Cass. Sez. III n. 11133 del 23 marzo 2021 (CC 4 mar 2021)
Pres. Izzo Est. Di Stasi Ric. Lo Cicero
Urbanistica.Demolizione immobile abusivo e acquisizione al patrimonio comunale

L'effetto traslativo dell'opera edilizia realizzata abusivamente al patrimonio comunale, previsto dall'art. 31, comma quarto, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (ed in precedenza dall’omologa disposizione di cui all'art. 7 della Legge 28 febbraio 1985, n. 47), consegue ope legis in caso di inottemperanza all'ingiunzione a demolire e non costituisce impedimento tecnico-giuridico alla possibilità di eseguire l'ordine di demolizione, in quanto il trasferimento dell'immobile nella disponibilità dell'ente locale è esclusivamente preordinato ad una sua più agevole demolizione - il cui onere economico va posto in ogni caso a carico dei responsabili dell'abuso edilizio - e non invece ad incrementare il patrimonio dell'ente locale con opere che contrastano con l'assetto urbanistico del territorio

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 05/03/2020, la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del 03/06/2019 del Tribunale di Palermo – con la quale Lo Cicero Nicolò era stato dichiarato responsabile dei reati di cui agli artt. 44 lettc), 64 e 71, 65 e 95, 93 e 95, dpr n.380/2001 e 181 dlgs 42/2004 e condannato alla relativa pena- riduceva la pena inflitta all’imputato a mesi tre di arresto ed euro 19.000,00 di ammenda.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Lo Cicero Nicolò, a mezzo del difensore di fiducia, articolando un unico motivo, con il quale lamenta che la corte appello, in maniera acritica ed illogica, aveva confermato la subordinazione della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione delle opere abusive, senza considerare le emergenze processuali che comprovavano che l’imputato non aveva la disponibilità giuridica dei beni perchè acquisiti al patrimonio indisponibile del Comune.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.

3. Si è proceduto in camera di consiglio senza l’intervento del Procuratore generale e dei difensori delle parti, in base al disposto dell’art. 23, comma 8 d.l. 137/2020, conv. in l. n. 176/2020.
Il Procuratore generale ha depositato richieste scritte.
Il difensore del ricorrente ha depositato memoria difensiva, nella quale ha concluso chiedendo di dichiararsi inammissibile il ricorso e, in accoglimento del motivo di gravame, di annullare il provvedimento impugnato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Va osservato, in premessa, che è pacificamente riconosciuta la possibilità, per il giudice penale, di subordinare l'applicazione della sospensione condizionale alla demolizione delle opere abusive. Tale possibilità, secondo un primo orientamento, confermato anche dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 1 del 10/10/1987 (dep.1988), Bruni, Rv. 177318), non era originariamente ammessa. Tuttavia una successiva pronuncia delle medesime Sezioni Unite (Sez. U, n. 714 del 20/11/1996 (dep. 1997), Luongo, Rv. 206659) ha fornito un condivisibile indirizzo interpretativo, ammettendo la legittimità della sospensione condizionale subordinata alla demolizione che appare, peraltro, giustificata dalla circostanza che la presenza sul territorio di un manufatto abusivo rappresenta, indiscutibilmente, una conseguenza dannosa o pericolosa del reato, da eliminare (cfr. Sez. 3, n. 32351 del 1/7/2015, Giglia e altro, Rv. 264252; Sez. 3, n. 3685 del 11/12/2013 (dep.2014), Russo, Rv. 258517; Sez. 3, n. 28356 del 21/5/2013, Farina Rv. 255466; Sez. 3, n. 38071 del 19/9/2007, Terminiello, Rv. 237825; Sez. 3, n. 18304 del 17/1/2003, Guido, Rv. 22471; Sez. 3, n. 4086 del 17/12/1999 (dep. 2000), Pagano, Rv. 216444).
2. Va, poi, ricordato che l'effetto traslativo dell'opera edilizia realizzata abusivamente al patrimonio comunale, previsto dall'art. 31, comma quarto, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (ed in precedenza dall’omologa disposizione di cui all'art. 7 della Legge 28 febbraio 1985, n. 47), consegue ope legis in caso di inottemperanza all'ingiunzione a demolire e non costituisce impedimento tecnico-giuridico alla possibilità di eseguire l'ordine di demolizione, in quanto il trasferimento dell'immobile nella disponibilità dell'ente locale è esclusivamente preordinato ad una sua più agevole demolizione - il cui onere economico va posto in ogni caso a carico dei responsabili dell'abuso edilizio - e non invece ad incrementare il patrimonio dell'ente locale con opere che contrastano con l'assetto urbanistico del territorio (Sez.3, n.49397 del 16/11/200, Rv.230652).
Il soggetto condannato resta, quindi, il destinatario dell'ordine di demolizione, con conseguente onere da parte del medesimo di dare esecuzione, nelle forme di rito, al predetto ordine di demolizione a propria cure e spese (cfr. ex multis, Sez.3, n.45703 del 26/10/2011,Rv.251319; Sez. 3 n.43294 del 29.9.2005, Rv. 232646; Sez. 3 n.37120 dell'11.5.2005 Rv. 232174).
L’ordine di demolizione opera, pertanto, anche in caso di intervenuta acquisizione dell'immobile al patrimonio comunale posto che, sino a quando non sia intervenuta una delibera dell'ente locale che dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici al mantenimento delle opere abusive - ipotesi nella specie non verificatasi -, è sempre possibile per il condannato chiedere al Comune stesso l'autorizzazione a procedere alla demolizione a propria cura e spese. (Sez. 3 n.7399 del 13/11/2019, dep.25/02/2020, Rv.278090 – 01;Sez.3, n.39471 del 18/07/2017,Rv.272502 – 01; Sez. 3, n. 26149 del 9/6/2005, Barbadoro, Rv. 231941; Sez. 3, n. 37120 del 8/7/2003, Bommarito ed altro, Rv. 226321).
3. Tanto premesso, nella specie, la Corte territoriale, facendo buon governo dei suesposti principi di diritto, ha correttamente ritenuto irrilevante il trasferimento dell’immobile nella disponibilità dell’ente locale, in quanto esclusivamente preordinato ad una sua più agevole demolizione, con onere economico a carico dei responsabili dell’abuso edilizio.
La doglianza difensiva, che deduce l’impossibilità di procedere alla demolizione perché il manufatto abusivo è stato acquisito al patrimonio indisponibile del Comune, meramente ripropositiva di questione già adeguatamente vagliata dai Giudici di merito, è, dunque, manifestamente infondata.
4. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
5. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 04/03/2021