Cass. Sez. III n. 39796 del 25 settembre 2013 (Cc 10 apr 2013)
Pres. Teresi Est. Andronio Ric.Maduli
Urbanistica.Installazione di cartelloni pubblicitari

La sistemazione di un cartellone pubblicitario richiede il rilascio del preventivo permesso di costruire quando, per le sue rilevanti dimensioni, comporti sotto il profilo urbanistico ed edilizio un sostanziale mutamento del territorio rispetto al suo contesto preesistente (conforme a 39797/2013, non massimata). (In motivazione, la Corte ha osservato che non vi è rapporto di specialità tra la disciplina sanzionatoria penale in materia urbanistica e auto sismica del d.P.R. n. 380 del 2001 e quella amministrativa del D.Lgs. n. 507 del 1993).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. TERESI Alfredo - Presidente - del 10/04/2013
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - SENTENZA
Dott. ROSI Elisabetta - Consigliere - N. 979
Dott. GRAZIOSI Chiara - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ANDRONIO Alessandro - rel. Consigliere - N. 41613/2012
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MADULI DOMENICO N. IL 03/04/1973;
avverso l'ordinanza n. 138/2012 TRIB. LIBERTÀ di CATANZARO, del 03/07/2012;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO;
sentite le conclusioni del PG Dott. Salzano Francesco, rigetto del ricorso.
udito il difensore avv. Durante Olga di Vibo Valentia. RITENUTO IN FATTO
1. - Con ordinanza del 3 luglio 2012, il Tribunale di Catanzaro ha rigettato il ricorso proposto dall'indagato avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip dello stesso Tribunale il 1 giugno 2012, avente ad oggetto un impianto pubblicitario consistente in una struttura a cornice in ferro di m 3 x 2, bifacciale, ancorata al suolo mediante pilastro tubolare in ferro, oltre a 12 plinti costituenti le basi per l'istallazione di 6 cartelloni pubblicitari ottenuti con scavo e posa in opera di calcestruzzo lavorato, in relazione ai reati di cui all'art. 81 c.p., comma 2, D.P.R. n. 309 del 1990, art. 44, comma 1, lett. b), artt. 93, 94 e 95.
2. - Avverso l'ordinanza l'indagato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, deducendo l'erronea applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, del D.Lgs. n. 285 del 1992, del D.P.R. n. 495 del 1992. Secondo la ricostruzione difensiva, spetta ai Comuni determinare, con proprio regolamento e piano particolareggiato, la quantità e la tipologia degli impianti pubblicitari che possono essere installati nel territorio comunale, nonché le modalità e le procedure per ottenere l'autorizzazione all'installazione. Il sistema sanzionatorio per l'inosservanza delle disposizioni del D.Lgs. n. 507 del 1993, del regolamento comunale e del piano generale degli impianti è contenuto nell'art. 24 di tale decreto legislativo. A tale regime si aggiunge quello previsto dall'art. 23 C.d.S. (D.Lgs. n. 285 del 1992) e art. 53 del relativo regolamento di attuazione (D.P.R. n. 495 del 1992). Per la difesa, il regolamento e il piano sono gli strumenti attraverso i quali l'amministrazione comunale esprime le scelte compiute al fine di garantire un'equilibrata protezione della variegata trama di molteplici interessi, di natura urbanistica, edilizia, economica, culturale, viaria, tra loro interferenti, che in diversa misura vengono in rilievo nell'attività pubblicitaria. Ne conseguirebbe che detta normativa avrebbe carattere speciale rispetto a quella generale in materia edilizia contenuta nel D.P.R. n. 380 del 2001, ivi compresa la disciplina antisismica. Il ricorrente giunge a tale interpretazione in considerazione del disposto del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 168, il quale prevede che la collocazione di cartelli o mezzi pubblicitari in violazione delle disposizioni a tutela del paesaggio è punita con le sanzioni amministrative previste dal richiamato art. 23 C.d.S.. A tali considerazioni la difesa aggiunge che, con deliberazione del 22 luglio 2011, la giunta regionale della Calabria ha catalogato gli impianti pubblicitari come opere minori, sottraendoli alle leggi nazionali e regionali in materia di edilizia sismica. Nel caso in esame - prosegue la difesa - la società della quale il ricorrente è legale rappresentante è titolare di regolare autorizzazione all'installazione dell'impianto oggetto di sequestro, che appartiene alla tipologia maggiormente diffusa a livello nazionale ed è infisso al suolo senza uso di calcestruzzo, mediante pilastro tubolare in ferro.
Con un secondo motivo di doglianza, si rileva la violazione dell'art. 125 c.p.p., comma 3, e art. 321 c.p.p., comma 1, perché non vi sarebbe nel provvedimento impugnato una sufficiente motivazione in ordine al concreto ed attuale pericolo della libera disponibilità dell'impianto pubblicitario sottoposto a misura cautelare. La motivazione sul punto concernerebbe - secondo la difesa - esclusivamente i plinti, che non appartengono alla società dell'indagato, ma ad altro soggetto che ha proposto autonoma istanza di riesame; con la conseguenza che il provvedimento di sequestro avrebbe dovuto essere dichiarato nullo dal giudice del riesame. CONSIDERATO IN DIRITTO
3. - Il ricorso non è fondato.
Le pur pregevoli argomentazioni poste dal ricorrente a sostegno del primo motivo di doglianza si scontrano con l'orientamento di questa Corte secondo cui la sistemazione di un'insegna o tabella pubblicitaria richiede il rilascio del preventivo permesso di costruire quando per le sue rilevanti dimensioni comporti mutamento territoriale; atteso che soltanto un sostanziale mutamento del territorio nel suo contesto preesistente, sia sotto il profilo urbanistico che edilizio, fa assumere rilevanza penale alla violazione del regolamento edilizio, con conseguente integrazione del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. b), (sez. 3, 15 gennaio 2004, n. 5328, rv. 227402; sez. 3, 22 ottobre 2010, n. 43249, rv. 248724; sez. 4, 18 gennaio 2007, n. 6382, rv. 236104). Deve rilevarsi, in particolare, che non vi è rapporto di specialità tra la disciplina sanzionatoria penale dettata in materia urbanistica e antisismica dal D.P.R. n. 380 del 2001 e quella, amministrativa pecuniaria, dettata dal decreto legislativo n. 507 del 1993, in materia di imposta comunale sulla pubblicità e pubbliche affissioni, in quanto si tratta di sanzioni poste a tutela di interessi giuridici diversi, presidiando la prima la pubblica incolumità e l'altra il controllo sulle pubbliche affissioni, in relazione al loro contenuto, alla loro natura commerciale, all'applicazione dell'imposta sulla pubblicità.
Nè a tale ricostruzione vale obiettare, come fa il ricorrente, che il D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 168 richiama, per l'apposizione di cartelli con mezzi pubblicitari in violazione delle disposizioni poste a tutela del paesaggio, le stesse sanzioni amministrative previste dal codice della strada, perché la tutela del paesaggio rappresenta un interesse diverso e ulteriore rispetto al corretto assetto dei territorio e soprattutto, alla tutela dell'incolumità pubblica nelle zone sismiche.
Correttamente, dunque, nel caso di specie il Tribunale ha ritenuto sussistente il fumus commissi delicti, in presenza di opere di nuova costruzione, realizzate in zona sismica, stabilmente ancorate al suolo e determinanti una sensibile e durevole trasformazione del territorio.
Quanto al periculum in mora, oggetto del secondo motivo di doglianza, la motivazione adottata dal Tribunale risulta, del pari, pienamente adeguata, perché prende le mosse dalla constatazione che la libera disponbilità dei beni sequestrati potrebbero determinare una protrazione delle conseguenze dannose del reato, in particolare sotto il profilo sismico, ed evidenzia che l'uso dei plinti, indipendentemente dalla proprietà degli stessi, potrebbe consentire all'indagato di impiantare intelaiature per sorreggere altri tabelloni pubblicitari, che potrebbero rappresentare potenziali pericoli per la pubblica incolumità, in ragione della dichiarata sismicità della zona e della vicinanza al ciglio stradale. 4. Ne consegue il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 10 aprile 2013.
Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2013