Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 324, del 21 gennaio 2013
Urbanistica. E’ legittima la clausola convenzionale che subordina il rilascio del certificato di agibilità dell'immobile alla presentazione dell'atto di vincolo a prima casa.

La clausola convenzionale che subordina il rilascio della certificato di agibilità dell'immobile alla presentazione dell'atto di vincolo a prima casa, ha solo l’effetto di modulare consensualmente i successivi segmenti procedimentali, postergando la valutazione dell’abitabilità all’individuazione del fruitore dell’immobile, in modo da monitorare l’effettiva realizzazione del fine sociale per il quale la costruzione degli immobili è stata assentita, e non già di inserire nella valutazione ai fini dell’abitabilità elementi eterogenei rispetto a quelli previsti dal legislatore. Né può trarsi dalla clausola un divieto di vendita o di commercializzazione delle unità immobiliari, atteso che esse sono state edificate proprio al fine di essere adibite a prima casa, ossia di realizzare una funzione sociale particolarmente meritevole che proprio la clausola tende ad assicurare attraverso la previsione di una preliminare fase di monitoraggio, che certamente non preclude la stipula di contratti preliminari di vendita né di quelli definitivi. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00324/2013REG.PROV.COLL.

N. 00823/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 823 del 2012, proposto da: 
Societa' Immobilcommer S.r.l. in persona del l.r.p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Alessandro Calegari, Massimo Carlin, Andrea Manzi, con domicilio eletto presso Andrea Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, 5;

contro

Comune di Asiago in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Vittorio Domenichelli, Mario Sanino, con domicilio eletto presso Mario Sanino in Roma, viale Parioli, 180;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. VENETO – Venezia - Sezione II, n. 00920/2011, resa tra le parti, concernente il rilascio del certificato di agibilità subordinato alla presentazione di atto di vincolo di destinazione d'uso a prima casa.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Asiago;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2012 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Andrea Manzi e Mario Sanino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

La Immobilcommer S.r.l. - società ricorrente nonchè odierna appellante - acquistava, con atto rep. n. 10913 del 27.6.2007, dai coniugi Benetti e Fracaro un’area edificabile inclusa nella lottizzazione “Zocchi di sopra”, in Comune di Asiago, realizzandovi un edificio residenziale plurifamiliare, in forza del permesso di costruire n. 153 dell’11.10.2007.

In calce a tale ultimo titolo edificatorio era apposta la prescrizione che il certificato di agibilità dell’immobile de quo sarebbe stato rilasciato per ogni singola unità abitativa dopo che l’Amministrazione comunale ne avesse conosciuto l’acquirente e quest’ultimo avesse sottoscritto l’atto di vincolo a prima casa.

Una volta realizzato l’immobile, la società ricorrente chiedeva il certificato di agibilità ed il Responsabile dello Sportello Unico per l’Edilizia, con nota prot. n. 17289 del 22.12.2009, ne subordinava il rilascio alla presentazione dell’atto di vincolo a prima casa da parte dell’acquirente.

Non ricevendo richieste di acquisto da parte di soggetti muniti dei prescritti requisiti, e ritenendo la prescrizione immediatamente ostativa alla commerciabilità ed all’utilizzo del bene, la Immobilcommer S.r.l. impugnava la nota, deducendo sia profili di violazione di legge (ai sensi dell’art. 24, comma 1, del d.P.R. n. 380/2001, il certificato di agibilità attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, con la conseguenza che la sua emissione non avrebbe potuto essere subordinata all’assolvimento di adempimenti che non abbiano alcuna relazione con i detti requisiti), che di eccesso di potere (l’aver subordinato il rilascio del certificato di agibilità alla condizione che il soggetto acquirente stabilisca la propria residenza nell’immobile per un ventennio sarebbe stato illogico, legando l’agibilità a requisiti soggettivi del proprietario anziché a condizioni oggettive dell’immobile), ed ancora di violazione di norme regolamentari (all’art. 42, comma 7, delle N.T.A., nel prevedere che nelle zone riservate alla costruzione di prime case vi fosse l’obbligo di destinare le unità immobiliari a residenza permanente con l’istituzione di un vincolo da trascrivere nei registri immobiliari, non si sarebbe spinto sino ad imporre che il vincolo di destinazione a residenza principale fosse addirittura condizione per il rilascio dell’agibilità)

Con motivi aggiunti (stimolati dal tenore dell’ordinanza cautelare reiettiva emessa dal TAR Veneto), la società ricorrente chiedeva altresì la declaratoria di nullità e/o inefficacia della clausola della convenzione di lottizzazione e di quella del permesso di costruire che avevano subordinato il rilascio del certificato di agibilità all’atto di vincolo a prima casa delle unità abitative edificate, sul presupposto che: a) la clausola convenzionale fosse inopponibile ai terzi non sottoscrittori avendo ad oggetto obbligazioni personali, oltre che inefficace per contrasto con l’art, 1379 c.c.; b) per l’effetto, la prescrizione sarebbe stata imposta dall’amministrazione nell’ambito del permesso di costruire, in assoluta carenza di potere.

Il TAR Veneto ha respinto tutte le domande osservando come “dal tenore letterale delle clausole riportate sia nell’atto di compravendita che in calce al permesso di costruire, si desume che la società ricorrente ha fatto propri gli obblighi dedotti nella convenzione urbanistica sottoscritta tra il Comune di Asiago e i sigg.ri Fracaro e Benetti, obbligandosi segnatamente a adempiere al vincolo imposto con l’art. 19 della predetta convenzione”; che in ogni caso “non appare corretta la qualificazione della clausola de qua come divieto di alienare ex art. 1379 c.c.” costituendo invece un obbligo imposto da disposizioni normative che i sottoscrittori hanno accettato al fine di poter costruire; nemmeno potrebbe parlarsi di nullità del permesso di costruire, atteso che “nel caso di specie non si verte in un’ipotesi di carenza in astratto del potere giacché il Comune resistente ha esercitato un potere previsto dall’art. 42 delle N.T.A., introducendo nella convenzione urbanistica e in calce al permesso di costruire n. 153/2007 le clausole contestate, ma tutt’al più si potrebbe configurare un’ipotesi di sviamento di potere”; nessun vizio di illegittimità è inoltre ravvisabile nelle note impugnate, essendo le stesse meramente attuative delle norme convenzionali e della prescrizione contemplata dal permesso di costruire.

La sentenza è ora gravata da Immobilcommer S.r.l. In sintesi, secondo l’appellante essa sarebbe erronea:

1) nella parte in cui è affermato che “l’art. 18 della convenzione di lottizzazione, così come la prescrizione apposta in calce al permesso di costruire n. 153/2007, altro non è che la trasposizione di quanto disposto dall’art. 42 del N.T.A. per le aree civiche, ovverosia per le aree destinate alla nuova edilizia residenziale”, atteso che la prescrizione (e le note attuative) ha ulteriormente imposto la conoscenza della persona dell’acquirente o del locatario e la verifica dei requisiti soggettivi ai fini del rilascio del certificato di agibilità.

2) nella parte in cui è affermato che la società, dichiarando nella compravendita stipulata con i sigg.ri Benetti (danti causa, sottoscrittori della convenzione di lottizzazione) “di ben conoscere ed accettare subentrando nei relativi obblighi ai sensi dell’art. 19 della convenzione” ha fatto proprie anche le clausole limitative dell’agibilità, poichè producendo queste ultimi obbligazioni personali esse non potrebbero che sorgere tra i privati contraenti e non certo in favore del Comune;

3) nella parte in cui ha escluso la qualificazione delle clausole quali “divieto di alienazione” e conseguentemente obliterato che esse possono avere effetto solo “tra le parti” ai sensi dell’art. 1379 c.c.;

4) nella parte in cui ha escluso il ricorrere di un difetto assoluto di potere. Nessuna norma di legge consente all’Ente di subordinare il rilascio di una certificazione di natura igienico sanitaria ad un elemento contrattuale futuro ed incerto. Dette limitazioni sarebbero del resto contrarie all’ordine pubblico, sotto vari profili.

5) nella parte in cui ha stigmatizzato la tardività dell’azione di annullamento in parte qua del permesso di costruire. L’interesse ad impugnare sarebbe sorto solo a seguito dell’espresso diniego del certificato di agibilità

Si è costituito in giudizio il Comune di Asiago, replicando analiticamente su tutte le questioni sollevate ed invocando il rigetto del gravame.

La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 21 dicembre 2012.

DIRITTO

1. E’ necessaria la preliminare ricostruzione del quadro normativo e convenzionale, poichè molte delle questioni esegetiche poste, anche in relazione al tenore dei provvedimenti attuativi, rimandano a tali fonti.

1.1.L’articolo 42, lettera c) delle Norme tecniche attuative dispone, in ordine ai contenuti della convenzione di lottizzazione, che “la convenzione redatta secondo quanto previsto dall'articolo 63 della legge regionale veneto 61/85, stabilisce l'obbligo di destinare le unità immobiliari a residenza permanente, con l'istituzione di un vincolo venticinquennale da trascrivere nei registri immobiliari per la non variazione della destinazione d'uso e per la non alienazione e la non allocazione nella nuova abitazione a società o enti di qualsiasi genere o a persone che già dispongono di una abitazione in proprietà ".

1.2. L'articolo 18 della convenzione stipulata tra il comune di Asiago ed i signori Benetti (originari lottizzanti e danti causa dell’odierna appellante) prevede che le nuove unità immobiliari devono essere "destinate a residenza permanente mediante costituzione di un vincolo ventennale da trascrivere nei registri immobiliari....... come da atto di vincolo che segue alla presente convenzione di cui costituisce parte integrante”.

1.3. Nell'atto di vincolo allegato alla convenzione i privati stipulanti si obbligano per sé e gli aventi causa a qualsiasi titolo, una volta accatastati gli edifici, a trascrivere il vincolo di destinazione sulle singole unità immobiliari quale condizione necessaria per il rilascio dell'abitabilità delle stesse.

1.4. Nel successivo atto pubblico di compravendita tra i signori Benetti e la società Immobilcommer, odierna appellante, è dichiarato, da parte dell’alienante, che gli immobili sono liberi da iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli salva la convenzione urbanistica sottoscritta con il comune di Asiago per la realizzazione del piano di lottizzazione ed il vincolo di destinazione d'uso a residenza permanente di durata ventennale; da parte dell'acquirente “di ben conoscere e di accettare subentrando nei relativi obblighi”.

1.5. Da ultimo, il permesso di costruire ribadisce l’obbligo di trascrizione del vincolo e prescrive che “ il certificato di agibilità sarà rilasciato per ogni singola unità immobiliare solo dopo che sia conosciuto l'acquirente e o il locatario, che si è dimostrato il possesso dei requisiti dello stesso, e sia sottoscritto appunto prima del rilascio dell'agibilità nell'atto di vincolo venticinquennale “prima casa” secondo lo schema approvato dal consiglio comunale ed allegato alla convenzione”.

2. La tesi dell'appellante, non condivisa dal primo giudice, parte dalla considerazione che, pur essendo pacifica l'obbligatorietà del vincolo di destinazione ai sensi dell’art. 42 delle Norme tecniche attuative, la convenzione di lottizzazione prima, ed il permesso di costruire dopo, avrebbero aggiunto un quid pluris - imponendo l’individuazione soggettiva dell’acquirente, la previa verifica dei requisiti in capo allo stesso, e la successiva trascrizione, a cura del medesimo del vincolo di destinazione – privo di base normativa, ed in quanto di origine consensuale non opponibile ai terzi aventi causa dal privato lottizzante.

2.1. Sulla base di tale assunto, l’appellante affronta una serie di tematiche che toccano i profili civilistici dell’inefficacia nei confronti dei terzi delle clausole convenzionali, ed in ispecie delle clausole che impongono divieti di vendita, la nullità per contrarietà all’ordine pubblico, nonchè quelli pubblicistici della nullità del prescrizione provvedimentale, in difetto di una base normativa che consenta di subordinare il rilascio del certificato di abitabilità all’indagine sulle qualità soggettive di colui intende abitarvi.

3. Prima di esaminare nel dettaglio i singoli motivi d’appello è pertanto necessario prendere posizione su tale dirimente aspetto preliminare: la convenzione ed il permesso di costruire recano, o no, disposizioni contrattuali o amministrative aggiuntive rispetto a quanto previsto dalle norme tecniche attuative?

3.1. La risposta è affermativa. In effetti non v’è un’espressa o implicita formulazione normativa, nel corpo dell’art. 42 delle NTA, che lasci specificatamente intendere che l’agibilità dei progettati edifici debba essere condizionata alla trascrizione del vincolo o, ancor prima, alla verifica dei requisiti in capo al fruitore (acquirente o locatario) dell’unità immobiliare. La previsione è per la prima volta introdotta dalla Convenzione di lottizzazione attraverso l’atto d’obbligo allegato alla stessa, nonchè ulteriormente specificata, sul versante procedimentale, dal permesso di costruire.

3.2. Trattasi di una forma di cautela contrattuale che il Comune ha inteso adottare, con il consenso del lottizzante, per prevenire violazioni contrattuali foriere di conseguenze risolutive e di inevitabile contenzioso. Subordinando l’agibilità alla verifica dei requisiti ed alla trascrizione del vincolo non ha dato una nuova conformazione all’istituto (che com’è noto poggia su ben altre basi) ma ha disciplinato la sequenza procedimentale in modo che l’agibilità sia sostanzialmente richiesta proprio dai proprietari o dai fruitori per i quali l’area è stata urbanisticamente inquadrata, la lottizzazione inizialmente approvata e l’immobile concretamente costruito. Ciò ha potuto fare, anche attraverso l’imposizione di prescrizioni in sede di rilascio del titolo, in quanto il permesso di costruire ed il rilascio del certificato di agibilità si collocano in un ambito di edilizia convenzionata (basata per l’appunto sulla negoziabilità di alcuni aspetti e sulla rilevanza della particolare “causa” della prevista edificazione) costituendone l’appendice esecutiva. Essi risentono della disciplina negoziale concordata a monte, in modo da porsi come passaggi procedimentali finalizzati non solo a garantire le esigenze di carattere urbanizzativo, ma anche quelle più propriamente connesse alla particolare funzione sociale della progettata edificazione. Del resto che gli accordi sostitutivi di provvedimento, nell’ambito dei quali può ormai pacificamente sussumersi anche la convenzione di lottizzazione, possano prevedere anche la disciplina del procedimento e delle sue fasi non pare revocabile in dubbio.

3.3. In questo quadro, il rinvio da parte della NTA alla fonte convenzionale per la disciplina del vincolo di destinazione costituisce base sufficiente per un accordo (quale quello per cui si controverte) in cui si stabiliscono, per il rilascio dell’agibilità, modalità procedimentali causalmente e cautelativamente collegate al vincolo di destinazione. Il valido accordo costituisce, altresì, base consensuale sufficiente a legittimare l’inserimento di concrete previsioni procedimentali in tema di rilascio del certificato di agibilità.

Ciò chiarito può ora passarsi alla disamina dei singoli motivi d’appello.

4. Con il primo motivo d'appello la società sostiene che il TAR non avrebbe considerato che l'amministrazione comunale - inserendo dapprima nell'atto d'obbligo allegato alla convenzione di lottizzazione, la clausola che "la sottoscrizione del vincolo costituisce condizione necessaria per il rilascio dell'abitabilità delle singole unità immobiliari”, e poi nel permesso di costruire la clausola che "il certificato di agibilità sarà rilasciato per ogni singola unità immobiliare solo dopo che si è conosciuto l'acquirente un locatario che si è dimostrato il possesso dei requisiti dello stesso, e sia sottoscritto, prima del rilascio dell'agibilità, nell'atto di vincolo " - si sarebbe posta al di fuori delle norme urbanistiche di riferimento ed in contrasto con esse (artt. 42 lett.c. e 26 comma 7 NTA).

4.1. L’affermazione non è corretta. Si è già detto che la convenzione di lottizzazione reca un quid pluris rispetto a quanto previsto dalle norme attuative, ma anche che trattasi di una disposizione liberamente concordata dalle parti che non è in contrasto con l’art. 42 lett. c. delle NTA, ed anzi, ne costituisce lo svolgimento, consentendo all’amministrazione il monitoraggio delle successive fasi procedimentali sino al rilascio dell’abitabilità, all’evidente fine di assicurare la funzione per la quale l’edificazione è stata consentita (destinazione a prima casa).

4.2. A ben vedere la clausola è poi assolutamente il linea con quanto previsto dall’art. 26 comma 7 NTA, ove è stabilito che “per la residenza permanente la validità del vincolo di destinazione stabilita dalla convenzione non può essere inferiore ad anni 20 dalla data di rilascio del certificato di abitabilità”. Contrariamente a quanto sembra sostenere l’appellante, l’aver fissato il dies a quo del vincolo, alla data di rilascio del certificato di abitabilità, non significa che l’abitabilità debba necessariamente essere concessa appena l’immobile è ultimato ed a prescindere dall’utilizzo conforme alla destinazione, ma piuttosto che il vincolo per avere una funzione effettiva deve sortire la sua efficacia solo da quanto l’immobile è dichiarato abitabile e non quando esso è ancora in fase di costruzione o è comunque inutilizzato.

4.3. Sotto altro profilo, ritiene la società appellante che sarebbe illogico legare il rilascio del certificato di agibilità alla presentazione di un atto di vincolo ad utilizzare l’immobile quale prima casa, alterando indebitamente lo schema di cui all’art. 24 del DPR 380/2001. Viceversa, sempre a dire dell’appellante, sarebbe stato più logico che fosse il costruttore dell’ immobile, una volta ottenuto il certificato di agibilità, ad imporre, nell’atto contrattuale, all’acquirente, la trascrizione del vincolo.

4.4. L’illogicità non sussiste. In disparte ogni considerazione circa il chiaro disposto convenzionale, l’avere subordinato il rilascio dell’abitabilità all’effettiva destinazione a prima casa è espediente contrattuale che assicura, quanto meno in prima battuta, il rispetto della funzione sociale originariamente impressa alla proprietà, prevenendo possibili inadempimenti.

5. Con il secondo motivo d'appello la società censura l’iter argomentativo seguito dal TAR, il quale ricostruisce la vincolatività ultra partes della clausola convenzionale sulla base dell’espressa accettazione del vincolo di destinazione formulata dall’appellante nell’ambito della compravendita.

Così procedendo, il TAR avrebbe omesso di sciogliere il dubbio, dirimente ai fini del decidere, sulla natura dell’obbligazione, atteso che, ove trattasi – come sarebbe secondo la tesi dell’appellante – di un obbligazione personale, essa non può che impegnare l’acquirente nei confronti dell’alienante, ma non nei confronti del Comune.

5.1. Il dubbio può essere sciolto in questa sede. La giurisprudenza è ormai concorde nell’inquadrare la convenzione di lottizzazione negli accordi sostitutivi di provvedimento di cui all’art. 11 della legge 241/90 (Cass. civ. Sez. Unite , 1 luglio 2009, n. 15388; Cons. Stato Sez. IV Sent., 29 febbraio 2008, n. 781; Sez. IV, 2 agosto 2011, n. 4576).

Tali accordi, inserendosi nell'alveo dell'esercizio di un potere, ne mutuano le caratteristiche e la natura, salva l'applicazione dei principi civilistici in materia di obbligazioni e contratti per aspetti non incompatibili con la generale disciplina pubblicistica. La lottizzazione costituisce quindi esercizio consensuale di un potere pianificatorio che sfocia in un progetto ed in una serie di disposizioni urbanistiche generanti obbligazioni od oneri, rese pubbliche attraverso la trascrizione, che si impongono anche agli aventi causa dal lottizzante in forza della loro provenienza e funzione sostitutiva.

5.2. Nel caso di specie l’amministrazione si è comunque cautelata imponendo l’obbligo di riferimento, nella stipula dei contratti di compravendita, ai vincoli scaturenti dalla lottizzazione, così creando un circuito obbligatorio che giunge ai medesimi effetti, sebbene con tutti i limiti derivanti dalla natura relativa delle obbligazioni contratte. Ciò, ovviamente, non toglie validità all’assunto di fondo che di per sé solo giustifica l’efficacia anche nei confronti degli aventi causa delle previsioni pianificatorie concordate.

6. Con il terzo motivo d'appello Immobilcommer afferma che la clausola contenuta nello schema di atto d'obbligo che accede alla convenzione di lottizzazione, e subordina il rilascio della certificato di agibilità dell'immobile alla presentazione dell'atto di vincolo a prima casa, sarebbe nulla: per mancanza di una base di legge; per contrasto con gli articoli 24 e seguenti del Testo unico edilizia; per contrarietà all'ordine pubblico, ed in particolare, per contrasto con gli articoli 41 e 42 della Costituzione; per contrasto con l'articolo 1379 in quanto norma imperativa; per illiceità del contenuto e della causa.

6.1. Il motivo non ha pregio. Com’anzi detto, la clausola convenzionale ha solo l’effetto di modulare consensualmente i successivi segmenti procedimentali, postergando la valutazione dell’abitabilità all’individuazione del fruitore dell’immobile, in modo da monitorare l’effettiva realizzazione del fine sociale per il quale la costruzione degli immobili è stata assentita, e non già di inserire nella valutazione ai fini dell’abitabilità elementi eterogenei rispetto a quelli previsti dal legislatore. Né può trarsi dalla clausola un divieto di vendita o di commercializzazione delle unità immobiliari, atteso che esse sono state edificate proprio al fine di essere adibite a prima casa, ossia di realizzare una funzione sociale particolarmente meritevole che proprio la clausola tende ad assicurare attraverso la previsione di una preliminare fase di monitoraggio, che certamente non preclude la stipula di contratti preliminari di vendita né di quelli definitivi.

7. Privo di fondamento è anche il motivo avente ad oggetto il mancato riconoscimento da parte del TAR di un difetto assoluto di attribuzione nella imposizione della prescrizione de qua, all’atto del rilascio del permesso di costruire.

7.1. Si è già detto che il permesso di costruire costituisce l’epilogo provvedimentale di una vicenda che ha una matrice consensuale, nell’ambito della quale le parti hanno disciplinato l’iter procedimentale post-ponendo, a fini cautelativi, il rilascio della certificazione di abitabilità alla verifica amministrativa dei requisiti in capo all’acquirente. Se, come sopra chiarito, la convenzione di lottizzazione e le obbligazioni da essa sorgenti hanno effetti anche nei confronti degli aventi causa, non v’è dubbio che l’amministrazione aveva il potere di inserire la prescrizione nei confronti di chiunque chiedesse il permesso di costruire edifici nell’ambito della lottizzazione.

Potrebbe in astratto porsi una problema di legittimità, ma non certo di nullità ex art. 21 septies l. 241/90.

8. L’affermazione offre lo spunto per la trattazione dell’ultimo motivo di ricorso.

Nè la clausola della convenzione, né il permesso di costruire sono stati oggetto di tempestiva azione di annullamento, avendo il ricorrente atteso la specifica negazione della certificazione di agibilità. Escluso il ricorrere di ipotesi di nullità, il provvedimento si è dunque consolidato e non può più essere messo in discussione.

Non può del resto trovare condivisione la tesi secondo la quale l’interesse ad impugnare sarebbe sorto solo a seguito del diniego della certificazione, essendo la prescrizione assolutamente puntuale e perentoria, dunque immediatamente produttiva della lesione che l’appellante erroneamente imputa alla successiva nota di diniego.

In conclusione l’appello è respinto.

9. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante alla refusione delle spese di lite sostenute dal Comune di Asiago, che forfettariamente liquida in €. 3.000,00, oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Anna Leoni, Presidente FF

Raffaele Potenza, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere

Giulio Veltri, Consigliere, Estensore

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/01/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)