Impiego abusato ed abusivo del Codice EER 191212

di Mauro SANNA

pubblicato su unaltroambiente.it. Si ringraziano Autore ed Editore

Premessa

Un panorama completo delle modalità di gestione dei rifiuti solidi urbani in Italia e dei codici adottati per la loro classificazione è fornito dal Rapporto Rifiuti Urbani pubblicato dall’ISPRA nel 2020 del quale si riprendono alcuni dati utili in questa sede.

Gli impianti di trattamento meccanico biologico

Nel 2019 la quantità di rifiuti solidi urbani inviata ai 130 impianti di trattamento meccanico biologico aerobico (TMB) (di cui 27 con il solo trattamento meccanico (TM)) è stata pari a quasi 9,9 milioni di tonnellate. Questi per 7,8 milioni di tonnellate erano costituiti da rifiuti urbani indifferenziati trattati, per oltre 1,3 milioni di tonnellate da rifiuti derivanti dal trattamento dei rifiuti urbani, per quasi 513 mila tonnellate da altre frazioni merceologiche di rifiuti urbani (carta, plastica, metalli, legno, vetro e frazioni organiche da raccolta differenziata) e, infine, per 213 mila tonnellate da rifiuti speciali provenienti da comparti industriali (settore conciario, agro industria, lavorazione del legno) e dal trattamento di altri rifiuti, appartenenti alla sottosezione dell’elenco europeo 19 12 00.

Da tali impianti di trattamento sono stati prodotti 8,7 milioni di tonnellate di materiali/rifiuti, costituiti da:

  • frazione secca: circa 4,5 milioni di tonnellate;
  • CSS: quasi 1,6 milioni di tonnellate;
  • frazione organica non compostata: oltre 1,2 milioni di tonnellate;
  • biostabilizzato: oltre 752 mila tonnellate;
  • bioessiccato: 186 mila tonnellate;
  • frazioni merceologiche avviate a operazioni di recupero, incluso il riciclaggio, quali carta, plastica, metalli, legno, vetro: 169 mila tonnellate.
  • frazione umida: quasi 46 mila tonnellate;
  • percolato: oltre 229 mila tonnellate;
  • altri rifiuti pericolosi riferibili al codice EER 19 12 11*: 978 tonnellate.

Il codice EER 19 12 12 è stato utilizzato dai gestori degli impianti per identificare sia la frazione secca, sia gli scarti di trattamento e, talvolta, anche per indicare la frazione umida.

Lo smaltimento in discarica

Nel 2019 in Italia sono risultate operative 131 discariche per rifiuti non pericolosi e pericolosi nelle quali sono state smaltite circa 6,3 milioni di tonnellate costituite da rifiuti urbani tal quali e da rifiuti provenienti dal trattamento dei rifiuti urbani.

I rifiuti smaltiti sono stati identificati con i codici EER 19 05 01:parte di rifiuti urbani e simili non compostata, 19 05 03:compost fuori specifica, 19 05 99: rifiuti non specificati altrimenti, rappresentati per lo più da scarti del trattamento aerobico dei rifiuti urbani, 19 06 04: digestato prodotto dal trattamento anaerobico dei rifiuti urbani, 19 12 10: rifiuti combustibili e 19 12 12: materiali misti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti.

Dei rifiuti inviati in discarica, 4 milioni di tonnellate provengono dai TMB e sono costituiti principalmente dalla frazione secca (quasi 2,6 milioni di tonnellate), dalla frazione organica non compostata (quasi 936 mila tonnellate) e dal rifiuto biostabilizzato (quasi 435 mila tonnellate).

Il pretrattamento dei rifiuti urbani smaltiti in discarica avviene con operazioni di trattamento sia di tipo meccanico che meccanico biologico, mentre i rifiuti urbani smaltiti in discarica senza trattamento preliminare ammontano a 287 mila tonnellate e la quantità totale dei rifiuti urbani biodegradabili smaltiti in discarica è stata pari a 3.769.984 di tonnellate.

Gli impianti di incenerimento

Nel 2019 sono stati avviati ai 37 impianti di incenerimento con recupero di energia esistenti circa 2,3 milioni di tonnellate di rifiuti di origine urbana costituiti, principalmente, dalla frazione secca (circa 1,1 milioni di tonnellate), dal CSS (quasi 944 mila tonnellate) e dalla frazione organica non compostata (quasi 195 mila tonnellate).

Sempre nel 2019 al coincenerimento in impianti produttivi (cementifici, impianti di produzione energia elettrica e lavorazione legno) sono stati avviati quasi 567 mila tonnellate di rifiuti, costituiti da CSS (quasi 393 mila tonnellate) e da frazione secca (quasi 144 mila tonnellate).

In totale negli inceneritori sono stati smaltiti, con operazioni R1 e D10, rispettivamente: 6.297.446 tonnellate e 28.668 tonnellate di rifiuti.

Altri trattamenti

Oltre 935 mila tonnellate di rifiuti sono state destinate ad ulteriori trattamenti quali biostabilizzazione, produzione e raffinazione di CSS, trattamenti preliminari che hanno interessano la frazione secca (oltre 632 mila tonnellate), il CSS (oltre 144 mila tonnellate), la frazione organica non compostata (quasi 98 mila tonnellate) e la frazione umida (41 mila tonnellate).

Nel 2019 il quantitativo della frazione umida inviata a trattamento integrato anaerobico/aerobico è stato pari a 2,5 milioni di tonnellate.

Quasi 321 mila tonnellate di rifiuti dei TMB sono state conferite all’estero.

Da tali dati si ricava che solo una quantità ridotta di rifiuti urbani viene inviata all’incenerimento mentre una maggior quantità è abbancata in discarica previo trattamento meccanico o meccanico biologico negli impianti TMB.

Di fatto i TMB vengono spesso a costituire semplicemente degli impianti finalizzati alla separazione dei rifiuti solidi urbani in due frazioni quella secca e quella umida, classificate con i codici EER più svariati indipendentemente da quelli che ad esse competerebbero per origine e caratteristiche del rifiuto. I TMB quindi vengono ad essere considerati come impianti di trattamento degli RSU propedeutici al loro smaltimento in discarica, sebbene della frazione umida solo una minima quantità è sottoposta ai processi di stabilizzazione e di compostaggio e della frazione secca separata solo una parte è inviata a combustione con recupero di energia.

Da un tale panorama emerge quindi che la gestione dei rifiuti solidi urbani non avviene in conformità a quanto previsto dalla normativa comunitaria, sotto diversi aspetti:

  • le modalità di gestione dei rifiuti solidi urbani
  • la classificazione dei rifiuti che scaturiscono dalla loro gestione
  • Le modalità di smaltimento in discarica.

La normativa comunitaria

Il BRef riguardante i rifiuti: Documento di riferimento relativo ai rifiuti edito dalla Commissione europea nel 2018 che elenca le migliori tecniche disponibili.

Tra i trattamenti previsti al paragrafo 3.3 prevede il trattamento meccanico dei rifiuti con potere calorifico:

3.3.1 Panoramica

Questa sezione copre i metodi e i processi di trattamento principalmente utilizzati per ottenere un materiale da rifiuti non pericolosi in modo che possa essere utilizzato come combustibile. Tuttavia, alcuni metodi di trattamento possono produrre output che possono essere utilizzati per scopi diversi dal combustibile.

3.3.2 Processi e tecniche applicati

Scopo

Lo scopo principale è quello di preparare un materiale combustibile da rifiuti solidi non pericolosi, in alcuni casi rifiuti solidi urbani (RSU). Questa sezione tratta anche la preparazione dei combustibili solidi mediante raggruppamento e miscelazione.

La funzione principale della preparazione del combustibile è migliorare i materiali selezionati in modo da ottenere uno specifico combustibile

Nel caso di materie prime prive di frazione biodegradabile, l’impianto potenzia l’alimentazione principalmente mediante rimozione di materiali non combustibili .

Nel caso di materie prime con una frazione biodegradabile su cui viene effettuato un trattamento biologico eseguito in aggiunta a quello meccanico, questo è trattato nella Sezione 4.4 relativa a trattamento meccanico biologico (MBT).

Principio di funzionamento

I rifiuti in ingresso vengono selezionati e triturati principalmente per ottenere un combustibile più omogeneo, che non contenga materiali putrescibili bagnati o inerti pesanti (pietre, vetro, rottami metallici, ecc.). Altre operazioni e attrezzature utilizzate sono, ad esempio, setacciatura, separatori, frantoi, vagliatura e picking.

Le tecnologie di preparazione del combustibile solido variano notevolmente a seconda della fonte e del tipo di rifiuti, e delle specifiche fornite dal cliente / impianto di combustione.

È molto importante tenere presente che i rifiuti sono una miscela eterogenea di materiali, soprattutto rifiuti solidi urbani. Pertanto, trattando i rifiuti con una specifica tecnologia di preparazione durante la produzione del combustibile, il produttore lo rende più omogeneo.

La tabella 3.15 mostra i valori calorifici tipici dei diversi tipi di rifiuti.

Tabella 3.15: Poteri calorifici tipici dei diversi tipi di rifiuti

Tipologia di rifiuto Potere calorifico (MJ/kg)
Monoflusso 15-25
Rifiuti misti industriali/commerciali 10- 25
Rifiuti solidi urbani 6 -11
Rifiuti misti 10-20
Lotti di legno 14 18
Fanghi di depurazione 3- 10

4.4 Trattamento Meccanico biologico (MBT)

In questa sezione vengono descritte solo tecniche specifiche relative all’MBT. Quando necessario, si fanno riferimenti incrociati alle relative sezioni meccaniche e/o biologiche.

4.4.1 Processi e tecniche applicati

Scopo

Il trattamento meccanico biologico (MBT) è solitamente finalizzato al recupero di materiali per uno o più scopi e alla stabilizzazione della frazione organica dei rifiuti residui. I vantaggi pratici degli impianti MBT sono:

• recupero di materiali riciclabili;

• riduzione dei volumi di rifiuti;

• riduzione del contenuto di sostanza organica dei rifiuti che vengono avviati allo smaltimento finale (discarica o incenerimento).

Un altro scopo dell’MBT è quello di scomporre il materiale per ulteriori lavorazioni (ad es. preparazione di combustibili solidi di scarto). La digestione biologica ha lo scopo di ridurne il peso, e di rendere inerti eventuali materiali organici biologicamente attivi (tipicamente chiamati ‘residuo stabilizzato’). I valori tipici per la perdita combinata di acqua e materiali biodegradabili possono essere compresi tra il 20 % e il 35 %, principalmente a seconda della durata del trattamento. Ulteriori riduzioni del volume dei rifiuti inviati in discarica possono essere ottenute mediante separazione meccanica dell’output e possono essere anche superiori al 60 %.

Principio di funzionamento

Gli impianti MBT riducono notevolmente l’umidità estraendo, riducendo, recuperando e stabilizzando il contenuto organico dei rifiuti. Tali trattamenti prevedono una separazione meccanica del rifiuto, un trattamento biologico (anaerobico e/o aerobico) della frazione organica, ed eventualmente un’ulteriore separazione meccanica.

Le fasi biologiche del processo di trattamento meccanico biologico dei rifiuti residui sono per la maggior parte identiche a quelle impiegate per il compostaggio e la digestione anaerobica dei rifiuti organici raccolti in modo differenziato. Tuttavia, l’MBT ha requisiti rigorosi per quanto riguarda il trattamento meccanico e alcuni macchinari per il trattamento biologico a causa del suo spettro di input più ampio e delle materie prime più eterogenee. L’MBT richiede anche uno sforzo meccanico maggiore per estrarre una quantità significativa di materiale che non resiste al trattamento biologico, ad esempio la frazione grossolana altamente calorica e metalli ferrosi e non ferrosi. Laddove possibile, la frazione grossolana subisce un’ulteriore lavorazione e differenziazione. I rifiuti residui normalmente tendono anche ad avere un rischio potenziale molto più elevato di macchie di contaminazione e un livello significativamente più alto di contaminanti rispetto ai rifiuti organici raccolti separatamente. [141, UBA Germania 2013 ]

Flussi di alimentazione e output

In linea di principio, molti tipi di materiali di scarto possono essere accettati in un impianto MBT. I materiali scomposti e digeriti nella fase biologica includono carta e cartone, prodotti organici verdi/da cucina e il contenuto organico contenuto in pannolini, imballaggi, tessuti, alcuni tipi di fanghi di depurazione, ecc. In genere, nell’impianto entrano solo rifiuti misti e indifferenziati. Tuttavia, alcune normative europee e modifiche nei processi di trattamento escludono o limitano alcuni tipi di rifiuti. Alcuni esempi sono i rifiuti pericolosi, rifiuti per i quali è obbligatorio un trattamento speciale a causa della normativa comunitaria (es. Regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, recante norme sanitarie in materia di sottoprodotti di origine animale e prodotti derivati non destinati al consumo umano e che abroga il regolamento (CE) n. 1774/2002 (regolamento sui sottoprodotti di origine animale)), i rifiuti per i quali non è appropriato un trattamento biologico e i rifiuti che causano l’inibizione dell’attività biologica.

Il contenuto di umidità dei rifiuti è estremamente variabile, ma ci si aspetterebbe che i rifiuti domestici abbiano un contenuto di umidità di almeno il 40-50%.

Il materiale in uscita dagli impianti MBT è notevolmente ridotto in peso e, se adeguatamente stabilizzato, le sue emissioni nell’aria (ad esempio di odore e metano) rispetto al materiale non trattato potrebbero essere ridotte di circa il 90-98% una volta posto in discarica. Questi dati sono variabili e dipendono fortemente da come viene calcolata la riduzione delle emissioni (es. generazione di gas e attività respiratoria) e dal livello di decomposizione/stabilizzazione dell’output (determinato da es. domanda di ossigeno, contenuto di carbonio organico totale (TOC), gas- potenziale di formazione). In alcuni paesi, l’output può essere recuperato o utilizzato come copertura di una discarica se la contaminazione è sufficientemente bassa, oppure può essere messo in discarica. La qualità del prodotto in uscita non è generalmente accettabile per un uso diffuso a causa dei contaminanti legati sia al contenuto di inerti (vetro, plastica, ecc.) sia al contenuto di metalli pesanti derivante da altri rifiuti immessi nel flusso (batterie, ecc.). Altri output sono frazioni combustibili e materiali riciclabili (ad esempio metalli, plastica). La Tabella 4.24 di seguito fornisce una panoramica dell’output dei processi MBT, a seconda della configurazione del processo.

Processi e materiali in uscita

Bioessiccazione aerobica

Materiali riciclabili (variano a seconda della configurazione ma generalmente metalli ferrosi e non ferrosi, plastica), RDF o SRF, Fini inorganici e inerti

Biostabilizzazione aerobica

Materiali riciclabili (variano a seconda della configurazione ma generalmente ferrosi e non ferrosi metalli, plastica), Plastiche e altri residui inorganici non idonei alla biostabilizzazione e alla produzione di materiali separati e frazione organica trattata, Frazione organica separata e trattata o rifiuto biostabilizzato, Fini inorganici e inerti

Biostabilizzazione aerobica per produrre CDR

Materiali riciclabili (variano a seconda della configurazione ma generalmente ferrosi e non ferrosi metalli, plastica) Materiale inorganico, Rifiuti biostabilizzati idonei per CDR o discarica, Fini inorganici e inerti

Digestione anaerobica

Biogas, Digestato con possibile utilizzo come additivo, CDR a basso potere calorifico (CV) o additivo per il ripristino delle discariche, Materiali riciclabili (variano a seconda della configurazione ma generalmente ferrosi e non ferrosi metalli, plastica), Plastiche e altri residui inorganici non adatti alla digestione anaerobica, Fini inorganici e inerti

Le BAT Conclusion

Decisione di esecuzione (UE) 2018/1147 della Commissione del 10 agosto 2018 che stabilisce le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili ((BAT – BEST AVAILABLE TECHNIQUES)) per il trattamento dei rifiuti, ai sensi della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio.

In questa sede le conclusioni sulle BAT interessano non per le tecniche elencate e descritte, che è possibile utilizzare per garantire un livello ottimale di protezione dell’ambiente, ma esclusivamente per individuare quali siano le operazioni previste dall’allegato I della direttiva 2010/75/UE relative allo smaltimento e al recupero di rifiuti pericolosi e non pericolosi.

Le attività dell’allegato I della direttiva 2010/75/UE, che vengono prese in considerazione sono:

— 5.1. Lo smaltimento o il recupero di rifiuti pericolosi, con capacità di oltre 10 Mg al giorno, che comportano il ricorso a una o più delle seguenti attività ( omissis)

— 5.3. a) Lo smaltimento dei rifiuti non pericolosi, con capacità superiore a 50 Mg al giorno, che comporta il ricorso ad una o più delle seguenti attività ed escluse le attività contemplate dalla direttiva 91/271/CEE del Consiglio (1):

i) trattamento biologico;

ii) trattamento fisico-chimico;

iii) pretrattamento dei rifiuti destinati all’incenerimento o al coincenerimento;

iv) trattamento delle ceneri;

v) trattamento in frantumatori di rifiuti metallici, compresi i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e i veicoli fuori uso e relativi componenti.

b) Il recupero, o una combinazione di recupero e smaltimento, di rifiuti non pericolosi con una capacità superiore a 75 Mg al giorno, che comporta il ricorso ad una o più delle seguenti attività ed escluse le attività contemplate dalla direttiva 91/271/CEE:

i) trattamento biologico;

ii) pretrattamento dei rifiuti destinati all’incenerimento o al coincenerimento;

iii) trattamento delle ceneri;

iv) trattamento in frantumatori di rifiuti metallici, compresi i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e i veicoli fuori uso e relativi componenti.

Qualora l’attività di trattamento dei rifiuti consista unicamente nella digestione anaerobica, la soglia di capacità di siffatta attività è fissata a 100 Mg al giorno.

Nel medesimo documento si definiscono:

  • Trattamento meccanico biologico (Mechanical Biological Treatment – MBT) Trattamento dei rifiuti solidi misti che combina il trattamento meccanico con un trattamento biologico, come il trattamento aerobico o anaerobico
  • Trattamento dei rifiuti con potere calorifico
  • Trattamento dei rifiuti di legname, oli usati, rifiuti plastici, solventi esausti ecc., per ottenere un combustibile o consentire un migliore recupero del loro potere calorifico.

Allegato VIII alla parte II del D.Lgs.152/06

In ossequio a quanto previsto nella Decisione sopra detta, l’allegato VIII alla parte II del D.Lgs.152/06 prevede al paragrafo 5.3 le operazioni di gestione dei rifiuti che debbono essere assoggettate all’autorizzazione Integrata Ambientale:

a) Lo smaltimento dei rifiuti non pericolosi, con capacità superiore a 50 Mg al giorno, che comporta il ricorso ad una o più delle seguenti attività ed escluse le attività di trattamento delle acque reflue urbane, disciplinate al paragrafo 1.1 dell’Allegato 5 alla Parte Terza:

1) trattamento biologico;

2) trattamento fisico-chimico;

3) pretrattamento dei rifiuti destinati all’incenerimento o al coincenerimento;

4) trattamento di scorie e ceneri;

5) trattamento in frantumatori di rifiuti metallici, compresi i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e i veicoli fuori uso e relativi componenti.

b) Il recupero, o una combinazione di recupero e smaltimento, di rifiuti non pericolosi, con una capacità superiore a 75 Mg al giorno, che comportano il ricorso ad una o più delle seguenti attività ed escluse le attività di trattamento delle acque reflue urbane, disciplinate al paragrafo 1.1 dell’Allegato 5 alla Parte Terza:

1) trattamento biologico;

2) pretrattamento dei rifiuti destinati all’incenerimento o al coincenerimento;

3) trattamento di scorie e ceneri;

4) trattamento in frantumatori di rifiuti metallici, compresi i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e i veicoli fuori uso e relativi componenti.

Qualora l’attività di trattamento dei rifiuti consista unicamente nella digestione anaerobica, la soglia di capacità di siffatta attività è fissata a 100 Mg al giorno.

L’elenco europeo dei rifiuti

Il catalogo europeo dei rifiuti è l’Elenco Europeo del Rifiuto, (EER) che definisce, secondo la direttiva 75/442/ CEE, il termine rifiuti come: “qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell’allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi”. L’allegato I è denominato Elenco europeo dei rifiuti (List of wastes) e si applica a tutti i rifiuti, siano essi destinati allo smaltimento o al recupero .

L’elenco dei rifiuti riportato nella decisione 2000/532/Ce è stato trasposto in Italia nel D.Lgs. 152/2006 (recante “Norme in materia ambientale”), nell’allegato D alla parte quarta; con la decisione 2014/955/Ue (entrata in vigore il 1º giugno 2015) sono stati aggiunti all’elenco tre nuovi codici (l’elenco comprende 842 voci) e sono state modificate le descrizioni relative ad alcune voci esistenti.

La premessa all’allegato D con un improvvido provvedimento contenuto nella legge 31 maggio 2021, n. 77 è stato cassato.

La sottosezione dell’Elenco che interessa in questa sede, contiene le seguenti voci:

19 12 00 Rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti (ad esempio selezione, triturazione, compattazione, riduzione in pellet) non specificati altrimenti

19 12 01 carta e cartone

19 12 02 metalli ferrosi

19 12 03 metalli non ferrosi

19 12 04 plastica e gomma

19 12 05 vetro

19 12 06* legno contenente sostanze pericolose

19 12 07 legno diverso da quello di cui alla voce 19 12 06

19 12 08 prodotti tessili

19 12 09 minerali (ad esempio sabbia, rocce)

19 12 10 rifiuti combustibili (CDR: combustibile derivato da rifiuti)

19 12 11* altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, contenenti sostanze pericolose

19 12 12 altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, diversi da quelli di cui alla voce 19 12 11

La normativa delle discariche

Il Decreto Legislativo 121/2020, di attuazione della Direttiva 2018/850 che modifica la Direttiva 1999/31/CE, che ha modificato ed integrato il precedente D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36 prevede:

l’art. 2 comma 1 lett. h) definisce “trattamento”: i processi fisici, termici, chimici o biologici, incluse le operazioni di cernita, che modificano le caratteristiche dei rifiuti, allo scopo di ridurne il volume o la natura pericolosa, di facilitarne il trasporto, di agevolare il recupero o di favorirne lo smaltimento in condizioni di sicurezza.

l’articolo 7 – Criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica

1. I rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo trattamento. Tale disposizione non si applica:

a) ai rifiuti inerti il cui trattamento non sia tecnicamente fattibile;

b) ai rifiuti il cui trattamento non contribuisce al raggiungimento delle finalità di cui all’articolo 1, riducendo la quantità dei rifiuti o i rischi per la salute umana e l’ambiente. La Regione autorizza gli impianti di discarica a ricevere senza trattamento rifiuti indicati nell’Allegato 8, ove siano rispettate le condizioni indicate al medesimo allegato, quando ritenga che il trattamento non contribuisca al raggiungimento delle finalità di cui all’articolo 1, e salvo che non ritenga comunque necessario il trattamento al fine di conseguire un maggiore livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso. Le successive modifiche all’Allegato 8, adottate ai sensi dell’articolo 16-bis, assicurano che non venga pregiudicato il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla direttiva 2008/98/Ce, in particolare per quanto riguarda la gerarchia dei rifiuti e l’aumento della preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio.

La relativa normativa tecnica prevista dal D.Lgs.3.9.2020 n. 121, All.8, definisce i criteri tecnici per stabilire quando il trattamento non è necessario per lo smaltimento dei rifiuti in discarica e prevede i metodi per la misurazione dell’IRDP.

La norma Uni EN ISO 21640:2021 (Solid recovered fuels https://www.standardsiteh.ai)

La norma Uni EN ISO 21640:2021 classifica i combustibili solidi da recupero in cinque classi, distinte in ordine decrescente di qualità, in funzione delle seguenti caratteristiche: il potere calorifico, il contenuto di mercurio ed il contenuto di cloro.

  • Potere calorifico netto (NCV) espresso come media aritmetica in MJ/kg (sul tal quale)
  • Cloro (Cl): espresso come media aritmetica in % in massa (sul secco)
  • Mercurio (Hg) espresso come mediana 80° percentile, mg/MJ (sul tal quale)

Considerazioni

Quale sia la differenza tra le modalità di gestione dei rifiuti solidi urbani in Italia ed i canoni normativi vigenti, risulta evidente dalla semplice comparazione tra quanto in essi stabilito ed i comportamenti effettivamente adottati.

Infatti il trattamento meccanico biologico, previsto dalla normativa comunitaria esclusivamente per il recupero energetico dei rifiuti combustibili e per il recupero di materia, adottato per questi scopi negli altri Paesi della Comunità (BRef), nel nostro Paese invece viene in generale finalizzato solo alla semplice separazione degli RSU in due frazioni: umido e secco.

Questa operazione, che quindi resta fine a sé stessa e non è utilizzata per produrre materiale combustibile dal secco e materiale fertilizzante o comunque stabilizzato dall’umido, come previsto dalla normativa, viene ad essere contrabbandata come trattamento utile allo smaltimento degli RSU in discarica. Come se la semplice separazione del rifiuto urbano in due frazioni potesse soddisfare quanto previsto dall’art 7 del D.Lgs. 36/03 e potesse essere considerata un trattamento adeguato a determinare qualche beneficio ambientale quando è abbancato in discarica.

È evidente però che la semplice separazione degli RSU in due frazioni non può considerarsi un trattamento adeguato ai fini del loro smaltimento in discarica. Infatti realizzando solo tale operazione non vengono ad essere modificate sufficientemente le caratteristiche dei rifiuti urbani originari, così da ridurne il volume o la natura pericolosa, da facilitarne il trasporto, permetterne il recupero, e garantire che il loro smaltimento in discarica avvenga in conformità con la normativa Italiana e Comunitaria.

Si deve comunque rilevare, come evidenziato nel rapporto ISPRA sopra ricordato, che anche nel nostro Paese vi sono numerosi impianti dai quali una parte della frazione cosiddetta secca prodotta è inviata come combustibile da rifiuto o anche come CCS negli impianti di termovalorizzazione e la frazione umida è sottoposta alla stabilizzazione quale trattamento propedeutico al conferimento in discarica, così come previsto dalla normativa.

Infatti per la frazione umida, quando si attua la sua digestione aerobica o anaerobica in modo corretto ed adeguato, questa operazione costituisce un trattamento conforme a quanto stabilito dall’art 7 del D.Lgs. 36/03 perché determina una riduzione del volume ed agevola il suo smaltimento in discarica.

Perché da questa operazione oltre il rifiuto stabilizzato, fatta eccezione per il percolato residuo prodotto dalla fermentazione, smaltito come rifiuto liquido, non si producono altri rifiuti a meno che il trattamento non venga ulteriormente spinto sottoponendo il rifiuto stabilizzato ad una successiva raffinazione con produzione di scarti minerali inerti.

In questi impianti la separazione degli RSU in due frazioni non resta quindi solo fine a sé stessa ma in essi si raggiunge lo scopo di ridurre il volume o la natura pericolosa dei rifiuti da inviare in discarica.

Diversamente, negli altri impianti, in cui le due frazioni umida e secca prodotte, rispettivamente non vanno alla stabilizzazione ed alla termovalorizzazione ma sono semplicemente conferite in discarica, si genera spesso anche una elevata quantità di rifiuto qualificato come scarto classificato con il codice EER 19 12 12: altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, diversi da quelli di cui alla voce 19 12 11 , scarto che, per la sua elevata percentuale, può anche non giustificare l’operazione di selezione.

Tuttavia se si verifica il potere calorifico di questo scarto, si evidenzia che esso è nettamente superiore a quello minimo, considerato ammissibile per i combustibili solidi secondari dalla Norma UNI ISO 21640 del luglio 2021, pari a 3 MJ/Kg e che tale valore è anche supportato dalle generali basse concentrazioni di cloro e di mercurio che potrebbero altrimenti costituire un impedimento alla sua utilizzazione come combustibile.

Anche quando il potere calorifico non è documentato, comunque la effettiva composizione dello scarto evidenzia che esso è costituito anche per più del 80 % da legno, carta, plastica, tessili ed organico cioè da materiali combustibili.

Queste caratteristiche del cosiddetto scarto, qualificato generalmente con il codice EER 19 12 12 generano due fondamentali osservazioni o per dirla più chiaramente esse pongono in evidenza che frequentemente nella gestione degli RSU e degli scarti che si generano nella loro manipolazione negli impianti di trattamento meccanico biologico, TMB, si realizzano due comportamenti in contrasto con la normativa e pertanto abusivi.

L’elevato contenuto di materiale combustibile nel cosiddetto scarto del TMB dimostra, da una parte che, in contrasto con la normativa, il trattamento adottato non è stato svolto in modo corretto cioè in modo completo al fine di separare effettivamente tutti i rifiuti secchi combustibili, evitando così che siano abbancati in discarica elevati volumi di rifiuti, non soddisfacendo perciò quanto prescritto dall’art, 7 del D.Lgs. 36/03.

Un trattamento più spinto avrebbe infatti potuto separare una maggior quantità di rifiuti combustibili destinandoli al recupero energetico, riducendo la quantità di scarti da abbancare in discarica

La presenza di elevate quantità di scarti classificati con il codice EER 19 12 12 dimostra perciò che non è stato effettuato un trattamento completo ed adeguato degli RSU al fine di separare effettivamente la frazione di rifiuto combustibile.

La rilevante concentrazione di materiale combustibile, presente nello scarto dell’operazione di separazione dell’umido dal secco svolta nel TMB, per altro verso dimostra anche che l’assegnazione del codice EER 19 12 12 allo scarto è errata.

Infatti, per quanto sopra detto, questo scarto è costituito per la maggior parte della sua composizione da rifiuti combustibili e quindi il codice che gli compete a norma della decisione 2000/532/Ce trasposta in Italia nell’allegato D alla parte quarta del Dlgs 152/2006, contenente l’Elenco Europeo dei Rifiuti, è il codice EER 19 12 10 rifiuti combustibili (CDR: combustibile derivato da rifiuti) e non il codice EER 19 12 12 altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, diversi da quelli di cui alla voce 19 12 11 .

Questo perché dalla sua caratterizzazione, come detto, tale scarto risulta avere un potere calorifico nettamente superiore a quello minimo ammesso per i combustibili solidi secondari dalla Norma UNI ISO 21640 del luglio 2021 o comunque una composizione con un rilevante contenuto di materiali combustibili.

Il codice EER 19 12 12 infatti è il codice residuale della sottosezione dell’Elenco 19 12.00: rifiuti prodotti dal trattamento meccanico di selezione, in cui sono elencate tutte le possibili frazioni che possono derivare dalla selezione dei rifiuti.

Le categorie di questa sottoclasse, come è evidente, sono individuate sulla base della loro composizione: carta, vetro, tessili ecc, o in funzione delle loro caratteristiche fisiche quali appunto quelle combustibili.

La frazione EER 19 12 10: rifiuti combustibili d’altra parte non poteva mancare nell’Elenco Europeo Rifiuti considerato quanto previsto dalle BRef in materia di trattamento di rifiuti che, come sopra evidenziato, almeno relativamente agli RSU, considera l’operazione di selezione esclusivamente finalizzata al recupero energetico.

In conclusione, in numerosi impianti di trattamento meccanico biologico presenti in Italia, la gestione dei rifiuti urbani, per un duplice motivo, avviene in netto contrasto con la normativa.

Ai rifiuti considerati scarti dell’operazione di separazione dell’umido dal secco, è applicato il codice EER 19 12 12, abusando di tale codice, in quanto la frazione di rifiuti a cui viene in generale assegnato, costituita prevalentemente da rifiuti combustibili, non può essere considerata per composizione uno scarto del trattamento meccanico di selezione.

In questo modo, assegnando il codice EER 19 12 12, ai rifiuti combustibili inviati in discarica, a cui compete il codice EER 19 12 10, classificando un rifiuto con il codice di un altro, essi sono oggetto di una classificazione abusiva, perché in violazione della decisione 2000/532/Ce, trasposta nell’allegato D alla parte quarta D.Lgs. 152/2006, che prevede appunto che a ciascun rifiuto sia assegnato il codice che gli compete.

Questa classificazione permette così di inviare in discarica un rifiuto che per composizione non può considerarsi uno scarto di selezione e che, come rifiuto combustibile con codice EER 19 12 10 che gli compete, altrimenti non vi potrebbe essere conferito.

In questo modo, però, i rifiuti solidi urbani e quelli che da essi derivano per semplice frazionamento nei TM, senza che su di essi sia effettuata alcuna reale operazione che modifichi le caratteristiche dei rifiuti, riducendone il volume e la natura pericolosa, sono di fatto inviati in discarica senza trattamento, in palese contrasto con l’obbligo previsto dall’art.7 del D.Lgs. 121/2020, che ha modificato e integrato il D.Lgs. 2003/36.

Né su di essi viene svolto alcun ulteriore trattamento di raffinazione che, riducendo la quantità di frazione umida presente, ne modifichi in modo evidente le caratteristiche rispetto a quelle di un rifiuto solido urbano, rendendolo quindi più simile ad un rifiuto pienamente combustibile.

Così, in definitiva, in Italia circa 6,3 milioni di tonnellate costituite da rifiuti urbani tal quali e da rifiuti provenienti dal trattamento dei rifiuti urbani, con buona pace della tanto conclamata economia circolare, senza recupero né di materia né di energia, finiscono in discarica.