Cass. Sez. III n. 8750 del 1 marzo 2023 (CC 6 dic 2022)
Pres. Rosi Est. Andronio Ric. PM in proc. Tiano
Urbanistica.Reati edilizi e messa alla prova

La praticabilità della sospensione con messa alla prova nei reati edilizi, formalmente ricompresi nella cornice edittale che consente l’applicazione dell’istituto, passa obbligatoriamente per l’eliminazione delle conseguenze dannose dei reati in questione, id est per la preventiva e spontanea demolizione dell’abuso edilizio ovvero per la sua riconduzione alla legalità urbanistica ove ricorrano i presupposti per la sanatoria di (doppia) conformità. Tali condotte sono pregiudiziali (in senso logico, ma non necessariamente cronologico) rispetto all’affidamento dell’imputato in prova al servizio sociale e alla verifica del suo positivo esito, ed impongono pertanto al giudice di operare un corretto controllo, anche mediante le opportune e necessarie verifiche istruttorie, sul puntuale e integrale raggiungimento dell’obiettivo dell’eliminazione delle conseguenze del reato edilizio, non potendosi ammettere che venga dichiarata l’estinzione del reato, per compiuta e positiva probation, in presenza di un abuso non completamente demolito o non integralmente sanato – ricorrendone le condizioni – sul piano urbanistico.



RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 20 luglio 2022, il Tribunale di Nocera Inferiore ha disposto, per la durata di 13 mesi, la sospensione del procedimento con messa alla prova nei confronti di Tiano Francesco, imputato per il reato di cui agli artt. 110, 349, secondo comma, e 61, primo comma, n. 2), cod. pen. perché, in concorso con altri, quale custode giudiziario di un immobile abusivo, violava i sigilli e proseguiva i lavori edili con ultimazione degli stessi e realizzazione delle rifiniture.

2. Avverso l’ordinanza il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Salerno ha proposto ricorso per cassazione, denunciando, con un unico motivo di ricorso, la violazione degli artt. 168-bis, secondo comma, cod. pen. e 464-bis, comma 4, lettera b), cod. proc. pen., in considerazione della mancanza di uno dei requisiti di ammissione richiesti ai fini dell’adozione dell’ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova, ovvero la previsione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nel caso di specie identificabili nella prosecuzione dei lavori edili abusivi con l’ultimazione dei medesimi fino alle rifiniture, previa violazione dei sigilli, così da rendere l’immobile, oggetto di sequestro preventivo, suscettibile di essere adibito ad abitazione, essendo gli ambienti arredati e muniti di tutti i servizi necessari.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
1.1. Preliminarmente risulta opportuno riaffermare la sussistenza della legittimazione a ricorrere per cassazione ex art. 464-quater, comma 7, cod. proc. pen. in capo al pubblico ministero avverso l’ordinanza che, in accoglimento della richiesta dell’imputato, abbia disposto la sospensione del procedimento con la messa alla prova, al fine di contestare l’insussistenza dei requisiti richiesti dall’art. 168-bis cod. pen. e dall’art. 468-bis, comma 4, lettera b), cod. proc. pen., escludendo, per converso, che tale potere di impugnazione possa essere legittimamente esercitato nel momento in cui vi sia stato l’esito positivo della messa alla prova dichiarato con sentenza di merito estintiva del reato (ex multis, Sez. 5, n. 5093 del 14/01/2020, Rv. 278144; Sez. 3, n. 6046 del 27/09/2016, dep. 2017, Rv. 268828; Sez. U., n. 33216 del 31/03/2016, Rv. 267237).
1.2. Venendo allo specifico profilo oggetto di contestazione, va premesso che è da escludere, a dispetto dell’incompiutezza della disposizione normativa di cui all’art. 168-bis cod. pen. che, in presenza dei reati inclusi nella forbice edittale prevista, l’imputato possa esercitare un diritto alla messa alla prova, restando al giudice il solo sindacato di verifica della ricorrenza dei presupposti formali: al contrario, la concessione del beneficio della sospensione del procedimento con messa alla prova, ai sensi dell’art. 168-bis cod. pen., è rimessa al potere discrezionale del giudice e postula un giudizio volto a formulare una prognosi positiva riguardo all’efficacia riabilitativa e dissuasiva del programma di trattamento proposto e alla gravità delle ricadute negative sullo stesso imputato in caso di esito negativo (ex multis, Sez. 4, n. 9581 del 26/11/2015, dep. 2016, Rv. 266299); la pretesa funzione deflattiva non costituisce, infatti, lo scopo della probation, la quale, senza incidere sul rilievo penale del fatto e senza troncare il processo, al fine di favorire il recupero alternativo dell’autore del reato, avvia un sub-procedimento che, seguendo da presso l’esperimento della prova, nel caso auspicabile di buon esito, si conclude con la declaratoria di estinzione del reato. Escluso dunque ogni automatismo, va ancora considerato che secondo la testuale previsione dell’art. 168-bis cod. pen. la messa alla prova comporta la prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato. L’istituto prevede altresì l’affidamento dell’imputato al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra l’altro, attività di volontariato di rilievo sociale, ovvero l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali. La lettura della disposizione evidenzia chiaramente – come dimostra la posizione attribuita nel comma e il successivo uso del termine “altresì” – che il legislatore ha inteso assegnare rilievo prioritario, e pregiudiziale rispetto all’affidamento dell’imputato al servizio sociale, all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato: deve essere allora chiaro che la mera eventuale prestazione delle attività in seno al servizio sociale non esplica alcuna efficacia, ai fini del positivo superamento della messa alla prova, in assenza di condotte teleologicamente volte, e concretamente ed univocamente idonee, all’eliminazione del danno o del pericolo derivante dal reato. Da quanto detto deriva – per venire alla materia che occupa – che la praticabilità della sospensione con messa alla prova nei reati edilizi, formalmente ricompresi nella cornice edittale che consente l’applicazione dell’istituto, passa obbligatoriamente per l’eliminazione delle conseguenze dannose dei reati in questione, id est per la preventiva e spontanea demolizione dell’abuso edilizio ovvero per la sua riconduzione alla legalità urbanistica ove ricorrano i presupposti per la sanatoria di (doppia) conformità (ex multis, Sez. 3, n. 36822 del 14/09/2022, Rv. 283664; Sez. 3, n. 53640 del 18/07/2018, Rv. 275183; Sez. 3, n. 39455 del 10/05/2017, Rv. 271642). Tali condotte sono pregiudiziali (in senso logico, ma non necessariamente cronologico) rispetto all’affidamento dell’imputato in prova al servizio sociale e alla verifica del suo positivo esito, ed impongono pertanto al giudice di operare un corretto controllo, anche mediante le opportune e necessarie verifiche istruttorie, sul puntuale e integrale raggiungimento dell’obiettivo dell’eliminazione delle conseguenze del reato edilizio, non potendosi ammettere che venga dichiarata l’estinzione del reato, per compiuta e positiva probation, in presenza di un abuso non completamente demolito o non integralmente sanato – ricorrendone le condizioni – sul piano urbanistico. Dunque, nella materia edilizia, la corretta applicazione, da parte del giudice, della sospensione del processo con messa alla prova passa, doverosamente, per la preventiva verifica della avvenuta effettuazione, da parte dell’imputato, di condotte atte a ripristinare l’assetto urbanistico violato con l’abuso, o mediante la sua piena e integrale demolizione ovvero mediante la sua riconduzione, ove possibile, alla legalità attraverso il rilascio di un legittimo (e dunque non condizionabile all’esecuzione di futuri interventi) titolo abilitativo in sanatoria.
1.3. Nondimeno, i principi appena menzionati si riferiscono alle violazioni contravvenzionali edilizie e urbanistiche, la cui oggettività giuridica corrisponde alla tutela sostanziale del corretto assetto del territorio, ma non possono trovare applicazione in relazione ad un reato contro la pubblica amministrazione, quale la violazione di sigilli, che solo occasionalmente si vede collegato alla prosecuzione di una attività edilizia abusiva. Prova ne è il fatto che il legislatore non abbia previsto per tale fattispecie di delitto la conseguenza della confisca o della demolizione dell’opera edilizia, abusivamente realizzata attraverso la violazione dei sigilli e la successiva prosecuzione dell’attività di edificazione vietata. Dunque, deve ribadirsi che la messa alla prova può essere condizionata alla preventiva verifica della avvenuta effettuazione, da parte dell’imputato, di condotte atte a ripristinare l’assetto urbanistico violato con l’abuso, solo quando vi è specifica contestazione di violazioni urbanistico-edilizie.

2. Da quanto precede consegue ammissibilità del ricorso, sul rilievo che la mancanza della prescrizione di condotte ripristinatorie aventi per oggetto i lavori edili abusivi – nell’ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova e nel programma di trattamento elaborato dall’ufficio per l’esecuzione penale – appare legittima.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 06/12/2022.