Cass. Sez. III n. 39332 del 25 dettembre 2019 (CC 24 mag 2019)
Pres. Andreazza Est. Cerroni Ric. Civitella
Urbanistica.Lottizzazione abusiva ed elementi costitutivi del reato

Il reato di lottizzazione abusiva è  integrato non soltanto dalla trasformazione effettiva del territorio, ma da qualsiasi attività che oggettivamente comporti anche solo il pericolo di un’urbanizzazione non prevista, o diversa da quella programmata. Per integrare il reato di lottizzazione abusiva, diversamente dal mero abuso edilizio, è necessaria una illegittima trasformazione urbanistica od edilizia del territorio, di consistenza tale da incidere in modo rilevante sull’assetto urbanistico della zona; ne consegue che il giudice deve verificare, nei singoli casi, se le opere ritenute abusive abbiano una valenza autonomamente punibile ai sensi dell’art. 44, lett. a) e b), d.P.R. n. 380 del 2001, ovvero se esse siano idonee a conferire all’area un diverso assetto territoriale, con conseguente necessità di predisporre nuove opere di urbanizzazione o di potenziare quelle già esistenti, in tal modo sottraendo le relative scelte di pianificazione urbanistica agli organi competenti.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 20 dicembre 2018 il Tribunale di Latina ha rigettato –così confermando il provvedimento impugnato - la richiesta di riesame proposta da Luigi Civitella, indagato per il reato di cui agli artt. 30 e 44 lett. c) d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, nei confronti dell’ordinanza del 28 novembre 2018 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, che aveva disposto il sequestro preventivo di un’area in contrada Sant’Angelo a Cori.
2. Avverso il predetto provvedimento è stato proposto ricorso per cassazione con unico articolato motivo d’impugnazione.
2.1. In particolare, il ricorrente ha osservato che non era configurabile in specie alcuna lottizzazione abusiva ed ancor meno un’ipotesi di confisca obbligatoria.
In specie, il consulente del Pubblico ministero aveva accertato che il piano seminterrato non risultava mutato rispetto all’originario titolo abilitativo, ed anzi esso era interamente utilizzato per l’attività produttiva siccome indicato nell’elaborato grafico allegato alla s.c.i.a..
In relazione poi al contestato cambio di destinazione d’uso del piano terra e del primo piano, le Norme tecniche del Piano particolareggiato consentivano la realizzazione di edifici aventi in parte destinazione residenziale ed in parte destinazione produttiva, mentre in caso di semplice ampliamento della zona residenziale rispetto alle previsioni di piano (che consentivano la realizzazione di alloggio per il custode in edificio a destinazione industriale) non era configurabile lottizzazione abusiva, atteso che lottizzazione non poteva esserci in ipotesi di modifica non autorizzata e parziale della destinazione d’uso di edificio, in cui la parte residenziale avrebbe dovuto essere di dimensioni inferiori. Né, in tal modo, sussisteva incisione significativa sul carico urbanistico e sull’assetto del territorio, tant’è che lo stesso consulente del Pubblico ministero non aveva configurato in specie l’ipotesi lottizzatoria.
Veniva pertanto meno ogni ipotesi di confisca obbligatoria e doveva pertanto essere affrontata la prognosi di pericolosità del bene sequestrato, terminato ed abitato da oltre un biennio. In specie, il mero parziale cambio di destinazione d’uso non produceva alcun maggiore carico urbanistico, atteso che in zona era appunto prevista la compresenza di edifici in parte produttivi ed in parte residenziali. Da ciò l’inesistenza di attualità nelle esigenze cautelari.
In ordine poi al rilascio dell’autorizzazione sismica, vi era inesistenza di qualsivoglia pericolo statico stante l’emissione di certificato di collaudo statico, mentre – quanto al reato eventuale paesaggistico - risultava pacificamente rilasciata la relativa autorizzazione, con la conseguente insussistenza di periculum cautelare.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è inammissibile.
4.1. Per quanto concerne il motivo di impugnazione complessivamente azionato, va ricordato che, in tema di ricorso per cassazione proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l’art. 325 cod. proc. pen. ammette il sindacato di legittimità soltanto per motivi attinenti alla violazione di legge.
Nella nozione di “violazione di legge” rientrano, in particolare, gli errores in iudicando o in procedendo, al pari dei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, come tale apparente e, pertanto, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal Giudice (Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, Bosi, Rv. 245093; v. anche Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele, Rv. 254893; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli e altro, Rv. 269656); per contro, non può esser dedotta l’illogicità manifesta della motivazione, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di cui alla lett. e) dell’art. 606, stesso codice (v., per tutte: Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226710; Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino S., Rv. 224611).
Del pari, in questa sede non è necessario valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei cui confronti è operato il sequestro, essendo sufficiente che sussista il fumus commissi delicti, vale a dire l’astratta sussumibilità in una determinata ipotesi di reato del fatto contestato (ex plurimis, Sez. 1, n. 18491 del 30/01/2018, Armeli, Rv. 273069; Sez. 2, n. 5656 del 28/01/2014, Zagarrio, Rv. 258279). In ogni caso, peraltro, vero è anche che, a tal fine ed in sede di controllo sui presupposti per l’adozione di una misura cautelare reale, il tribunale del riesame deve verificare non solo la astratta configurabilità del reato, ma anche, in modo puntuale e coerente, tutte le risultanze processuali e, quindi, sia gli elementi probatori offerti dalla pubblica accusa, sia le confutazioni e gli elementi offerti dagli indagati che possano avere influenza sulla configurabilità e sulla sussistenza del fumus del reato contestato (Sez. 3, n. 58008 del 11/10/2018, Morabito, Rv. 274693).
4.2. Al riguardo, ed a tali fini, il provvedimento impugnato ha avuto modo di verificare - con accertamento in fatto che questa Corte non potrebbe sindacare se non in ragione di un vizio motivazionale, non dedotto e neppure proponibile (v. supra) – che la modifica della destinazione d’uso dell’intero piano terra e del piano sottotetto, nonché la parziale modifica della destinazione del piano seminterrato non lasciavano dubbi circa la sussistenza dell’illecito lottizzatorio, trattandosi di mutamento di destinazione d’uso tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico (da produttiva a residenziale), con diversi regimi urbanistici e divergenze nel rispettivo carico urbanistico. Laddove, in definitiva, l’uso residenziale cui le opere erano state in concreto destinate era del tutto difforme rispetto a quelli ammessi, ponendosi in insanabile contrasto con lo strumento urbanistico, così infine alterando gli equilibri prefigurati in sede di programmazione. Tutto ciò in quanto, nel corso dei sopralluoghi in sede di indagine, era stata accertata la sussistenza di evidenti ed incisive modificazioni nello stato dei luoghi, rispetto a quanto comunicato ed assentito (cfr. pag. 2 del provvedimento impugnato). Mentre, quanto al fumus, la modifica della destinazione d’uso dell’ “imponente fabbricato” avrebbe comportato un rilevante incremento del carico urbanistico ed una lesione degli interessi tutelati dal vincolo paesaggistico.
Al riguardo, infatti, nel lotto assoggettato a sequestro sarebbe stato realizzato, “in luogo di un opificio destinato alla produzione, deposito e vendita di porte, finestre e prodotti per la falegnameria di qualità, un imponente fabbricato avente destinazione prettamente residenziale, ultimato e destinato ad abitazione” dell’odierno ricorrente.
4.2.1. Ciò posto, se il reato di lottizzazione abusiva è infatti integrato non soltanto dalla trasformazione effettiva del territorio, ma da qualsiasi attività che oggettivamente comporti anche solo il pericolo di un’urbanizzazione non prevista, o diversa da quella programmata (cfr. Sez. 2, n. 22961 del 29/03/2017, De Vigili e altro, Rv. 270177; Sez. 3, n. 37383 del 16/07/2013, Desimine e altri, Rv. 256519), in generale va ricordato che, per integrare il reato di lottizzazione abusiva, diversamente dal mero abuso edilizio, è necessaria una illegittima trasformazione urbanistica od edilizia del territorio, di consistenza tale da incidere in modo rilevante sull’assetto urbanistico della zona; ne consegue che il giudice deve verificare, nei singoli casi, se le opere ritenute abusive abbiano una valenza autonomamente punibile ai sensi dell’art. 44, lett. a) e b), d.P.R. n. 380 del 2001, ovvero se esse siano idonee a conferire all’area un diverso assetto territoriale, con conseguente necessità di predisporre nuove opere di urbanizzazione o di potenziare quelle già esistenti, in tal modo sottraendo le relative scelte di pianificazione urbanistica agli organi competenti (Sez. 3, n. 44946 del 25/01/2017, Giacobone, Rv. 271788).
4.2.2. In proposito, e tenuto conto della presente sede cautelare, il provvedimento impugnato ha ritenuto così di rintracciare gli estremi dell’ipotizzato reato (con ogni conseguenza anche in tema di obbligatorietà della confisca del terreno e delle opere ivi costruite), negando altresì che la prevista possibilità di realizzare ivi un alloggio per il custode fosse tale da conferire – contrariamente ai rilievi del ricorrente – una destinazione mista dell’area, sì da legittimare la realizzazione di un edificio ad un uso prevalentemente residenziale (come in specie, rispetto all’originaria previsione dell’opificio a destinazione produttiva e commerciale). Mentre, infine, l’intervento si poneva appunto in contrasto con le previsioni dello strumento generale di pianificazione.
4.3. Ogni altra considerazione rimane così all’evidenza assorbita, anche in tema di contestate violazioni in materia antisismica e di compatibilità paesaggistica, devolvendo al giudizio di merito l’accertamento pieno di cognizione.
5. In definitiva, il ricorso pone questioni di fatto, che troveranno adeguato sfogo nella competente sede.
5.1. Ne consegue pertanto, alla stregua delle considerazioni svolte, la complessiva  inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 24/05/2019