Cass. Sez. III n. 1234 del 13 gennaio 2025 (CC 7 nov 2024)
Pres. Di Nicola Rel. Corbo Ric. PM in proc. Perillo
Urbanistica.Interventi su manufatto abusivo successivi alla richiesta di condono

Ammettere lavori - sia pur di demolizione - che modifichino il manufatto abusivo, alterandone significativamente la struttura e riducendone la volumetria, al fine di rendere sanabile, dopo la scadenza del termine finale stabilito dalla legge per la condonabilità delle opere, ciò che certamente in allora non lo sarebbe stato costituisce indebito aggiramento della disciplina legale poiché sposta arbitrariamente in avanti nel tempo il termine finale previsto dalla legge per ottenere il condono edilizio, addirittura legittimando ulteriori interventi abusivi

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 23 febbraio e depositata il 26 febbraio 2024, il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, accogliendo la richiesta avanzata nell’interesse di Gioacchino Perillo, ha revocato l’ordine di demolizione di un manufatto abusivo disposto con la sentenza di condanna pronunciata nei confronti del medesimo dal Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Marano, in data 22 maggio 1998, divenuta irrevocabile il 22 settembre 1998.
A fondamento della sua decisione, il Tribunale ha rilevato che la procedura di condono, avviata con l’istanza prot. n. 13491/2004, ai sensi della legge n. 326 del 2003, si è conclusa con esito positivo, in ragione del rilascio del permesso di costruire in sanatoria con riguardo all’immobile oggetto dell’ordine di demolizione. 

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, articolando un unico motivo, con il quale si denuncia violazione di legge, in riferimento alla legge di condono n. 326 del 2003, nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta illegittimità del permesso di costruire in sanatoria, siccome rilasciato per un fabbricato di conformazione e volumetria diverse rispetto a quelle oggetto dell’istanza di condono. 
Si premette che, con la sentenza pronunciata dal Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Marano, in data 22 maggio 1998, divenuta irrevocabile il 22 settembre 1998, Gioacchino Perillo è stato condannato per aver edificato, in assenza della concessione edilizia, un manufatto costituito da piano seminterrato, piano rialzato e primo piano, con una superficie di 140 mq. per piano.  
Si rappresenta, poi, che: a) in data 5 aprile 2004, Gioacchino Perillo ha presentato istanza di condono dell’immobile, ai sensi della legge n. 326 del 2003; b) in data 23 agosto 2017, il Comune di Giugliano ha rilasciato il permesso di costruire in sanatoria n. 168/c/2017; c) in data 24 ottobre 2018, il giudice dell’esecuzione ha rilevato l’illegittimità del precisato permesso in sanatoria sulla base degli accertamenti svolti dal consulente tecnico del P.M., in quanto la volumetria effettiva del manufatto abusivo era superiore al limite legale di 750 mc., dovendo tenersi conto, ai fini del calcolo volumetrico, sia della volumetria del piano seminterrato per la parte emergente dal piano di campagna, sia dell’altezza reale di ogni piano, superiore a quella rappresentata nei grafici; d) in data 9 luglio 2019, il Comune di Giugliano ha emesso una nuova ordinanza di demolizione.
Si espone, ancora, che, nel prosieguo, Gioacchino Perrillo: a) in data 29 luglio 2019, ha presentato comunicazione di inizio lavori per eseguire la integrale demolizione del fabbricato; b) in data 21 agosto 2019, ha comunicato di aver effettuato una serie di interventi di riduzione della volumetria del fabbricato, riconducendola nel limite legale di 750 mc. imposto dalla legge n. 326 del 2003; c) in data 12 aprile 2023, a seguito di richiesta degli uffici del Comune di Giugliano del 7 aprile 2023, ha proceduto ad ulteriori interventi di riduzione della volumetria, consistiti, in particolare, nel reinterro totale del piano rialzato e nella demolizione dell’appartamento al piano rialzato, con trasformazione in piano a pilotis. 
Si segnala, quindi, che, dopo un sopralluogo effettuato da personale dell’ufficio tecnico del Comune di Giugliano in data 13 settembre 2023, l’ente locale ha rilasciato il 7 novembre 2023 permesso di costruire in sanatoria n. 188/c/2023, rilevando che l’immobile oggetto dell’ordine di demolizione aveva, a seguito degli interventi effettuati, una consistenza inferiore a 750 mc., in quanto costituito da un piano seminterrato inaccessibile, e quindi non computabile, da un piano rialzato a pilotis, inaccessibile, e quindi non computabile, e da un primo piano adibito a residenza con superficie pari a 149,91 mq. e volume pari a 533,15 mc. 
Si deduce che il nuovo permesso in sanatoria, rilasciato il 7 novembre 2023, è illegittimo, in quanto relativo a un fabbricato di diversa conformazione volumetrica rispetto a quello oggetto dell’originaria istanza di condono, in quanto gli interventi edilizi volti a rimuovere l’eccedenza volumetrica sono successivi al termine previsto dalla legge n. 326 del 2003 come momento finale per la realizzazione di opere condonabili (sul punto, si citano: Sez. 3, n. 43933 del 14/10/2021; Sez. 3, n. 4222 del 19/01/2023; Sez. 3, n. 36025 del 12/07/2023).  
Si aggiunge che, nonostante gli interventi edilizi indicati, la volumetria del fabbricato è comunque superiore al limite legale di 750 mc., considerato che, sulla base del regolamento edilizio del Comune di Giugliano in Campania (adottato in conformità all’art. 4, comma 1-sexies, d.P.R. 380/01), la volumetria è data dalla sagoma del fabbricato moltiplicata per la sua altezza totale, rimasta pari a 8,20 metri, perché mai alterata (si cita, in proposito, Sez. 3, n. 23474 del 08/04/2019).

3. Successivamente alla presentazione della requisitoria scritta del Procuratore generale della Corte di cassazione, l’Avv. Girolamo Catena, nell’interesse di Gioacchino Perillo ha depositato memoria, nella quale si chiede il rigetto del ricorso per un duplice ordine di ragioni.
Per un verso, si osserva che erroneamente si è ritenuto che il limite dei 750 mc. di volumetria condonabile sarebbe stato raggiunto solo dopo il 31 marzo 2003, in quanto si è preso in considerazione il piano interrato, non rilevante, però, secondo copiosa giurisprudenza del Consiglio di Stato.
Sotto altro profilo, poi, si rappresenta che: a) gli interventi successivi sull’immobile abusivamente realizzato sono legittimati da una decisione del Consiglio di Stato e da due sentenze del T.A.R., richiamate anche nel premesso di costruire in sanatoria rilasciato nel 2023; b) le decisioni dei Giudici Amministrativi hanno affermato che gli interventi effettuati sono stati «tali da non alterare significativamente la struttura del manufatto»; c) l’ordinanza impugnata ha ricostruito l’intera vicenda conformandosi alle decisioni dei Giudici Amministrativi.
     
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato per le ragioni e nei limiti di seguito precisati.

2. La questione posta nel ricorso è se l’ordine di demolizione di opere abusivamente edificate, impartito con la sentenza penale di condanna, debba essere revocato per effetto di un successivo permesso in sanatoria il quale sia stato rilasciato: a) sulla base di interventi edilizi per rimuovere eccedenze volumetriche non condonabili, eseguiti in data successiva a quella prevista dalla legge come momento finale per la realizzazione delle opere passibili di condono; b) non computando la volumetria secondo i criteri del regolamento edilizio vigente nel Comune di ubicazione dell’immobile.
La questione, inoltre, in considerazione delle puntualizzazioni della memoria della difesa, e di quanto indicato nel provvedimento impugnato, deve tener conto di un ulteriore profilo: il permesso in sanatoria è stato rilasciato anche sulla base di ripetute pronunce del Giudice amministrativo, che hanno statuito con riguardo alle condizioni per il rilascio del permesso in sanatoria.

3. Deve innanzitutto rilevarsi che la sopravvenienza di un provvedimento di concessione in sanatoria per condono, non comporta, di per sé, la revoca dell’ordine di demolizione impartito con la sentenza penale di condanna. 
Costituisce, infatti, principio assolutamente consolidato, quello secondo cui, ai fini della revoca dell'ordine di demolizione di un immobile oggetto di condono edilizio, il giudice dell'esecuzione deve verificare la legittimità del sopravvenuto atto concessorio, sotto il profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione, dovendo in particolare verificare la disciplina normativa applicabile, la legittimazione di colui che abbia ottenuto il titolo in sanatoria, la tempestività della domanda, il rispetto dei requisiti strutturali e temporali per la sanabilità dell'opera e, ove l'immobile edificato ricada in zona vincolata, il tipo di vincolo esistente nonché la sussistenza dei requisiti volumetrici o di destinazione assentibili (così Sez. 3, n. 37470 del 22/05/2019, Impagliazzo, Rv. 277668 – 01; in termini del tutto sovrapponibili, cfr. Sez. 3, n. 25485 del 17/03/2009, Consolo, Rv. 243905 – 01, e Sez. 3, n. 1104 del 25/11/2004, dep. 2005, Calabrese, Rv. 230815 – 01).

4. Ciò posto, però, occorre aggiungere che il potere del giudice dell’esecuzione di verificare la legittimità del provvedimento concessorio deve essere esercitato nel rispetto dei principi in tema di giudicato.
In proposito, secondo un principio generale, diffuso in giurisprudenza, al giudice penale è preclusa la valutazione della legittimità dei provvedimenti amministrativi che costituiscono il presupposto dell'illecito penale qualora sul tema sia intervenuta una sentenza irrevocabile del giudice amministrativo, ma tale preclusione non si estende ai profili di illegittimità, fatti valere in sede penale, non dedotti ed effettivamente decisi dal giudice amministrativo (così, ad esempio, Sez. 6, n. 17991 del 20/03/2018, Cusani, Rv. 272890 – 01, e Sez. 3, n. 44077 del 18/07/2014, Scotto Di Clemente, Rv. 260612 – 01). 
Altra decisione, poi, ha ulteriormente precisato che la valutazione del giudice penale in ordine alla legittimità di un atto amministrativo, costituente il presupposto di un reato, non è preclusa da un giudicato amministrativo formatosi all'esito di una controversia instaurata sulla base di documentazione incompleta, o comunque fondata su elementi di fatto rappresentati in modo parziale o addirittura non veritiero, sempre che tali criticità risultino da dati obiettivi preesistenti e sconosciuti al giudice amministrativo, ovvero sopravvenuti alla formazione del giudicato (così, proprio in materia di edilizia ed urbanistica, Sez. 3, n. 31282 del 24/05/2017, Merelli, Rv. 270276 – 01).

5. Tanto premesso in ordine ai poteri del giudice penale in sede di esecuzione, può procedersi all’esame della questione concernente la legittimità del permesso a costruire in sanatoria in applicazione della disciplina sul condono, quando detto titolo è rilasciato sul presupposto di interventi edilizi di rimozione di volumetrie eccedenti quelle condonabili eseguiti in data successiva al termine ultimo entro il quale la legge prevede debbano essere state realizzate le opere perché possano essere condonate. 
5.1. Secondo un principio costantemente affermato in giurisprudenza, la volumetria eccedente i limiti previsti dall'art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, ai fini della condonabilità delle opere abusive ultimate entro il 31 dicembre 1993 non è suscettibile di riduzione mediante demolizione eseguita successivamente allo spirare di detto termine, integrando la stessa un intervento, oltre che di per sé abusivo, volto ad eludere la disciplina di legge (cfr. Sez. 3, n. 43933 del 14/10/2021, Medusa, Rv. 282163 – 01, e, successivamente, Sez. 3, n. 4222 del 19/01/2023, Espositore, non massimata, nonché Sez. 3, n. 28533 del 12/06/2024, D’Ambria, non massimata). 
In particolare, a fondamento del principio, si è evidenziato che «il chiarissimo tenore della disposizione citata [l’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724] consent[e] la sanatoria delle sole opere ultimate che possedessero, alla data indicata del 31 dicembre 1993, i requisiti da essa previsti, non essendo ovviamente consentito intervenire successivamente sugli immobili abusivi per renderli conformi alla disciplina in parola. Le uniche possibilità di successivo intervento sugli stessi, non incompatibili con la sanatoria, sono quelle previste dall'art. 35, comma 14, l. 47 del 1985 (che disciplina modesti lavori di rifinitura delle opere abusive) e dall'art. 43, quinto comma, della stessa legge, che consente le opere strettamente necessarie a rendere gli edifici funzionali qualora i manufatti non siano stati completati per effetto di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali (per analoghi rilievi cfr., nella giurisprudenza amministrativa, Cons. St., sent. n. 665 del 01/02/2018). Ammettere lavori - sia pur di demolizione - che modifichino il manufatto abusivo, alterandone significativamente la struttura e riducendone la volumetria, al fine di rendere sanabile, dopo la scadenza del termine finale stabilito dalla legge per la condonabilità delle opere, ciò che certamente in allora non lo sarebbe stato costituisce indebito aggiramento della disciplina legale poiché sposta arbitrariamente in avanti nel tempo il termine finale previsto dalla legge per ottenere il condono edilizio, addirittura legittimando ulteriori interventi abusivi» (così Sez. 3, n. 43933 del 2022, cit.).
5.2. Il principio appena indicato ha trovato e, ad avviso del Collegio, deve trovare applicazione anche con riguardo alla disciplina della condonabilità delle opere abusive di cui al d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, invocata in questa sede (cfr., in questo senso, Sez. 3, n. 31783 del 07/06/2022, Barone, non massimata).
Invero, l’art. 32 d.l. cit., al comma 25, richiama espressamente la disciplina di cui all’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e quindi ne mutua la regolamentazione e le condizioni di ammissibilità, salvo le specificazioni da esso espressamente previste, e che attengono al computo della cubatura massima condonabile, oltre che, ovviamente, al termine entro il quale debbono essere stati ultimati i lavori abusivi. L’art. 32 d.l. cit., infatti, prevede: «Le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate dall'articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni e integrazioni, nonché dal presente articolo, si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003 e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 mc. Le suddette disposizioni trovano altresì applicazione alle opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove costruzioni residenziali non superiori a 750 mc per singola richiesta di titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione che la nuova costruzione non superi complessivamente i 3.000 metri cubi».
Inoltre, anche in relazione alla disciplina di cui al d.l. n. 269 del 2003 si pone l’esigenza di evitare lavori, sia pur di demolizione, che modifichino il manufatto abusivo al fine di rendere sanabile, dopo la scadenza del termine finale stabilito dalla legge per la condonabilità delle opere, ciò che certamente in quel momento non lo sarebbe stato: anche con riferimento a tale disciplina, infatti, l’ammissibilità di modifiche successive del manufatto abusivo comporterebbe uno spostamento in avanti nel tempo, e senza limiti, del termine finale previsto dalla legge per ottenere il condono edilizio, e, perciò, un “indebito aggiramento” della stessa. 

6. Indicati i principi giuridici di riferimento, è utile rappresentare sinteticamente le vicende relative all’immobile oggetto dell’ordine di demolizione, come esposte nel ricorso e nell’ordinanza impugnata.
L’immobile abusivo è stato realizzato prima del 22 maggio 1998, data di pronuncia della sentenza penale di condanna, e, in quel momento, era costituito da piano seminterrato, piano rialzato e primo piano, con una superficie di 140 mq. per piano. 
In data 5 aprile 2004, l’attuale ricorrente ha presentato istanza di condono dell’immobile, ai sensi della legge n. 326 del 2003.
L’immobile è stato oggetto di un primo permesso di costruire in sanatoria, rilasciato dal Comune di Giugliano il 23 agosto 2017, e revocato dal medesimo Comune di Giugliano in data 9 luglio 2019, dopo che il Giudice penale dell’esecuzione, con provvedimento del 24 ottobre 2018, aveva rilevato, sulla base di una consulenza tecnica, che la volumetria effettiva del manufatto abusivo era superiore al limite legale di 750 mc., dovendo tenersi conto, ai fini del relativo calcolo, sia della volumetria del piano seminterrato per la parte emergente dal piano di campagna, sia dell’altezza reale di ogni piano, superiore a quella rappresentata nei grafici (questa decisione era stata confermata da Sez. 3, n. 23474 del 08/04/2019, Perillo, Rv. 275796 – 01).
A seguito della revoca appena indicata, l’attuale ricorrente: a) in data 29 luglio 2019, ha presentato una comunicazione di inizio lavori per effettuare l’integrale demolizione del fabbricato; b) in data 21 agosto 2019, ha dichiarato di aver proceduto ad una serie di interventi di riduzione della volumetria, e di averla ricondotta nei limiti di 750 mc.; c) contestualmente, ha impugnato davanti al Giudice amministrativo l’ordinanza con la quale il Comune di Giugliano aveva revocato il permesso a costruire in sanatoria e ordinato la demolizione dell’immobile.
Il T.A.R., con sentenza n. 4855 del 27/10/2020, ha accolto il ricorso e annullato i due provvedimenti del Comune di Giugliano (revoca del permesso a costruire in sanatoria e ordine di demolizione dell’immobile). 
Nell’ulteriore prosieguo, l’attuale ricorrente, in data 11 novembre 2019, ha presentato al Comune di Giugliano atto di diffida ad adempiere alla sentenza del T.A.R., con allegata relazione esplicativa, la quale ha descritto l’immobile in termini del tutto diversi da quelli indicati nella nota del 21 agosto 2019.
Il Comune di Giugliano ha chiesto integrazioni documentali, al fine di superare le discordanze tra i grafici presentati il 21 agosto 2019 e quelli presenti unitamente alla diffida ad adempiere alla sentenza del T.A.R., e, stante l’assenza di produzioni, in data 13 gennaio 2023, ha dichiarato l’improcedibilità della pratica di condono.
L’attuale ricorrente ha impugnato in sede giurisdizionale amministrativa la dichiarazione di improcedibilità, e il T.A.R., con sentenza n. 1485 del 07/03/2023, ha accolto il ricorso e ordinato al Comune di Giugliano di concludere l’iter procedimentale relativo al condono.    
A seguito della sentenza del T.A.R. appena indicata, questi i definitivi sviluppi: a) il Comune di Giugliano, in data 7 aprile 2023, ha chiesto all’attuale ricorrente di riportare l’edificio nei limiti volumetrici entro i quali il d.l. n. 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, consente il condono; b) l’attuale ricorrente, in data 12 aprile 2023, ha presentato segnalazione certificata di inizio di attività e, in data 4 maggio 2023, ha comunicato la fine dei lavori; c) il Comune di Giugliano, all’esito di sopralluogo e di ulteriori integrazioni documentali, ha rilasciato, in data 7 novembre 2023, permesso di costruire in sanatoria, con riguardo ad un fabbricato residenziale costituito da un piano pilotis completamente aperto al livello terra, di altezza massima pari a 2,00 metri, e da un primo piano di superficie di 149,91 mq. e cubatura di 533,15 mc. 

7. In applicazione dei principi indicati, l’ordinanza impugnata deve ritenersi illegittima, e deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio, perché ha accolto la richiesta di revoca dell’ordine di demolizione disposto nella sentenza penale di condanna sulla base del provvedimento di concessione in sanatoria per condono, omettendo di considerare che le opere abusive non sono condonabili, nemmeno a norma del d.l. n. 269 del 2003, convertito dalla legge n 326 del 2003, quando la riduzione della volumetria nei termini consentiti derivi da demolizione eseguita successivamente allo spirare del termine ultimo di realizzazione dei lavori previsto dalla legge ai fini dell’ammissibilità del condono.
Indubbiamente, nella specie, la vicenda è resa più articolata dalla presenza di più pronunce del Giudice amministrativo. 
Tuttavia, il Giudice del rinvio dovrà innanzitutto valutare se le decisioni emesse dal Giudice amministrativo in ordine all’applicazione della disciplina del condono all’immobile oggetto dell’ordine di demolizione della cui revoca si discute in questa sede abbiano forza di giudicato.
Il Giudice del rinvio, poi, in caso affermativo della sussistenza di un giudicato, dovrà esaminare se, nel provvedimento amministrativo di concessione in sanatoria per condono, vi siano profili di illegittimità non dedotti ed effettivamente decisi dal giudice amministrativo, ed ancora se il giudicato amministrativo si sia formato all'esito di una controversia instaurata sulla base di documentazione incompleta, o comunque fondata su elementi di fatto rappresentati in modo parziale o addirittura non veritiero. E, in questa prospettiva, occorrerà valutare anche l’ulteriore profilo, indicato nella parte finale del ricorso, attinente alla esatta individuazione dell’attuale volumetria del fabbricato oggetto del provvedimento di condono, per verificare se la stessa risulti ancora superiore al limite di 750 mc. (anche tenendo conto di quanto già indicato, proprio con riferimento all’immobile in esame, da Sez. 3, n. 23474 del 08/04/2019, Perillo, Rv. 275796 – 01).      

P.Q.M.

Annulla la ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli in diversa persona fisica. 
Così deciso il 07/11/2024.