Consiglio di Stato Sez. IV sent. 2631 del 15 maggio 2003
Pianificazione urbanistica
R
E P
U B B
L I
C A I
T A
L I
A N A
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha
pronunciato la seguente
D
E C I S I O N E
sul ricorso
in appello n. 9764 del 1994, proposto dal Comune di Almè, in persona del
Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli Avv. ti Lucilla Nola e Virgilio
Gaito, elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Roma Piazzale
Clodio, n. 1.
CONTRO
Fonderia
Aricci S.p.A., in persona
del rappresentante legale, rappresentato e difeso dagli Avv. ti Felice Besostri
e Arturo Marzano, elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in
Roma, Via Sabotino, n. 18;
PER
L’ANNULLAMENTO
della sentenza del Tribunale
amministrativo regionale per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia 5
settembre 1994, n. 488.
Visto il ricorso con i relativi allegati.
Visto l’atto di costituzione in
giudizio della Fonderia Arricci.
Viste le memorie prodotte dalle
parti a sostegno delle rispettive difese.
Visti gli atti tutti della causa.
Relatore alla pubblica udienza
del 4 febbraio 2003, il Consigliere Costantino Salvatore.
Uditi l’avv. Gaito per il
Comune ricorrente e l’avv. Marzano per la Fonderia Arricci.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
F
A T T O
Con un primo ricorso al TAR per la Lombardia, Sezione staccata di
Brescia, la Fonderia Arricci S.p.A. GA di Trento, impugnava (ricorso n. 1376/91)
la nota dell’Assessore regionale della Lombardia per il coordinamento del
territorio n. 32004 in data 29 luglio 1991, nella parte in cui stabilisce che il
territorio del Comune di Almè ricade sotto la disciplina dello strumento
urbanistico vigente, con l’applicazione della salvaguardia obbligatoria della
variante generale, e nella parte in cui, tra le modifiche d’ufficio alla
variante generale del vigente PRG, non include quelle richieste dalla
ricorrente, nonché ogni atto presupposto e consequenziale e, in particolare, le
deliberazioni del Consiglio comunale di Almè 11 aprile 1988, n. 656, e 23
giugno 1990, n. 84, recanti rispettivamente l’adozione della variante al PRG e
l’esame delle osservazioni pervenute.
Con
un secondo ricorso (n. 1171/92), la predetta Fonderia impugnava il provvedimento
del Sindaco di Almè 29 giugno 1992, n. 3590, di diniego della concessione
edilizia richiesta in data 17 aprile 1992 per l’ampliamento di un capannone,
nonché la deliberazione di quel Consiglio comunale n. 29 del 29 maggio 1992,
recante adozione della variante e, in particolare, gli artt. 11, 18, 19, 21, 26,
28, 30, 31, 32, 33, 34, 35 e 39 delle N.T.A., le planimetrie di piano e le
deliberazioni consiliari già impugnate con il precedente gravame.
Le
censure dedotte, anche attraverso successivi motivi aggiunti, riguardavano
essenzialmente il mutamento di destinazione dell’area nella quale è
localizzata la Fonderia, in “Zona G2 – Zone commerciali – Terziarie –
Direzionali di ristrutturazione”, ed investivano anche numerosi articoli delle
N.T.A..
Il
Comune di Almè resisteva ai ricorsi, chiedendone il rigetto, ma i gravami erano
accolti con la sentenza in epigrafe specificata, contro la quale il Comune ha
proposto il presente appello.
La
Fonderia Arricci resiste all’appello, che è stato trattenuto in decisione
alla pubblica udienza del 4 febbraio 2003.
D
I R I T T O
1. Il Comune ha prodotto con atto
del 13 gennaio 2003, una serie di documenti, tra i quali la relazione del
tecnico comunale dalla quale risulta che con deliberazioni del Consiglio
comunale 29 maggio 1995, n. 23, 10 giugno 1997, n.26, 17 giugno 1997, n. 27, e
27 aprile 1998, n, 17, è stato adottato il nuovo PRG, successivamente approvato
dalla Giunta regionale della Lombardia con atto 12 gennaio 1998, n. 34155.
Nell’ambito della nuova destinazione di zona, l’area della Fonderia Arricci
è normata come “Ambiti produttivi con rilevanza ai fini della compatibilità
urbanistica B8 con gli indici previsti all’art. 35 delle Norme Tecniche di
Attuazione. Oltre alla disciplina di tale articolo l’area è soggetta alle
prescrizioni specifiche e generali delle Norme del Piano regolatore”.
Secondo la nuova destinazione
urbanistica sono consentiti interventi di manutenzione ordinaria e
straordinaria, interventi di ristrutturazione e di ampliamento dei volumi
esistenti subordinatamente alla presentazione di una perizia planivolumetrica
dell’esistente, con indicazione delle tipologie costruttive, materiali e
caratteristiche dei processi produttivi in atto, mentre l’originaria
previsione di una valutazione di compatibilità urbanistica ex art. 42 del N.T.A
è stata soppressa in sede di modifiche da parte della Regione.
I nuovi parametri edilizi
prevedono la possibilità di mantenere l’altezza degli edifici esistenti,
indici di sfruttamento dello 0,4 della superficie globale e un rapporto di
impermeabilizzazione del 90% con possibilità di ampliamenti planimetrici una
sola volta, in misura non superiore al 10% della superficie utilizzata, in caso
di raggiungimento, al momento di adozione del PRG, dell’indice di sfruttamento
consentito, come nella specie.
In relazione alle nuove
previsioni urbanistiche contenute nel nuovo PRG, contro il quale la Fonderia
Arricci non ha proposto alcuna impugnazione, si sarebbe verificata, ad avviso
del comune di Almè, l’improcedibilità dei ricorsi di primo grado, sia di
quello contro la variante, ormai totalmente superata dal nuovo PRG, sia di
quello contro il diniego di concessione edilizia per applicazione delle misure
di salvaguardia, posto che la nuova disciplina urbanistica prevede una diversa
regolamentazione dell’edificabilità da parte della Fonderia, con conseguente
impossibilità di realizzare il progetto iniziale.
A questo riguardo, la difesa del
Comune rileva che la nuova disciplina è stata accettata anche dalla Fonderia,
come dimostrano le tre concessioni edilizie depositate: la n. 747/98 in data 11
settembre 1998, la n. 784/99 in data 22 gennaio 1999 e la n. 844/2000 in data 16
giugno 2000, con le quali su specifica domanda dell’interessata e
nell’ambito delle previsioni del nuovo PRG, la Fonderia è stata autorizzata,
rispettivamente: all’esecuzione di volume tecnico – impianto necessario al
ciclo produttivo e consistente nella realizzazione di un manufatto per il
contenimento degli impianti necessari a razionalizzare il riciclo della terra
utilizzata per la formazione degli stampi; all’esecuzione di lavori di
ristrutturazione di edificio industriale, consistenti nella parziale chiusura di
due tettoie; all’esecuzione dei lavori di ampliamento di capannone in parziale
variante della concessione n. 784/99.
Dal canto suo, la difesa della
Fonderia assume che nel caso in esame, nonostante il nuovo PRG, permane
l’interesse ad una definizione nel merito, perché. in caso di conferma della
sentenza di primo grado, la sua assistita dovrebbe vedere valutato il progetto
di capannone sulla base della normativa previdente alla variante oggetto di
contestazione, oltre alla possibilità di risarcimento per i danni subiti a
seguito dell’illegittimo diniego a costruire.
2.
Riepilogate le rispettive posizioni delle parti, ritiene la Sezione che la tesi
del Comune sia da condividere.
Dalla
documentazione depositata in atti emerge che, successivamente alla proposizione
del ricorso originario, si è verificato un mutamento della situazione di fatto
e di diritto direttamente incidente sulla sostanziale pretesa della ricorrente,
che priva di qualsiasi utilità l’annullamento dei provvedimenti impugnati in
primo grado e determina la sopravvenuta carenza d'interesse al ricorso.
L’assunto
della Fonderia non considera, da un lato, che il nuovo PRG si sovrappone alla
disciplina urbanistica contenuta nella variante contro la quale è stata
proposta l’impugnativa originaria e, dall’altro lato, che ove, per mera
ipotesi, la sentenza venisse confermata, ciò non comporterebbe, come sostiene
la Fonderia, la reviviscenza della normativa anteriore all’adozione della
variante per la semplice ragione che un tale effetto è riconducibile solo ad
una sentenza passata in giudicato e notificata prima dell’adozione del nuovo
PRG. Circostanza questa assolutamente esclusa nel caso in esame, posto che il
giudicato deriverebbe solo dalla pronuncia di conferma resa in questa sede e,
dunque, posteriormente all’adozione ed approvazione del nuovo PRG.
Com’è
noto, secondo l’orientamento di questo Consiglio di Stato (Cfr. IV Sez. 6
luglio 1979, n. 570, IV Sez. 14 dicembre 1979, n. 1165 e V Sez. 21 novembre
1980, n. 947, nonché VI Sez. 24 aprile 1981, n. 155), ribadito anche di recente
(cfr. Sez. IV, 17 aprile 2002, n. 2031), la carenza d'interesse in ordine
all'annullamento del provvedimento originariamente impugnato, sopravvenuta nelle
more del giudizio di appello, comporta la dichiarazione di improcedibilità, non
soltanto dell'appello, ma altresì dell’originario ricorso proposto davanti al
Tribunale amministrativo regionale, e determina, quando non si verta in ipotesi
di vizio o difetto inficiante la sola fase d'appello, l'annullamento senza
rinvio della sentenza impugnata, ai sensi dell'art. 34, primo comma, L. 6
dicembre 1971, n. 1034.
Come anche di
recente è stato rilevato (Sez. V, 7 marzo 2001, n. 134), poiché il rapporto
processuale non perde la sua unitarietà per il fatto di essere articolato in
gradi distinti (del che sono prova, ad esempio, il permanere della operatività
nel grado superiore delle preclusioni verificatesi in quello inferiore e il
divieto di domande nuove in appello), deve necessariamente ritenersi che, una
volta accertata la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso di primo grado,
questa deve essere dichiarata, d’ufficio (in quanto basata sull’accertamento
della mancanza di una condizione necessaria per far luogo ad una decisione
giurisdizionale che garantisca al ricorrente la tutela di una concreta posizione
di vantaggio) e quindi anche in appello, da qualunque parte proposto.
Da quanto
sopra deriva, come costante giurisprudenza sul punto insegna (cfr. C.d.S., IV, 7
luglio 1979, n. 570, 27 luglio 1982, n. 257 e 30 aprile 1998, n. 709; V, 12
ottobre 1990, n. 715, 1 luglio 1992, n. 501, 21 dicembre 1992, n. 1533 e 8
settembre 1995, n. 1298; VI, 5 dicembre 1992, n. 980 e 18 marzo 1994, n. 386)
che la conseguente dichiarazione di improcedibilità concerne non solo il
giudizio di appello ma anche i ricorsi originari proposti innanzi al TAR,
determinando l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in
applicazione dell’art. 34 legge 6 dicembre 1971, n. 1034, il cui primo comma
dispone che nel giudizio d’appello, qualora si rilevi la nullità del giudizio
introduttivo ovvero l’esistenza di cause estintive o impeditive del giudizio,
il giudice d’appello annulla la decisione impugnata senza rinvio.
Quanto all’assunto che il perdurante interesse alla decisione di merito
specie, con riferimento al diniego di concessione edilizia per applicazione
delle misure di salvaguardia, sarebbe da individuare nella possibilità di
chiedere il risarcimento dei danni subiti a seguito dell’illegittimo diniego
di costruire, osserva il Collegio che nel caso in esame la ricorrente in primo
grado non gode(va) di una posizione di diritto soggettivo.
Come
è stato affermato dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio <
Pertanto,
poiché la posizione del proprietario di un suolo edificabile è qualificabile
solo in termini di mera aspettativa, non sussisterebbero i presupposti per
l’instaurazione di un giudizio risarcitorio. E ciò senza considerare che
nella specie la domanda, essendo stata prospettata in maniera del tutto
generica, sarebbe pure inammissibile.
Alla luce
delle considerazioni che precedono, i ricorsi di primo grado vanno dichiarati
improcedibili per sopravvenuto difetto d’interesse e la sentenza appellata va
annullata senza rinvio.
Le spese dei
due gradi di giudizio possono essere compensate,
sussistendo giustificati
motivi, possono essere
compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sez. IV), definitivamente pronunciando sull’appello in
epigrafe specificato, annulla senza rinvio la sentenza appellata, e dichiara
improcedibili per sopravvenuta carenza d’interesse i ricorsi di primo grado.
Spese ed onorari del doppio grado compensate.
Ordina che la presente decisione
sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma addì 4
febbraio 2003 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), riunito
in Camera di consiglio con l’intervento dei signori:
Stenio Riccio
Presidente
Costantino Salvatore
Consigliere est.
Dedi Rulli
Consigliere
Giuseppe Carinci
Consigliere
Vito Poli
Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE