Coronavirus in aria ambiente

di Aldo DI GIULIO

La scienza si interroga se fra l’inquinamento atmosferico e la pandemia dal Coronavirus, SARS-CoV-2 ci sia un nesso scientifico documentabile. L’esposizione agli inquinanti atmosferici antropogenici può sviluppare reazioni infiammatori polmonari influendo negativamente sullo stato di salute dell’uomo.

L’Agenzia Europea dell’Ambiente afferma che nel nostro Paese l’inquinamento atmosferico nel 2018 ha causato decessi anticipati per il PM2,5 (52300), per il biossido di azoto NO2 (10400), per l’ozono, O3 (3000) (1); il Ministero della Salute ha registrato nello Stivale oltre 90000 mortalità per il coronavirus.

Per la ricerca occorre un intreccio e una sinergia fra materie diverse, epidemiologia ambientale, virologia, immunologia e sperimentazioni di nuove tecniche di campionamento e analisi, collaborazione fra enti dediti allo studio del virus.

Lo specchio giuridico dei controlli in aria ambiente risiede in origine nel DPR 203/88 ove l’inquinamento atmosferico viene definito “ogni modificazione della normale composizione o stato fisico dell’aria atmosferica, dovuta alla presenza nella stessa di uno o più sostanze in quantità o con caratteristiche tali da alterare le normali condizioni ambientali e di salubrità dell’aria, da costituire pericolo ovvero pregiudizio diretto o indiretto per la salute dell’uomo da compromettere le attività ricreative e gli altri usi legittimi dell’ambiente, alterare le risorse biologiche e gli ecosistemi ed i beni materiali pubblici e privati”.

Un significativo accertamento sperimentale del SARS-CoV-2 in aria ambiente è l’individuazione del virus nel particolato, PM10, PM2,5 che le Agenzie per la protezione ambiente, ARPA, con le stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria rilevano quotidianamente. ARPA Piemonte, in collaborazione con il Laboratorio di virologia molecolare e ricerca antivirale del Polo Universitario S. Luigi Gonzaga di Orbassano (TO) ha sviluppato un metodo per identificare il virus sia in ambiente indoor che outdoor.

Lo studio ha interessato l’ambiente di vita, del lavoro e l’ambito

domestico.

Il Sistema Nazionale di Protezione Ambiente, SNPA (2), informa che l’indagine di Arpa Piemonte in ambiente esterno finora non ha rilevato il virus; e, “ negli ambiti ospedalieri, ed in particolare all’interno dei reparti con presenza di malati anche caratterizzati da elevati carichi virali, le concentrazioni rilevabili del SARS-CoV-2 sono risultate generalmente molto contenute, anche in virtù dell’elevato tasso di ricambio dell’aria realizzato in tali aree (6-8 ricambi d’aria ogni ora); in ambito domestico, al contrario, le concentrazioni di virus si sono rilevate più consistenti, fino a 40÷50 copie genomiche del virus al metro cubo di aria. Tali valori risultano fortemente influenzabili dalle frequenze di ricambi di aria e dal numero di soggetti positivi presenti nelle abitazioni, oltre che allo sviluppo dei sintomi più comuni della malattia (tosse secca).” Utile conoscere elementi tecnici che determinano i risultati analitici. In ambiente esterno è determinante quantificare l’indice di affollamento del sito monitorato, l’orografia e la densità abitativa della zona, le condizioni meteorologiche con particolare attenzione alla ventosità, le concentrazioni del materiale particellare, PM10, PM2,5 e stante la non rilevabilità finora del coronavirus in ambiente esterno che non esclude la presenza in luogo aperto, stimare l’incertezza del metodo di campionamento e analisi utilizzato. Nell’ambiente ospedaliero, ai fini della correlazione dei valori misurati del virus alle condotte di estrazione dell’aria con i locali interni, verificare il rispetto delle norme tecniche e le prassi di manutenzione preventiva e correttiva dell’impianto di condizionamento, il grado di efficienza dei filtri del condizionatore, la sanificazione periodica con disinfettante (ozono e altro) dell’intero circuito, la certificazione di qualità della ditta di manutenzione e del personale addetto all’ impianto, il grado di saturazione delle degenze ospedaliere, in particolare quelle affette dal Covid-19 e la percentuale di morbilità del personale sanitario.

Negli ambienti domestici con la presenza di malati SARS-CoV-2, ove si rilevano le concentrazioni più elevate delle copie genomiche del virus, si consta che per la riduzione apprezzabile del virus nell’aria di casa monitorata occorrono dai 5 ai 17 giorni. In questo caso per sapere la genesi dei dati analitici rilevati, è necessario conoscere il numero dei residenti nella abitazione oltre alle persone infettate dal Coronavirus, la superfice e i vani della casa, la dimensione della stanza ove è posto il campionatore, (influisce sulla concentrazione del virus), il piano di altezza della abitazione, (gli appartamenti posti ai primi piani potrebbero essere influenzati dal sollevamento del materiale particellare PM10 e PM2,5 caduto a terra, per effetto del traffico, a cui si può aggregare il virus), la frequenza giornaliera dei ricambi di aria dell’abitazione, la pulizia e la sanificazione dei locali, la qualità di movimentazione degli abitanti se in attività al lavoro o pensionati.

Le tecniche di campionamento adottate da Arpa Piemonte a seconda delle misure da effettuare in relazione al luogo di osservazione sono state composte da:

1) un impattatore centrifugo in grado di accelerare il flusso di aria aspirato alla velocità del suono, minimizzare le perdite di evaporazione, mantenere l’infettività e l’integrità delle particelle virali trasferendole direttamente in una soluzione di trasporto adeguata;

2) un campionamento a basso volume per la filtrazione in aria su filtri in PTFE, (teflon) materiale che garantisce la massima capacità di cattura delle particelle virali di dimensioni comprese fra 10 e 900 nanometri;

3) un campionatore ad alto volume per la filtrazione dell’aria su filtri di vetro o quarzo, in grado di aspirare l’intero volume di una stanza in meno di una ora (2) .

Tale ricerca è un contributo prezioso che si aggiunge al progetto Pulvirus svolto da ISS, ENEA, ISPRA e SNPA per conoscere il rapporto fra inquinamento atmosferico e Covid-19, le interazioni fisico- chimiche-biologiche fra polveri sottili e virus, l’epidemiologia connessa.

Nella audizione alla Commissione Ambiente della Camera dei deputati del 9/12/2020 sono stati illustrati i 6 obiettivi del progetto Pulvirus (3):

· Analisi degli effetti delle misure di distanziamento fisico durante il periodo di pandemia da COVID-19: cosa dicono le stazioni di monitoraggio italiane (coordinato da ISPRA).

· Valutazione sull’intero territorio nazionale della riduzione delle emissioni e concentrazioni di inquinanti atmosferici per effetto dell’introduzione di misure per contrastare la diffusione del COVID-19 (coordinato da ENEA).

· Caratterizzazione della composizione chimica e della distribuzione dimensionale del particolato (coordinato da ARPAE-ER).

· Valutazione dell’impatto a larga scala della riduzione delle emissioni sulla composizione atmosferica e sulle concentrazioni ambientali di gas serra (coordinato da ENEA).

· Studio sulle interazioni fisico-chimico-biologiche tra polveri sottili e virus (coordinato da ARPAE-ER).

· Raccomandazioni per il trattamento di campioni di particolato e valutazioni di un modello predittivo di allerta precoce conseguente alla presenza di tracce di COVID-19 sul particolato atmosferico (coordinato da ISS).

Sullo studio circa le interazioni fisico-chimiche-biologiche fra PM (materiale particellare) e virus, il progetto 5 dell’obiettivo interessa:

· Indagare le relazioni tra il PM e virus e di comprendere se tali relazioni svolgano un ruolo nell’incremento della diffusione del virus, nella capacità infettiva del virus e nell’aggravamento degli effetti osservati in COVID-19.

· Compito dell’obiettivo 5 è anche quello di comprendere la diffusione dell’aerosol biologico all’interno di ambienti confinati (indoor).

  • Studio in “silico” di modellistica molecolare dell’interazione diretta

tra le proteine di superfice del virus e PM.

· Studio dell’interazione fra il PM e virus mediante l’utilizzo di un

virus modello e identificazione del microbioma ambientale.

  • Studio degli eventi molecolari derivanti dall’interazione dei

meccanismi di azione del PM e virus.

· Studio dell’interazione della distribuzione del bio-aerosol in ambienti confinati. Quali misure di prevenzione?

In definiva la ricerca si domanda se il PM, il particolato in aria ambiente può aggregare e trasportare il virus con interazioni molecolari, “ senza comprometterne l’integrità e rilasciarlo quando incontra la cellula ospite per consentirgli il legame specifico con i target molecolari”.

(fonte: Audizione Commissione Ambiente Camera deputati 9 dicembre 2020 PULVIRUS un progetto sui legami fra inquinamento atmosferico e COVID-19)

Una campagna di raccolta campioni per analisi biologiche è stata svolta dal 14 novembre al 13 dicembre u.s. in un sito di fondo urbano della pianura padana.

Fondamentale per una ricerca, una campagna di monitoraggio in diversi punti della Penisola, considerando siti con caratteristiche diverse, per livelli di inquinamento atmosferico, densità di abitazione, condizioni meteo, indici di infettività e di decessi da SARS-CoV-2.

Sulla possibile relazione fra il Covid-19 e l’inquinamento atmosferico la Società Italiana di Medicina Ambientale (4), SIMA, ha messo a fuoco la diffusione virulenta dell’epidemia causata dal coronavirus nella Pianura Padana sviluppata nel primo trimestre del 2020 rispetto ad altre aree del Paese. SIMA ha osservato una coincidenza fra i superamenti di legge del particolato, PM10, nel periodo 10-29 febbraio 2019 rapportato al numero di centraline di rilevamento della qualità dell’aria per Provincia e il numero di casi infetti da Covid-19, malattia associata al virus, aggiornati al 3 marzo, considerando un ritardo temporale intermedio al periodo 10-29 febbraio di 14 giorni circa pari al tempo di incubazione del virus fino alla identificazione della infezione contratta. Lo studio di osservazione ha ipotizzato che il particolato costituisca un fattore plausibile sia in modo diretto come “veicolo (carrier)” sia in modo indiretto come “amplificatore (boost)” degli effetti sul polmone del virus. Condizioni ambientali e orografia del territorio concorrono alla diffusione del virus .

A sostegno di questa ipotesi SIMA cita studi precedenti svolti in Cina ove si è osservato l’inquinamento atmosferico in rapporto alle morbilità. Chen P-S ha correlato i casi di infezione di influenza aviaria e le concentrazioni di PM10 e PM2,5 (2010); Ye Q ha rilevato una relazione tra la diffusione del virus respiratorio sinciziale umano nei bambini e le concentrazioni di particolato (2016); Chen G sul numero dei casi di morbillo su 21 città cinesi nel 2013-2014, ha messo in relazione l’aumento di 10µg/m3 di PM2,5 con l’incremento dei casi morbillo (2017); Peng L, ha riscontrato l’incidenza del morbillo con l’esposizione al PM2,5 in Lanzhou, 2020.

La relazione fra l’inquinamento atmosferico e il Covid-19 ha sollevato diverse riserve e obiezioni dalla epidemiologia ambientale per il mancato controllo della autocorrelazione spaziale sia della esposizione che del contagio. Gli studi e i monitoraggi intrapresi da ISS, ISPRA, SNPA ed ENEA potranno fare chiarezza sul nesso fra l’inquinamento atmosferico e il virus.

Bibliografia: 1-Agenzia Europea dell’Ambiente, Air Quality,2020; Ministero della Salute,2021; 2-Sistema Nazionale Protezione Ambiente 12/11/2020; Punto Sicuro 16/2/2021; 3-PULVIRUS. Un progetto sui legami fra inquinamento atmosferico e COVID-19. Audizione alla Commissione Ambiente della Camera dei deputati, 9/12/2020; 4- SIMA, Università di Bologna, Università di Bari, Position Paper; International Jornual of Evironment Research and Public Health, 25 aprile 2020; BMJ Open, 21 agosto 2020.