Cass. Sez. III n. 9864 del 9 marzo 2016 (Cc 17 feb 2016)
Presidente: Ramacci Estensore: Gai Imputato: Corleone e altro
Urbanistica.Ordine di demolizione e sopravvenuta delibera di acquisizione al patrimonio comunale
In tema di reati edilizi, costituisce ipotesi eccezionale ostativa alla esecuzione dell'ordine giurisdizionale di demolizione, l'adozione di una delibera comunale che dichiari la sussistenza di prevalenti interessi pubblici all'acquisizione dell'opera abusiva al patrimonio del comune, sempre che il giudice dell'esecuzione, esercitando il proprio potere-dovere di sindacato sull'atto amministrativo, riconosca l'esistenza di specifiche esigenze che giustificano tale scelta. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto che la Corte d'appello avesse correttamente disapplicato la delibera comunale e confermato l'ordine di demolizione, rilevando l'assenza di una seria valutazione in termini di attualità degli interessi pubblici alla conservazione della costruzione abusiva e della mancanza di contrasto con rilevanti interessi urbanistici).
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 27 dicembre 2013, la Corte d'appello di Napoli, in sede di incidente di esecuzione, ai sensi dell'art. 665 cod. proc. pen., promosso dal Procuratore Generale della Corte di Appello di Napoli con cui chiedeva la disapplicazione della Delib. Consiglio Comune di Afragola del 13 aprile 2012, n. 25, ha accolto la richiesta del Procuratore Generale ed ha conseguentemente confermato l'ordine di demolizione del manufatto abusivo, realizzato da C.R. e M.C., di cui alla sentenza della Corte d'appello di Napoli, in data 15/05/2002, divenuta irrevocabile il 12/10/2002.
2. Avverso l'ordinanza, C.R. e M.C., hanno proposto, a mezzo del difensore, ricorso per cassazione, e ne hanno chiesto l'annullamento per i seguenti motivi:
2.1. Con il primo motivo deducono l'erronea applicazione della legge penale e l'illogicità della motivazione per avere il giudice omesso di dare seguito all'integrazione del contraddittorio con il Comune di Afragola, che meglio avrebbe potuto esporre le ragioni di interesse pubblico sottese al provvedimento del Comune, assunto in data 13/04/2012, e l'illogicità della motivazione sulla disapplicazione dell'atto amministrativo perchè "sembra essere ispirato al solo fine di impedire l'abbattimento".
2.2. Con il secondo motivo deducono la violazione di legge penale in relazione al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 5, L.R. n. 19 del 2009, art. 12, comma 6 e L. n. 2248 del 1865, artt. 4 e 5 per avere interferito, l'autorità giudiziaria, nella sfera discrezionale della Pubblica Amministrazione, posto che rientra nella prerogativa della stessa l'adozione del provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale del manufatto abusivo ed è in re ipsa l'intesse pubblico, sicchè il provvedimento, sotto il profilo della disapplicazione, sarebbe stato emesso in violazione della legge.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. - Il ricorso è infondato per le ragioni qui esposte.
4. Il primo motivo è infondato. Deve rilevarsi che risulta dal fascicolo processuale, il cui esame è consentito alla Corte di cassazione in presenza di motivo di carattere processuale, la prova dell'avvenuta notifica al Sindaco pro tempore del Comune di Afragola, in data 18/1/2013, per l'udienza del 27/03/2013, udienza rinviata, per adesione del difensore all'astensione dalle udienze, al 17/04/2013, udienza nella quale è stata assunta a riserva la decisione.
5. Il secondo motivo è, parimenti, infondato.
E' affermazione costante nella giurisprudenza della Corte di Cassazione che l'ordine di demolizione impartito dal giudice costituisce espressione di un potere sanzionatorio autonomo e distinto rispetto all'analogo potere dell'autorità amministrativa, con la conseguenza che esso deve essere eseguito in ogni caso, con la sola eccezione dell'adozione di una deliberazione consiliare, per l'esistenza di prevalenti interessi pubblici, e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali. Non vi è, dunque, alcuna incompatibilità tra l'eventuale acquisizione gratuita dell'opera abusiva al patrimonio del Comune e l'esecuzione dell'ordine giurisdizionale di demolizione (ex plurimis: sez. 3, 28 febbraio 2012, n. 27298; sez. 3, 28 novembre 2007, n. 4962/2008; sez. 3, 5 luglio 2007, n. 34298; sez. 3, 18 dicembre 2006, n. 1904/2007), con il solo limite delle dichiarate prevalenti esigenze pubbliche.
Peraltro tale ipotesi ha carattere eccezionale sicchè il giudice dell'esecuzione ha il dovere di sindacare la sussistenza delle prevalenze esigenze pubbliche (Sez. 3, n. 13746 del 29/01/2013 n. 13746 Franco non mass.).
In tema, questa Corte ha precisato che il Consiglio comunale può dichiarare legittimamente la prevalenza di interessi pubblici ostativi alla demolizione alle seguenti condizioni: 1) assenza di contrasto con rilevanti interessi urbanistici e, nell'ipotesi di costruzione in zona vincolata, assenza di contrasto con interessi ambientali: in quest'ultimo caso l'assenza di contrasto deve essere accertata dall'amministrazione preposta alla tutela del vincolo; 2) adozione di una formale deliberazione del consiglio con cui si dichiari formalmente la sussistenza di entrambi i presupposti; 3) la dichiarazione di contrasto della demolizione con prevalenti interessi pubblici, quali ad esempio la destinazione del manufatto abusivo ad edificio pubblico, ecc. (Sez. 3, n. 41339 del 10 ottobre 2008, Castaldo e altra, non massimata).
La natura eccezionale di tali ipotesi rispetto a quella che dovrebbe essere la ordinaria conseguenza, ovvero l'esito demolitorio, impone una interpretazione restrittiva dei presupposti che il giudice dell'esecuzione ha il potere-dovere di verificarne la sussistenza, non potendosi fondare, la delibera comunale che dichiara l'esistenza di un interesse pubblico prevalente sul ripristino dell'assetto urbanistico violato, su valutazioni di carattere generale (Sez. 3, n. 25824 del 22/05/2013, Rv. 257140).
Nella specie, il provvedimento impugnato ha ritenuto di non ravvisare, nella Delib. Consiliare del Comune di Afragola, in data 18/04/2012, i presupposti richiesti dalla legge. In particolare osserva la Corte d'appello come le valutazioni cui dovrebbe conseguire la non eseguibilità della demolizione (ovvero, appunto, il prevalente interesse pubblico e l'assenza di contrasto del manufatto con rilevanti interessi urbanistici), benchè dichiarate formalmente sussistenti, di fatto erano genericamente enunciate, oltre tutto il manufatto abusivo era stato acquisito al patrimonio comunale sin dal 2007 e da allora alcun interesse pubblico era stato prospettato, e alcuna verifica statica e sismica dell'immobile era stata effettuata.
Ne consegue che il giudice dell'esecuzione ha fatto corretta applicazione dei principi ermeneutici sopra riportati ed in particolare quello affermato nella sentenza di questa Corte (Sez. 3, n. 25824 del 22/05/2013, Rv. 257140), nella quale è stato ribadito il principio secondo cui l'esistenza di un interesse pubblico prevalente sul ripristino dell'assetto urbanistico violato non può fondarsi su valutazioni di carattere generico, come avvenuto nel caso in esame. Dunque, la Corte d'appello, conformandosi ai principi sopra enunciati, legittimamente escluso, nella specie, l'effetto ostativo della demolizione della delibera comunale, per quanto già detto, stante l'assenza di una seria valutazione in termini di attualità degli interessi pubblici alla conservazione dell'opera e della mancanza di contrasto con rilevanti interessi urbanistici.
Infine, del tutto privo di fondamento è l'ulteriore motivo di violazione di legge per aver interferito con la potestà amministrativa in quanto la disapplicazione dell'atto amministrativo illegittimo è prevista dalla legge (sin dalla L. n. 2248 del 1865) e non determina alcuna venuta meno dell'atto amministrativo, disapplicato dal giudice ordinario, che rimane "in vita" e potrà essere annullato/revocato dal giudice amministrativo o dalla stessa autorità che lo ha emesso, e dunque alcuna interferenza nella sfera discrezionale della pubblica amministrazione può ravvisarsi.
4. I ricorsi devono essere rigettati e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2016.
Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2016