Cass.Sez. III n. 47434 del 21 dicembre 2011 (Ud.24 nov. 2011)
Pres.Teresi Est.Amoresano Ric.Rossi
Urbanistica.Committente e  responsabilità
Il committente dei lavori edilizi risponde dell'illecito previsto dall'art. 44, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 ove non vigili sull'osservanza, da parte dell'esecutore, della normativa edilizia, in quanto questi è titolare di una posizione di garanzia derivante dalla predetta normativa. (In motivazione la Corte ha precisato che la responsabilità del committente trova fondamento proprio nell'omissione di vigilanza cui questi è tenuto in considerazione del fatto che l'opera soddisfa un suo preciso interesse).
REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:        Udienza pubblica
 Dott. TERESI    Alfredo          - Presidente  - del 24/11/2011
 Dott. FIALE     Aldo             - Consigliere - SENTENZA
 Dott. AMORESANO Silvio           - Consigliere - N. 2507
 Dott. GAZZARA   Santi            - Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. ANDRONIO  Alessandro       - Consigliere - N. 23678/2011
 ha pronunciato la seguente: 
SENTENZA
 sul ricorso proposto da:
 1) Rossi Giancarlo, nato il 9.7.1941;
 avverso la sentenza del 6.4.2011 della Corte di Appello di Trieste;
 sentita la relazione fatta dal Consigliere Dr. Silvio Amoresano;
 sentite le conclusioni del P.G., Dr. Lettieri Nicola, che ha chiesto  			dichiararsi inammissibile il ricorso.
 OSSERVA
 1) Con sentenza resa in data 6.4.2011 la Corte di Appello di Trieste,  			in parziale riforma della sentenza emessa il 4.2.2010 dal Tribunale  			di Udine, sez. dist.di Cividale del Friuli, con la quale Rossi  			Giancarlo era stato condannato, previo riconoscimento delle  			circostanze attenuanti generiche, alla pena di giorni dieci di  			arresto (sostituiti con la corrispondente sanzione pecuniaria di Euro  			380,00 di ammenda) ed Euro 5.000,00 di ammenda per il reato di cui al  			D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. b) ascritto  			("perché, in qualità di proprietario, in concorso con Comini  			Maurizio esecutore dei lavori, realizzava il riordino fondiario dei  			terreni contraddistinti catastalmente al foglio n. 19 mappali n. 188  			e 244 del Comune censuario di Povoletto con degli interventi di  			rilevanza urbanistico-ambientale, segnatamente effettuando dei lavori  			di sbancamento con asportazione di materiale ghiaioso e riporto del  			terreno vegetale (ml. 3,80) in quantità superiore al limite di  			quaranta centimetri previsto dalla L.R. n. 52 del 1991, art. 6, comma  			2, in assenza di concessione edilizia"), concedeva all'imputato il  			beneficio della sospensione condizionale della pena e confermava nel  			resto.
 Riteneva la Corte che gravasse sul committente l'obbligo di  			accertarsi della esecuzione dei lavori in conformità delle  			prescrizioni amministrative, con conseguente individuazione, in capo  			all'imputato, di una precisa posizione di garanzia. Era indubitabile,  			poi, la immediata possibilità, anche per un profano, di accertare le  			violazioni poste in essere nella esecuzione dello scavo (esso era  			stato realizzato con una profondità di ben metri 3,80, anziché cm  			40). Sicché il Rossi, con un controllo diligente, avrebbe potuto  			impedire le violazioni poste in essere;
 2) Ricorre per cassazione il Rossi, a mezzo dei difensore,  			denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 192 c.p.p.,  			comma 3. La sentenza impugnata fonda l'affermazione di  			responsabilità dell'imputato sulla testimonianza del coimputato  			Maurizio Comini. Non essendo però ancora passata in giudicato la  			sentenza emessa nei confronti del medesimo, trovava applicazione il  			disposto di cui all'art. 192 c.p.p., comma 3.
 Con il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione  			dell'art. 533 c.p.p., comma 2. Dalle dichiarazioni del Comini  			emergeva che il Rossi era stato presente sul cantiere fino a quando  			lo scavo aveva raggiunto i 40-60 cm. Una volta asportato il materiale  			autorizzato non vi era alcuna necessità di controlli. Egli si era  			trovato di fronte al fatto compiuto, avendo il Comini proseguito  			gli scavi di sua iniziativa, e , non solo non aveva ottenuto un  			guadagno dall'asporto abusivo, ma aveva subito un danno. Con il terzo  			motivo denuncia la illogicità e contraddittorietà della motivazione  			in relazione alla ritenuta sussistenza dell'elemento psicologico del  			reato.
 3) Il ricorso è manifestamente infondato.
 3.1) Il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44 è reato  			"proprio", dal momento che il precetto penale è diretto non a  			chiunque, ma soltanto a coloro che, in relazione all'attività  			edilizia, rivestono una determinata posizione giuridica o di fatto.  			A norma del cit., art. 29, infatti, il titolare del permesso di  			costruire, il committente e il costruttore sono responsabili, ai fini  			e per gli effetti delle norme contenute nel presente capo, della  			conformità delle opere alla normativa urbanistica, alle previsioni  			di piano nonché, unitamente al direttore dei lavori, a quelle del  			permesso e alle modalità esecutive stabilite dal medesimo".  			3.1.1) Risulta pacificamente accertato dai giudici di merito che: a)  			il Rossi nel settembre 2006 aveva presentato una comunicazione di  			esecuzione di interventi di riordino fondiario e bonifica...per il  			miglioramento produttivo, mediante riporto di terreno vegetale (la  			comunicazione prevedeva che l'area interessata dai lavori non sarebbe  			stata superiore ad un ettaro, che i movimenti complessivi di inerti  			non avrebbero superato i 2.000 metri cubi e che lo strato agrario  			superficiale asportato e sostituito non avrebbe ecceduto lo spessore  			di 40 cm; b) il Rossi aveva incaricato della esecuzione dei lavori  			Maurizio Comini, titolare, insieme al padre, della ditta  			"Dordolo"; c) lo scavo eseguito, come emergeva a seguito di  			sopralluogo di personale della Polizia Municipale, era invece  			profondo m. 3,80 (pag.3 e ss. sent.Trib., cui rinvia la Corte di  			Appello).
 Correttamente, pertanto, la Corte di merito, sulla base di tali  			acquisizioni e richiamando anche la giurisprudenza di legittimità,  			ha rilevato che "permane la responsabilità del committente , che  			trova il fondamento nell'omissione della dovuta vigilanza, cui egli  			è tenuto in considerazione del fatto che l'opera soddisfa un suo  			preciso interesse. Ogni committente ha l'obbligo di accertarsi che i  			lavori siano eseguiti in conformità alle prescrizioni  			amministrative.. (Cass.pen.sez.3 n.37299 del 4.10.2006, Rv.235075).  			Il Rossi, in quanto committente, aveva una precisa posizione di  			garanzia derivante dalla normativa sopra richiamata, che gli imponeva  			di esercitare la dovuta vigilanza per impedire qualsiasi violazione.  			A prescindere, quindi, dalle dichiarazioni del coimputato Comini ed  			indipendentemente dal fatto che fosse o meno presente sul cantiere,  			egli era tenuto ad esercitare, con la normale diligenza, la  			necessaria vigilanza. E se l'avesse esercita, come ineccepibilmente  			rileva la Corte territoriale, avrebbe impedito la realizzazione  			dell'evento, potendo anche un profano percepire che lo scavo posto in  			essere si spingeva fino a m.3,80, invece dei 40 cm. consentiti. Il  			ricorrente, quindi, deve rispondere a titolo di colpa, quanto meno  			per omessa vigilanza, del reato contravvenzionale ascritto ( Già il  			Tribunale aveva rilevato in proposito che, anche a voler dar credito  			alla tesi difensiva, "si configurerebbe comunque a carico  			dell'imputato un mancato controllo sull'andamento dei lavori,  			addebitabile a sua colpa" pag.5).
 3.2) Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, con  			condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in  			mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione  			della causa di inammissibilità, al versamento della somma che pare  			congruo determinare in Euro 1.000,00 ai sensi dell'art. 616 c.p.p..  			P.Q.M.
 Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al  			pagamento delle spese processuali, nonché al versamento alla cassa  			delle ammende della somma di Euro 1.000,00.
 Così deciso in Roma, il 24 novembre 2011.
 Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2011
                    



