Cass. Sez. III n. 10402 del 18 marzo 2021 (CC 11 feb 2021)
Pres. Ramacci Est. Corbetta Ric. Magarotto
Urbanistica.nozione di "carico urbanistico"

La nozione di "carico urbanistico" deriva dall'osservazione che ogni insediamento umano è costituito da un elemento cd. primario (abitazioni, uffici, opifici, negozi) e da uno secondario di servizio (opere pubbliche in genere, uffici pubblici, parchi, strade, fognature, elettrificazione, servizio idrico, condutture di erogazione del gas), che deve essere proporzionato all'insediamento primario, ossia al numero degli abitanti insediati ed alle caratteristiche dell'attività da costoro svolte. Quindi, il carico urbanistico è l'effetto che viene prodotto dal l'insediamento primario come domanda di strutture ed opere collettive, in dipendenza del numero delle persone insediate su di un determinato territorio.


RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale di Cagliari, costituito ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen., rigettava la richiesta di riesame avanzata  nell’interesse di Matteo Magarotto avverso il decreto del G.i.p. del Tribunale di Cagliari del 5 febbraio 2020, con il quale era stato disposto il sequestro preventivo dell’unità immobiliare, di proprietà della predetta, ubicata all’interno della lottizzazione denominata “Torino Sud”, sita nel Comune di Sant’Antioco, in relazione ai reati di cui agli artt. 110 cod. pen., 44, comma 1, lett. c) d.P.R. n. 380 del 2001, e artt. 110 cod. pen., 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004.

2. Avverso l’indicata ordinanza, l’indagata, tramite il difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, esposti congiuntamente, con cui lamenta la violazione degli artt. 321 e 324 cod. proc. pen., nonché il vizio di motivazione apparente. Assume il ricorrente che il Tribunale cautelare avrebbe erroneamente confermato la sussistenza del periculum in mora, senza considerare che, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, la sola esistenza di una struttura abusiva ultimata non integra i requisiti della concretezza ed attualità del pericolo, dovendo essere accertato che l’effettiva disponibilità materiale o giuridica del bene possa ulteriormente deteriorare l’ecosistema protetto dal vincolo paesaggistico, accertamento che, nella specie, non è stato svolto. Aggiunge il ricorrente che, nonostante lo iato temporale intercorso tra l’inizio delle indagini (settembre 2017) e l’adozione del provvedimento di sequestro (febbraio 2020), non è stato accertato l’utilizzo dei locali, ravvisando il periculum con motivazione di stile e assertiva, ipotizzando la mera possibilità che l’immobile possa essere concesso in godimento a terzi.
 

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Va premesso che il ricorrente non muove alcuna censura in ordine alla sussistenza del fumus dei reati contestati.
Invero, a seguito di numerosi sopralluoghi ed ispezioni effettuati dal settembre 2017 al 14 ottobre 2019 presso il complesso immobiliare “Torino Sud”, ubicato nel Comune di Sant’Antioco, costituito da sei edifici, trentasei appartamenti e dodici piani interrati, fu accertata la realizzazione di tali opere in assenza delle autorizzazioni edilizie e del nulla-osta paesaggistico.
Per quanto riguarda i piani interrati della predetta unità immobiliare, si accertò che l’originaria destinazione era quella di “locale di sgombero e cantina”, come previsto negli atti autorizzativi, mentre erano stati adibiti “ad uso residenziale”; in particolare, nel piano interrato di proprietà del ricorrente si accertò la presenza, in un primo ambiente, di una parte rifinita con placcaggio e scarichi fognari già predisposti, nonché di una cucina da montare e prese elettriche alimentate da corrente elettrica in tutti gli ambienti, muniti di impianti di climatizzazione, arredamento, porte interne ed infissi prospicienti il cavedio, abusivamente ampliato, nonché un servizio igienico collegato e funzionante (p. 7 dell’ordinanza impugnata).
E’ inoltre emerso che le unità abitative ricavate illecitamente dalla trasformazione dei predetti locali di sgombero, oltre a determinare un aggravio del carico urbanistico della zona, sottoposta a vincolo, risultavano anche sprovviste dei requisiti igienico-sanitari richiesti della normativa di settore, sicché le opere abusive non sono suscettibili di accertamento in conformità edilizia, né di compatibilità paesaggistica.
Nel corso dell’ultimo sopralluogo, effettuato il 14 ottobre 2019, é stato accertato, infine, che, rispetto alla precedente attività ispettiva del 14 febbraio 2018, nell’unità immobiliare del ricorrente erano stati aggiunti mobili, elettrodomestici ed un nuovo climatizzatore.

3. Ciò posto, si rammenta che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008 - dep. 26/06/2008, Ivanov, Rv. 239692; di recente, Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016 - dep. 02/02/2017, Faiella, Rv. 269296; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017 - dep. 20/04/2017, Napoli, Rv. 269656).

4. Tanto osservato, diversamente da quanto opinato dal ricorrente, l'ordinanza impugnata appare perciò del tutto immune da violazioni della legge penale, avendo il Tribunale distrettuale compiutamente motivato, con valutazione aderente alle emergenze processuali, in ordine alla sussistenza del periculum in mora.

5. Il Tribunale cautelare, infatti, ha ravvisato il periculum in mora valorizzando sia l’indubbio maggior carico urbanistico sulle attitudini funzionali della zona, peraltro soggetto a vincolo paesaggistico, sia la circostanza  che in occasione dell’ultimo sopralluogo, effettuato il 14 ottobre 2019 – e quindi in una data relativamente prossima all’adozione del provvedimento ablativo – fossero ancora in corso i lavori abusivi inerenti al predisposizione del locale per un uso residenziale, lavori la cui ultimazione avrebbe consentito la piena, ancorché abusiva, abitabilità della struttura; di conseguenza, il Tribunale ha ritenuto che la libera disponibilità del manufatto, da parte dell’indagato, possa aggravare o protrarre le conseguenze dei reati ipotizzati.

6. Devono richiamarsi, sul punto, i principi enunciati dalla giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, Sez. 3, 18 ottobre 2011, n. 40033; Sez. un., 20 marzo 2003, n. 12878), secondo cui l'incidenza di un immobile sul carico urbanistico va valutata secondo indici concreti e può essere rappresentata dalla consistenza dell'insediamento edilizio, dal numero di nuclei familiari presenti, dall'incremento della domanda di strutture, opere collettive e dotazione minima di spazi pubblici per abitante, dalla necessità di salvaguardare l'ambiente e la staticità dei luoghi e, infine, dalla possibilità che le opere non ancora ultimate siano portate a compimento e le unità non ancora abitate siano occupate. Il giudice di merito deve valutare attentamente e, conseguentemente, motivare, la sussistenza del pericolo derivante dalla libera disponibilità del bene pertinente al reato, considerando, in particolare, la reale compromissione degli interessi attinenti al territorio ed ogni altro dato utile a stabilire in che misura il godimento e la disponibilità attuale della cosa da parte dell'indagato o di terzi possa implicare una effettiva ulteriore lesione del bene giuridico protetto, ovvero se l'attuale disponibilità del manufatto costituisca un elemento neutro sotto il profilo della offensività.
Più precisamente, la nozione di "carico urbanistico" deriva dall'osservazione che ogni insediamento umano è costituito da un elemento cd. primario (abitazioni, uffici, opifici, negozi) e da uno secondario di servizio (opere pubbliche in genere, uffici pubblici, parchi, strade, fognature, elettrificazione, servizio idrico, condutture di erogazione del gas), che deve essere proporzionato all'insediamento primario, ossia al numero degli abitanti insediati ed alle caratteristiche dell'attività da costoro svolte. Quindi, il carico urbanistico è l'effetto che viene prodotto dal l'insediamento primario come domanda di strutture ed opere collettive, in dipendenza del numero delle persone insediate su di un determinato territorio.
Si tratta di un concetto, non definito dalla vigente legislazione, ma che è in concreto preso in considerazione in vari istituti del diritto urbanistico, tra i quali: a) gli standards urbanistici di cui al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, che richiedono l'inclusione, nella formazione degli strumenti urbanistici, di dotazioni minime di spazi pubblici per abitante a seconda delle varie zone; b) la sottoposizione a concessione e, quindi, a contributo sia di urbanizzazione che sul costo di produzione, delle superfici utili degli edifici, in quanto comportino la costituzione di nuovi vani capaci di produrre nuovo insediamento; c) il parallelo esonero da contributo di quelle opere che non comportano nuovo insediamento, come le opere di urbanizzazione o le opere soggette ad autorizzazione.
 
7. L'ordinanza impugnata risulta adeguatamente e correttamente motivata, laddove rileva, per un verso, che la disponibilità dell'unità immobiliare ne consentirebbe l'utilizzo in aperta violazione della programmazione e gestione dell'assetto del territorio e in assenza di adeguate opere di urbanizzazione, trattandosi peraltro di area soggetta a vincolo ambientale, e, per altro verso, che il sequestro si giustifica per impedire l’ultimazione dei lavori, ancora in corso alla data dell’ultimo sopralluogo, durante il quale fu accertata la presenza di ulteriori arredamenti e di un nuovo climatizzatore.

8. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro  in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 11/02/2021.