Cass.Sez. III n. 17492 del 10 maggio 2012 (CC 19 apr.2012)
Pres.Petti Est.Andreazza Ric.Tartaglione
Urbanistica.Ordine di demolizione e determinazione delle modalità esecutive
È affetto da nullità assoluta il decreto di inammissibilità pronunciato "de plano" dal giudice dell'esecuzione avverso l'istanza di annullamento dell'ordine di demolizione delle opere abusive e di fissazione delle modalità esecutive emesso dal pubblico ministero.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. PETTI Ciro - Presidente - del 19/04/2012
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - SENTENZA
Dott. ROSI Elisabetta - Consigliere - N. 911
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ANDREAZZA Gastone - rel. Consigliere - N. 33982/2011
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Tartaglione Giulia, n. a Sant'Antonio Abate il 05/01/1946;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Gastone Andreazza;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. Iacoviello Francesco Mauro nel senso della inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 18/07/2011, il Giudice dell'esecuzione presso il Tribunale di Grosseto, sez. dist. di Orbetello, dichiarava inammissibile l'istanza presentata da Tartaglione Giulia di annullamento dell'ordine di esecuzione di demolizione di opere abusive e fissazione delle modalità esecutive emesso dal P.M. in data 15/06/2011. Osservava il giudice che le ragioni alla base dell'istanza attenevano esclusivamente a profili di economicità della procedura esecutiva, come tali rimessi all'autonoma determinazione del P.M. sicché, non essendo in questione l'esistenza o la validità del titolo esecutivo o di fatti capaci di modificarne gli estremi, mancavano i presupposti per la stessa attivazione della competenza del giudice dell'esecuzione.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l'interessata tramite il proprio Difensore. Premette l'interessata di avere lamentato innanzi al giudice dell'esecuzione la violazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, artt. 61 e 62, posto che il P.M., prima di affidare l'incarico della demolizione ad una impresa privata, come nella specie effettuato, avrebbe dovuto anzitutto richiedere l'intervento delle strutture tecnico - operative del Ministero della Difesa potendo optare per una impresa privata solo ove meno onerosa e, in ogni caso, potendo incaricare tra più imprese private sempre quella meno onerosa (mentre nella specie il costo dell'intervento era stato preventivato in Euro 19.843,90 oltre ad Iva). Aveva poi lamentato disparità di trattamento rispetto ad altre situazioni analoghe di demolizioni da eseguire non risultando che il P.M., come invece avrebbe dovuto, si fosse attenuto a criteri oggettivi di priorità onde procedere alla demolizione di specie. Infine si era lamentata della mancata considerazione, nell'ordine di esecuzione impugnato, delle problematiche, già rappresentate in precedenza, connesse alla necessità di evitare, in corso di demolizione, danneggiamenti degli immobili legittimamente edificati. 3. Con un primo motivo si duole dell'omessa fissazione dell'udienza in camera di consiglio finalizzata a consentire all'interessata di contraddire, posto che l'adozione de piano del provvedimento dovrebbe avvenire solo per le ipotesi, tra cui non è quella di specie, di palmare evidente inammissibilità della richiesta. 4. Con un secondo motivo ripropone la questione della violazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, artt. 61 e 62, non trattata in alcun modo nell'ordinanza impugnata.
5. Successivamente, con memoria difensiva ex art. 611 c.p.p., il ricorrente ha riproposto i motivi di doglianza sottolineando, quanto al parere del P.G., di non fondare l'interesse al ricorso sulla palese antieconomicità della procedura esecutiva, bensì sul fatto che la valutazione dell'economicità della procedura seguita sia, nella specie, del tutto mancata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
6. Con riguardo al primo, pregiudiziale, motivo, si è più volte affermato, da parte di questa Corte, che il decreto di inammissibilità può essere emesso "de plano", in assenza di contraddittorio, solo nelle ipotesi, espressamente richiamate dall'art. 666 c.p.p., comma 2, di manifesta infondatezza dell'istanza, ossia di difetto delle condizioni di legge, intese in senso restrittivo come requisiti non implicanti una valutazione discrezionale, ma direttamente imposti dalla legge, oppure di mera riproposizione di richiesta già rigettata. Ogni qualvolta, invece, si pongano problemi di valutazione che impongono l'uso di criteri interpretativi in relazione al "thema probandum", deve essere data all'instante la possibilità di instaurazione del contraddittorio con il procedimento camerale previsto - sul modello di quello tipico ex art. 127 c.p.p. - dall'art. 666 c.p.p., comma 3 e ss., (Sez. 2, n. 40750 del 02/10/2009, Green, Rv. 245119). Nella specie il giudice ha motivato la manifesta infondatezza sulla base della pretesa non assimilabilità della questione a quelle relative ad esistenza o validità del titolo esecutivo, richiamando in proposito una decisione di questa Corte (Sez. 6, n. 2426 del 28/06/1999, P.M. in proc. Ternullo); va tuttavia osservato che, proprio assumendo che il presupposto per l'attivazione del procedimento di esecuzione sia l'insorgenza di una questione "controvertibile", tanto più se relativa alle modalità esecutive stabilite dal P.M. nel proprio ordine di esecuzione, non si può non ritenere che la questione di specie, relativa alla individuazione dell'organo di cui avvalersi per l'esecuzione della demolizione (Sez. 3, n. 1885 del 18/05/1999, P.M,. in proc. Strambi), sia pienamente suscettibile di rientrare tra le questione demandabili al giudice dell'esecuzione (vedi anche Sez. 3, n. 1140 del 23/03/1999, P.M. in proc. Mundo).
La non manifesta infondatezza della questione dedotta avrebbe dovuto dunque imporre la fissazione di una udienza camerale nel contraddittorio delle parti, alla cui instaurazione il ricorrente aveva e ha un evidente interesse; al contrario, il provvedimento assunto "de plano" fuori dei casi espressamente stabiliti dalla legge, ha comportato una nullità d'ordine generale e di carattere assoluto, tra l'altro rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento, avendo essa comportato l'omessa citazione dell'imputato e l'assenza del difensore nei casi in cui ne è obbligatoria la presenza (Sez. 1, n. 10747 del 18/02/2009, n. 10747, Mastrillo, Rv. 242894; Sez. 1, n. 48214 del 16/12/2008, Amato, Rv. 242661; Sez.3, n. 46786 del 20/11/2008, Bifani; Sez. 3, n. 35500 del 20/06/2007, P.M. in proc. Manzo, Rv. 237529).
L'accoglimento del primo motivo, pregiudiziale rispetto al secondo, comporta l'annullamento con rinvio al Tribunale di Grosseto del provvedimento impugnato, per una nuova deliberazione nelle forme previste.
P.Q.M.
Annulla con rinvio l'ordinanza impugnata al Tribunale di Grosseto. Così deciso in Roma, il 19 aprile 2012.
Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2012