Cass. Sez. III n. 38001 del 17 settembre 2013 (Ud 16 mag 2013)
Presidente: Squassoni Est.Fiale Ric. Recchia e altri
Urbanistica.Lottizzazione abusiva mediante suddivisione illegittima di edifici già costruiti
Integra il reato di lottizzazione abusiva anche il frazionamento di edifici già costruiti, quando lo stesso si pone in contrasto con le scelte programmatiche sull'uso del territorio compiute dalle competenti autorità locali. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che ha ravvisato la sussistenza del reato con riguardo ad una vicenda di "conversione" di un complesso immobiliare alberghiero in una pluralità di unità immobiliari autonome, attuata mediante plurimi atti di compravendita).
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica SENTENZA P.Q.M.REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA
Dott. SQUASSONI Claudia - Presidente - del 16/05/2013
Dott. FIALE Aldo - rel. Consigliere - SENTENZA
Dott. MULLIRI Guicla - Consigliere - N. 1495
Dott. SARNO Giulio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ORILIA Lorenzo - Consigliere - N. 33002/2012
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso proposto da:
RECCHIA GIUSEPPE N. IL 25/11/1961;
FERRARESI STEFANO N. IL 16/12/1960;
ROMANO LUIGI N. IL 25/01/1964;
avverso la sentenza,n. 468/2010 CORTE APPELLO di TRENTO, del 01/02/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/05/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Enrico Delehaye, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv.to Alessandro Melchioda, il quale ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Trento, con sentenza dell'1.2.2012, in parziale riforma della sentenza 30.7.2010 del Tribunale di Trento - Sezione distaccata di Cles:
a) ha ribadito l'affermazione della responsabilità penale di Recchia Giuseppe, Ferraresi Stefano e Romano Luigi in ordine al reato di cui:
- all'art. 44, lett. c), T.U. n. 380/2001 (per avere - il Recchia quale presidente e gli altri due quali componenti del consiglio di amministrazione della s.r.l. "Creocapital for Holiday" - realizzato una lottizzazione abusiva, mutando la destinazione d'uso del primo, secondo e terzo piano dell'Hotel Castello da alberghiera a residenziale attraverso la stipula di contratti di compravendita con terzi acquirenti di singole unità destinate a privata residenza, in violazione delle prescrizioni del PRG del Comune di Ruffrè - Mendola, che fissava la destinazione esclusivamente alberghiera dell'area su cui sorge l'albergo - in Ruffrè - Mendola e Fondo, dal 25.7.2008);
b) ha confermato la condanna di ciascun imputato, previo riconoscimento di circostanze attenuanti generiche, alla pena - condizionalmente sospesa - di mesi 4 di arresto ed Euro 30.000,00 di ammenda;
c) e, laddove il primo giudice aveva ordinato la confisca di tutto il compendio immobiliare, ha revocato questa disposizione "limitatamente alle quote di comproprietà cedute a terzi con i contratti definitivi di compravendita".
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore degli imputati, il quale - sotto i profili della violazione di legge e della illogicità manifesta della motivazione - ha eccepito:
- la inconfigurabilità della lottizzazione abusiva, in quanto: a) l'attività lottizzatoria potrebbe riguardare esclusivamente il frazionamento di terreni e non di edifici; b) non integrerebbe illecito frazionamento la vendita di quote millesimali di proprietà di un singolo immobile; c) nella specie non vi sarebbe stato aggravamento del carico urbanistico del territorio; d) la cessione di una quota di comproprietà dell'immobile non implicherebbe negazione della gestione unitaria alberghiera;
- la incongruità del disconoscimento della buona fede di essi venditori, non potendosi ravvisare nella loro condotta profili di dolo ed avendo essi confidato nelle assicurazioni di piena legittimità degli atti di compravendita ricevute dal notaio rogante;
- la illegittimità della confisca delle parti dell'immobile non compravendute e per le quali, pertanto, non può configurarsi modifica della destinazione alberghiera.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. È necessario premettere, per la comprensione della vicenda, una ricostruzione essenziale dei fatti.
La società amministrata dagli imputati ha acquistato l'albergo in questione (per il quale era in corso di concessione un contributo pubblico) nell'anno 2005 e lo ha gestito per quattro anni. Ha poi deciso di fare ricorso ad un'operazione di autofinanziamento (asseritamente per effettuare lavori di ristrutturazione senza oneri aggiuntivi per i soci), attraverso la cessione a terzi di alcune unità immobiliari realizzate attraverso l'unione di precedenti camere.
Ha stipulato allo scopo (dal luglio al settembre 2008), a mezzo di un unico notaio, plurimi atti di vendita con acquirenti privati aventi ad oggetto la cessione di quote dell'albergo e la costituzione del diritto di utilizzazione esclusiva, in capo a ciascuno degli acquirenti, di specificate unità immobiliari bicamere. Nell'art. 2 del "regolamento di comunione" allegato agli atti pubblici di trasferimento è stato previsto che:
- "ad ogni quota di proprietà è connesso il diritto di utilizzo pieno, esclusivo e perpetuo dell'unità immobiliare" (lett. b);
- "ciascun proprietario non ha alcun obbligo circa l'utilizzo della propria unità immobiliare ne' per quanto concerne i periodi di utilizzo (per i quali utilizzerà il proprio immobile in piena autonomia senza dovere in qualunque modo darne comunicazione alcuna nè alla parte venditrice ne' tanto meno al soggetto che gestisce le parti comuni) ne' tanto meno per eventuali opere e/o modificazioni interne dell'unità stessa" (lett. c).
In data 13.11.2008, il Servizio turismo della Provincia autonoma di Trento, rilevato che la cessione di quote dell'albergo era in contrasto con la normativa provinciale (art. 5, comma 6, della legge provinciale n. 7/2002), ha disposto la revoca della classifica alberghiera.
In data 22.6.2009, gli acquirenti hanno proceduto ad atto notarile "di rettifica", con cui hanno dichiarato di rinunziare al diritto esclusivo di utilizzo delle singole unità immobiliari già attribuito dagli atti di acquisto e la società alienante e gli stessi acquirenti, quali titolari delle quote di comproprietà, hanno confermato l'obbligo di mantenere la destinazione alberghiera dell'intero complesso immobiliare.
Non risultano elementi concreti per configurare l'esistenza una organizzazione imprenditoriale preposta alla gestione dei servizi comuni ed alla concessione in locazione dei singoli appartamenti compravenduti secondo le regole comuni del contratto di albergo; anzi dai sopralluoghi effettuati è emersa la mancanza, all'esterno dell'edificio, dei segni identificativi dell'attività commerciale (insegna e simili) e del cartellino prezzi all'interno delle singole unità abitative.
Uno degli acquirenti ha richiesto di fissare la propria residenza nell'unità immobiliare acquistata.
2. A fronte di tale situazione di fatto, rileva il Collegio che il fenomeno della "conversione" di un complesso immobiliare alberghiero in una pluralità di unità immobiliari autonome vendute ad acquirenti privati, nella sua configurazione astratta, ha anzitutto un forte impatto sul territorio, sotto il profilo dell'assetto urbanistico di esso, in quanto pregiudica le autonome scelte della programmazione edificatoria e condiziona la pubblica Amministrazione nell'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ma è altresì idoneo a produrre conseguenze negative in termini socio - occupazionali (in primo luogo per la mancata assunzione del personale destinato ad operare nella struttura alberghiera) ed ulteriori pregiudizi all'economia turistica del Comune interessato. 2.1 In relazione a detta fenomenologia la giurisprudenza di questa Corte Suprema ha ravvisato nelle condotte dianzi esplicate (sia pure, talvolta, con i limiti propri dei giudizi in tema di misure cautelari) gli elementi costitutivi del reato di lottizzazione abusiva, nella prospettiva finale della tutela del bene, di rango costituzionale (artt. 3, 9 e 32 Cost.), rappresentato dal territorio, ovvero dall'habitat in cui l'uomo vive ed opera e che incide direttamente sulla qualità individuale e sociale della vita. È stato così inquadrato nella fattispecie lottizzatoria il sostanziale conferimento di un diverso assetto ad una porzione di territorio comunale, con "significativa trasformazione" della organizzazione complessiva di detto territorio messa a punto dagli strumenti urbanistici anche attraverso il coordinamento delle varie destinazioni d'uso (da ciò discende l'assoluta irrilevanza delle argomentazioni riferite dalla difesa, nel caso in esame, alla pretesa carenza di un aggravio del carico urbanistico).
La Corte Costituzionale ha rilevato infatti, al riguardo, che "le destinazioni d'uso degli immobili sono in diretto rapporto con l'assetto del territorio dei Comuni e costituiscono attuazione delle funzioni e degli usi delle zone in cui viene articolato il territorio medesimo, secondo le previsioni della pianificazione comunale" così Corte Cost., 11.2.1991, n. 73.
3. Questa 3^ Sezione, in particolare, con giurisprudenza costante, ha affermato che è configurabile il reato di lottizzazione abusiva mediante modifica della destinazione d'uso nel caso in cui, attraverso la condotta dianzi descritta, venga alterato il complessivo assetto del territorio comunale configurato dallo strumento urbanistico, al quale è affidata la pianificazione delle diverse destinazioni d'uso con assegnazione a ciascuna zona territoriale di determinate quantità e qualità di servizi. Ha rilevato, dunque, che la lottizzazione abusiva può essere integrata - ove sussista contrasto con gli strumenti urbanistici - dalla modifica della destinazione d'uso di una residenza turistico - alberghiera realizzata attraverso la vendita di singole unità a privati "allorché non sussista un'organizzazione imprenditoriale preposta alla gestione dei servizi comuni ed alla concessione in locazione dei singoli appartamenti compravenduti secondo le regole comuni del contratto di albergo", atteso che in tale ipotesi le singole unità perdono la originaria destinazione d'uso alberghiera per assumere quella residenziale.
Quanto alla individuazione della destinazione della struttura immobiliare (alberghiera o abitativa), è stato escluso che si debba tener conto della titolarità della proprietà della stessa, che indifferentemente può appartenere ad un solo soggetto proprietario oppure ad una pluralità di soggetti.
Ciò che rileva, invece, è la configurazione della struttura (anche se appartenente a più proprietari) come albergo ed una configurazione siffatta deve essere caratterizzata dalla "concessione in locazione delle unità immobiliari ad una generalità indistinta ed indifferenziata di soggetti e per periodi di tempo predeterminati".
Se manca questa destinazione ad un pubblico generalizzato, ma si destinano parte dei locali costruiti esclusivamente all'utilizzazione dei soggetti proprietari, non si ha più utilizzazione alberghiera, bensì abitativa.
4. La consolidata giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato i principi secondo i quali:
- Può configurare il reato di lottizzazione abusiva la modifica di destinazione d'uso di un complesso alberghiero, realizzata attraverso la vendita di singole unità immobiliari a privati, allorché (indipendentemente dal regime proprietario della struttura) non sussiste una organizzazione imprenditoriale preposta alla gestione dei servizi comuni ed alla concessione in locazione dei singoli appartamenti compravenduti secondo le regole comuni del contratto di albergo, atteso che in tale ipotesi le singole unità perdono la loro originaria destinazione d'uso alberghiera per assumere quella residenziale.
- Irrilevante è la titolarità della proprietà della struttura immobiliare, che indifferentemente può appartenere ad un solo soggetto proprietario oppure ad una pluralità di soggetti. Ciò che rileva, invece, è la configurazione della struttura medesima (anche se appartenente a più proprietari) come albergo ed una configurazione siffatta deve essere caratterizzata dalla "concessione in locazione delle unità immobiliari ad una generalità indistinta ed indifferenziata di soggetti e per periodi di tempo predeterminati".
Se manca questa destinazione dei locali ad un pubblico generalizzato, ma si destinano parte dei locali costruiti esclusivamente all'utilizzazione dei soggetti proprietari, non si ha più utilizzazione alberghiera, bensì abitativa.
- Si ha lottizzazione abusiva allorquando il frazionamento anzidetto si ponga in contrasto con specifiche previsioni dello strumento urbanistico generale, come ad esempio nel caso in cui detto strumento, nella zona in cui è stato costruito l'albergo, non preveda utilizzabilità diversa da quella turistico - alberghiera. - Il reato di lottizzazione abusiva mediante modifica della destinazione d'uso da alberghiera a residenziale è configurabile anche nell'ipotesi in cui lo strumento urbanistico consenta l'utilizzo della zona ai fini residenziali: sia quando il complesso alberghiero sia stato edificato alla stregua di previsioni urbanistico - edilizie derogatorie non estensibili ad immobili residenziali; sia allorquando la destinazione d'uso residenziale comporti la necessità di incrementare gli standards richiesti per l'edificazione alberghiera e tali standards aggiuntivi non risultino reperibili ovvero reperiti in concreto.
5. Sono questi i principi che devono presiedere alla valutazione della vicenda concreta in esame, ove il presupposto dell'illiceità risiede nella incompatibilità della destinazione residenziale con la strumentazione urbanistica vigente.
La Corte di merito, con corretta applicazione di tali principi, ha accertato, e ne ha dato conto con motivazione diffusa e razionale, che:
- il trasferimento di "quote" della proprietà dell'albergo, valutato in sè stesso, potrebbe essere considerato legittimo solo allorquando fosse restata immanente la gestione alberghiera dell'intero immobile, ma - nella vicenda che ci occupa - l'assegnazione di specifiche unità immobiliari di esclusiva pertinenza evidenzia l'intimo nesso di connessione tra la c.d. "quota" e porzioni ben individuate dell'intero compendio immobiliare e tale connessione rende palese un espediente dissimulatorio al fine di aggirare il divieto di lottizzazione posto dal legislatore;
- non sono state messe a disposizione e concesse in locazione ad una generalità indistinta ed indifferenziata di soggetti le unità immobiliari vendute a privati;
- non esiste una organizzazione imprenditoriale (non di tipo essenzialmente condominiale) che abbia continuato a gestire come "albergatore" i servizi comuni ed abbia dato in locazione, secondo le regole del contratto di albergo, anche i singoli appartamenti compravenduti.
Va rilevato, in proposito, che le anzidette condizioni di gestione (riscontrate insussistenti) devono essere integrate con riferimento a tutti gli appartamenti ricompresi nell'autorizzazione di esercizio alberghiero, e non ad alcuni soltanto di essi, e non possono ovviamente riconnettersi a precarie e contingenti decisioni di alcuni proprietari che abbiano deciso di locare temporaneamente gli immobili di proprietà esclusiva.
6. Infondata è l'eccezione secondo la quale - alla stregua della formulazione letterale dell'art. 30, comma 1, del T.U. n. 380/2001 e tenuto conto del principio di tassatività delle previsioni penali - il reato di lottizzazione abusiva sarebbe configurabile esclusivamente nei confronti del venditore e degli acquirenti di "terreni illegittimamente frazionati" e non invece di "edifici già costruiti".
Va rilevato, infatti, che le Sezioni Unite - già con la sentenza 28.11.1981, ric. Giulini - hanno affermato che, per la configurabilità del reato all'epoca previsto dall'art. 17, lett. b) - ultima ipotesi, della L. n. 10/1977, la nozione di "lottizzazione dei terreni a scopo edilizio" allora posta dalla Legge Urbanistica n. 1150 del 1942, art. 28, modificato dalla L. n. 765/1967 non comprendeva soltanto i casi di frazionamento di area, ma (alla stregua della ratio legis e degli interessi tutelati) doveva "essere estesa sino a comprendere qualsiasi forma di insediamento urbano, non autorizzabile o non legittimamente autorizzato, realizzato attraverso l'utilizzazione edilizia del territorio": ciò perché si determina in ogni caso il pregiudizio delle autonome scelte programmatiche sull'uso del territorio, riservate dalla legge alla competenza del Comune, nonché il condizionamento della pubblica Amministrazione ad eseguire le correlate opere di urbanizzazione primaria e secondaria ed a sopportare i relativi costi.
Solo un'interpretazione siffatta, già secondo la pronuncia in oggetto, "sembra poter comprendere le varie e diverse accezioni del termine lottizzazione, nei momenti e negli aspetti eterogenei e multiformi, effettivi o simulati, nei quali essa ha dimostrato, nel tempo, di potersi concretizzare e sviluppare".
7. La giurisprudenza ormai costante di questa Corte è orientata nel senso che la contravvenzione di lottizzazione abusiva, sia negoziale sia materiale, possa essere commessa anche per colpa vedi, tra le molteplici pronunzie in tal senso, Cass., Sez. 3^: 25.2.2011, n. 7238, Cresta; 3.2.2011, n. 3886, Lotito; 29.4.2009, n. 17865, Quarta;
2.10.2008, n. 37472, Belloi; 7.4.2008, n. 14326, Zortea; 5.3.2008, n. 9982, Quattrone; 12.10.2005, n. 36940, Stiffi; 13.10.2004, n. 39916, Lamedica.
Non è ravvisabile, infatti, alcuna eccezione al principio generale stabilito per le contravvenzioni dall'art. 42 c.p., comma 4. Il venditore non può predisporre l'alienazione degli immobili in una situazione produttrice di alterazione o immutazione circa la programmata destinazione della zona in cui gli stessi sono situati ed i soggetti che acquistano devono essere cauti e diligenti nell'acquisire conoscenza delle previsioni urbanistiche e pianificatorie di zona.
Questa Sezione ha già enunciato il principio secondo il quale, nell'illecito lottizzatorio, non può ritenersi assiomaticamente sussistente la buona fede del venditore e dell'acquirente per il solo fatto che essi si siano rivolti ad un notaio quale pubblico ufficiale rogante (vedi Cass., Sez. 3^, 28.2.2013, n. 15981, P.M. in proc. Moretti).
Le parti stipulanti infatti - proprio al fine specifico di non fare emergere elementi indiziari di uno scopo lottizzatorio dell'attività negoziale - potrebbero rendere dichiarazioni non veritiere, surrettiziamente incomplete o nebulose, oppure produrre documentazione parziale e non corrispondente alla realtà. Lo stesso notaio, infine, potrebbe concorrere alla lottizzazione abusiva, sia contribuendo con la propria condotta alla realizzazione dell'evento illecito (facendo proprio il fine degli autori del reato, magari anche con attiva induzione propiziatoria) sia per violazione del dovere della normale diligenza professionale media esigibile ai sensi dell'art. 1176 c.c., comma 2.
L'intervento del notaio non garantisce una sorta di "ripulitura giuridica" della originaria illegalità dell'immobile abusivo, permettendo che esso resti definitivamente radicato sul territorio, nè può consentire all'acquirente di godere di un acquisto dolosamente o colposamente attuato in ordine ad un bene di provenienza illecita ed al costruttore abusivo di conseguire comunque il suo illecito fine di lucro. Argomentandosi in senso difforme (come efficacemente rilevato in dottrina) lo scempio territoriale, che è intollerabile perché perpetrato in violazione anche dei doveri di solidarietà sociale di cui all'art. 2 Cost., diventerebbe praticamente intoccabile e la cultura dell'illegalità diventerebbe diritto acquisito.
Nella fattispecie in esame evidenti profili quanto meno di colpa emergono dal fatto che i venditori ed il notaio avevano il dovere di conoscere sia la destinazione esclusivamente alberghiera impressa alla zona dalla pianificazione comunale sia la disciplina provinciale di settore applicabile, sicché ha costituito condotta quanto meno negligente ed imprudente quella di separare singole unità residenziali da un compendio immobiliare alberghiero. Sembra comunque razionalmente configurarsi, piuttosto, il fraudolento ricorso ad uno strumento giuridico in sè legittimo ma surrettiziamente utilizzato a scopo illecito e sul comportamento dello stesso notaio rogante sarebbero stati opportuni approfondimenti investigativi. 8. Mentre dei motivi di ricorso fino a questo punto esaminati è stata evidenziata l'infondatezza, appare invece meritevole di accoglimento l'ultima eccezione in esso svolta nella parte in cui si lamenta vizio di motivazione quanto alla disposta conferma della confisca delle parti dell'immobile non compravendute (nella sentenza di primo grado si fa riferimento ad un edificio di sei piani, dei quali soltanto tre sarebbero stati trasformati).
Il problema è quello della proporzionalità di tale disposizione ablatoria, che ha riguardato la totalità del compendio immobiliare alberghiero pure a fronte dell'accertata trasformazione edilizia ed urbanistica soltanto di una parte di esso.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. 3^: 8-10-2009, n. 39078, Apponi; 2-10-2008, n. 37472, Belloi):
- nel caso in cui si accerti un preventivo frazionamento di un'area abusivamente lottizzata, preordinato ad agevolarne l'utilizzazione a scopo edilizio, la confisca prevista dall'art. 44, comma 2, del T.U. n. 380/2001 investe l'intera area interessata da tale frazionamento nonché dalla previsione delle relative infrastrutture ed opere urbanizzative, indipendentemente dall'attività di edificazione posta concretamente in essere;
- nell'ipotesi, invece, in cui non sia stato predisposto un frazionamento fondiario e tuttavia si sia conferito, di fatto, un diverso assetto ad una porzione di territorio comunale, la confisca va limitata a quella porzione territoriale effettivamente interessata dalla vendita di lotti separati, dall'edificazione e dalla realizzazione di infrastrutture.
Qualora la lottizzazione abbia riguardato non un fondo ma un edificio, a giudizio del Collegio, deve essere affermata comunque la necessità di garantire il mantenimento di un giusto equilibrio tra le esigenze dell'interesse generale della comunità (il buono e ben ordinato assetto del territorio) e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo.
In questa prospettiva va rilevato che, nella fattispecie in esame, la Corte di merito non ha spiegato quale sia l'attività lottizzatoria che abbia riguardato le parti dell'immobile non compravendute con contratti definitivi ed anzi neppure le ha identificate attraverso la specificazione della consistenza e delle caratteristiche di tali parti. È stato omesso, in particolare, ogni riferimento alle possibilità concrete di prosecuzione della gestione alberghiera a fronte della cessione a terzi di quote di comproprietà e nel rispetto della normativa provinciale vigente; non è stato specificato se e quali opere edilizie abbiano interessato le parti residue; non si è fatto riferimento a significative condotte prodromi che a vendite ulteriori ovvero ad altre attività preordinate ad una trasformazione delle parti non trasferite che risultino incompatibili con la destinazione alberghiera. 9. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Trento limitatamente alla disposta confisca delle parti immobiliari che non sono state trasferite a terzi, demandandosi ad nuova valutazione di merito la sussistenza dei presupposti della disposizione ablatoria. Il ricorso deve essere, invece, rigettato nel resto.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla disposta confisca e rinvia ad altra Sezione della Corte di appello di Trento. Così deciso in Roma, il 16 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2013