Commento a Corte Costituzionale n. 64/2013 in materia di costruzioni in zona sismica

di MASSIMO GRISANTI

 

Con la sentenza in commento non è stato aggiunto niente di quanto gli esperti della materia già sapevano. Anzi, può addirittura montare l’indignazione.

 

In ragione della ricostruzione storica operata dal Giudice Mattarella in merito alla normativa in zone sismiche vi è solo da meravigliarsi come i Procuratori della Repubblica dei capoluoghi di regione, fino ad oggi, non abbiano provveduto ex officio ad aprire procedimenti penali contro gli Organi delle Regioni che, ad ogni piè sospinto, continuano a provare ad impadronirsi della materia con l’evidente fine di privatizzare la pubblica incolumità e così sollevare le strutture regionali tecniche (i cui dirigenti riscuotono lautissimi stipendi) dalle responsabilità loro attribuite dalla legge dello Stato in ordine alla tutela delle persone e delle cose contro i fattori di rischio.

L’inerzia dei Procuratori reca ragionevoli dubbi circa l’indipendenza del potere giudiziario da quello legislativo e da quello amministrativo.

Peraltro, non risulta che nemmeno i Giudici abbiano obbligato i Procuratori ad aprire coattivamente siffatti procedimenti.

 

Vi sarebbe perfino da ipotizzare che l’iscrizione sul registro degli indagati dei vari Presidenti degli Organi regionali (il dott. Vasco Errani, capofila delle Regioni, è da molto tempo che è a conoscenza del problema come dimostrano le carte pubbliche dei lavori della Conferenza Stato-Regioni all’indomani del terremoto dell’Aquila), da parte dei Procuratori della Repubblica, sarebbe atto dovuto in quanto sono configurabili:

  • tanto l’attentato al riparto delle competenze legislative e regolamentari operato dalla Costituzione, in ragione della voluta insistenza nel riproporre normative contrastanti con quelle statali;

  • quanto l’attentato alla salute e pubblica incolumità, visto che è lo stesso Presidente del Consiglio dei Ministri che, nel ricorso 18 giugno 2012, n. 95 depositato il 18/6/2012 alla cancelleria della Consulta, per bocca dell’Avvocatura dello Stato ha dichiarato che “… solo l'intervento di un'Amministrazione pubblica, che vigila e controlla quanto rappresentato dai privati, può fornire idonee garanzie sull'effettiva tutela di interessi pubblici di fondamentale importanza quali la sicurezza …”.

 

Pertanto, a meri fini informativi, è bene che coloro i quali siano stati danneggiati da fenomeni sismici sappiano che le disgrazie loro accadute, visto che i terremoti sono fenomeni naturali e quindi il rischio è prevedibile, sono una sommatoria di varie negligenze, non ultima quella del Sistema Giudiziario che non ha fin qui assicurato la tutela delle persone e, quindi, ha omesso di applicare la Costituzione.

E’ lo Stato che vuole l’aggravamento dei danni da terremoto.

 

Vi è da auspicarsi che, nonostante la Regione Liguria avesse avanzato istanza di rinvio della discussione del ricorso n. 95/2012, accolta dal Presidente della Corte Costituzionale previo parere favorevole dell’avvocatura statale, il ricorso venga discusso e si arrivi a sentenza in quanto, ai sensi dell’art. 2 del D.P.R. n° 380/2001, “… le disposizioni, anche di dettaglio, del presente testo unico, attuative dei principi di riordino in esso contenuti, operano direttamente nei riguardi delle regioni a statuto ordinario, fino a quando esse non si adeguano ai principi medesimi.”.

E’ evidente, quindi, che l’Avvocatura dello Stato, allorquando si verte sui principi e sulle norme regolamentari del Testo Unico dell’Edilizia, NON può giammai essere d’accordo con le Regioni ad interrompere un ricorso di legittimità costituzionale promosso innanzi alla Corte Costituzionale, in quanto il giudizio è indispensabile per comprendere se gli atti amministrativi adottati, ed eseguiti medio tempore, sono tamquam non essent, dal momento che in caso di accertata illegittimità costituzionale della norma regionale impugnata la Corte implicitamente dichiara, altresì e per effetto dell’art. 2 del T.U.E., che le disposizioni statali contenute nel D.P.R. n° 380/2001 non sono mai cessate di essere efficaci.

 

Lo scrivente è dell’avviso, quindi, che allorquando le Regioni vogliano procedere ad esercitare la loro potestà legislativa e regolamentare riguardo al Testo Unico dell’Edilizia devono provvedere a perseguire ed ottenere una c.d. intesa forte con lo Stato, e ciò al fine di evitare – ribadisco – che a seguito di un’eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale si vengano ad inficiare irrimediabilmente anche gli effetti degli atti amministrativi adottati medio tempore in forza di una norma regionale accertata essere NON adeguata ai principi del T.U.E.

 

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Una considerazione finale.

Lo scrivente ritiene che la sentenza n. 64/2013 sia lacunosa, ed in parte contraddittoria, rispetto alla sentenza n. 182/2006.

Per meglio far comprendere il mio pensiero, vengo a riportare il passo d’interesse della sentenza n. 182/2006 della Consulta:

“Anche la questione di legittimità costituzionale sollevata nei confronti dell'art. 105, comma 3, della legge della Regione Toscana n. 1 del 2005, è fondata.

Dispone questa norma che, per gli interventi in zona sismica, deve semplicemente darsi preavviso scritto alla struttura regionale competente, allegando il progetto dell'opera, una relazione tecnica e una relazione sulla fondazione (commi 1 e 2), senza che, per iniziare i lavori, sia necessaria l'autorizzazione della struttura regionale, salva la possibilità di controlli a campione da parte delle individuate strutture regionali (art. 110).

E' bensì vero che già a partire dalla legge della Regione Toscana 6 dicembre 1982, n. 88 (Ulteriori norme per l'accelerazione delle procedure per l'esecuzione di opere pubbliche), operava nella Regione l'istituto della denuncia di inizio dell'attività (art. 2), in attuazione dell'art. 20 della legge 10 dicembre 1981, n. 741 (Ulteriori norme per l'accelerazione delle procedure per l'esecuzione delle opere pubbliche), che in materia di interventi in zona a rischio sismico abilitava le regioni a sostituire il sistema di monitoraggio connesso al regime autorizzatorio, di cui all'art. 18 della legge 2 febbraio 1974, n. 64 (Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche), con “modalità di controllo successivo”.

Questo principio è però venuto meno a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 94 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), il quale prevede l'autorizzazione regionale esplicita. L'intento unificatore della legislazione statale è palesemente orientato ad esigere una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene protetto, che trascende anche l'ambito della disciplina del territorio, per attingere a valori di tutela dell'incolumità pubblica che fanno capo alla materia della protezione civile, in cui ugualmente compete allo Stato la determinazione dei principi fondamentali.

Né costituisce argomento probante, per avallare la tesi della Regione, la circostanza che la legge n. 741 del 1981 non compaia fra quelle abrogate dall'art. 136 del richiamato d.P.R. n. 380 del 2001, dal momento che non se ne fa espressa menzione neppure nell'elenco delle disposizioni di legge mantenute in vigore (art. 137).

L'opzione per una disciplina derogatoria a sistemi di controllo semplificato, ove siano coinvolti interessi primari della collettività, ha ricevuto, infine, conferma dall'art. 3 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 (Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale), convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 14 maggio 2005, n. 80, che generalizzando – a modifica dell'art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 – il regime della denuncia di inizio attività, esclude tuttavia dalla procedura semplificata «gli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla tutela della salute e della pubblica incolumità …».

 

Come risulta per tabulas dalla sentenza n° 182/2006 della Consulta, il deposito-progetto ex art. 93 del D.P.R. n° 380/2001 era stato già considerato dalla Corte come denuncia di inizio attività.

La Consulta, utilizzando le disposizioni del D.L. n° 35/2005 come norma interposta nel giudizio costituzionale, ebbe a statuire che all’indomani del D.L. n° 35/2005 NON è più possibile operare con denuncia di inizio attività (ovverosia con il mero deposito-progetto ex art. 93 del D.P.R. n° 380/2001) in tutte le zone sismiche.

 

Ciò porta inequivocabilmente a ritenere che il D.L. n. 35/2005 abbia implicitamente abrogato l’eccezione all’inizio dei lavori, prevista per le zone a bassa sismicità, contenuta nell’art. 94 del D.P.R. n° 380/2001, rendendo così necessaria ed indefettibile la preventiva autorizzazione sismica, per tutti i tipi di intervento ad eccezione della manutenzione, in tutte le zone sismiche.

Peraltro faccio notare come l’art. 29 della legge n. 241/1990 e ss.mm.ii. attribuisca alla discipline della d.i.a. (oggi s.c.i.a.) e del silenzio assenso la qualifica di livello essenziale prestazionale. Ne consegue che la prescritta impossibilità di avvalersi di mezzi di semplificazione del procedimento amministrativo (vedi artt. 19 e 20 della legge n. 241/1990 e ss.mm.ii.) allorquando si verta in tema di pubblica incolumità conferma ancora una volta – se ce ne fosse stato bisogno – l’implicita abrogazione dell’eccezione al principio fondamentale di munirsi di autorizzazione preventiva espressa rilasciata dall’Ufficio regionale del Genio Civile contenuta nell’art. 94 del D.P.R. n° 380/2001.

 

Tra pochi giorni la Corte Costituzionale dovrà depositare la sentenza in ordine al Ricorso n° 68/2012 promosso dallo Stato contro la Regione Toscana in ordine a ritenute violazioni dei principi fondamentali contenuti nell’art. 36 del D.P.R. n° 380/2001 in relazione alla normativa tecnica antisismica.

La Consulta ha, quindi, l’occasione per tornare sul tema ed è auspicabile che faccia chiarezza in ordine alla ritenuta disomogeneità tra le sentenze (n° 64/2013 – n° 182/2006), dal momento che, salvo sorprese (a cui la Corte ci ha abituato ultimamente – vedi vicenda ILVA ed altro), è oltremodo manifesta l’illegittimità costituzionale del neo art. 140 della L.R.T. n° 1/2005.

 

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Scritto il 13/04/2013