per provvedere sulle spese di lite, attesa la mancata costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso nella camera di consiglio del giorno 10 marzo 2021, tenutasi mediante collegamento da remoto, ex art. 25, II comma, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, con l'intervento dei signori magistrati:

Angelo Gabbricci, Presidente

Ariberto Sabino Limongelli, Consigliere, Estensore

Alessandra Tagliasacchi, Primo Referendario